Fonte Valigia Blu che ringraziamo
Autrice: Alice Facchini “La patria non è in vendita”. “Basta decreti per togliere diritti ai lavoratori”. “Milei, stai clonando la povertà”. Sono alcuni degli slogan scritti sui cartelloni dai manifestanti che il 21 dicembre sono scesi in piazza a Buenos Aires per contestare il maxi-decreto di riforma economica proposto dal neoeletto presidente argentino, Javier Milei. L’obiettivo era chiedere che il cosiddetto decretazo sia giudicato incostituzionale: il 23 dicembre alcuni gruppi civici avevano presentato una mozione proprio per farne dichiarare l’incostituzionalità. Per fare forza alla mozione, migliaia di persone, guidate dai sindacati, hanno protestato davanti al Palazzo di Giustizia argentino: nonostante la manifestazione sia stata pacifica, alla fine ci sono stati scontri con la polizia e sette arresti.
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Non è che l’ultima delle proteste di piazza contro il plan motosierra, il “piano motosega” – come la motosega agitata dal nuovo presidente – per tagliare la spesa pubblica: “Abbiamo rilevato, tra leggi e altre regolamentazioni che ostacolano il funzionamento di una società libera, quasi 380 mila norme”, ha spiegato Milei. “Stiamo lavorando per smantellare questa macchina di distruzione che è diventato lo Stato argentino”. L’obiettivo? Raggiungere il pareggio di bilancio già nel 2024.
Da quando Milei è diventato presidente ha promesso di “dare una scossa” all’economia argentina: in poche settimane sono stati già introdotti decine di decreti, tra cui quello sulla svalutazione del peso del 50% rispetto al dollaro. Parallelamente il governo ha annunciato la soppressione dell’attuale sistema di autorizzazione delle importazioni e la sostituzione con un sistema aperto, basato su dati statistici. “Tutti potranno importare”, ha detto il nuovo ministro dell’Economia argentino, Luis Caputo.
In cosa consiste questo maxi-decreto tanto contestato? Pubblicato la settimana scorsa, dieci giorni dopo l’insediamento di Milei, è un decreto di necessità e urgenza (DNU), un tipo di decreto straordinario previsto dalla Costituzione argentina da usare in circostanze eccezionali, quando c’è bisogno di approvare norme molto velocemente. E infatti è stato presentato da Milei al Parlamento durante una sessione straordinaria: i suoi critici contestano che non ci fosse una situazione emergenziale tale da giustificare l’utilizzo di questo strumento.
Il DNU, racchiuso in 366 articoli per 83 pagine, prevede l’eliminazione e la modifica di oltre 300 normative: unico denominatore comune è la deregolamentazione, in un contesto in cui l’inflazione annuale supera il 160% e il tasso di povertà ha superato il 40%. La direzione è quella di un neoliberismo estremo: tra gli aspetti più critici c’è la privatizzazione di alcune aziende pubbliche, l’eliminazione del tetto agli affitti e l’allentamento dei tetti di prezzo per i servizi sanitari privati, oltre che la cancellazione delle norme che proteggono i consumatori dagli aumenti indiscriminati dei prezzi dei beni essenziali. Milei ha anche annunciato una “modernizzazione del diritto del lavoro per facilitare il processo di creazione di posti di lavoro reali”: il decreto eliminerà alcune protezioni per i lavoratori, tra cui la fine degli aumenti automatici delle pensioni, e limiterà il diritto di sciopero.
L’entrata in vigore è prevista per il 29 dicembre a meno che il Parlamento lo abroghi con la maggioranza assoluta di entrambe le Camere – maggioranza che però nessun partito politico detiene. Il partito di Milei, Libertad Avanza, è solo la terza forza del paese, anche se può contare sull’appoggio del blocco di centrodestra, il secondo più grande.
A indire la manifestazione del 27 dicembre sono state la Confederazione generale del Lavoro (CGT), la Centrale dei lavoratori (CTA), l’Unità Piquetera e i partiti di sinistra, insieme ad altre organizzazioni sociali e sindacali. “Non mettiamo in dubbio la legittimità del presidente Milei, ma vogliamo che rispetti la divisione dei poteri”, ha dichiarato il leader del sindacato edile Gerardo Martinez, uno degli organizzatori. “I lavoratori devono difendere i loro diritti quando c’è un’incostituzionalità”.
Nel frattempo non si fermano le proteste: anche il sindacato che rappresenta i dipendenti pubblici argentini (l’ATE, Associazione dei lavoratori dello Stato) si prepara allo sciopero generale della categoria per protestare contro un ulteriore decreto annunciato da Milei, che porterà al licenziamento di circa 7mila lavoratori del pubblico impiego assunti a gennaio e in scadenza il 31 dicembre. “Che nessuno ci accusi di minacciare la governabilità del paese”, ha detto Rodolfo Aguiar, segretario generale di ATE. “Se c’è qualcuno che sta compromettendo la pace sociale, è il governo stesso, che sta decidendo di lasciare migliaia di famiglie per strada”. E ha concluso: “Siamo di fronte a un attacco senza precedenti. Dobbiamo rispondere di conseguenza”.