Quel effet de la gestion du président Bolsonaro sur la mortalité due au Covid-19 au Brésil ?

François Roubaud, Institut de recherche pour le développement (IRD) et Mireille Razafindrakoto, Institut de recherche pour le développement (IRD)

Le Brésil fait partie des trois pays, avec les États-Unis et l’Inde, les plus affectés par la pandémie de Covid-19, que ce soit en termes de décès ou de cas confirmés (660 000 et 30 millions respectivement). Les doutes qui subsistent quant à la fiabilité des données officielles (surtout pour les infections, mais également pour les morts) ne sont pas en mesure de remettre en question ce palmarès funeste.

Dans un article publié fin 2021, nous mettions en lumière les facteurs de risque associés à la probabilité d’y être contaminé par et de succomber au virus au cours de la première vague de la pandémie (octobre 2020). À côté des éléments de vulnérabilités socio-économiques communs avec d’autres pays et aujourd’hui bien documentés (pauvreté, informalité, résidence dans les favelas, identité ethnoraciale…), le Brésil se démarquait par le rôle néfaste joué par son président, Jair Bolsonaro, dans la diffusion de la pandémie et que nous avons qualifié d’effet Bolsonaro.

Deux vagues plus loin, qui se sont soldées par 500 000 décès et 20 millions de cas de contamination supplémentaires mais ont vu l’arrivée des vaccins, ces résultats tiennent-ils toujours ? S’il est évident que l’attitude négationniste du président a entravé la mise en place d’une stratégie efficace de lutte contre la pandémie, il est beaucoup plus ardu de montrer quelle a été sa traduction sur le terrain et d’en quantifier les effets. C’est ce que nous tentons de faire une nouvelle étude.

Comment évaluer un éventuel impact de l’action présidentielle

Pour tenter de répondre à cette question, deux approches sont en théorie envisageables, en fonction de l’unité d’analyse retenue : individuelle ou géographique.

Pour mettre en œuvre la première approche, il faudrait pouvoir disposer de données individuelles sur un échantillon représentatif de la population, qui à la fois informent sur le statut de chacun face à la maladie (décédé ou pas, contaminé ou pas), et de descripteurs sociopolitiques. Or d’une part, par définition, les enquêtes socio-économiques ne portent que sur les survivants (les morts ne parlent pas), tandis que les enquêtes et registres épidémiologiques sont en général très pauvres en information sur les caractéristiques individuelles (au mieux le sexe et âge, parfois les facteurs de co-morbidité), et n’incluent en aucun cas les préférences politiques.

La seule alternative possible consiste à mener l’analyse au niveau des localités. Si cette dernière ne permet pas de mesurer les risques individuels d’être affectés par la pandémie, elle présente de nombreux autres avantages.

Outre la possibilité de croiser un très large spectre d’indicateurs issus d’une multiplicité de bases de données indépendantes, cette approche se justifie pour trois autres raisons majeures :

  • Elle permet de couvrir de manière exhaustive l’ensemble du pays,
  • La diffusion du virus dépend largement des interactions sociales,
  • Face au déni du gouvernement Bolsonaro, les politiques ont été conduites à l’échelle locale (États, municipalités). L’analyse porte donc sur les 5 570 municipalités du pays et a mobilisé le traitement de dizaines de millions d’observations.

Le premier résultat clef est la confirmation que le Covid-19 a fait, toutes choses égales par ailleurs, plus de ravages dans les municipalités les plus favorables au président Bolsonaro (telles qu’appréciées à partir de ceux qui ont voté pour lui au premier tour de l’élection présidentielle de 2018, la dernière information disponible à ce niveau de détail).

Leggi tutto

Ammazza-ammazza

Enrico Peyretti
fonte fondazione serenoregis

Si ammazzano, si ammazzano. Per un pezzo di terra. Ammazza-ammazza. Per un orgasmo mentale della psicopatia di potenza. Ahimé, sono esseri para-umani, simil-umani, fermi al grado primitivo dell’evoluzione umanizzatrice. Ammazzano. Si ammazzano tra loro. Come tanti altri, tante altre volte, in tanti punti del mondo, anche oggi. Uno ha cominciato, un altro, prontamente, ha continuato. Per difendersi, ammazzano chi ammazza e diventano ammazzatori come lui. Offesi, offendono. Che fantasia microscopica! Tutti usano mezzi omicidi tremendi, scientifici, studiati da scienziati pazzi, freddi omicidi, tecnici della morte, anime di ghiaccio, menti morte. Non gli basta che le armi siano macchine tecnologiche ammazza-uomini: devono anche essere tormentose, bombe a grappolo, e cose simili, che moltiplicano la morte a pezzetti, che arriva in forma di gas, arriva a chi è ammazzato e a chi passa di lì, o vi passerà. Largheggiano, nell’ammazzare: prendono tutto, senza distinzioni. I bambini, i malati? Se sono lì, o passano di lì, negli ospedali, prendono anche loro, perché no? E’ la guerra, è ammazzare.

Si possono fare differenze, sembra all’inizio, poi diventano uguali. La morte da bomba è uguale per tutti. Chi ha tirato la bomba? Non importa. Dove arriva ammazza e abbatte le case, allo stesso modo, le case dove si vive, si ama, si dorme, si passa la vita, da bimbi a vecchi. Non voglio più sapere da chi viene l’ammazzare. Vedo su chi arriva: esseri umani ammazzati, esseri non umani ammazzatori, ammazzabili anche loro. Da tutte la parti ammazzatori. Forse i morti fanno la pace tra loro. Dove si trovano ora non si spara più.

Ci sono solo grandi larghe braccia, accoglienti come Emergency di Gino Strada, l’unico che non fa differenze, e adesso è là anche lui, come un santo, ad accoglierli tutti insieme, spogliati da divise, bandiere, armi e idee di guerra: pulitamente nudi, nelle mani del chirurgo guaritore. Ci sono anche quelli che combattere non volevano, mandati all’insaputa, con inganno, e non hanno avuto il tempo (ingenui, sprovveduti, imbambolati!) di disobbedire ai criminali comandanti. E poi ci sono quelli comandati, senza scelta. Ma, ragazzi, dovevate pensarci prima, quando vi hanno messo in mano un fucile e vi hanno detto che era lo strumento di lavoro per la vostra madre-patria, una maschia di ferro, con mammelle avvelenate, con un grembo di filo spinato, che dice di avervi partorito, ma in realtà le servite o da lavoratori sottopagati, o da morti sulle lapidi e sui monumenti. Stupidi soldati! Ma poveretti, per questo vi hanno istupidito, per usarvi come pedine spara-ammazza.

Va bene, mi dite che uno ha aggredito e l’altro si è difeso. È vero, non confondiamo la sfumatura nella tragedia degli ammazzamenti. Ma quelli che temono il vicino di casa, un  po’ alterato, si preparano solo armi e ne invocano da tutti gli altri vicini. Non sapete inventare altro che guerra alla guerra! E sareste dei politici? Ma la politica è il vivere insieme, buoni e meno buoni: non è la guerra! La guerra, ogni guerra, è la morte della politica. Non avete saputo per tempo inventare altro. Adesso siete nella merda e sangue.

Ci pensino anche gli altri stati: tante armi, più che scuole e vita! Voi vi preparate la fossa. Non avete idee migliori che ammazza-più-ammazza, armi più armi. E vivere, chi se lo ricorda? Non è il divertimento ignorante, nel tornare al mare, alla vita “normale”! Vivere è sentire, ragionare, cercare, è parlare, faticare, è l’arte costruttiva di mettere insieme le parole, le storie, i pensieri, i dolori e le speranze di un popolo e dell’altro, e quindi è potersi riconoscere come esseri uguali nel soffrire, nel godere, nello sperare, nel sapere che moriremo, e sarà meglio non morire come bestie.

Perché non vi siete parlati prima? Perché non avete provato ad ammorbidire la durezza di qualche comandante malato (nessuno ha diritto di comandare!), con proposte di intesa, di accordo, col concedere qualcosa tu e qualcosa lui, che è sempre la formula del vivere senza impazzire?

Ora, mentre vi ammazzate, parlate di vittoria. Ma sapete cosa dite? La vittoria è il premio per chi ammazza di più, e contiene la prossima guerra, la vendetta. Lo capiscono i bambini, lo capisco anche’io, nel mio piccolo, e non lo capite voi? La vera vittoria è del primo che smette di ammazzare e comincia a vivere. Non è facile vivere, ma è vivere! Avete altro oltre la vita, signori ammazzatori, schiavi della morte? Prenderà anche voi, e non ghignerete più sugli schermi, come fate ora, non abbaierete e non ringhierete come cani stupidi sulle frontiere che avete inventato.

Sarete morti, avrete perso una vita vissuta male, perché l’avete odiata e uccisa negli altri, cioè in voi stessi. Mi fate un’immensa pena, come le vostre vittime, nella vostra immensa stoltezza. Non sto con voi, se non nel dirvi queste cose della saggezza antica e di sempre, per aiutarvi (spero possibile, alla fine) a ridiventare umani.  Enrico (uno di quelli che provano a vivere, cioè condannano ogni guerra, senza concedere eccezioni).