Fonte Diario Prevenzione
Diventa sempre più difficile scrivere delle stragi di operai che ogni mese riempiono per un paio di giorni le prime e seconde pagine dei quotidiani per scomparire qualche giorno dopo. Diventa difficile scrivere perché si ripetono le stesse analisi, si individuano le cause primarie e le concause di questi eventi tragici senza che vi siano poi i necessari interventi per avviare un cambiamento delle pratiche aziendali che sono all’origine delle tragedie. Vi è una cultura o meglio una subcultura gestionale del lavoro d’impresa, purtroppo “egemone”, che è parte costitutiva di queste tragedie . Diciamolo ancora una volta: si chiama volontà di esternalizzare le responsabilità gestionali da parte delle stazioni appaltanti per quanto riguarda il coordinamento e il controllo di ciò che avviene “a valle” della filiera.
La stazione appaltante si fa scudo del fatto che il “rischio specifico” per la lavorazione affidata in appalto è compito dell’azienda che lo svolge senza interrogarsi sulla qualità e sulle competenze delle aziende in subappalto che si trovano a lavorare nella filiera.
Il problema di fondo riguarda una legislazione sugli appalti che non si pone il tema della sicurezza del lavoro come paradigma di riferimento.
Come è possibile, sarà l’indagine della magistratura, nel caso in fattispecie a definire le modalità di accadimento e le responsabilità, che 5 operai scendano nei cunicoli o camere del sistema fognario senza l’ausilio dei respiratori, senza l’utilizzo di un rilevatore per la valutazione preventiva sulla presenza di gas e senza una strumentazione di protezione individuale come i respiratori ? >>> segue >>>
Non è la prima volta che tragedie simili avvengono quando ci si trova ad operare in ambienti confinati: il primo lavoratore scende nell’ambiente saturo di gas , perde conoscenza, gli altri scendono per soccorrerlo ed è strage.
L’abbiamo visto succedere nelle cantine, nelle pulizie di reattori chimici, in impianti antincendio del passato che per un guasto hanno saturato con halon un ambiente… Pare che i lavoratori siano scesi nei cunicoli perché qualcosa non funzionava nella pompa che doveva estrarre i liquami, un evento estemporaneo che si è trasformato in tragedia …. Forse l’avevano già fatto nel passato, qualcuno era sceso, aveva sbloccato la pompa e non era successo nulla … Appunto: “l’abbiamo sempre fatto e non è mai successo nulla” , questa è la fiducia mal riposta nell’esperienza di pratiche informali maligne non basate sulla valutazione dei rischi effettivi. Non sappiamo se questa nostra ipotesi di ricostruzione sia verosimile, sappiamo tuttavia che non si può continuare con le filiere di appalti e subappalti nelle quali non vi è un coordinamento di sistema per la valutazione e gestione dei rischi.
La presenza di idrogeno solforato nei sistemi fognari e la conoscenza della sua tossicità è nota e doveva essere nota sia ai dirigenti della stazione appaltante come ai responsabili dei diversi gradi di subappalto . Cosa non ha funzionato ?
In sintesi : alla base di ogni tragedia sul lavoro vi sono errori gravi o gravi omissioni nella valutazione e gestione dei rischi . Vi è una legislazione sugli appalti e subappalti che richiede tra le altre cose una ridefinizione delle responsabilità di coordinamento e di controllo della stazione appaltante sulla qualità delle aziende che entrano a fare parte delle filiere produttive per quanto attiene la gestione della sicurezza.
Ogni strage oltre alla perdita di vite è anche una rappresentazione del degrado gestionale della organizzazione del lavoro da parte delle imprese.
C’è bisogno di chiarezza: la responsabilità primaria della valutazione e della gestione dei rischi è dell’impresa, del sistema delle imprese.
Non ci saranno mai abbastanza ispettori per “controllare” tutte le imprese.
Certo i controlli ci vogliono ma se non cambia la cultura degli imprenditori e delle loro associazioni che faccia della sicurezza del lavoro un dato di valore ed una priorità non ci saranno passi avanti.
Le richieste di una Procura nazionale che si occupi degli infortuni sul lavoro vanno nella direzione inefficace di chi ritiene di risolvere il problema della sicurezza solo con la repressione.
Il grande nemico da battere è l’empiria di chi organizza il lavoro senza un metodologia di lavoro basandosi su di una informalità maligna che si fonda sul principio : ” abbiamo sempre fatto così ed è sempre andata bene ” salvo che talvolta va malissimo .
Per uscire da questo incubo occorre un rilevante cambiamento nelle mentalità dei quadri intermedi, dei preposti , dei responsabili di produzione che debbono divenire “agenti attivi di sicurezza”, senza un salto di qualità all’interno delle imprese per quanto riguarda la gestione dei rischi non ci saranno passi avanti. Le Associazioni degli imprenditori dovrebbero promuovere una progettualità in questo ambito e orientare per davvero le imprese associate in questa direzione. Se non lo faranno saranno comunque coinvolte in una perdità di reputazione significativa.
Per quanto riguarda i lavoratori dovrebbero essere più esigenti in materia di salute e sicurezza e fare ancora meglio quello che molti stanno già facendo con merito e sacrifici come Rls e Rlst…
Gino Rubini, editor di Diario Prevenzione
Riferimenti
- Cinque morti sul lavoro a Casteldaccia (PA) (articolo su Snop.it)
- Morire sotto terra a Casteldaccia
- Incidente sul lavoro: cinque morti a Casteldaccia nel palermitano. Mattarella: ennesima e inaccettabile strage
- Ambienti confinati: un tema sempre attuale