Mastodon potrebbe rendere la sfera pubblica meno tossica, ma non per tutti

 

 

Il social network open source ha guadagnato milioni di nuovi utenti in seguito all’acquisizione di Twitter. Mentre alcune delle sue caratteristiche potrebbero migliorare la qualità del discorso pubblico, le comunità svantaggiate potrebbero essere escluse.

Le società di social media hanno un difficile equilibrio. Da un lato, devono mantenere gli utenti attivi sulla loro app o sul loro sito web il più a lungo possibile per mostrare loro annunci pubblicitari. I contenuti divisivi, emotivi o che incitano all’odio funzionano meglio in tal senso. D’altra parte, devono mantenere un certo livello di sicurezza online, almeno per placare i propri inserzionisti. I social network quindi incoraggiano comportamenti aggressivi degli utenti sopprimendo contemporaneamente i contenuti più eclatanti (per timore che gli inserzionisti si lamentino), spesso utilizzando sistemi di rilevamento algoritmico pesanti.

Scelte progettuali

Questi sistemi automatizzati non hanno decisamente migliorato la qualità della sfera pubblica. Sì, gli accademici discutono ancora sul ruolo preciso della tecnologia nell’aumento della sfiducia generalizzata che pervade le società in Europa e negli Stati Uniti: dopotutto, anche i giornali di Rupert Murdoch o Axel Springer hanno alimentato paura e rabbia per vendere pubblicità decenni prima di YouTube e TikTok è stato etichettato come ” grandi radicalizzatori “. È possibile che queste piattaforme ospitino semplicemente persone già radicalizzate; che fanno poco più che rappresentare uno specchio per la società.

Tuttavia, una nuova ricerca pubblicata questo mese sottolinea che la tecnologia gioca un ruolo. Un esperimento controllato ha dimostrato che gli utenti di Facebook e Twitter che vedevano contenuti tossici avevano maggiori probabilità di pubblicare loro stessi contenuti tossici. In altre parole, la tossicità è contagiosa. Attenuare i contenuti estremisti su una piattaforma potrebbe consentire conversazioni più significative.

Un altro esperimento condotto in condizioni di laboratorio ha mostrato che le persone erano molto inclini a scoprire e moderare informazioni false e potenzialmente infiammanti. Secondo alcune misure, questo approccio collaborativo funziona meglio dei filtri algoritmici centralizzati. Mantenere il discorso civile potrebbe essere fatto meglio dando il libero arbitrio agli utenti, piuttosto che implementando algoritmi che censurano i contenuti che mettono a disagio gli inserzionisti.

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E no, professor Mattei Cnl, Resistenza e Costituzione proprio non c’entrano con i no vax

Fonte Striscia Rossa che ringraziamo

 

Mi sono perso settimane fa la sfilata dei no vax di Novara, rivestiti rigorosamente in camiciotti che nelle forme e nei colori citavano le divise dei deportati nei campi di sterminio nazisti. Marciavano liberi, ben nutriti, ciarlieri, ma si sentivano ormai destinati ai vagoni bestiame in corsa verso Auschwitz. Formidabili sconnessioni da una realtà, che pure quelle signore e quei signori avrebbero dovuto, se pure in modo sommario, conoscere. In fondo se ne parla da tempo…

Mi sono perso altri cortei, guidati da capi e capetti di Forza nuova o di Casa Pound, orgogliosi delle loro lugubri bandiere e dei loro slogan minacciosi quanto idioti. Quando ad esempio, a Roma, diedero l’assalto alla sede della Cgil, il sindacato che rappresenta milioni di lavoratori.

Il comizio del professor Mattei

Mi sono perso anche il comizio dell’altro giorno in una piazza di Torino del professor Mattei, uno che insegna diritto civile all’università, che ha scritto una infinità di libri, che collabora (o collaborava) al “Fatto quotidiano”. Me ne dispiaccio perché avrei voluto registrare con precisione le sue parole, le sue espressioni, i suoi gesti. E’ vero che il professor Mattei trascorre i suoi giorni e le sue notti in televisione a divulgare il suo credo no vax e no pass. Non si capisce peraltro a che titolo… Ma un comizio all’aria aperta è una occasione d’oro, tra informazione e spettacolo: il professore alla tribuna che sprona per un’ora la folla a difendere il diritto a far quello che le pare.

Chissà se il professore crede davvero a quello che dice o se lo dice solo in ragione della notorietà che certe sciocchezze (si potrebbe definirle infamie, ma siamo sempre cauti e gentili) gli procurano nella schiera dei suoi fans, schiera non sappiamo quanto esigua. In piazza si può contare: mancava Cacciari, mancava Freccero, nessun bagno di folla, solo qualche centinaia di persone, alcune delle quali avrebbero persino manifestato qualche segno di dissenso quando sono volate dal microfono espressioni critiche (sudditanza nei confronti del governo) alla destra meloniana.

Così mi devo rifare a quanto ascoltato o letto. Ad esempio ho sentito (la fonte è Radio Popolare) che il professore si sarebbe paragonato a Giovanni Pesce, combattente in Spagna, perseguitato dal fascismo, condannato al confino a Ventotene, gappista a Torino e a Milano, medaglia d’oro al valor militare… Autore di una straordinaria testimonianza, che si può leggere nel celebre “Senza tregua”. Giustamente la figlia di Giovanni Pesce si è indignata: “Ma il professore si studi la storia”. La storia, che come raccontava Marx, si ripeterebbe sempre due volte: la prima volta come tragedia, la seconda come farsa… Le guerre, il confino, la persecuzione, la lotta di liberazione e, da questa parte, il professor Mattei… In questo caso Marx sarebbe costretto a riconoscere che siamo molto al di sotto della farsa.

Il “regime draghista”

Ho letto Marco Imarisio sul Corriere. Citazioni. Un florilegio: “Il regime fascista era molto simile al regime draghista”, “Dedico questa piazza ai dodici professori universitari, nove dei quali piemontesi, che nel 1931 rifiutarono l’affiliazione al partito fascista. Anche io a breve non sarò più accettato in Ateneo, perché non ho intenzione di cedere al ricatto vaccinale. E come dissero quei docenti che dissero no al regime di Mussolini, non ho intenzione di mentire ai miei allievi”, “Rivendichiamo il paragone fra governo draghista e regime fascista. Serve un gruppo di persone, un cervello politico, un comitato costituente che si metta subito al lavoro e che sia pronto a creare una alternativa. E’ vero, oggi non c’è la guerra, ma la maggior parte della gente dorme e noi siamo la Resistenza”. Lui, un uomo che non teme i confronti, lontano da qualsiasi percezione del ridicolo, naturalmente sarà la guida del novello comitato di liberazione nazionale: a proposito di sottofarsa, sottofarsa dell’eversione.

No green pass Milano
Proteste anti green pass a Milano, ottobre 2021

Non basta. Secondo il resoconto di Marco Imarisio, il professor Mattei, non accontentandosi di una sola medaglia d’oro, inesausto, non avrebbe esitato a rivendicare il suo gemellaggio con Duccio Galimberti, avvocato di Cuneo, assassinato dai fascisti, medaglia d’oro al valore militare, medaglia d’oro della Resistenza.

Naturalmente grazie al regime draghista il professor Mattei si è potuto esprimere a Torino, città medaglia d’oro della Resistenza, senza che nessuno si sognasse di tappargli la bocca e di spedirlo a Porto Azzurro, come sarebbe successo durante il regime fascista. Solo una signora passando avrebbe gridato: “Ma che cazzo stai dicendo…”. Il Corriere censura e ci concede solo una “c.”. Però qualche volta la parola serve per intero. In compenso, con gran senso della democrazia e della libertà, il professor Mattei se l’è presa con i giornalisti e, nella fattispecie, con i giornalisti della Stampa. Conosciuta modalità di confronto, questa sì fascistissima, come si è potuto apprezzare fin dai primi cortei no vax: intimidazioni, minacce, violenze, insulti, contro qualsiasi collega si trovasse nei paraggi.

Francamente non me la sento di giudicare il professor Mattei e i suoi accoliti, per la semplice ragione che non li capisco. Non li capivo prima, figuriamoci se li capisco oggi, figuriamoci se posso capire adesso, al terzo anno di covid, i loro argomenti, la loro ostilità al vaccino (come milioni di connazionali, sono alla terza dose e avevo cominciato a sei o sette anni con il Sabin, la miracolosa “antipolio”), la loro negazione della scienza, i loro sospetti, il loro complottismo, la loro irresponsabilità nei confronti di una comunità di cui fanno parte e che non li abbandona, le loro rivendicazioni di presunti diritti, quando tirano in ballo la Costituzione, che non riconosce però ad alcuno la facoltà di andare dove vuole, neppure in tema di salute: c’è sempre di mezzo l’interesse della collettività e il professore dovrebbe saperlo. Non capisco il loro pervicace intento di contribuire al degrado di una società già ferita, di avversare ogni scelta possibile davanti a una pandemia che si è rivelata inattesa e ha sorpreso tutti. E’ dalla “spagnola” di inizio secolo che non capitava di assistere ad un evento del genere.

Il Corriere, nella stessa pagina, pubblicava un’intervista ad una attrice, granitica no vax. Dice l’attrice, Monica Trettel: “Non mi vaccinerò mai, piuttosto mangio l’erba del prato e le bacche del bosco”. Come convincerla a cambiare idea? Che dire? Lasciamola fare. Si dovrebbe forse allestire un pool di antropologi, psicologi, sociologi per cercare di definire tanta caparbietà.

Rinuncio proprio a capirli e non voglio ridurmi agli insulti. Però non rinuncio a difendere Giovanni Pesce, Duccio Galimberti, i professori che dissero “no”, il Comitato di Liberazione Nazionale, la Costituzione, le vittime di Auschwitz, da questi farneticanti, miserabili tentativi di approfittarsene.

La violenza dell’ignoranza: il migrante tra mitologia e propaganda

Forse dovremmo chiederci cosa sta accadendo, all’Italia e non solo. La così detta crisi migratoria credo sia “solo” lo spaccato in cui più chiaramente, con più vigore e maggior trasparenza, si manifesta una dinamica di gran lunga più complessa. Una dinamica estesa di tipo sociale, culturale e antropologico, che finirà per produrre uno spartiacque forse epocale, per effetto di conseguenze di un’importanza e un impatto tale da divenire “storiche”.

L’Italia degli ultimi 20 anni ha vissuto cambiamenti quasi incredibili, ma che al contempo definirei palpabili, dirompenti e innegabili. La lenta elaborazione che nel secondo dopoguerra si fece degli orrori del conflitto, testimoniata dalle convenzioni internazionali e dalla carta dei diritti, che fu l’epilogo ma anche il rinnovato slancio di una riflessione profonda sui più alti valori dell’umano, sembrava avesse prodotto una società ormai definitivamente liberà dalle barbarie, mai più disposta a sottovalutare, normalizzare e propagandare le amenità razziste e nazi-fasciste. Negli anni ’60 e ’70, un ulteriore passo avanti sul piano della rivendicazione dei diritti è stato compiuto dalle lotte che hanno segnato a livello mondiale una stagione di opposizione alle costrizioni, all’ingiustizia sociale, e alle discriminazioni. L’Italia degli anni ’80 pare dunque esser stata ricca, emancipata e libera, infarcita di un’educazione tollerante e pacifista, o forse solo un po’ meno bigotta e moralista. Di fatto, alcuni concetti essenziali in ordine alla società e alla convivenza hanno avuto durante gli anni del mio diventar membro della società civile un’aurea di assolutezza, la sostanza paradigmatica di un a-priori, un’apparente ma convincente sembianza di eternità. Poi qualcosa è cambiato, il boom economico è cessato, la qualità dell’istruzione è implosa e il diritto al lavoro ha vacillato. L’incertezza è diventata il risvolto psicologico diffuso della flessibilità, la precarietà economica ha inaugurato la stagione dei suicidi, dell’esodo degli investimenti stranieri e dei progetti futuri dei connazionali. Responsabili non ce ne sono, la crisi non ha avuto mandanti ne esecutori pare. È successa. La guerra quotidiana per la sopravvivenza non ha nemici né amici, la si combatte soli una rinuncia dopo l’altra, fin quando agli sgoccioli delle rinunce possibili, è apparsa all’orizzonte l’occasione del riscatto.

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Gas nervino… di un tipo sviluppato da bugiardi

FONTE PRESSENZA.COM

18.03.2018 Redazione Italia

Quest’articolo è disponibile anche in: Inglese

Gas nervino… di un tipo sviluppato da bugiardi
(Foto di Wikimedia Commons)

di Craig Murray, 16/3/18
L’articolo originale si trova qui

Ho appena ricevuto conferma da una fonte ben piazzata  nel FCO (Foreign and Commonwealth Office – il Ministero degli Esteri Inglese – NdT) che gli scienziati di Porton Down (la sede centrale dei laboratori militari inglesi – NdT) non sono in grado di stabilire se l’agente nervino (usato per l’attentato a Skripal – NdT) sia di fabbricazione russa, e sono irritati per le pressioni che hanno avuto di affermare il falso. Porton Down ha accettato solo la formulazione: “di un tipo sviluppato dalla Russia” dopo un incontro alquanto difficile in cui questa formulazione è stata concordata come compromesso. Si presume che i russi stessero ricercando, nel programma ‘Novichok’, una generazione di agenti nervini che potessero essere prodotti da precursori disponibili in commercio come insetticidi e fertilizzanti.
In tal senso questa sostanza (quella usata nel presunto attentato a Skripal – NdT) è un ‘Novichok’, è di quel tipo. Proprio come io sto scrivendo su un laptop ‘di un tipo sviluppato dagli Stati Uniti’, anche se questo qui è stato fatto in Cina.

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Polizia anti-fake news: verso il Minculpop?

Preoccupazioni e critiche all’iniziativa di Minniti contro le bufale.

di redazione
Categorie: Politica
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Il ministro dell’Interno Marco Minniti ha lanciato una task force di polizia per contrastare la diffusione delle fake news. Il Viminale presenta il progetto come “un servizio per i cittadini”, che potranno denunciare notizie false. Il rischio, però, è che si vada verso un “Ministero della Verità” e che si limiti il diritto d’espressione. Oppure che l’iniziativa sia inutile ed elettorale. Il commento di Leonardo Bianchi, news editor di Vice.

Una “task force”, un “servizio anti-fake news”. È stata descritta in molti modi diversi l’iniziativa presentata dal ministro degli Interni Marco Minniti per contrastare la diffusione di notizie false in rete. Un problema reale, ma la risposta che propone di dare il Viminale è inquietante, a detta sia di giornalisti che di debunker.
Il piano prevede che sia la polizia a raccogliere le informazioni infondate e a promuovere le smentite ufficiali. “Nessun Grande Fratello, ma un servizio pubblico per i cittadini” che potranno denunciare direttamente alle forze dell’ordine le presunte fake news, stando alle rassicurazioni dello stesso Minniti.

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“Oggi l’ignoranza è chic, non conoscere Capitali e Paesi e non usare i congiuntivi pare sinonimo di originalità”. L’ironica denuncia di Emma Bonino: “l’unico scudo contro le fake news è la conoscenza”

Fonte PrimaComunicazione che ringraziamo 

 

“Pare che oggi non conoscere le Capitali europee e del mondo, confondere i Paesi, non conoscere i congiuntivi, sia considerato chic, sinonimo di originalità. Mentre usare un linguaggio minimamente corretto profuma di antico”. Esordisce così Emma Bonino, oggi a Milano dal palco della Conferenza mondiale ‘Science for Peace’, dedicata quest’anno al tema delle post-verità.

Emma Bonino

Emma Bonino

Per Bonino l’unico scudo contro le fake news è la conoscenza. “Siamo tutti chiamati a tornare a difendere un principio basilare del sistema democratico che oggi è messo in discussione: quello del conoscere per deliberare – spiega – Se conosci solo bufale, le deliberazioni non saranno brillanti o adeguate. Oggi vediamo che si crea un corto circuito dove le bufale che circolano in Rete si rinforzano, vengono rilanciate dalla carta stampata, ed entrano nel senso comune e nella politica. Ma non la politica del buon senso, piuttosto quella del senso comune che segue soluzioni semplicistiche”.

Ed ecco perché Bonino si rivolge direttamente ai ragazzi con un invito: “Fate il vostro mestiere, studiate. E sarete più resistenti alle bufale e agli imbonitori che sfruttano la paura, uno strumento di
campagna elettorale che va fortissimo”. Quella contro le post-verità è”una battaglia civile che possiamo e dobbiamo vincere. Ciascuno di noi può essere strumento. Possiamo smettere di passare il tempo su Internet fra like e post” e leggere “un buon libro, recuperare il piacere di scrivere a mano. Se studiate, voi ragazzi sarete attori protagonisti e responsabili”. (AdnKronos)