Ormai una decina di anni fa, nel corso di una di quelle trasmissioni un po’ populistiche un po’ dissacratorie, bersaglio il sistema politico/partitico, venne trasmesso il reportage di una giovane cronista che, davanti a Montecitorio, fermava vari parlamentari chiedendo l’anno della rivoluzione francese. Se ne sentirono di tutti i colori, non uno che indovinasse quella data, fatidica per il mondo intero, mandata a memoria dai ragazzini delle medie, anche per la facilità della sequenza: 1 e poi 789. L’ignoranza dei nostri massimi rappresentanti non fece scandalo, mosse semplicemente qualche ironico sorriso. Ma l’ignoranza della storia potrebbe apparire poca cosa rispetto all’ignoranza dei codici: almeno una quarantina di parlamentari (una trentina dalla destra) risultano indagati o addirittura condannati per reati vari, per lo più connessi ai privilegi e ai poteri che le cariche possono consentire o prevedere. L’ignoranza di una cosa può ovviamente sommarsi e sovrapporsi all’ignoranza dell’altra e non è certo che cosa sia meglio agli occhi del pubblico: ignoranza o disonestà.
Umili o umiliati?
Non è bello comunque scoprire come un ministro, professore universitario, sicuramente onestissimo, uno che di questi tempi difficili si era fatto conoscere (poco) per un libro intitolato “L’impero romano distrutto dagli immigrati”, pochi giorni fa abbia scritto dal suo nuovo ufficio romano una lettera ai “suoi” studenti “contro il comunismo”, trascurando l’esistenza (anche sul suolo italiano) del fascismo e come in un pubblico convegno abbia confuso l’umiliazione con l’umiltà: le parole, e spesso i silenzi, sono pietre, dovrebbero pesare pure in un mondo della comunicazione che digerisce e dimentica tutto in un batter di ciglia. Forse i nostri ministri fanno conto su questo, facendosene interpreti: la volatilità delle parole, la disarticolazione del pensiero ridotto a monosillabi. Proviamo a immaginare quanto possa restare della lettura di un tweet. Ad esempio quello di Guido Crosetto: “Le Ong strumento ideologico: sono centri sociali in acqua”. Senza vergogna di fronte ad una tragedia e ai morti.