“La guerra Usa è fino all’ultimo ucraino”, dialogo tra Noam Chomsky e Bill Fletcher

Una sintesi del dialogo “Una risposta di sinistra all’invasione russa dell’Ucraina” fra l’intellettuale e attivista politico Noam Chomsky e l’attivista e scienziato politico Bill Fletcher jr. trasmessa su Real News Network.

Fletcher. Partiamo da tre assunti. Il primo: la Nato non è un’alleanza difensiva. Il secondo: alla dissoluzione del Patto di Varsavia sarebbe dovuta seguire la dissoluzione della Nato. Infine: l’espansione della Nato, in particolare durante le presidenze di Clinton e Bush jr, è stata un errore e una provocazione.

Chomsky. Penso siano punti di partenza corretti, e vorrei aggiungerne un altro. Qualunque sia la spiegazione dell’invasione russa – che è una questione cruciale – l’invasione in sé è un atto criminale di aggressione, un crimine internazionale di suprema gravità, paragonabile ad altre violazioni della legge internazionale e dei diritti umani come l’invasione statunitense in Iraq o a quella della Polonia da parte di Hitler. Ma c’è un background che risale ai primi anni Novanta, quando l’Urss collassa e il presidente Usa George Bush senior raggiunge un accordo con il presidente dell’Urss Michail Gorbaciov, un accordo ben definito. Gorbaciov acconsente all’unificazione delle due Germanie e all’ingresso del nuovo Stato nella Nato, che considerato il contesto è una concessione notevolissima, a una condizione che viene ufficializzata: che la Nato non si espanda a est nemmeno di un centimetro, Not one inch. Gli americani rispettano il patto fino al 1994, quando Bill Clinton, per ragioni di consenso interno, incoraggia Paesi come Polonia, Ungheria e Slovenia a entrare nell’Alleanza atlantica. Poi, con il pretesto di fermare le atrocità serbe in Kosovo, Clinton bombarda la Serbia senza nemmeno informare i russi che ne escono umiliati. George Bush jr. invita a entrare nella Nato praticamente tutti gli Stati satellite russi, nel 2008 anche l’Ucraina e qui interviene il veto di Francia e Germania, ma la proposta resta sul tavolo a Washington. Un approccio pericoloso e cinico, perché viola le red lines russe. Anche la rivoluzione arancione di Maidan del 2014 è istigata dagli Usa e porta quella che chiamiamo Nato, ovvero gli Stati Uniti, a integrare l’Ucraina sempre di più con l’invio di armi e addestramento. C’è un documento ufficiale firmato da Biden nel settembre 2021, ignorato dai media ma non dall’intelligence russa, in cui si finalizza lo Strategic Defence Framework con l’Ucraina, si parla di forniture militari e dell’Ucraina come Enhanced Opportunities Partner della Nato, cioè apre le porte all’ingresso di Kiev nell’Alleanza.

Fletcher. Ma invece di accusare la Nato, Putin giustifica l’invasione con toni nazionalistici ed espansionistici. Come funziona il suo regime?

Chomsky. Putin ha sempre dichiarato che la decisione di dissolvere l’Urss è stata tragica. Ma anche che chiunque pensi di ricostituire quell’impero è un pazzo. È ovvio che la Russia non ha la minima capacità di farlo: anche se ha un grosso esercito ed è una potenza nucleare, è una cleptocrazia in declino con una economia debole e della grandezza più o meno di quella italiana. Non può conquistare nessuno. L’Ucraina è sempre stato un caso a parte e su questo le richieste russe ufficiali del ministro degli Esteri Lavrov sono sempre state, oltre all’indipendenza del Donbass, la neutralità e la demilitarizzazione, cioè la rimozione delle armi che minacciano la sicurezza russa. Uno status simile a quello del Messico rispetto agli Stati Uniti, che di fatto non può aderire ad accordi militari con la Cina. La proposta Lavrov poteva funzionare? Non lo sapremo mai, perché non è stata presa in considerazione.

Fletcher. Eppure nel 1994 con il memorandum di Budapest, l’Ucraina rinuncia al suo arsenale nucleare in cambio della promessa russa di non aggressione, e non cerca di entrare nella Nato fino al 2014 quando la Russia annette la Crimea e supporta la secessione in Donbass. Sembra che Mosca non voglia garantire la propria sicurezza, ma rendere l’Ucraina uno Stato satellite.

Chomsky. Il Messico è uno Stato satellite degli Usa? Lo erano l’Austria o la Finlandia? No, erano neutrali, con l’obbligo di non aderire a una organizzazione militare ostile guidata dagli Usa che facesse esercitazioni sul loro territorio [come la Nato in Ucraina, ndr]. Una limitazione di sovranità? Sì, ma non limitava la vita di quei Paesi. Uno status che si sarebbe potuto ottenere per l’Ucraina se gli Usa lo avessero voluto.

Fletcher. Ha senso per Austria e Finlandia. Perché Kiev dovrebbe fidarsi di un accordo con la Russia dopo l’annessione della Crimea nel 2014?

Chomsky. L’Ucraina può non credere al fatto che la Russia rispetterebbe un accordo, così come non li rispettano gli Stati Uniti in tanti luoghi del mondo. In Ucraina, la Russia sta commettendo crimini da tribunale di Norimberga, ma gli Stati Uniti violano trattati internazionali con l’abuso della forza. La domanda è: se gli Usa avessero rispettato le red lines russe, come consigliato da esperti, alti consiglieri, diplomatici, anche Francia e Germania, e avessero lavorato per la neutralità dell’Ucraina, la Russia avrebbe invaso? Non lo sappiamo. Per citare uno di quegli esperti, l’ex ambasciatore Usa, Chas Freeman, gli Stati Uniti “hanno scelto di combattere fino all’ultimo ucraino”, ovvero di abbandonare ogni speranza di un accordo. Tutto questo si poteva provare a evitare e si potrebbe ancora. Quando Biden dice che Putin è un criminale di guerra e verrà processato, lo mette al muro: l’unica strada è il suicidio o l’escalation, anche nucleare.

Fletcher. Addossi tutta la responsabilità agli Usa, ma nella Nato ci sono anche Paesi come la Germania e la Francia contrari all’ingresso dell’Ucraina. E i proclami di Putin sulla necessità di denazificare l’Ucraina sono ridicoli. C’è qualcosa che mi sfugge…

Chomsky. Ti sfugge la realtà dei rapporti di potere internazionali, dove gli Stati Uniti hanno un potere spropositato. Lo sappiamo tutti, la Russia lo sa benissimo. Chi capisce qualcosa di politica internazionale sa che gli Stati Uniti sono un violento stato canaglia che fa quello che vuole. Se al Cremlino ci fosse un uomo di stato abile e lungimirante, avrebbe cercato un compromesso con Germania e Francia, avrebbe provato ad aderire a qualche forma di casa comune europea come la immaginava Gorbaciov. Ma Putin e il suo entourage non hanno questa visione e capacità di leadership e hanno preso le armi, come fanno sempre le grandi potenze, inclusi gli Stati Uniti. Ed è una decisione criminale, che danneggia la Russia. Putin ha porto agli Stati Uniti sul piatto d’oro il più grande regalo immaginabile: potenze come Germania e Francia ora sono del tutto assoggettate agli Stati Uniti.

Il neonazismo dell’oligarca ebreo

Fonte: areaonline.ch

In Ucraina le milizie armate di estrema destra, come Azov, sono state create più per scopi economici che ideologici: l’analisi dell’esperto

di
Veronica Galster
La questione dell’ultranazionalismo ucraino è stata strumentalizzata ad arte da Putin per giustificare l’invasione dell’Ucraina, ma un problema legato alla presenza di gruppi armati di estrema destra esiste, anche se non ai livelli dichiarati dal presidente russoPer capirne l’effettiva natura, l’influenza che hanno avuto e hanno nel Paese e l’ampiezza del fenomeno, area ha intervistato Matteo Zola, giornalista, direttore responsabile di East Journal ed esperto di Europa centro-orientale e area post-sovietica.

 

Matteo Zola, come leggere la presenza di gruppi ultranazionalisti di estrema destra in Ucraina senza rischiare di essere tacciati di filorussismo?

La denazificazione dell’Ucraina proclamata da Putin è chiaramente strumentale ed è puramente retorica a fini di propaganda interna. Una cosa che è difficile da capire per chi conosce meno questi Paesi, è che il richiamo alla lotta contro il nazismo è un richiamo molto forte. L’identità russa si è forgiata sulla grande guerra patriottica, cioè sullo sforzo militare della Seconda Guerra mondiale che non era solo per salvare la Russia, ma anche per salvare il mondo dal nazifascismo. Il sentimento nazionale russo è alimentato ed è saldato a questa memoria della lotta al nazifascismo. Quindi, quando Putin parla di “denazificazione” lo fa sapendo che tocca certe leve nel suo popolo, risvegliando antichi ricordi, perché il loro immaginario va immediatamente a quei racconti dei nonni e allo sforzo della liberazione dall’invasione tedesca.

In secondo luogo, è chiaro che c’è una presenza di movimenti di estrema destra in Ucraina. Ci sono movimenti che esistono da quando l’Ucraina è indipendente, quindi ben prima del 2014. Si tratta di un’estrema destra che definirei “tradizionale” e che si rifà all’ultranazionalismo come lo conosciamo anche in altri Paesi d’Europa. Queste destre estreme fanno sempre riferimento a un passato, nel caso ucraino il riferimento è legato a un’identità ucraina di tipo etnico: un’Ucraina fatta di ucraini e dalla quale quindi tutta la componente russofona è esclusa. Questa visione si concentra principalmente nelle regioni occidentali, soprattutto in Galizia, attorno a Leopoli, dove c’è lo zoccolo duro.

 

Cos’è cambiato dal 2014, dopo la rivoluzione di Maidan?

A partire dal 2014, invece, si sviluppano altri movimenti, il più conosciuto è Pravyi sektor (Settore destro), guidato da Dmytro Jaroš. Inizialmente Pravyi sektor rappresentava solo l’indicazione di dove si trovava questo gruppo all’interno della piazza durante la rivoluzione, non c’era un’ideologia ben definita tra i suoi componenti. Sì, i suoi leader ce l’avevano, ma in quel momento non era importante la politica. Dopo poche settimane invece ha preso una connotazione ideologica molto forte di estrema destra.

Pravy sektor però non è un movimento che ha una grossa influenza politica e alle elezioni parlamentari del 2014 riesce a raccogliere solo l’1,8% dei consensi e il suo leader Dmytro Jaroš, candidato alle presidenziali lo stesso anno, raccoglie solo lo 0,7%.

 

Non ricevono consenso elettorale, questo significa che il popolo in maggioranza non li sostiene, eppure non sono stati proprio marginali…

Grazie al ruolo importante che questo movimento ha avuto nelle proteste in Piazza Maidan, è comunque riuscito a sfruttare le molte crepe di un sistema democratico vacillante, condizionato dal conflitto e plagiato dalla presenza degli oligarchi. La marginalità istituzionale dell’estrema destra non è sinonimo di debolezza, Pravyi sektor è, ad esempio, all’origine del famigerato battaglione Azov. Questa estrema destra militante e militare ha rappresentato una seria minaccia per la vita politica del paese: cercando di imporre la propria agenda estremista, si è infatti resa protagonista di intimidazioni e violenze verso oppositori di sinistra, gruppi femministi, attivisti Lgbt e minoranze etniche, minando il processo di democratizzazione.

 

E allora perché questi gruppi sono stati tollerati, se non promossi, dalle autorità politiche dell’Ucraina?

Non dobbiamo dimenticare la presenza di potenti oligarchi che controllano il Paese e promuovono i politici a seconda delle loro necessità. Uno di questi, molto potente e poco conosciuto, è Ihor Kolomojskyj, il cui nome ritorna spesso: è lui che ha favorito l’ascesa di Julija Tymošenko e di Petro Porošenko, con il quale però è poi entrato in conflitto, mettendogli così di fronte un degno avversario come l’attuale presidente Zelenskyj, favorendone l’elezione. Ed è sempre Kolomojskyj che ha finanziato la creazione dei battaglioni ultranazionalisti Azov, Dnipro e Aidar.

Ora, questo potente signore, vale la pena ricordarlo, è un ebreo con cittadinanza ucraina e israeliana, quindi tutto fuorché un neonazista.

 

Perché allora ha finanziato e armato dei gruppi di stampo neonazista?

Non lo ha certamente fatto per affinità ideologiche, lo scopo era invece quello di creare delle milizie private che, nella grande confusione del 2014-2015, gli servissero per difendere i propri interessi economici e politici nelle regioni orientali, nel momento in cui altre milizie private, orientate più verso gli interessi di Mosca, venivano finanziate da Achmetov e altri oligarchi del Donbass, come il battaglione Vostok. Si capisce quindi l’importanza del ruolo degli oligarchi, più che delle ideologie ultranazionaliste in contrapposizione a quelle filo-russe, nell’apparizione di questi gruppi paramilitari. Inoltre, la presenza di stranieri simpatizzanti dell’estrema destra tra le file di uno e dell’altro schieramento dimostra una volta di più che la chiave di lettura ideologica non regge per spiegare il fenomeno.

L’estrema destra ha sì un’influenza sul paese, ma questa influenza deriva dal fatto che sia collegata al potere oligarchico e risponda quindi anche a interessi che non sono di tipo ideologico-politico, ma piuttosto economico.

 

La guerra cambierà questi equilibri?

È chiaro che la guerra cambia un po’ tutto: il battaglione Azov è diventato necessario ora per lo Stato ucraino, lo stesso Stato che prima aveva cercato di integrare questa estrema destra per sottrarla al controllo degli oligarchi. L’ex-presidente ucraino Porošenko aveva interesse a far entrare questi battaglioni nell’esercito regolare perché questo significava toglierne il controllo agli oligarchi. Si potevano sciogliere questi battaglioni? No, non si poteva perché lo Stato era ancora debole, le istituzioni democratiche erano ancora deboli e il rischio era enorme, quindi si è cercata una via di compromesso integrandoli, anche se questo significava armare Azov come tutti gli altri battaglioni dell’esercito.

Dire che lo Stato ucraino ha protetto e tollerato l’estremismo di destra è sbagliato, ma lo Stato ucraino è tante cose e ci sono rappresentanti dello Stato che sono oligarchi e che quindi fanno i propri interessi. Si tratta di un discorso complesso e che non va “tagliato con l’accetta”, soprattutto se si parla dell’estrema destra del dopo 2014.

Se quando la guerra finirà l’Ucraina esisterà ancora, io credo che si riaccenderà il sentimento nazionalista, anche radicale, è inevitabile, ma non sarà necessariamente un nazionalismo di tipo etnico.

 

….Evaluation of science advice during the COVID-19 pandemic in Sweden…. ovvero la pratica della selezione naturale ….

Questo articolo disvela le negligenze e la “logica darwiniana” delle Autorità svedesi di lasciare fare al Corona virus il compito di fare “la selezione” nella popolazione, ovvero far fuori le persone fragili e/o anziane .
” Nessun lockdown, nessun allarme per non bloccare economia e cittadini. La Svezia negli ultimi due anni ha diviso l’opinione pubblica tra coloro che vedevano nella sua strategia di mitigazione del virus un esempio da seguire e chi invece temeva la poca prudenza. Oggi un primo studio scientifico sistematico, pubblicato su Nature, emette una sentenza: l’approccio laissez-faire del Paese scandinavo si è rivelato “moralmente, eticamente e scientificamente discutibile”, provocando un tasso di mortalità che nel 2020 è stato di 10 volte superiore rispetto a quello della vicina Norvegia. Da modello discusso a fallimento conclamato, dunque…..”

Vedi gli articoli di Nature : Evaluation of science advice during the COVID-19 pandemic in Sweden

e HuffingtonPost ” Gli anziani lasciati morire, i bambini usati per diffondere il virus. Il fallimento del modello svedese sul Covid “

QUANDO L’INTELLETTUALE RINUNCIA ALLA RAGIONE. A PROPOSITO DI FLORES E DI “MICROMEGA”.

FONTE IL BLOG DI ANGELO D’ORSI  CHE RINGRAZIAMO

Il 4 aprile 2022 l’ANPI (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia) ha diffuso il seguente comunicato:
“L’ANPI condanna fermamente il massacro di Bucha, in attesa di una commissione d’inchiesta internazionale guidata dall’ONU e formata da rappresentanti di Paesi neutrali, per appurare cosa davvero è avvenuto, perché è avvenuto, chi sono i responsabili. Questa terribile vicenda conferma l’urgenza di porre fine all’orrore della guerra e al furore bellicistico che cresce ogni giorno di più”.

“Questo comunicato è osceno, e infanga i valori della Resistenza”, è l’incipit del commento di Paolo Flores d’Arcais, direttore di “MicroMega”, mentre a me è parso un comunicato di buon senso, e di civile rigore. In un editoriale sul sito della rivista, invece di sostenere la linea della ricerca della verità, Flores la dà per assodata, e chiede, dopo una profluvie di insulti ai dirigenti ANPI e di volgarità contro i russi, reclama una Norimberga per processarli (e poi? pena di morte?): un editoriale di una rozzezza e di una violenza che può fare invidia ai fogli più osceni del bellicismo italiota.

E meno male che Flores si è sempre presentato come il campione del razionalismo neoilluministico! Ma che cosa chiedeva Romain Rolland nel 1914 quando si scatenò nel mondo della cultura, in tutta Europa, la canea bellicistica? Chiedeva agli intellettualie di stare “al di sopra della mischia”, non al di fuori, ma al di sopra, cercando di non cedere alle passioni nazionali, e di non perdere il lume della ragione critica. E che cosa invocava Antonio Gramsci, negli anni di quella stessa guerra? La necessità della verità: ad ogni costo.

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Traffico di organi tra Marocco e Turchia: banda criminale scovata grazie a annunci sui social network

 

Fonte AfricaExpress che ringraziamo 


7 aprile 2022

La polizia marocchina ha arrestato 4 persone perché sospette di far parte di una rete criminale di traffico di organi e droga, attiva tra Marocco e Turchia.

La direzione generale della Sicurezza nazionale (DGSN) di Rabat ha precisato che l’inchiesta è stata aperta dopo un annuncio pubblicato sui social network. L’inserzione offriva grosse somme di denaro in valuta, in cambio di espianto di reni, effettuate in cliniche private all’estero.

Scoperto traffico di organi tra Marocco e Turchia

Finora gli inquirenti marocchini hanno già identificate due vittime in Turchia e, secondo il quotidiano con base a Casablanca, Al Ahdat Al Maghribiya, le vittime avrebbero percepito 14.000 dollari per la cessione di un rene. Le quattro persone arrestate – 3 donne e un uomo – fungevano da intermediari in questo losco traffico, prestando il loro “aiuto” ai disgraziati, pronti vendere un loro rene per fuggire alla povertà.

La DSGN ha aggiunto che talvolta i criminali sfruttavano le vittime anche per ricezione e trasporto di stupefacenti, sia in Marocco sia in altri Paesi. Tutte queste attività sarebbero da attribuirsi a una rete che non opera direttamente nel regno ed sarebbe composta da cittadini stranieri.

Durante una perquisizione nelle abitazioni dei 4 arrestati, gli inquirenti hanno trovato grosse somme di denaro – sia in dirham marocchini che in valuta estera – ricevute di trasferimento di soldi oltrefrontiera, nonché telefoni cellulari, analisi di gruppi sanguigni di potenziali vittime e cannabis. Ovviamente si sospetta  che il contante trovato sia frutto di atti criminali.

Ora, grazie al coinvolgimento della filiale Interpol di Ankara, le indagini procedono a tutto campo anche in Turchia, per scovare tutti responsabili di questo traffico illecito.

Africa ExPress
@africexp

LETTERA DI 10 EX CORRISPONDENTI DI GUERRA CONTRO LA PROPAGANDA DEI NOSTRI MEDIA

 

“Ecco perché sull’Ucraina il giornalismo sbaglia. E spinge i lettori verso la corsa al riarmo”: lo sfogo degli ex inviati in una lettera aperta. “Basta con buoni e cattivi, in guerra i dubbi sono preziosi”

Undici storici corrispondenti di grandi media lanciano l’allarme sui rischi della narrazione schierata e iper-semplicistica del conflitto: “Viene accreditato soltanto un pensiero dominante e chi non la pensa in quel modo viene bollato come amico di Putin”. L’ex inviato del Corriere Massimo Alberizzi: “Questa non è più informazione, è propaganda. I fatti sono sommersi da un coro di opinioni”. Toni Capuozzo (ex TG5): “Sembra che sollevare dubbi significhi abbandonare gli ucraini al massacro, essere traditori, vigliacchi o disertori. Trattare così il tema vuol dire non conoscere cos’è la guerra”

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Ucraina: socialisti democratici sfidano l’attacco di Zelensky ai lavoratori, ai partiti politici

 

FONTE GREENLEFT

Autore Federico Fuentes 

Usando il pretesto dell’invasione della Russia, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha bandito diversi partiti politici e minato i diritti sindacali e sindacali.

Il gruppo socialista ucraino Sotsyalnyi Rukh (Movimento sociale) ha criticato le azioni come antidemocratiche e ha avvertito che rischiano di minare la resistenza popolare all’invasione.

Zelensky “ha sospeso temporaneamente le attività” di 11 partiti con presunti legami con la Russia il 19 marzo. Sebbene la maggior parte dei partiti sia molto piccola, l’elenco include il secondo partito più grande in parlamento, la Piattaforma di opposizione per la vita, insieme a diverse organizzazioni che hanno le parole “sinistra” o “socialista” nel loro nome.

Giorni prima, il parlamento ha approvato un disegno di legge per deregolamentare i diritti del lavoro, la legge dell’Ucraina “Sull’organizzazione dei rapporti di lavoro nella legge marziale” (7160) , che è stata firmata da Zelensky il 23 marzo.

 

 

Nuovo diritto del lavoro

Socialisti e sindacati affermano che la legge – che limita in modo significativo i diritti dei dipendenti e aumenta il potere dei capi – è incostituzionale e potrebbe rimanere in vigore anche dopo la fine della guerra.

Il leader del movimento sociale Vitaliy Dudin ha spiegato in una  che il nuovo diritto del lavoro, che arriva “in un momento in cui i sindacati ucraini e i lavoratori in generale sono mobilitati nella resistenza popolare e nell’organizzazione del mutuo soccorso” rappresenta “uno schiaffo”. di fronte al loro coraggio e sacrificio”.

“Tali misure trasferiranno il peso della guerra dai più ricchi alla maggioranza operaia”, scrisse Dudin. “Devono essere respinte”.

George Sandul, un avvocato della Ong per i diritti dei lavoratori Labor Initiatives, ha detto a Serhiy Guz di   che i cambiamenti hanno “scioccato i sindacati e gli esperti del settore”.

“Naturalmente, il modo in cui le persone lavorano ha subito enormi cambiamenti durante la guerra provocata dall’invasione russa”, ha affermato Sandul. “Ma quei dipendenti che non hanno perso il lavoro stanno lavorando giorno e notte affinché l’esercito e il popolo ucraino ottengano la vittoria.

“È logico che qualsiasi regolamento legislativo dovrebbe servire a un obiettivo principale: rafforzare la capacità di difesa dell’Ucraina. Questo disegno di legge … chiaramente non serve a questo scopo, invece mette i bastoni tra le ruote”.

Allo stesso modo, Dudin ha scritto: “Le restrizioni imposte a tutela dell’interesse pubblico devono essere proporzionate al raggiungimento dell’obiettivo perseguito. La [legge] è concepita per rafforzare le capacità di difesa, ma stabilisce la possibilità di sfruttamento dei lavoratori nelle imprese di qualsiasi settore in tutta l’Ucraina. In altre parole, le norme emergenziali da esso previste possono essere utilizzate non per svolgere lavori nell’interesse della difesa, ma per aumentare i profitti dei proprietari».

La legge consente: ai datori di lavoro di annullare i contratti collettivi di lavoro e di aumentare la settimana lavorativa da 40 a 60 ore; il licenziamento dei lavoratori in congedo per malattia o ferie, nonché il licenziamento degli iscritti al sindacato senza il consenso del comitato sindacale; le donne da assegnare a lavori fisicamente faticosi e clandestini, attualmente proibiti dalle leggi sul lavoro ucraine; e la sospensione del contratto di lavoro “in connessione con l’aggressione militare contro l’Ucraina”, con responsabilità per il pagamento del salario dei lavoratori a carico dello “Stato che ha commesso l’aggressione militare” (Russia), non del datore di lavoro.

Guz osserva che la legge segue le orme di “proposte altrettanto radicali di modificare il diritto del lavoro a favore dei datori di lavoro e di limitare in modo significativo i diritti dei sindacati” che erano state proposte dalla commissione parlamentare per le politiche sociali e dal ministero dell’Economia mesi prima L’invasione della Russia.

Dudin ritiene che queste restrizioni ai diritti dei lavoratori non siano necessarie e che esistano “modi più equi” per garantire la difesa dell’Ucraina: “È necessario confiscare le proprietà degli oligarchi ucraini per motivi di necessità pubblica. La capitale degli oligarchi ucraini deve lavorare per l’economia.

“L’obiettivo principale della politica in questa fase è unire la società nel contrastare l’aggressione russa e preservare il più possibile i diritti delle persone colpite. L’economia ucraina sarà sicuramente rilanciata [attraverso] il sostegno statale, un’adeguata organizzazione del lavoro e salari dignitosi”.

Divieto di feste

In un  , il Movimento Sociale ha espresso la propria contrarietà al divieto di alcuni partiti: “Abbiamo già visto come il governo abbia cercato di abusare della situazione di guerra per aggredire i diritti del lavoro dei lavoratori ucraini, ora le sue azioni sono volte a limitando le libertà politiche e civili. Non possiamo supportarlo”.

Dudin ha detto a  che il decreto di Zelensky che sospende le attività di questi partiti è “preoccupante”. “Stiamo vivendo tempi molto difficili, ma le restrizioni alla libertà di parola e di associazione sono difendibili solo se rese necessarie da motivi legali impellenti”, ha affermato.

“Anche durante lo stato di emergenza, le misure devono essere proporzionate alle loro finalità. Questo decreto presidenziale, tuttavia, non soddisfa il suo principale obiettivo dichiarato: garantire la sicurezza dell’Ucraina. Perché l’Ucraina vinca questa guerra, saranno necessarie due cose: l’unità popolare e il sostegno internazionale. Questo decreto mal concepito rischia di mettere a repentaglio entrambi”.

Dudin ha aggiunto: “La motivazione alla base di questo decreto è politica, basata su accuse non specificate di anti-Ucraina da parte di questi partiti. È una restrizione irragionevole su uno dei nostri diritti più fondamentali. Questa non è la Russia, questa è l’Ucraina, e la nostra costituzione proclama un sistema pluralista e multipartitico. Non possiamo semplicemente rinunciare a questa componente essenziale della nostra democrazia con il pretesto che siamo in guerra.

“Come persone di sinistra, ovviamente, siamo particolarmente preoccupati per le restrizioni a sinistra e che il decreto creerà la percezione che tutto ciò che è connesso con la sinistra e con il socialismo fa parte di una qualche strategia russa contro l’Ucraina.

“Allo stesso tempo, mentre molti compagni stranieri in questo momento ci chiedono se il pensiero di sinistra è ormai bandito in Ucraina e se questo è l’inizio di una più ampia repressione della sinistra, non credo che sia così categorico. Piuttosto che un attacco alla sinistra in sé , il governo sembra essere stato guidato da idee abbastanza vaghe su ciò che è “filorusso” e “filo-ucraino”.

“Si potrebbe dire: nessun vero esponente di sinistra è stato danneggiato nell’elaborazione di questo decreto. Nessuno dei soggetti presi di mira si batte per la giustizia sociale o per il socialismo democratico…

“In breve, nonostante le restrizioni ora imposte a queste parti, coloro che si battono per la giustizia sociale in Ucraina continueranno a farlo. In questo senso, le cose non sono cambiate in modo così significativo”.