A Davos la paura fa novanta

FONTE  PRESSENZA.COM

 

28.01.2020 – Marco Bersani – Comune-info

Al congresso sono tanti, dotti, medici e sapienti, per parlare, giudicare, valutare e provvedere”. Non serve scomodare Edoardo Bennato per percepire come a Davos,  tra sorrisi rassicuranti e sguardi cortesi, la paura dei potenti abbia assunto, per la prima volta, le vesti della padrona di casa. Il fatto è che sono giunti contemporaneamente al pettine due nodi potenzialmente devastanti per il destino del capitalismo, tanto caro ai partecipanti, accorsi da tutto il pianeta.

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Bruno Giorgini: I nazipopulisti sconfitti alle elezioni dell’Emilia

 

FONTE INCHIESTAONLINE

I nazional populisti (d’ora in poi sincopati in nazipopulisti) guidati dalla Lega tracotante di Salvini, percorsi da brividi di febbre fascista, hanno tentato l’invasione dell’Emilia “rossa” per occuparla. Ma sono rimasti scornati, perdendo le elezioni 51 a 43. Così la racconta Fausto Anderlini: “La scudisciata della Via Emilia, grande madre regionale, splendida metropoli civica, lascia il segno sulle chiappe dei balordi calati dalle plaghe irredente del lombardo – veneto.”

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Analisti della Counter Terrorism Policing inglese pasticcioni e ignoranti ….

 

In un documento della Counter Terrorism Policing, una guida  ad uso degli agenti di polizia sui movimenti terroristi,  nella quale sono indicati movimenti eco nazisti e suprematisti,  sono stati inseriti anche Green Peace e movimenti animalisti innocui. Da questo evento denunciato dal Guardian sono nate proteste e denunce .  Il fatto dimostra la superficialità e l’incompetenza degli analisti del CTP i cui dirigenti sono stati costretti a riconoscere gli errori e la necessità di modificare la guida….
Per saperne di più vai alla fonte Infosurhoy

Bruno Giorgini: Contro l’invasione leghista dell’Emilia rossa

Autore : Bruno Giorgini 

Fonte : Inchiestaonline

 

Istituiremo il 26 gennaio dopo il 25 aprile come data della liberazione dai comunisti, ha detto Calderoli senatore leghista. Facendo rivoltare nella tomba i fratelli Cervi sterminati dai nazifascisti, e tutti gli altri partigiani armati e disarmati morti durante la Resistenza, molti con la stella rossa sul berretto. Quella Resistenza che ha prodotto la nostra Costituzione.

Calderoli farebbe bene a non dimenticarlo. La lega nazipopulista (sincope di nazionalpopulista) anche deve fare molta attenzione a scatenare l’odio e a minacciare nelle libere orgogliose terre d’Emilia e Romagna.

Salvini batte la pianura palmo a palmo. Come un cacciatore vuole stanare e abbattere l’Emilia rossa. Anzi, come ha proclamato uno dei suoi luogotenenti: sradicare l’Emilia rossa. Questo strano animale cui concorrono la conservazione stalinista e il riformismo socialcomunista, inestricabilmente intrecciati. Animale che è sopravvisuto fino a oggi, a dispetto del crollo dell’Unione Sovietica e della caduta del muro di Berlino.

Si tratta di una battaglia per la libertà, e per la vita proclama il capo leghista.Bisogna abbattere il giogo comunista, egli fa intendere a ogni piè sospinto. Spera il Truce nelle cittadine della bassa e nei paesi dell’Appenino, così come negli abitanti del contado, quelli che si sentono trascurati (egli pensa), marginali e periferici rispetto alle dinamiche urbane e cosmopolite che animano il tessuto sociale attorno la via Emilia, nella megalopoli che da Piacenza corre fino a Rimini, coniugando i distretti metalmeccanici, delle ceramiche, della maglieria con l’industria del turismo. Epperò Piacenza e Ferrara, sono già governate da sindaci di centrodestra (a vario titolo), Parma da Pizzarotti, sindaco indipendente prima cinque stelle, oggi progressista. Un sindaco di destra governa financo Forlì, che fu terra di repubblicani mazziniani carbonari e terroristi, di camicie rosse insorgenti, la famosa trafila garibaldina, di partigiani che unici assieme alle truppe alleate, salirono fino in alta Italia a caccia di fascisti.

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Per la libertà di Milagro Sala, quattro anni dopo il suo arresto

FONTE PRESSENZA.COM

Il Comitato formatosi per lottare per il suo rilascio sta organizzando un accampamento all’Obelisco nella città di Buenos Aires e oggi compie un atto contro “l’ingiusta e arbitraria detenzione” perpetrata il 16 gennaio 2016. “Speriamo che il cambiamento di contesto contribuisca ad assicurare che sia fatta giustizia e che Milagro sia rimessa in libertà”, ha detto il membro del comitato Ivan Wrobel.

Quattro anni dopo “l’ingiusta e arbitraria detenzione” di Milagro Sala, il Comitato per la liberazione della leader sociale e dei prigionieri politici di Jujuy, insieme alle organizzazioni sociali, politiche, di difesa dei diritti umani e sindacali, si sono accampati all’Obelisco da ieri, e oggi parteciperanno a un evento alle 11:00 per “chiedere che le nostre sorelle e i nostri fratelli siano rimessi in libertà”.

Ivan Wrobel, membro del comitato, ha detto a Va Con Firme che “fin dal primo momento abbiamo detto che Milagro era una prigioniera politica” del governatore della provincia Gerardo “Morales, che c’era un accordo tra l’esecutivo e la magistratura di Jujuy per perseguitare le organizzazioni sociali e popolari con lo scopo di impedire l’accesso ai diritti, per costruire una società e una provincia per pochi, e anche con l’obiettivo di creare un laboratorio o un processo repressivo che poi ha finito per diffondersi in tutto il Paese, che è stata la persecuzione, per mezzo della giustizia, dei compagni militanti”.

L’attivista, che si occupa di Diritti Umani per l’ATE-Capitale ed è Segretario per i Diritti Umani del CTA Autonomo, ha spiegato che al di là del fatto che i casi contro Sala hanno “una sentenza ferma, di prima istanza o di riesame del caso, non c’è mai stata un giudizio indipendente o una vera e propria indagine”.

“Non stiamo dicendo che c’è stato un procedimento legale corretto, in cui si indaga se una certa persona ha commesso o meno un crimine e per questo c’è un’indagine, vengono presentate prove, ci sono testimoni imparziali”. Egli ha invece sostenuto che “quello che è successo è che la giustizia sapeva già quale sarebbe stata la sentenza e il processo era solo una procedura per una condanna scritta in precedenza”.

“Innumerevoli irregolarità”

Wrobel ha descritto che tra le “innumerevoli irregolarità” nei processi contro Milagro c’era, per esempio, “un giudice che non aveva nemmeno superato l’esame per accedere alla sua posizione”. Ci sono stati anche casi di “testimoni che hanno testimoniato contro” la referente della Tupac Amaru e “poi hanno ricevuto denaro nelle loro cooperative o venivano assunti nel governo della provincia”, e anche atti di “persecuzione e minacce” come “quando il giudice ha portato un imputato nel suo ufficio” e lì “lo ha minacciato e gli ha detto che se non avesse indicato Milagro come colpevole, avrebbe passato il resto della sua vita in prigione”.

Sala è stata imprigionata il 16 gennaio 2016 dopo aver partecipato a un accampamento davanti alla casa del governo nella provincia di Jujuy. Secondo quanto riportato dal CELS (Centro di Studi Legali e Sociali), da lì “c’è stata una rete di accuse consecutive, cioè un dispiegamento di casi giudiziari e un contesto di violazione dell’indipendenza giudiziaria, volto a sostenere la privazione della libertà di Sala a tempo indeterminato, come definito dal Gruppo delle Nazioni Unite sulla detenzione arbitraria, nell’ottobre 2016”.

Il Comitato per la libertà ha dichiarato in un comunicato che “in tutto questo tempo, diverse organizzazioni internazionali per i diritti umani hanno osservato che la persecuzione di Milagro Sala e del resto dei compagni del Tupac Amaru è stata una persecuzione basata su motivi politici”.

Ha aggiunto che “tuttavia, il governatore Gerardo Morales ha deciso di ignorare queste disposizioni e ha continuato con le vessazioni della magistratura”. In questo senso, il suddetto comitato invita all’evento di oggi alle 11:00 sotto lo slogan “con i prigionieri politici non c’è democrazia”.

Con il Presidente Fernandez

Questa settimana il presidente Alberto Fernández ha ricevuto alla Casa Rosada le organizzazioni per i diritti umani, tra cui Madri e Nonne di Plaza de Mayo, e tra i tanti argomenti trattati, è stato discusso anche quello di Milagro Sala e della sua prigionia.

Per Wrobel, “il presidente si è preoccupato più volte della situazione dei nostri compagni di prigionia, fin dal primo momento in cui è stato in contatto con Milagro”. Ricorda a questo proposito che “il primo Natale passato in prigione, le ha fatto visita in carcere e più volte le ha espresso la sua solidarietà”.

Fernandez “ha detto innumerevoli volte di essere a favore di una giustizia giusta e imparziale, che la giustizia sia indipendente, e sappiamo che crede che nulla di tutto questo stia accadendo”, ha detto l’attivista. “Quindi lo vediamo positivamente e speriamo che il cambiamento di contesto aiuti a fare finalmente giustizia e che Milagro sia finalmente liberata”.

Intervista a Extinction Rebellion: «Salviamo il pianeta dall’ecofascismo»

«Di questi tempi abbiamo bisogno di solidarietà e modi migliori di lavorare insieme – dice al manifesto – Serve allertare le persone, ma anche prepararsi a resistere»

«Abbiamo solo avuto un piccolo assaggio di ciò che le comunità musulmane e altri gruppi di attivisti hanno ricevuto per anni», ha scritto su Facebook Gail Bradbrook commentando la rimozione del movimento ecologista dal programma dell’antiterrorismo britannico Prevent. Bradbrook, 47 anni, figlia di un minatore di South Kirkby, è studiosa di biofisica molecolare e co-fondatrice di Extinction rebellion (Xr).

Qual è il bilancio del primo anno di Xr?

Esistono 500 gruppi locali in 72 Paesi e altri 200 solo in Uk. Qui la crisi ecologica era poco presente nel dibattito, adesso ha un posto enorme. Il 54% dei cittadini afferma che il tema condiziona il loro voto. Chiaramente questo non ha a che fare solo con Xr, ma anche con i Fridays for future e con film e report pubblicati di recente. Rispetto alle nostre rivendicazioni, invece: alcuni «consigli unitari», cioè corpi di governo locale, stanno dichiarando l’emergenza climatica ed ecologica e anche il parlamento lo ha fatto; Theresa May, quando era ancora primo ministro, ha fissato al 2050 il limite per il processo di decarbonizzazione e chiesto un’assemblea di cittadini con un ruolo consultivo. Non sono esattamente le cose che vogliamo, ma una loro versione annacquata. Comunque segnalano che stiamo lavorando bene.

Uno dei concetti chiave di Xr è la cultura rigenerativa. Cos’è?

La cultura in cui lavoriamo è importante quanto le nostre rivendicazioni, o forse di più. Potremmo anche non ottenere ciò che chiediamo, ma se impariamo a lavorare bene insieme ci stiamo preparando a resistere all’ecofascismo, uno dei rischi più grandi della nostra epoca. La cultura rigenerativa ha quattro parti. La prima è prendersi cura di se stessi. La seconda riguarda le modalità inclusive di lavoro in gruppo. La terza è prendersi cura uno dell’altra prima, durante e dopo le azioni. La quarta è la connessione con la natura, un aspetto fondativo del nostro movimento.

Il concetto di ecofascismo è poco discusso in Italia. Cosa indica?

Il libro di Margaret Atwood Il racconto dell’ancella lo ha presentato a tanti, anche se non sempre è associato ad esso. In generale ci sono vari indicatori di fascismo che misurano i livelli di misoginia, xenofobia, militarismo, etc. Oggi sono tutti in aumento. Il fascismo cresce quando le persone sono spaventate, circolano meno soldi e si approvano rigide politiche patriarcali. Se le persone capiscono che c’è un’emergenza, il rischio è che vadano nel panico, vogliano meno democrazia e chiedano modelli di comportamento più rigidi. In Xr, invece, sosteniamo che serve più democrazia. Per questo chiediamo assemblee di cittadini che decidano come affrontare la catastrofe climatica. Abbiamo bisogno di una democrazia migliore, non di meno democrazia.

Le élites politiche ed economiche saranno d’accordo?

Douglas Rushkoff è un professore di tecnologia di New York. Ha un blog sulle élites che parlano del cosiddetto «evento», cioè il punto di collasso ecologico e sociale del sistema. Rushkoff ha ricevuto la metà del suo salario da docente universitario per un incontro con cinque top manager di fondi di investimento che volevano sapere in quali zone del mondo la catastrofe arriverà più tardi o come proteggere i loro beni dopo il crack. Ad esempio, se è meglio avere delle guardie con collari elettronici o ricattarle attraverso riserve di cibo tenute sotto codice. Questo tipo di pensiero viene dalla disperazione e dalla separazione, che rendono l’ecofascismo un rischio reale. In questi tempi abbiamo bisogno di solidarietà e modi migliori di lavorare collettivamente. Xr non sta solo lanciando l’allarme, sta anche stabilendo nuove forme di cooperazione prefigurative di come si può resistere alla tendenza all’ecofascismo. Prima o poi ci saranno carenze alimentari, picchi dei prezzi del cibo e accadranno cose che destabilizzano la società. Su questi temi non c’è abbastanza ricerca, ma la Anglia Ruskin University (Uk) sostiene che entro il 2040 il cibo scarseggerà. L’Istituto Goddard per gli studi spaziali, che fa parte della Nasa, ritiene che fenomeni simili accadranno prima. Con questo rischio in gioco, il pericolo dell’ecofascismo può solo crescere. C’è bisogno di allertare le persone, ma anche di prepararsi a resistere.

Ha menzionato varie volte il patriarcato. Le donne o il pensiero femminista hanno un ruolo particolare in Xr?

Nel movimento ci sono un sacco di donne fantastiche. In Uk la direzione del team artistico è di Clare Farrell, di estrazione proletaria. Esther Stanford-Xosei si occupa di come condividere risorse attraverso l’International Solidarity Network. Skeena Rathor, donna musulmana, è a capo del «vision team». C’è poi un ragionamento sui 10 principi di base, creati con un’idea di liberazione che tenga in considerazione le esperienze che ognuno vive in un sistema patriarcale. Uno di questi è not blaming and shaming, cioè evitare di biasimare e incolpare. Non sta a noi creare una cultura del dito puntato o della caccia alle streghe o far vergognare le persone mentre cerchiamo di affrontare il modo in cui la cultura patriarcale si manifesta nei movimenti. Quando la sinistra forma un plotone d’esecuzione è come se stesse in piedi in cerchio: attacca se stessa. La nostra ombra è colpirci l’un l’altro. Abbiamo bisogno di fare dei passi in avanti, verso una nuova cultura di rigenerazione.

Sindaci tedeschi ostaggi della destra: “Vicini ai migranti”

Servizio da Berlino di Tonia Mastrobuoni su Repubblica del 12 gennaio 2020

Crescono minacce e aggressioni ai primi cittadini che danno assistenza ai rifugiati: molti costretti alle dimissioni per paura

 

BERLINO – Andreas Hollstein è sindaco di Altena, piccolo borgo medievale cullato dalle campagne del Nordreno-Westfalia. Quando arrivò l’emergenza profughi, li accolse a braccia aperte. E quando gli arrivarono le prime minacce razziste, non si preoccupò. Ma un giorno, mentre stava ordinando un kebab, si ritrovò un coltello alla gola. È vivo per miracolo: due uomini ebbero una reazione fulminea e buttarono a terra l’aggressore. Un caso isolato? Neanche per sogno.

Da tempo si accumulano in Germania le dimissioni di sindaci che finiscono nel mirino dei neonazisti, il più delle volte perché si sono mostrati solidali o semplicemente non ostili con i migranti. E purtroppo, conquistano le prime pagine soltanto quando gettano la spugna. O quando dalle minacce si passa alle aggressioni fisiche, come nel caso più famoso, quello di Henriette Reker, la sindaca di Colonia che fu accoltellata cinque anni fa da un estremista di destra, durante un comizio. Di recente, quando è stata di nuovo minacciata da un gruppo di nostalgici del Reich che si firmano “Staatsreichorchester”, “Orchestra del colpo di Stato”, la notizia è scivolata tra le brevi. Così come è stato notato appena che il candidato della Cdu alle elezioni regionali della Turingia, Mike Mohring, ha ricevuto dallo stesso gruppo una mail in cui lo invitavano a ritirarsi dalla corsa o altrimenti lo avrebbero fatto saltare con un autobomba. Firmato “Sieg Heil”.

Non tutti alzano bandiera bianca. Nel caso di Christoph Landscheidt, primo cittadino di Kamp-Lintfort, molti politici si sono detti scandalizzati perché ha deciso di reagire. E sta facendo una battaglia per procurarsi un porto d’armi. Discutibile, ovvio, e lui stesso ha detto di non voler andare in giro come uno sceriffo texano ma di voler proteggere se stesso e la sua famiglia dalle continue minacce di morte. Ma in qualche caso, come ricorda il tragico caso di Walter Luebcke, il presidente del distretto di Kassel ucciso a giugno con un colpo di pistola sul suo terrazzo di casa da un neonazista, la protezione dello Stato è arrivata tardi.

Volker Bouffier ha definito Luebcke “un costruttore di ponti”, ed è ciò che accomuna questi sindaci di una resistenza diffusa ma irregolare, nascosta spesso nelle zone rurali, lontane dai riflettori. Dove i neonazisti stanno sistematicamente costruendo colonie hitleriane e terrorizzando chi vi si oppone.

Per aver condannato il brutale pestaggio di un profugo iracheno da parte di quattro uomini, la sindaca di Arnsdorf Martina Angermann è stata subissata per mesi di insulti e minacce di morte. C’è un video che non lascia dubbi sulla violenza dell’azione contro il rifugiato, eppure gli aggressori si sono autobattezzati “difensori dei cittadini” e hanno persino sporto denuncia contro la sindaca. Che dopo essersi data malata per mesi, ha registrato un video in cui piange a dirotto spiegando i motivi della sua resa.   >>>

L’ARTICOLO PROSEGUE ALLA FONTE SU REPUBBLICA.IT

Regionali, interviene la Chiesa: “Scelta europeista, No a sovranismi e populismi in Emilia-Romagna”

 

I vescovi della regione si schierano con un documento ufficiale: i politici difendano la Costituzione, basta offese e falsità.

BOLOGNA – In Emilia-Romagna “non possiamo tollerare” che si ceda il passo a “sovranismi e populismi”. E’ questo il monito lanciato in vista delle prossime elezioni regionali dalla Chiesa dell’Emilia-Romagna, attraverso l’Osservatorio regionale sulle tematiche politico-sociali intitolato a Giovanni Bersani, nato nei mesi scorsi per volontà dei vescovi della conferenza episcopale regionale.

L’ARTICOLO PROSEGUE ALLA FONTE SU REPUBBLICA BOLOGNA

Movimenti neonazisti e suprematisti negli USA. Il Centro SPLC ne fa il monitoraggio e li combatte

Il Southern Poverty Law Center monitora gruppi di odio e altri estremisti negli Stati Uniti ed espone le loro attività alle forze dell’ordine, ai media e al pubblico.

I movimenti organizzati suprematisti e neo nazi negli USA sono numerosi e pericolosi. La documentazione su questi movimenti è ampia. Tra le fonti disponibili segnaliamo il sito del Centro ” THE SOUTHERN POVERTY LAW CENTER .
L’SPLC è dedicato alla lotta contro l’odio e il bigottismo e alla ricerca della giustizia per i membri più vulnerabili della nostra società. Usando contenzioso, educazione e altre forme di patrocinio, l’SPLC lavora verso il giorno in cui gli ideali di pari giustizia e pari opportunità saranno una realtà.
Il Centro svolge azione di monitoraggio e di contrasto legale ai gruppi di odio suprematisti, neo nazisti.Attualmente gli operatori del SPLC stanno monitorando più di 1.600 gruppi estremisti che operano in tutto il paese. Pubblicano rapporti investigativi, formano le forze dell’ordine e condividono le informazioni chiave e offrono analisi di esperti ai media e al pubblico.L’elenco dei movimenti monitorati negli USA è impressionante.

THE SOUTHERN POVERTY LAW CENTER

Rete prepper apocalittica neo-nazista tedesca “ordinò sacche per il corpo, redasse liste uccisioni”

Riportiamo come segnalazione il  link  ad un articolo apparso su DW.COM. Il pericolo eversivo neo nazi non è una fantasia espressa da qualche “buonista sprovveduto”. Il problema esiste, l’ideologia nazi si è appropriata anche del tema ecologia. Esiste una corrente neo nazi survivalista (preppers ) . Preppers è un termine usato per descrivere coloro che si preparano per il collasso sociale o il disastro naturale accumulando cibo e forniture di emergenza. Per combattere questi fenomeni emergenti eversivi occorre conoscerli ….  L’articolo è apparso sul sito DW.COM il 29/06/2019.

 

German neo-Nazi doomsday prepper network ‘ordered body bags, made kill lists’

Presentazione articolo

L’agenzia di intelligence interna tedesca afferma che un gruppo di neonazisti compilò un elenco di oppositori politici e ordinò 200 sacche per il corpo e calce viva in preparazione per un potenziale crollo dell’ordine statale, chiamato “Giorno X”.

La maggior parte degli oltre 30 prepper, che si chiamavano Nordkreuz (Croce del Nord), erano associati alla polizia e ai militari della Germania, tra cui diversi ex e un membro attivo dell’unità delle forze d’élite della polizia di stato del Meclemburgo-Pomerania occidentale.

Preppers è un termine usato per descrivere coloro che si preparano per il collasso sociale o il disastro naturale accumulando cibo e forniture di emergenza. Parlando al quotidiano locale Märkische Allgemeine nel 2017, i membri di Nordkreuz si sono descritti come persone con un “sano atteggiamento conservatore” che hanno semplicemente raccolto forniture per un grave disastro.

L’ARTICOLO PROSEGUE ALLA FONTE D.W.

 

Il furore di sfruttare e di accumulare – di Gianni Giovannelli e Turi Palidda

FONTE EFFIMERA che ringraziamo

Il diavolo è un ottimista se crede di poter peggiorare gli uomini Karl Kraus

Solo chi è prigioniero dell’ideologia dominante può accettare con felice soddisfazione l’odierna struttura dell’economia e dei rapporti sociali. Il sistema di comunicazione costruito dal liberismo contemporaneo ha trasformato la rappresentazione in realtà e il mondo sembra, nonostante tutto (come sussurrano prudentemente i più critici), un porto felice, o, quanto meno, l’unica vita possibile nel terzo millennio. La servitù volontaria, nata per contrastare il timore dell’esclusione e della miseria, rende ciechi, impedisce di vedere gli effetti di una quotidiana violenta prevaricazione che caratterizza il meccanismo di estrazione del valore. L’esame, nudo e crudo, dell’esistenza di gran parte delle persone che ci circondano dovrebbe invece rendere palese la verità: quella di un oggettivo accanimento, di uno sfruttamento crudele e senza freni inibitori, a volte perfino inspiegabile nella sua sostanziale irragionevolezza. Non a caso viene evocato il concetto di neoschiavitù per descrivere le insostenibili condizioni in cui si trovano i soggetti soggiogati dai funzionari del capitalismo ultraliberista.

Era prevedibile questo scenario, a ben pensarci. La concezione liberista della società tende ad esasperare ogni cosa, perfino le modalità dello sviluppo e l’idea del cosidetto progresso. L’esasperazione travolge davvero tutto: il libero arbitrio dell’imprenditore, del padrone e del sotto padrone, del caporale, e ancora omologa i comportamenti dei gendarmi, dei lobbisti, dei politici e delle banche. Tutto si tiene ancor più di prima. L’abuso e la violenza sono tornati ad essere, come spesso accade nel tempo delle transizioni, lo strumento istituzionale, percepito come necessario e non evitabile, richiesto ai funzionari delle polizie e ai tutori dell’ordine pubblico. Il popolo degli illegalismi esprime uno stato che li garantisce e approva sia le grandi opere devastatrici come la TAV sia l’accanimento dello sfruttamento. Un ordine che pubblico non è di certo e che coincide invece con la rimozione di qualsiasi ostacolo si frapponga alle esigenze dello sfruttamento; dunque è sua logica conseguenza la crescente predilezione per l’intolleranza (tolleranza zero), per la punizione esemplare, per l’esclusione, per il carcere per chi cerca di resistere anche se è una 73enne come Nicoletta Dosio. Sempre più spesso i soldati del sistema liberista si abbandonano ad esporre le loro prede come un trofeo, utilizzando perfino lo strumento del media mentre l’impunità per i loro illeciti garantisce la legittimità dell’agire per il supersfruttamento.

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Santiago del Cile: una fotografia della città all’inizio di una nuova decade

 

FONTE PRESSENZA.COM 

08.01.2020 – Santiago de Chile – Redacción Chile

Quest’articolo è disponibile anche in: Spagnolo

Santiago del Cile: una fotografia della città all’inizio di una nuova decade
(Foto di La Agenda del Diablo)

Da Helodie Fazzalari

Ad oggi Santiago è come una bambina che da un giorno all’altro si è resa conto di essere diventata adulta”. Sono queste le parole che Pìa Figueroa, Co-Direttrice di Presenza, utilizza durante un nostro incontro, per descrivere ciò che è avvenuto in Cile negli ultimi mesi. Lo scorso 18 ottobre 2019, un rialzo di 30 pesos del prezzo del biglietto dei trasporti pubblici, è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, ma dietro questa motivazione, apparentemente superficiale, si nascondono decenni si abusi di potere, disuguaglianze e ingiustizie sociali. Una dittatura in democrazia”, si legge in diversi striscioni affissi dai manifestanti sui muri della città. Oggi Santiago appare così, distrutta ed in ginocchio ma paradossalmente più forte degli anni in cui i cileni hanno dovuto forzatamente abbassare la testa. Questa bambina da un giorno all’altro, in maniera del tutto irrazionale si è resa conto di essere diventata adulta. Ha gettato uno ad uno tutti i giocattoli che non le servivano più, ed ha preso consapevolezza di quello che stava diventando e del fatto che aveva la possibilità di scegliere chi essere nel suo futuro.

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LA PERSISTENZA DELLA CULTURA FASCISTA SI MANIFESTA NEL COMPORTAMENTO DELLA POLIZIA

FONTE : THEVISION .COM CHE RINGRAZIAMO 

 

Umberto Eco, in un piccolo saggio intitolato Il fascismo eternodedicato alla cultura che al fascismo sopravvive sotto “abiti civili” e “spoglie innocenti”, scriveva: “Sarebbe così confortevole, per noi, se qualcuno si affacciasse sulla scena del mondo e dicesse: ‘Voglio riaprire Auschwitz, voglio che le camicie nere sfilino ancora in parata sulle piazze italiane!’. Ahimé, la vita non è così facile”.

Parlare di “ritorno del fascismo”, infatti, resta tuttora un’arma spuntata, un’idea esagerata se col termine “fascismo” ci si limita al regime terminato nel 1943. Ma il fascismo non fu solo un regime storicamente definito. Il fascismo è anche e soprattutto un’ideologia – che evidentemente non è morta – e come tale si è costruita su un certo tipo di cultura. Ultimamente si è parlato spesso di fascismo. La retorica demagogica del populismo, il suo infarcirsi di un’idea di italianità astratta e usata come feticcio contro le “invasioni”, la crescita esponenziale di episodi di razzismo, se non di dichiarato neofascismo, le cene di partito dedicate alla Marcia su Roma con tanto di mascellare Mussolini stampato sul menù, le minacce a Segre perché ebrea: anche agli occhi dei più scettici, senza dover smascherare chissà quale arcano, tutto questo dovrebbe mettere in luce i contorni che la crisi della democrazia rappresentativa sta assumendo in Italia.

Fin dalla nascita dei moderni stati-nazione europei, l’Italia – uno stato nazionale nato tardi e faticosamente, con grandi divisioni interne – ereditò fin da subito un modello di polizia autoritario, volto al mantenimento dell’ordine inteso non tanto come difesa della cittadinanza, ma del sovrano da eventuali moti di ribellione. La prima legge di pubblica sicurezza dello Stato unitario risale al 1865, anno a cui possiamo far risalire anche due aspetti che si rivelarono cruciali nella storia delle nostre forze dell’ordine: da un lato, il largo margine di interpretabilità della nozione di “ordine pubblico” secondo il diritto di polizia; dall’altro, la sua pericolosità alla luce della dipendenza politica dei corpi di polizia, diretti dal ministero dell’Interno. Nonostante la più liberale legge crispina del 1889 puntasse a ridurre questo margine, la nozione di “ordine pubblico” restava poco definita e basata, fin dall’inizio, su norme di decoro e diligenza derivate dalla stessa mentalità borghese su cui il fascismo costruì, qualche decennio dopo, il suo consenso. A richiedere particolare sorveglianza erano figure poco conformi alla “norma” come gli “oziosi”, i “vagabondi”, i “ciceroni”, i “saltimbanchi”, i “ciarlatani”, i “cantanti”, gli “ubriachi” e le “prostitute”, come si legge nel testo di legge sulla polizia a piedi del 1880.

Fu Mussolini a definire per primo, e con estrema precisione, il concetto di “ordine pubblico” in Italia. “L’era delle rappresaglie, delle devastazioni e della violenza è finita”, sbraitava inaugurando il suo principale strumento di repressione. Nel Tulps – il Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, del 1931 – la nozione di “ordine pubblico”, prima sporadica e vagamente definita, era ovunque e forniva al Paese, per la prima volta, una dettagliatissima legislazione. È superfluo descrivere a cosa la nozione di “ordine” corrispondesse nel pieno del regime fascista. Si trattava di un concetto interpretato in senso assoluto e “ideale”, alla luce del quale ogni espressione di dissenso poteva esser letta come l’avvisaglia di una guerra civile.

Nonostante la fine del fascismo e nonostante la Liberazione, la riforma della polizia arrivò solo nel 1981. Una pietra d’inciampo molto grossa – forse la più significativa, data l’importanza cruciale del legame tra forze dell’ordine e democrazia – nella transizione italiana dal fascismo alla Repubblica. Soprattutto alla luce della cultura giuridica liberale espressa dalla nostra Costituzione. Una cultura in cui il cittadino è portatore di diritti inviolabili che a lui competono come uomo prima che come cittadino, e che vengono a lui riconosciuti piuttosto che concessi. La Costituzione forniva ampi spunti per una riforma della polizia e di un concetto di “ordine” inteso in senso “materiale” e minimo, unicamente volto all’incolumità e sicurezza dei cittadini. Nonostante questo, però, la legge di polizia restò “fascista” fino al 1981. Benché riformato, il Tulps resta a oggi il nostro testo di legge per la pubblica sicurezza: norme vessatorie introdotte durante il Ventennio sono tutt’oggi in vigore, quella per i numeri identificativi della polizia è una battaglia ancora in corso, e nel 2004 la legge numero 226 inseriva l’aver prestato servizio militare volontario tra i requisiti per l’ingresso in polizia, rimilitarizzando, di fatto, un corpo a ordinamento civile.

Le conseguenze di tutto ciò sono emerse chiaramente nel 2001 coi fatti del G8. La morte di Giuliani, gli slogan fascisti e nazisti nelle caserme di Bolzaneto, la sistematica violazione della legge da parte dei poliziotti, la violenza indiscriminata e ingiustificata sui manifestanti, per tacere della catena di omertà, falsità, manipolazione e distruzione di prove, e ostracismo alle indagini della magistratura. Una descrizione dettagliata di quello che accadde a Genova, completa di sentenze giudiziarie, è consultabile nel libro di Vittorio Agnoletto e Lorenzo Guadagnucci intitolato L’eclisse della democrazia e pubblicato nel 2011. Per capire che in quella occasione si andò oltre basti pensare alle parole del funzionario di polizia che, la sera della Diaz, chiese ai propri vertici un intervento a fronte della sua incapacità di gestire i poliziotti: “Io i miei uomini non li tengo più”.

Certo bisogna farne di strada / da una ginnastica d’obbedienza / fino ad un gesto molto più umano / che ti dia il senso della violenza”, cantava De Andrè.

Cultura e diritto vanno infatti di pari passo, influenzandosi a vicenda. Decenni di militarizzazione e autoritarismo hanno creato una vera e propria “cultura” nella polizia italiana. Quello della police culture è un aspetto che la ricerca storica e sociologica ha messo a fuoco in diversi Paesi, ed è da qui che bisogna partire per una riforma radicale – e finalmente liberale – della polizia. L’attuale concezione di “ordine” e “sicurezza” resta asfissiante e direttamente mediata da quella stessa mentalità su cui il fascismo costruì il suo consenso, e che sul “disobbediente” costruì un addobbo di stereotipi. Giovane, maschio, comunista, “agitatore sociale”, “mela marcia” da rieducare, il disobbediente è chi devia, per stile di vita o stile di comportamento, da norme di diligenza e decoro che assumono una connotazione morale. È questo che hanno in comune i morti per mano dello Stato degli ultimi vent’anni.

Dopo Carlo Giuliani “lo spaccavetrine”, Federico Aldrovandi “l’invasato violento” che tornava dalla discoteca assuefatto da qualche pasticca, morto sull’asfalto in una pozza di sangue come Giuliani. E poi Riccardo Rasman “il matto”, morto nello stesso identico modo, per finire con la catena di “drogati” che la polizia ha ritenuto giusto educare “a forza di botte”: Aldo Bianzino, arrestato per possesso di cannabis e morto meno di 48 ore dopo in carcere. Giuseppe Uva, che faceva troppo rumore per strada, spingendo i residenti infastiditi – magari anche scandalizzati – a chiamare la polizia. E Stefano Cucchi, naturalmente. Quello che – stando alle parole di Giovanardi prima e Salvini poi – in qualche modo se l’è cercata, perché la droga fa male (peccato che la droga non c’entri nulla con la sua morte). Ma non solo. Una morte all’anno, come mosche, nelle mani delle forze dell’ordine. Ribelli, psichiatrici, deboli, problematici prima che individui portatori di un diritto inalienabile alla vita, mele marce cui raddrizzare la schiena, come voleva Mussolini, che alla pena dava un valore morale, coerentemente con l’idea che il popolo fosse “un minore da educare”, come ha sottolineato lo storico Antonio Gibelli in un saggio del 2005 intitolato Il popolo bambino. Capiamo così tutto il significato dell’epiteto “ragazzo” con cui Giuliani è ricordato, così come i versi del cantautore romano Mannarino dedicati a Cucchi in Scendi giù, canzone premiata nel 2015 da Amnesty International. Cogliamo, infine, la potente citazione nel film del 2018 di Alessio Cremonini, Sulla mia pelle, dedicato alla storia di Stefano Cucchi, in cui la sua morte è modellata su quella di Ettore in Mamma Roma, il famoso film del 1962 di Pier Paolo Pasolini, forse il critico più lucido del fascismo come “fenomeno culturale” prima ancora che politico, e della sua sopravvivenza nella mentalità borghese.

La sinistra istituzionale, di fronte a tutto ciò, continua a tacere. Quello della “polizia fascista”, a oggi, resta solo uno slogan da “spaccavetrine”, e il clima politico attuale sembra fomentare in ogni modo una cultura securitaria e repressiva. Come scrisse Calvino, bisogna “saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio”. E forse non si tratta di stare da una parte o dall’altra della barricata, quanto di capire quali siano i valori che ci guidano come società civile. Vale allora la pena concludere con le parole di un poliziotto, raccolte in un volume a cura di Franco Fedeli accompagnato da una prefazione di Leonardo Sciascia, comprendente una serie di lettere scritte da agenti della polizia tra gli anni Sessanta e gli anni Ottanta.

Scriveva Armando Fontana da Imperia nel 1980, ai suoi superiori, a proposito dell’uccisione di un giovane ladro: “Le sembra giusto che queste indiscriminate ed incivili esecuzioni, possano verificarsi continuamente in un Paese che vanta di avere la più democratica delle Costituzioni, di ospitare il Papa e di essere al 90 per cento cattolico, quando le forze politiche mostrano la più assoluta indifferenza e totale cinismo […]? I miei colleghi hanno la pistola facile […], sono convinto che basterebbe che […] i nostri superiori dessero, invece delle solite minchionerie sui capelli troppo lunghi, delle camicie sbottonate, delle scarpe poco lucide e del berretto messo male, qualche nozione sull’uso delle armi, su come e quando devono essere impiegate; che sprecassero qualche parola sull’importanza della vita umana, sulle finalità del nostro compito che è quello di tutelare la vita e l’incolumità dei cittadini e di sottoporre questi, se commettono reati, al giudizio dello Stato”.

 ALESSANDRA PELLEGRINI DE LUCA

3/1/2020 thevision.com

Eco-fascismo: prospera online l’ideologia  che sposa ambientalismo e supremazia bianca 

 

La questione ambientale è divenuta una priorità nell’agenda di molti governi per la ricerca di soluzioni, di nuovi modelli di organizzazione sociale che rappresentino la possibilità di vita per tutti sul pianeta terra.

L’approccio democratico alla questione ambientale si fonda sul principio che la continuazione della vita sul pianeta riguardi tutti gli umani di qualsiasi etnia, religione , convinzioni politiche, orientamento sessuale …

Non possiamo ignorare tuttavia che esiste da tempo un movimento sotterraneo eco nazista che tenta di coniugare la questione ambientale con una visione che ha come obiettivo la selezione di chi, nel futuro, dovrà sopravvivere sul pianeta: gli uomini e le donne di razza bianca.
Questo movimento presente in diversi paesi europei, ma non solo, è in crescita e diffonde il suo credo fanatico in rete, in forum riservati cui si accede solo su invito e su presentazione di adepti già convalidati. Si stanno formando comunità on line econazi, suprematisti bianchi, ossessionati dalla natura, antisemiti, che sostengono che la purezza razziale è l’unico modo per salvare il pianeta. Gli ecofascisti credono che vivere nelle regioni d’origine ed evitare il multiculturalismo sia l’unico modo per salvare il pianeta a cui danno la priorità sopra ogni altra cosa.

Come si afferma nell’articolo del Newstatesman di cui riportiamo il link, l’eco-fascismo si può manifestare in modi diversi: sotto l’ombrello della cultura eco fascista trovano ospitalità credenze come veganismo, anti-multiculturalismo, nazionalismo bianco, plastica anti-monouso, antisemitismo e, quasi sempre, un interesse appassionato per la mitologia norrena ( nord europea ) . La maggior parte dei profili Twitter di eco-fascisti auto-definiti sono un cocktail su misura di meme di estrema destra, immagini di foreste, odio verso gli ebrei e insulti ai “buonisti” . Tra richieste di purezza razziale e divieti di plastica monouso la maggior parte degli account ha tweet o retweet in onore di Thor, che celebra Tyr Day o glorifica Sunna, la dea del sole norrena.
Il legame con la mitologia norrena rappresenta “l’estetica” condivisa tra ecofascisti bianchi ed eroi norreni bianchi e che le immagini della natura e l’adorazione degli antenati della mitologia norrena si adattano agli ideali degli ecofascisti, che si vedono come combattenti per la terra , così come la supremazia bianca.

Naturalmente, la stragrande maggioranza degli ambientalisti contemporanei – quelli impegnati nella nobile e disperata lotta per salvare il pianeta dalle conseguenze della sconsideratezza umana – sono progressisti politici e persino di sinistra radicale. Non sono responsabili della cooptazione del pensiero ambientale da parte dell’estrema destra, né dovremmo confondere la loro posizione con quella dei nazionalisti bianchi.

ll fenomeno econazi è assai complesso, quello che cercheremo di fare da questo piccolo sito è quello di richiamare l’attenzione e la conoscenza sul fenomeno con la segnalazione di link ad articoli e documenti su questo tema. Purtroppo nei media italiani, eccetto alcuni articoli della corrispondente di Repubblica Tonia Mastrobuoni da Berlino sul fenomeno degli econazi “protettori della zolla” che stanno occupando villaggi come comunità integraliste chiuse, non si registrano particolari attenzioni al fenomeno.

DOCUMENTAZIONE

Eco-fascism: The ideology marrying environmentalism and white supremacy thriving online (Newstatesman 21/09/2018)

Viaggio in Germania nel paradiso degli econazisti articolo di Tonia Mastrobuoni (Repubblica 13/10/2016) 

Eco-fascism is undergoing a revival in the fetid culture of the extreme right  (20/03/2019) ( Guardian – Autore : Jason Wilson)

Nazi “Ecology” ( Columbia.edu)

Grazie Arturo Scotto per aver difeso Anna Frank dall’oltraggio fascista – Andrea Malpassi

Riproduciamo questo articolo già pubblicato su fortebraccionews che condividiamo  pienamente come condividiamo la piena solidarietà ad Arturo Scotto. Gino Rubini , Editor di Onde Corte

Anna Frank nel 1940 ( fonte foto: Wikipedia )

 

La squadraccia fascista che ha aggredito Arturo Scotto e sua moglie Elsa Bertholet inneggiava a Benito Mussolini e insultava Anna Frank. Perché i fascisti sono sempre fascisti, anche nel 2020. Ignoranti, violenti, vigliacchi: nell’anno nuovo proprio come in tutti gli anni vecchi. In otto contro uno, a volto coperto, gridando gli slogan più turpi e vergognosi che possano essere concepiti. Innamorati, ogni volta, di un leader che si scelgono accuratamente tra quanto di peggio – e anche onestamente di più ridicolo- passi in quel momento.

C’è sempre un’intima e radicata natura razzista, nei fascisti. Per questo continuano ad insultare Anna Frank nei loro canti, usano il suo volto come “offesa” nelle curve degli stadi dove spadroneggiano, ne irridono la memoria e la tragedia nei cori delle loro adunate. Perché Anna Frank è ebrea, innanzitutto. Nascosti da anni dietro le più ignobili “teorie negazioniste” sull’olocausto, i fascisti (nostrani e di tutto il mondo) continuano a coltivare il proprio feroce antisemitismo e ad ostentarlo come un gagliardetto.

E la insultano perché ne hanno paura. Sono terrorizzati da quella dolcissima ragazzina che ha subito il Male che l’uomo può fare nelle sue forme peggiori: costretta ad abbandonare la sua vita, rintanata come un topo in gabbia col costante terrore di essere scoperta, tradita dai propri vicini, deportata dai nazisti, uccisa in un campo di sterminio. Ne sono terrorizzati, i fascisti, perché Anna Frank è la vittima simbolica di tutto ciò che il fascismo è, di tutto ciò che il fascismo significa. Ed è il simbolo forte e vivo, al tempo stesso, di tutto il bello che l’essere umano può essere: della fiducia, della speranza, della tenacia di chi continua “a credere nell’intima bontà dell’uomo”… E’ il simbolo, in parole povere, di tutto ciò che è l’opposto del fascismo.

I fascisti sono sempre gli stessi, anche nel 2020. Ma se c’è stata negli ultimi anni una destra italiana che ne ha sdoganato i rigurgiti per provare a cavalcarli, è arrivato ora il momento di non minimizzare, non accettare chi li blandisce come “folklore”, respingere ed inchiodare alle proprie colpe sia quei dirigenti politici nazionali, sia quegli otto vigliacchi di Venezia che -nella notte di capodanno- hanno deciso di rappresentare la vergogna del Mondo.

Ad Elsa e ad Arturo, dunque, che si sono ribellati e per questo sono stati aggrediti, non va solo la nostra solidarietà: deve andare anche il nostro ringraziamento. Così come il nostro ringraziamento deve andare al giovane intervenuto coraggiosamente in soccorso di Scotto. Perché il fascismo cresce nell’indifferenza e nell’impunità e bene hanno fatto non solo a reagire, ma anche a denunciare: del resto il fascismo, diceva Sandro Pertini, non è un’opinione qualsiasi ma è un crimine.

Andrea Malpassi