Sindaci tedeschi ostaggi della destra: “Vicini ai migranti”

Servizio da Berlino di Tonia Mastrobuoni su Repubblica del 12 gennaio 2020

Crescono minacce e aggressioni ai primi cittadini che danno assistenza ai rifugiati: molti costretti alle dimissioni per paura

 

BERLINO – Andreas Hollstein è sindaco di Altena, piccolo borgo medievale cullato dalle campagne del Nordreno-Westfalia. Quando arrivò l’emergenza profughi, li accolse a braccia aperte. E quando gli arrivarono le prime minacce razziste, non si preoccupò. Ma un giorno, mentre stava ordinando un kebab, si ritrovò un coltello alla gola. È vivo per miracolo: due uomini ebbero una reazione fulminea e buttarono a terra l’aggressore. Un caso isolato? Neanche per sogno.

Da tempo si accumulano in Germania le dimissioni di sindaci che finiscono nel mirino dei neonazisti, il più delle volte perché si sono mostrati solidali o semplicemente non ostili con i migranti. E purtroppo, conquistano le prime pagine soltanto quando gettano la spugna. O quando dalle minacce si passa alle aggressioni fisiche, come nel caso più famoso, quello di Henriette Reker, la sindaca di Colonia che fu accoltellata cinque anni fa da un estremista di destra, durante un comizio. Di recente, quando è stata di nuovo minacciata da un gruppo di nostalgici del Reich che si firmano “Staatsreichorchester”, “Orchestra del colpo di Stato”, la notizia è scivolata tra le brevi. Così come è stato notato appena che il candidato della Cdu alle elezioni regionali della Turingia, Mike Mohring, ha ricevuto dallo stesso gruppo una mail in cui lo invitavano a ritirarsi dalla corsa o altrimenti lo avrebbero fatto saltare con un autobomba. Firmato “Sieg Heil”.

Non tutti alzano bandiera bianca. Nel caso di Christoph Landscheidt, primo cittadino di Kamp-Lintfort, molti politici si sono detti scandalizzati perché ha deciso di reagire. E sta facendo una battaglia per procurarsi un porto d’armi. Discutibile, ovvio, e lui stesso ha detto di non voler andare in giro come uno sceriffo texano ma di voler proteggere se stesso e la sua famiglia dalle continue minacce di morte. Ma in qualche caso, come ricorda il tragico caso di Walter Luebcke, il presidente del distretto di Kassel ucciso a giugno con un colpo di pistola sul suo terrazzo di casa da un neonazista, la protezione dello Stato è arrivata tardi.

Volker Bouffier ha definito Luebcke “un costruttore di ponti”, ed è ciò che accomuna questi sindaci di una resistenza diffusa ma irregolare, nascosta spesso nelle zone rurali, lontane dai riflettori. Dove i neonazisti stanno sistematicamente costruendo colonie hitleriane e terrorizzando chi vi si oppone.

Per aver condannato il brutale pestaggio di un profugo iracheno da parte di quattro uomini, la sindaca di Arnsdorf Martina Angermann è stata subissata per mesi di insulti e minacce di morte. C’è un video che non lascia dubbi sulla violenza dell’azione contro il rifugiato, eppure gli aggressori si sono autobattezzati “difensori dei cittadini” e hanno persino sporto denuncia contro la sindaca. Che dopo essersi data malata per mesi, ha registrato un video in cui piange a dirotto spiegando i motivi della sua resa.   >>>

L’ARTICOLO PROSEGUE ALLA FONTE SU REPUBBLICA.IT

Una donna come Tina, voi, voi piccoli uomini, non ce la fate a infangarla

 

Riproduciamo da articolo21.org che ringraziamo

Tina Costa aveva solo 7 anni quando reagì per la prima volta al fascismo. Solo 7 anni. A scuola, si rifiutò di indossare la divisa di figlia della lupa. Il risultato fu il subire ulteriori angherie da parte della maestra fascista. Ma non quello di abbandonare quell’antifascismo che già sbocciava in lei. Negli anni successi, durante la Guerra, Tina divenne infatti una partigiana. Una staffetta, per la precisione. Portava viveri e informazioni agli altri partigiani su e giù per la Linea Gotica. E nel tempo divenne un simbolo per la sua forza, il suo coraggio, la sua determinazione. Tanto da averle dedicato, neanche venti giorni fa, una targa in un parco di Roma.

Oggi quella targa è stata vandalizzata. Con questo simbolo. Un simbolo di odio, di rancore. Viscerale, inumano. Cupo. Un simbolo che ha significato la morte per milioni di uomini, donne e bambini. E che è stato posto da qualcuno sopra il nome di questa grande donna con un obiettivo ben preciso: seppellirla sotto quel simbolo. Farla “divorare” da esso. Lei e tutto ciò che ha rappresentato.

Per quel qualcuno, abbiamo però un messaggio: avete sprecato tempo e risorse. Perché una donna come Tina, voi, voi piccoli uomini, non ce la fate a infangarla. E l’unica cosa che ottenete con questi gesti non è cancellare la memoria della Resistenza. Ma rafforzarla facendoci stringere ancora di più attorno ai suoi valori. E convincendoci sempre di più che, dall’altro lato, il vostro lato, non ci sono uomini e idee, ma solo e soltanto una cosa: la viltà.

Aldo Tortorella: Perché crescono i neofascismi

FONTE INCHIESTAONLINE

| 19 dicembre 2017 | Comments (0)

 

 

Diffondiamo da www.patriaindipendente.it del 13 dicembre 2017 .Parla Aldo Tortorella intervistato da Gianfranco  Pagliarulo,  Dal rancore sociale il desiderio dell’”uomo forte” e il brodo di coltura del radicalismo di destra. Una nuova generazione senza avvenire. Il rapporto tra tirannide e arretratezza italiana. La violenza arma essenziale del fascismo vecchio e nuovo. Il pericolo nero oggi nel mondo

Aldo Tortorella Classe 1926, partigiano, giornalista, filosofo, parlamentare, dirigente comunista, prestigioso intellettuale. Una delle personalità più qualificate per interrogarsi sul fenomeno neofascista. Aldo Tortorella era ancora studente quando entrò nella Resistenza a Milano. Responsabile con Gillo Pontecorvo degli studenti antifascisti Tortorella, originario di Napoli, si era trasferito a Genova alla fine del 1944 (dopo una rocambolesca evasione, travestito da donna, dall’Ospedale militare milanese dove era ristretto), per riorganizzarvi, col nome di battaglia di “Alessio”, le fila del Fronte della Gioventù. “Alessio” organizza nel capoluogo ligure la propaganda e la lotta armata. Quando, il 25 aprile, l’Unità non più clandestina annuncia la Liberazione, è un ragazzo di 19 anni il redattore capo dell’edizione ligure del giornale del Partito comunista. Nella redazione di Genova Tortorella resta sino al 1957. Tra una missione nella Jugoslavia di Tito e un’altra nella Polonia di Gomulka, passando da Budapest appena “normalizzata” dalla repressione sovietica, Tortorella non trascura gli studi filosofici e nel 1956 si laurea con Antonio Banfi  con una tesi sul “concetto di libertà in Spinoza”. È del 1957 il trasferimento a Milano, dove subentra a Davide Lajolo nella direzione de l’Unità. In seguito diverrà segretario della Federazione milanese del Pci e poi del Comitato regionale lombardo. Direttore de l’Unità dal 1970 al 1975, nel 1971 Tortorella è eletto per la prima volta deputato. Confermato sino al 1994, è stato responsabile della politica culturale del PCI durante la segreteria di Enrico Berlinguer e anche di quella delle “questioni dello Stato” con Alessandro Natta, col quale si oppose – insieme a Pietro Ingrao – alla “svolta della Bolognina” di Achille Occhetto. Esce dal Pds nel 1999 in dissenso con la scelta del governo di centro-sinistra di partecipare alle azioni militari contra la Serbia durante la crisi del Kosovo. Aldo Tortorella è presidente onorario dell’Associazione per il rinnovamento della sinistra, da lui fondata insieme a Giuseppe Chiarante e altri alla fine degli anni 90, e direttore di Critica marxista.

Sembrerebbe che oggi, diversamente da quanto avveniva – per esempio – agli anni Settanta, alcune formazioni neofasciste godano di un consenso sociale non particolarmente elevato, ma in costante crescita, tant’è che riescono ad eleggere una rappresentanza in vari Comuni, da Bolzano a Todi, da Lucca ad Arezzo a tanti altri. E ad Ostia, com’è noto, CasaPound ha ottenuto un significativo risultato elettorale. C’è il rischio della formazione di una base sociale più o meno estesa a sostegno di queste formazioni politiche?

Certo. Il pericolo è più che evidente. La crisi economica unitamente alla perdita di competitività con la moneta unica (cioè con la fine delle ‘svalutazioni competitive’) ha generato molti danni sociali. È stata persa quasi il 30% della manifattura. Molte piccole e medie aziende sono state spazzate via. Ciò ha determinato direttamente e indirettamente la rovina di molti, l’impoverimento del ceto medio, l’aggravamento della disoccupazione già pesante per le nuove tecnologie sostitutive di lavoro umano. Le forze maggioritarie della sinistra non hanno capito quello che succedeva e hanno riposto tutte le loro speranze nella linea economica neoliberista gestendola dal governo o non combattendola dall’opposizione. L’esempio fu Blair in Inghilterra e Clinton negli stati Uniti con i loro imitatori italiani e di altri paesi. In tutto il mondo sviluppato ciò ha generato zone di comprensibile rancore di quanti erano (e sono) a disagio o alla disperazione. Un rancore che si è rivolto contro l’establishment moderato (cioè contro i gruppi politici dirigenti) entro cui la sinistra maggioritaria si era venuta collocando. Logicamente ci si è rivolti altrove, e soprattutto a chi sembrava esterno al sistema di potere e portatore di una soluzione altra da quella discreditata. Ha pesantemente influito, in Italia, l’antica campagna antipartitica purtroppo alimentata da forme di corruzione endemica. L’imprenditore “che dà lavoro” è divenuto una figura di riferimento, quasi eroica. Il politico che “sa solo chiacchierare” e che in taluni casi viene scoperto a rubare o ad approfittare del suo ruolo diventa il nemico. Lo stesso metodo democratico fatto di diversità e di contrasto di opinioni diventa poco comprensibile, poi fastidioso, poi non più tollerato.
Prendono piede le apparenti soluzioni semplici. “Mandiamoli tutti a casa” si trasforma facilmente in volontà di governo forte e di “uomo forte”. Inoltre prende facile avvio anche la rivalutazione del passato fascista: facevano le bonifiche delle paludi, facevano le case popolari, eccetera. E si ignora che il fascismo ha promosso la più grande strage del secolo passato con la guerra mondiale, la morte di milioni di italiani, la rovina totale del Paese. E ancora adesso siamo un Paese occupato da basi straniere con relative bombe atomiche. Una propaganda costante non contrastata ha diffuso una idea orribile della Resistenza esasperando alcuni episodi tacendo sulla barbarie nazista e fascista. Naturalmente, su questa realtà intervengono settori del capitale che investono in questi gruppi considerati strumenti di riserva da usare in caso di bisogno e comunque tali da spostare a destra l’asse politico.

Un’organizzazione giovanile neofascista, “Azione studentesca”, ha vinto le elezioni della Consulta provinciale degli studenti di Firenze (a Firenze!). Il nuovo presidente della Consulta è un rappresentante di questa organizzazione. Peraltro nel mondo dell’associazionismo in generale le formazioni neofasciste sono sempre più presenti. Costa sta succedendo fra le giovani generazioni?

Non posso rispondere sul caso di Firenze che non conosco altro che per le sommarie cronache dei giornali. Mi pare che si debba distinguere sempre tra votanti e votati e anche tra capi e seguaci. Leggo che l’associazione di destra ha portato avanti rivendicazioni capaci interessare molti. Leggo anche che farebbero propaganda parlando delle foibe triestine ad opera degli jugoslavi di Tito. Queste furono una infamia senza possibili giustificazioni. Ma temo che non ci sia nessuno che ha informato quei giovani delle infamie compiute dai fascisti contro gli sloveni.
Comunque, parlando in generale, le giovani generazioni sono le più penalizzate dalla situazione che ho richiamato prima. Le cifre della disoccupazione giovanile sono note. Ed è noto che il lavoro precario, mal pagato, privo di tutele e garanzie prevale tra il giovani. Non c’è avvenire e non c’è speranza. Tra i giovani può avanzare l’ideologia che dice: il socialismo è fallito, la democrazia è fallita, facciamo piazza pulita, imbocchiamo una strada nuova tutta nostra. Solo i gruppi dirigenti ideologizzati sanno che la strada nuova è quella vecchia. Ciò che viene presentato ai giovani su cui si punta per farne dei quadri delle formazioni neofasciste è un misto di nazionalismo razzista (l’Italia umiliata dalla sinistra succube, le aziende italiane vendute agli stranieri, gli italiani sommersi dagli immigrati ecc) e di rivoluzionarismo di pseudo sinistra (contro l’americanismo, confusione tra governo Netanyahu ed ebrei, misure di socialità ecc). Ezra Pound fu tipico di questa ideologia: pensando di essere un rivoluzionario antiborghese coprì le più atroci infamie naziste e fasciste.

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Nello specchio del nazismo che ritorna

fonte inchiestaonline.info

| 5 dicembre 2017 | Comments (0)

Perché il fascismo ha vinto di nuovo

Riguardiamo questo filmato

Tutti i giornali ne parlano, tutti lo condannano, molti dicono: mettiamo in galera i naziskin. Ma sì, mettiamoli in galera così si moltiplicano. Vietiamo l’apologia di fascismo così l’apologia del fascismo dilagherà dovunque. Oppure diamoci una calmata e ascoltiamo il testo dalla sintassi incerta che è stato letto dal pelato che a Como è entrato con altri dodici pelati vestiti come lui per leggere ai volontari di Como Senza Frontiere un testo molto ma molto interessante. Lo riporto qua sotto parola per parola, perché i benpensanti dell’antifascismo di regime non hanno generalmente il coraggio di riportarlo, neppure Il Manifesto tanto per intenderci ha ritenuto utile riportarlo, sbagliando enormemente. Dice il pelato (le prime parole sono perdute nella registrazione):

“….dovrebbero difendere i diritti dei lavoratori e invece appoggiano una logica schiavista causando, d’amore e d’accordo coi loro padroni  una una spietata gara al ribasso, soloni dell’emigrazionismo a tutti i costi, incapaci di vedere che la loro logica malata sacrifica i popoli di tutto il mondo sull’altare di un turbo capitalismo alienante il tutto amplificato da un megafono propagandistico di pseudo clericali irretiti dalla retorica mondialista.

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Forlì. Fiom-Cgil, urgente risposta democratica agli attacchi squadristi

FONTE FIOM CGIL NAZIONALE
attacco fascista a Forlì

“È sempre più urgente una diffusa e costante risposta democratica al rinascere degli attacchi squadristi che prendono di mira i luoghi dell’informazione, della solidarietà e dell’impegno civile. Ieri Giovanni Cotugno, segretario della Fiom-Cgil di Forlì è stato colpito con un bastone dai picchiatori di Forza Nuova che hanno assalito il presidio antifascista.
Serve un impegno per contrastare e rimuovere le cause sociali e culturali che hanno determinato in Italia e in tutta Europa la riorganizzazione di forza xenofobe, razziste, neofasciste e naziste.
Forza Nuova è un’organizzazione fuori dalla Costituzione, che va subito sciolta. Serve un forte segnale da parte del Ministero dell’Interno e delle autorità competenti per fermare violenza e razzismo. La Fiom invita le lavoratrici e i lavoratori al massimo della vigilanza democratica insieme a tutte le organizzazioni antifasciste presenti sul territorio, e a questo scopo promuoverà una serie di iniziative concrete che verranno discusse nel Comitato Centrale del 14 dicembre”.

Lo dichiara in una nota la segreteria nazionale della Fiom Cgil.

 

Fiom-Cgil nazionale/Ufficio stampa

Roma, 9 dicembre 2017

IL COMUNICATO DI ROMAGNA MIGRANTE SULL’AGGRESSIONE DI MILITANTI FASCISTI DI FORZA NUOVA AL SEGRETARIO DELLA FIOM DI FORLI AVVENUTA IN PIAZZETTA MISURA A FORLI 

Bastoni di Forza Nuova a Forlì, Romagna Migrante: “La maschera è caduta”

 

 

L’aggressione ai danni del segretario Fiom Gianni Cotugno in piazzetta Misura a Forlì da parte di militanti di Forza Nuova rappresenta un fatto gravissimo che riguarda tutti noi. Riguarda anche Cesena, Savignano e Rimini, dove da tempo gli stessi neofascisti intervenuti a Forlì organizzano le cosiddette ronde “per la sicurezza”. E’ evidente che il loro concetto di sicurezza mette in pericolo tutti coloro (migranti, persone omosessuali e antifascisti, ma non solo) che sono al di fuori della visione piccola piccola che questi individui hanno del mondo. 

Quanto successo a Forlì venerdì 8 Dicembre non rappresenta un precedente. Non ci dice niente di nuovo sulle modalità dei militanti neofascisti: dalla sua fondazione (allora come adesso!) il fascismo è prepotenza; è soppressione di tutto ciò che rappresenta una diversità; è violento per sua stessa natura. La cronaca recente ne dà conferma. A Fermo nel Luglio 2016 un giovane nigeriano, Emmanuel Chidi Nnamdi, è stato ucciso da un neofascista. A Rimini, l’inverno scorso, un altro nostalgico del ventennio ha cercato di fare la stessa cosa ai danni di un altro africano residente in città… Non si dica che non ha senso, al giorno d’oggi, confrontarsi politicamente sui temi dell’antifascismo. Questo tipo di istanze è responsabile, da una parte, di un rigurgito di rivendicazioni neofasciste e di violenza ovunque nel nostro Paese;  dall’altra di aver indebolito gli anticorpi di tutti i cittadini nel riconoscere il fascismo per ripudiarlo. 

Piuttosto, bisogna riconoscere che il problema è più grave di quanto pensavano alcuni. Al di là dei neofascisti (la cui presenza è di per sé molto preoccupante), a noi di RomagnaMigrante preoccupa il processo di “fascistizzazione” della società che da tempo osserviamo, anche a Cesena. Non è un caso che i militanti di Forza Nuova abbiano calcato l’onda delle proteste contro l’arrivo dei profughi a Borello, nell’inverno 2016, quando hanno raccolto sodali tra alcuni giovanissimi della zona che, a distanza di un anno, si danno appuntamento il sabato mattina per sventolare le bandiere nere del loro partito nelle vie del centro cittadino. Ancora, non è un caso che i cesenati si stiano abituando a vedere in città banchetti tenuti dai neofascisti di Casa Pound con le loro proposte di legge sempre per gli Italiani e contro chi italiano non è. ‹‹Prima gli Italiani!››, come a intendere (in modo assurdo) che il bene del nostro popolo debba andare a discapito di altri popoli. Il processo di “fascistizzazione” cui assistiamo passa attraverso una nuova narrazione che i neofascisti fanno di loro stessi, con l’avvallo di alcuni mezzi di informazione. Loro si descrivono “civili” e “democratici”. Ebbene, questa maschera è caduta -ancora una volta- venerdì 8 Dicembre in Piazzetta Misura. 

Di cosa abbiamo bisogno ancora per indignarci di fronte all’esistenza delle formazioni neofasciste?! Qualcuno risponderà che la loro presenza a Cesena non è contraria alla legge…vero! Ma lo sono gli strascichi d’intolleranza e discriminazione che i neofascisti sempre si portano dietro. 

Parliamo chiaro: purtroppo non esiste nessun vaccino contro il fascismo. Non saremmo qui a scriverne a distanza di tanti anni da quel 1943 quando Cesena venne liberata (“Nessuna conquista è per sempre!”). RomagnaMigrante nutre dubbi sul fatto che lo si possa bandire definitivamente attraverso una legge. Tanto più perché il governo a marchio PD del DDL Fiano è lo stesso dei patti bilaterali con le tribù che in Libia investono il denaro italiano che arriva a fiumi per rinchiudere in veri e propri lager migliaia di uomini e donne migranti (e tantissimi minori) che viaggiano dai vari paesi africani verso nord, per raggiungere l’Europa. Gli anticorpi al neofascismo di oggi (che è tanto più subdolo quanto cerca di legittimarsi come un fenomeno “democratico”) si sviluppano nelle pratiche quotidiane contro ogni prepotenza, nelle pratiche di solidarietà dal basso, come quelle che noi di RomagnaMigrante cerchiamo di mettere in campo giorno dopo giorno. Si sviluppano, ancora, in una sacrosanta indignazione in primis contro la presenza dei neofascisti sempre più visibili nelle nostre strade e poi anche contro chi vorrebbe “sdoganarli”, includendoli nell’agone politico delle nostre città. In definitiva, gli anticorpi al neofascismo si sviluppano prendendo posizione, anzitutto, come cittadini. E’ tempo che tutte le anime veramente antifasciste della nostra città si facciano sentire!

Romagna Migrante
 

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The Hate Destroyer: a Kinodromo la donna che “cancella” i nazisti Lunedì 4 dicembre la proiezione del film di Vincenzo Caruso e l’incontro con regista e protagonista.

 Autore : Sandro Canella
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Irmela Mensah Schramm è un’anziana signora berlinese che da oltre trent’anni rimuove adesivi e manifesti e cancella dai muri simboli nazisti. Per la sua battaglia di civiltà è già stata minacciata di morte più volte. La sua storia viene raccontata da “The Hate Destroyer”, documentario di Vincenzo Caruso già vincitore di un premio al Biografilm Festival, che verrà proiettato lunedì a Loft Kinodromo.

Dal 1985, a Berlino, un’anziana signora cancella quotidianamente i simboli nazisti che appaiono nella città. Adesivi, manifesti e tag sui muri di svariate formazioni dell’estrema destra, vengono sistematicamente rimossi dalla determinata volontà di Irmela Mensah Schramm.
La sua storia viene raccontata dal documentario “The Hate Destroyer” di Vincenzo Caruso, che verrà proiettato lunedì 4 dicembre a Loft Kinodromo. A precedere la proiezione ci sarà un dibattito con la protagonista del documentario e il regista.

L’impegno civico di Irmela contro il nazismo e i suoi simboli le è già valsa numerose minacce di morte da parte di gruppi neonazisti. Le lettere minatorie, insieme a decine di migliaia di fotografie che documentano la sua opera di ripulitura, vengono catalogate in raccoglitori, che rappresentano una sorta di biografia e testamento della donna.
“Irmela non si rende nemmeno conto fino in fondo di quanto rischia – osserva ai nostri microfoni il regista – In Germania il neonazismo non è solo volantini: ci sono casi di violenza vera ed efferata”.

Il gesto all’apparenza semplice e simbolico di Irmela però, secondo Caruso, è importante perché rappresenta la volontà di dire no. “Oggi sappiamo indicare ciò che vogliamo, ma abbiamo smesso di lottare per ciò che non vogliamo – sottolinea il regista – Del documentario mi piacerebbe che passasse che non basta più prendere solo le distanze, ma bisogna trovare il proprio modo per intervenire“.
Un appello attraverso un documentario che, alla luce di quello che sta accadendo anche in Italia, con il moltiplicarsi delle iniziative neofasciste, è di un’attualità sconcertante.

ASCOLTA L’INTERVISTA A VINCENZO CARUSO: