Il patto suicida

Fonte: Badiale & Tringali – 01.01.2023

Questo scritto è dedicato ad una riflessione su quale sia oggi la natura del patto sociale fra ceti dominanti e ceti subalterni.


 

 

1. Il patto sociale nelle società premoderne e nella modernità

In questo scritto espongo alcune riflessioni sulla situazione dello “spirito del tempo”. Il punto di partenza è la convinzione che la società attuale sia indirizzata verso un rovinoso crollo di civiltà, che sarà causato dal concorrere di una serie di crisi concomitanti, fra le quali la più significativa in questo momento è la crisi climatica. Ho argomentato tale mia convinzione in interventi passati [1] e non mi soffermerò su di essa in questo scritto, che è piuttosto dedicato ad esaminare le conseguenze di questa situazione sul piano della cultura e delle ideologie.

Il punto di partenza è una considerazione del tutto generale (e piuttosto banale): in ogni società umana che presenti un gruppo sociale dominante e uno o più gruppi sociali subalterni, esiste una qualche forma di “patto sociale”, non sempre chiaramente esplicitato, per il quale i ceti subalterni accettano il dominio dei ceti dominanti. Nessun dominio stabile può basarsi esclusivamente sulla forza bruta, ma deve prevedere un momento nel quale le istanze dei ceti subalterni sono considerate e almeno parzialmente soddisfatte; ovviamente questo avviene entro limiti ben precisi, compatibilmente cioè con la perpetuazione del potere e dei privilegi dei ceti dominanti [2]. Naturalmente, niente garantisce che il patto sociale funzioni: può succedere che i ceti dominanti falliscano nel tener fede al patto, per incapacità propria o per cause di forza maggiore (disastri naturali, sconfitte militari). Ma in tal caso il loro dominio è messo seriamente in pericolo, e se non viene ripristinato e reso storicamente efficace un patto sociale soddisfacente, i ceti dominanti vengono abbattuti e sostituiti da altri ceti dominanti.

Questo scritto è dedicato ad una riflessione su quale sia oggi la natura del patto sociale fra ceti dominanti e ceti subalterni. Per comprendere meglio il problema, possiamo iniziare tracciando una distinzione, anch’essa molto generale, fra le caratteristiche che le ideologie egemoniche assumono nelle società premoderne e quelle tipiche della modernità.

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Mastodon potrebbe rendere la sfera pubblica meno tossica, ma non per tutti

 

 

Il social network open source ha guadagnato milioni di nuovi utenti in seguito all’acquisizione di Twitter. Mentre alcune delle sue caratteristiche potrebbero migliorare la qualità del discorso pubblico, le comunità svantaggiate potrebbero essere escluse.

Le società di social media hanno un difficile equilibrio. Da un lato, devono mantenere gli utenti attivi sulla loro app o sul loro sito web il più a lungo possibile per mostrare loro annunci pubblicitari. I contenuti divisivi, emotivi o che incitano all’odio funzionano meglio in tal senso. D’altra parte, devono mantenere un certo livello di sicurezza online, almeno per placare i propri inserzionisti. I social network quindi incoraggiano comportamenti aggressivi degli utenti sopprimendo contemporaneamente i contenuti più eclatanti (per timore che gli inserzionisti si lamentino), spesso utilizzando sistemi di rilevamento algoritmico pesanti.

Scelte progettuali

Questi sistemi automatizzati non hanno decisamente migliorato la qualità della sfera pubblica. Sì, gli accademici discutono ancora sul ruolo preciso della tecnologia nell’aumento della sfiducia generalizzata che pervade le società in Europa e negli Stati Uniti: dopotutto, anche i giornali di Rupert Murdoch o Axel Springer hanno alimentato paura e rabbia per vendere pubblicità decenni prima di YouTube e TikTok è stato etichettato come ” grandi radicalizzatori “. È possibile che queste piattaforme ospitino semplicemente persone già radicalizzate; che fanno poco più che rappresentare uno specchio per la società.

Tuttavia, una nuova ricerca pubblicata questo mese sottolinea che la tecnologia gioca un ruolo. Un esperimento controllato ha dimostrato che gli utenti di Facebook e Twitter che vedevano contenuti tossici avevano maggiori probabilità di pubblicare loro stessi contenuti tossici. In altre parole, la tossicità è contagiosa. Attenuare i contenuti estremisti su una piattaforma potrebbe consentire conversazioni più significative.

Un altro esperimento condotto in condizioni di laboratorio ha mostrato che le persone erano molto inclini a scoprire e moderare informazioni false e potenzialmente infiammanti. Secondo alcune misure, questo approccio collaborativo funziona meglio dei filtri algoritmici centralizzati. Mantenere il discorso civile potrebbe essere fatto meglio dando il libero arbitrio agli utenti, piuttosto che implementando algoritmi che censurano i contenuti che mettono a disagio gli inserzionisti.

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Con il cambiamento del capitalismo internazionale, cambiano anche le risposte dei lavoratori

30 GIUGNO 2022
Del Professore Emerito David Peetz
 traduzione tramite google translator

 

 

Nonostante il declino dei sindacati, ci sono molti segnali di resistenza dei lavoratori. Ciò è correlato alla crescente disuguaglianza, alle incursioni sindacali in occupazioni e industrie apparentemente impenetrabili, allo sviluppo da parte dei sindacati di collegamenti internazionali e strumenti digitali e all’inevitabile pressione per la riforma del lavoro.

I sindacati sono in declino da circa quattro decenni e gran parte di questo può essere attribuito ai cambiamenti nel capitalismo stesso. Aziende e governi hanno perseguito fianco a fianco pratiche e leggi antisindacali. Sotto il controllo finanziario, le società pongono maggiore enfasi sulla riduzione dei costi e i governi hanno incoraggiato le riforme del mercato intensificando tale modello. Le aziende hanno stabilito fabbriche di alimentazione nei paesi in via di sviluppo con governi anti-sindacali e hanno chiuso i luoghi di lavoro sindacalizzati nei paesi sviluppati. Ciò ha coinciso con la creazione di nuove forme di lavoro che frammentano i lavoratori e rendono difficile la sindacalizzazione, e l’espansione esponenziale di occupazioni high-tech senza una storia di sindacalismo. In tutta l’OCSE, l’adesione media ai sindacati è scesa dal 37% della forza lavoro nel 1980 al 16% nel 2019.

Eppure, nel mezzo di tutto questo, abbiamo assistito a un’ondata di organizzazioni sindacali, con i lavoratori di parti di aziende come Apple , Amazon e Starbucks che perseguono la sindacalizzazione. È questo l’ultimo sussulto del movimento sindacale o qualcos’altro? Continua a leggere “Con il cambiamento del capitalismo internazionale, cambiano anche le risposte dei lavoratori”

Dichiarazione di WikiLeaks contro l’estradizione di Julian Assange

 

Fonte  ACRIMED

 

Il ministro dell’Interno  britannico approva l’estradizione dell’editore di WikiLeaks Julian Assange negli Stati Uniti, dove rischia una pena detentiva di 175 anni. Una giornata buia per la libertà di stampa e la democrazia britannica La decisione sarà impugnata  ”: traduciamo il comunicato di WikiLeaks pubblicato ieri . (Acrimato)

È un giorno buio per la libertà di stampa e la democrazia britannica. Chiunque tenga alla libertà di espressione in questo paese dovrebbe vergognarsi profondamente che il ministro dell’Interno abbia approvato l’estradizione di Julian Assange negli Stati Uniti, il paese che aveva pianificato di assassinarlo.

Giuliano non ha fatto niente di male. Non ha commesso alcun crimine, non è un criminale. Giornalista ed editore, viene punito per aver fatto il suo lavoro.

Priti Pratel aveva il potere di fare bene. Invece, sarà ricordata per sempre come complice degli Stati Uniti nella loro spinta a fare del giornalismo investigativo un’impresa criminale. Le leggi straniere fissano ormai i limiti della libertà di stampa in questo Paese e l’attività giornalistica che ha ricevuto i più prestigiosi riconoscimenti nella professione è stata considerata un reato meritevole di estradizione e di ergastolo.

La strada per la libertà di Julian è lunga e tortuosa. La lotta non si ferma oggi. Questo è solo l’inizio di una nuova battaglia legale. Faremo ricorso secondo la procedura in vigore, il prossimo ricorso sarà presentato all’Alta Corte. Combatteremo più duramente e protesteremo più in alto nelle strade, ci organizzeremo e faremo conoscere a tutti la storia di Julian.

Non commettere errori, questo è stato un affare politico fin dall’inizio. Julian ha pubblicato prove che il paese che cerca di estradarlo ha commesso crimini di guerra e li ha insabbiati; che ha torturato e consegnato prigionieri al di fuori del quadro giuridico; che ha corrotto funzionari stranieri; e indagini legali imperfette sugli illeciti statunitensi. La loro vendetta è cercare di farlo scomparire nei recessi più oscuri del loro sistema carcerario per il resto della sua vita, per dissuadere gli altri dal ritenere i governi responsabili.

Non permetteremo che ciò accada. La libertà di Julian va di pari passo con tutte le nostre libertà. Combatteremo per restituire Julian alla sua famiglia e riguadagnare la libertà di espressione per tutti noi.

CODICI IDENTIFICATIVI SUBITO Chiediamo misure di identificazione per gli agenti impegnati in operazioni di ordine pubblico

Condividiamo la Campagna di Amnesty 

CODICI IDENTIFICATIVI SUBITO

Chiediamo di prevedere misure di identificazione per gli agenti impegnati in operazioni di ordine pubblico.

Vent’anni dopo il G8 di Genova del 2001, molti dei responsabili delle gravi violazioni dei diritti umani commesse in quell’occasione sono sfuggiti alla giustizia, restando di fatto impuniti.

In parte, il motivo è legato all’impossibilità di identificare gli esecutori materiali da parte dell’autorità giudiziaria.

Negli anni successivi, altri casi di persone che hanno subito un uso sproporzionato della forza durante manifestazioni o assemblee pubbliche, chiamano in causa la responsabilità di appartenenti alle forze di polizia.

Per porre fine alle violazioni dei diritti umani che vedono un coinvolgimento delle forze di polizia e riaffermare il ruolo centrale di queste nella protezione dei diritti umani, è essenziale che le lacune esistenti vengano al più presto colmate.

Tra queste ci sono i codici o numeri identificativi individuali, elemento importante di accountability; il fatto che i singoli agenti e funzionari siano identificabili è un messaggio importante di trasparenza che mostrerebbe la volontà delle forze di polizia di rispondere delle proprie azioni e allo stesso tempo accrescerebbe la fiducia dei cittadini.

La richiesta è quella di esporre un codice identificativo alfanumerico sulle divise e sui caschi per gli agenti e i funzionari di polizia (senza distinzione di ordine e grado) impegnati in operazioni di ordine pubblico.

Ciò avrebbe un duplice effetto di trasparenza: verso i cittadini, che saprebbero chi hanno di fronte, e a garanzia di tutti gli agenti delle forze dell’ordine che svolgono correttamente il loro servizio.

PER ADERIRE A QUESTO APPELLO VAI ALLA PAGINA DI AMNESTY 

 

Le spese militari in aumento anche nel 2021

Fonte Fondazione Sereno Regis che ringraziamo 
Anticipazione Mil€x: la spesa militare italiana sfiora i 25 miliardi nel 2021, +8,1% rispetto al 2020

La spesa militare italiana si attesta nel 2021 a poco meno di 25 miliardi di euro, secondo le stime anticipate oggi dall’Osservatorio Mil€x. Si tratta di valutazioni effettuate secondo la nuova metodologia elaborata dall’Osservatorio e ricavate dai dati definitivi dagli stati di Previsione finanziari dei Ministeri coinvolti e che evidenzia una crescita annua superiore all’8%.Il dato verrà ulteriormente precisato e definito nelle prossime settimane in occasione dell’uscita del nuovo Annuario  2021 di Mil€x che ingloberà ulteriori dati provenienti dalle documentazioni ufficiali attualmente ancora non disponibili (in particolare il Documento programmatico pluriennale DPP della Difesa e la ripartizione dei costi per le missioni militari all’estero). “A riguardo dei dati che diffondiamo oggi è doveroso sottolineare come non sia possibile una immediata comparazione con le precedenti stime di Mil€x – sottolinea Francesco Vignarca fondatore dell’Osservatorio – in quanto la nuova metodologia cambia radicalmente la considerazione di alcune voci. Abbiamo comunque realizzato un quadro con i riconteggi per gli ultimi tre anni, in modo da delineare le tendenze, in decisa crescita, decise con le ultime tre Leggi di Bilancio”. In particolare il totale complessivo si modifica in maniera rilevante con la nuova valutazione di costi per l’Arma dei Carabinieri: storicamente Mil€x – su indicazioni ufficiali della Difesa – includeva nella spesa militare la metà dei capitoli di bilancio ad essi assegnati, mentre attualmente viene estrapolata una quota (di molto inferiore) dalle indicazioni specifiche che il DPP rilascia sull’uso prettamente militare dei Carabinieri nelle missioni internazionali.Il totale per il 2021 così valutato è dunque pari a 24,97 miliardi di euro, provenienti in larga parte dal bilancio del Ministero della Difesa dedicato ad usi militari.

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Il pericoloso virus di autoritarismo e carrierismo nella giustizia che infligge calvari a persone innocenti di Lorenzo Diana

FONTE ARTICOLO21

Da una vita di lotta alla camorra ad indagato innocente, la storia di come un “semplice” indagine avviso di garanzia mi abbia cambiato la vita in un istante ed esposto a cinque anni e mezzo di gogna mediatica.

Solo pochi giorni fa il GIP Marco Giordano, su richiesta del pm Catello Maresca della procura di Napoli, ha archiviato l’ultima delle due indagini aperte sul mio conto.
Quella relativa ad un presunto abuso d’ufficio nella nomina di un avvocato, che, da presidente del CAAN, il Centro Agroalimentare di Napoli (il mercato), avevo dovuto nominare per la difesa nel giudizio contro la società Cesap, appartenente ad un noto camorrista tuttora detenuto.

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COVID-19 e la dipendenza globale dalla manodopera migrante a basso costo

Fonte Opendemocracy.net

La pandemia COVID-19 ha evidenziato la dipendenza strutturale del mondo dalla manodopera sfruttabile.

Randall Hansen
6 ottobre 2020

Nel novembre 2019, un funzionario del governo federale ha visitato la Munk School dell’Università di Toronto e ha chiesto alla sua facoltà di delineare le future minacce globali. Abbiamo parlato di disuguaglianza, fame, cambiamento climatico, servizi igienici e inquinamento da plastica, tra gli altri. Nessuno ha menzionato un microbo; una discussione sulla minaccia dell’immunità agli antibiotici è stata quanto di più vicina abbiamo avuto.

Quattro mesi dopo, tutti in quella stanza erano bloccati. COVID-19 ha colpito il mondo mentre un treno merci colpisce un’auto bloccata a un passaggio a livello. Il virus ha fatto a pezzi il ritmo della nostra vita quotidiana e riconfigurerà le nostre economie e la nostra politica.

Come esattamente lo farà non è chiaro, ma questo è certo: in tutto il mondo, gli standard di vita della classe media dipendono dal lavoro e – durante una pandemia globale – dalla morte di un esercito di lavoratori migranti a buon mercato. Il virus ha messo in luce questa dipendenza, ma non c’è nulla di nuovo al riguardo; è stata una caratteristica fondamentale del capitalismo nazionale e globale almeno dagli anni ’70. E, nonostante tutti i discorsi su un mondo nuovo e più giusto che emergerà dalle ceneri di COVID-19, la dipendenza del mondo dal lavoro a basso costo non sta andando da nessuna parte.

Il virus ha evidenziato la dipendenza strutturale del mondo da manodopera a basso costo e sfruttabile. Continua a leggere “COVID-19 e la dipendenza globale dalla manodopera migrante a basso costo”

Tomás Hirsch: Cile, un sistema profondamente inumano

 

FONTE  PRESSENZA.COM

 

Il “modello cileno”, mostrato all’estero come il più grande successo del neoliberismo, presenta una realtà molto diversa per milioni di famiglie cilene,” ha affermato Tomás Hirsch, deputato del Partito Umanista Cileno (Frente Amplio), in un intervista con ALAI. Questo si esprime nell’aumento della disparità di reddito e della concentrazione della ricchezza e nell’indebitamento soffocante in cui affonda la maggioranza dei lavoratori. Infatti, “tutti gli indicatori ci pongono come uno dei paesi più diseguali nell’OCSE, con i tassi peggiori di istruzione, sanità, pensioni, qualità delle abitazioni, aree verdi per abitante …”, aggiunge.

Questo “sistema profondamente inumano” non dà priorità alla qualità della vita. Di seguito, uno scambio sulle linee guida politiche del governo cileno, che mettono in discussione la sua qualità morale per poter criticare il Venezuela.

Deputato, il giudizio critico del Presidente Sebastián Piñera sul governo costituzionale di Nicolás Maduro in Venezuela è conosciuto, per quanto riguarda l’attacco da parte del gruppo di Lima e dell’OAS contro la Rivoluzione Boliviana. Vorremmo rivedere alcuni aspetti del vostro paese per verificare la coerenza nell’atteggiamento del governo cileno.

La posizione del presidente Piñera è di un’incoerenza che rasenta il surrealismo politico. Il Cile dev’essere l’unico paese al mondo che, 29 anni dopo la fine della dittatura, ha ancora una Costituzione generata durante la dittatura, scritta da un piccolo gruppo di uomini di estrema destra senza dibattito, “votata” senza registri elettorali, progettata per perpetuare un sistema profondamente antidemocratico. Tranne qualche piccolo aggiustamento, rimane la stessa che manteneva al potere il dittatore Augusto Pinochet. Per quasi 20 anni abbiamo avuto senatori selezionati puntando il dito e un sistema elettorale totalmente truccato. E poi vogliamo dare lezioni sulla democrazia?

Il Cile, pur vantandosi a livello internazionale del suo supposto successo economico, ha una delle peggiori distribuzioni di reddito del pianeta, con un salario minimo vergognoso che non è sufficiente per la sussistenza del milione di lavoratori che lo ricevono. E intendiamo dare lezioni sui diritti sociali? Il sistema pensionistico cileno, anch’esso creato in regime di dittatura e mantenuto dal potere degli affari sul mondo politico, fornisce pensioni misere, vicine al 25% del salario percepito al momento del pensionamento. È una vera e propria violazione dei diritti umani degli anziani. Allo stesso tempo, sanità e istruzione sono imprese e non diritti, definiti dallo stesso presidente come beni di consumo.

Il Cile è l’unico paese al mondo in cui l’acqua è privata al 100%. Le risorse di pesca sono state consegnate in forma perpetua dal primo governo di Piñera  a 7 famiglie, attraverso una legge che è stata pubblicamente riconosciuta come corrotta, approvata con tangenti a ministri e parlamentari. Rame, litio, foreste, energia, tutto, assolutamente tutto, è stato denazionalizzato e consegnato alle multinazionali, che ovviamente parlano molto bene del nostro paese.

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FBI, la fabbrica di terroristi di carta

 

 

FONTE AREAONLINE.CH
di Serena Tinari

È il giornalismo dal respiro lungo, l’inchiesta che va avanti per anni e che un passo alla volta lascia il segno. Ma è soprattutto un ritratto impietoso dell’epoca balzana che ci è toccata in sorte. Il progetto “Trial and Terror” pubblicato da The Intercept toglie il fiato e se non fosse fondato su documenti ufficiali, si farebbe fatica a credere ai suoi esplosivi contenuti.

Fatti, numeri e storie che raccontano come l’Fbi abbia letteralmente fabbricato centinaia di presunti terroristi. Persone fragili, povere in canna e poco scolarizzate manipolate da collaboratori dell’agenzia che fingevano di essere attivisti di organizzazioni estremistiche e violente.

L’anno zero è stato l’undici settembre. Passato l’attentato, il governo americano sancì la tolleranza zero e proclamò, passateci il bisticcio, la guerra santa al terrorismo di matrice islamica, destinando alle attività di indagine dell’Fbi ben 3,3 miliardi di dollari l’anno. La strategia dei federali? Identificare i “lupi solitari” prima che passino all’azione. Suona ragionevole. Nella pratica l’Fbi, attraverso complicate messe in scena e ampio utilizzo di agenti manipolatori, ha finito per trasformare centinaia di innocenti in criminali di carta – caricature di terroristi che proprio i federali hanno indottrinato a passare all’azione violenta, allenato ad usare armi da fuoco, fornendo loro contatti e denari per procurarsele, oltre a filmarli mascherati da bombaroli e convincerli a leggere sotto dettatura solenni giuramenti pieni di strafalcioni. Una processione di pasticci da commedia dell’arte che incredibilmente sono diventati prove a carico in tribunale, valendo ai malcapitati condanne detentive di tutto rispetto. Dobbiamo l’allucinante scoperta a un giornalista che nel 2010 ha ricevuto prima una soffiata, e poi una borsa di studio dell’Università di Berkeley, in California per portare avanti il progetto. Trevor Aaronson da allora non ha mollato l’osso. La prima pubblicazione della sua incredibile inchiesta è stata nel 2011 sul sito Mother Jones. Nel 2013 è diventata un libro, “The Terror Factory: Inside the FBI’s Manufactured War on Terrorism” ovvero la fabbrica del terrore, viaggio nella finta guerra dell’Fbi al terrorismo; e ancora è stata trasformata in un avvincente documentario di Al Jazeera, “Informants”, disponibile online: https://trevoraaronson.com/film/

Dal 2016 Aaronson ha unito le forze con Margot Williams, oggi a capo del dipartimento ricerca del The Intercept dopo una carriera che l’ha vista vincere mille premi per il suo lavoro per grandi testate statunitensi, dal Washington Post a Npr al New York Times. Insieme i due hanno ampliato la ricerca e sono giunti ad analizzare una mole enorme di documenti della Procura, verbali dei processi, comunicati del Dipartimento giustizia e archivi del sistema penitenziario. Se masticate l’inglese, la creatura di Aaronson e Williams, continuamente aggiornata, è una lettura necessaria. Sette storie e un database navigabile, con grafiche che anche i meno anglofoni possono esplorare senza difficoltà: https://theintercept.com/series/trial-and-terror/.
Delle 873 persone portate in tribunale, la stragrande maggioranza aveva conoscenze sul terrorismo e persino sull’Islam elementari, un livello che chiunque può sfoggiare se ogni tanto guarda la tv. Oltre la metà delle persone condannate ha finito di scontare la pena e, fanno notare gli autori di “Trial and Terror”, “il governo crede che una manciata di anni di galera facciano il miracolo, oppure lo sanno anche loro che sono innocenti – visto che questi ‘pericolosi terroristi’ non sono oggi sottoposti a nessuna misura di sorveglianza”. Leggi le storie e ti scappa da ridere. Se non fosse che le vittime dei pasticci dell’Fbi sono persone poco scolarizzate, squattrinate e in qualche caso affette da handicap mentali. Soggetti vulnerabili incastrati da un crudele gioco delle parti. La commedia si è ripetuta uguale in centinaia di casi, ricostruiti con pazienza certosina da Trevor Aaronson e Margot Williams. Sempre lo stesso, il protocollo: prendi un soggetto fragile, che ha deciso di convertirsi all’Islam o si è fatto prendere dall’hobby molesto di postare messaggi di provocazione su Facebook. Presentati come l’emissario di una rete di attivisti violenti di una regione medio-orientale del pianeta e lavora senza risparmiare colpi di teatro per fare di quella persona.. un terrorista. Negli articoli e nel documentario scorrono dettagli allucinanti, con tanto di frammenti video depositati agli atti delle inchieste. Come la storia di “Liberty City 7”, gruppo di balordi squattrinati finito alla ribalta delle cronache al momento dell’hollywoodiano arresto. Avevano dato corda per mesi a un arabo che li riempiva di soldi, diceva un sacco di fesserie eppure metteva a loro disposizione cibo e bevande. Alla Corte hanno raccontato di essersi detti: “Spenniamo il pollo e ce la diamo a gambe”. Peccato che il pollo fosse pagato dall’Fbi per fabbricare le prove della loro colpevolezza, fornire evidenza del terroristico potenziale. E allora ci voleva il video del giuramento, e paradossi come spedire quest’armata Brancaleone a scattare foto sfuocate della sede dell’Fbi con una macchina fotografica… di proprietà dell’Fbi. Ci sarebbe da morire dal ridere, se non fosse che quelle foto sono diventate prova della loro intenzione di portare a termine attentati dinamitardi: cinque su sette sono stati condannati, fra i 6 e i 13 anni di carcere. Resta incomprensibile come le giurie, pur dubitando, abbiano finito per condannarli – può la stupidità, la fame di soldi, la sfortuna delle condizioni socioeconomiche farti finire in galera per terrorismo islamico? A quanto pare basta e avanza, se guardiamo a un altro caso iconico: due amici pizzicati a farfugliare, prendendo appunti su un fazzoletto di carta, di un fantomatico attentato. Uno si è dichiarato colpevole e dopo cinque anni è uscito di galera. L’altro è ancora dentro – deve scontare trent’anni. Se l’inglese proprio non vi piace, almeno guardate l’intervento di Aaronson al convegno Ted – ha i sottotitoli in italiano. Non le manda a dire: «L’Fbi ha organizzato più plot terroristici in America di qualunque altra organizzazione, e persino più di tutte quelle islamiche radicali messe insieme» (https://tinyurl.com/oufdav6).

Brasile: alla polizia licenza di uccidere

FONTE PRESSENZA.COM

07.02.2019 – San Paolo, Brasile – Paolo D’Aprile

Brasile: alla polizia licenza di uccidere
(Foto di GOVBA via Flickr)

Lo ha detto fin dal primo giorno, carta bianca alla polizia, carta bianca per uccidere.

Non ce n’era bisogno, basta leggere i dati ufficiali divulgati dalle agenzie internazionali e dallo stesso governo. Per il momento non sono ancora disponibili quelli dell’anno appena trascorso. Diamo una occhiata al 2017. Ma per capire meglio la situazione, è necessario il paragone con il 2016 e il 2015, quando dalle forze di polizia furono uccise 3330 persone. L’anno dopo, 4240. E finalmente nel 2017, cinquemila centocinquantanove, 5159. Per il codice penale l’omicidio in servizio non è un crimine quando l’azione di polizia avviene nello stretto compimento del dovere legale. Una interpretazione che di per sé lascia spazio a mille modi di nascondere o modificare la scena: basta che l’autorità dichiari che il presunto colpevole di qualche delitto abbia resistito all’arresto. Il super ministro della giustizia e dell’interno, ha presentato il nuovo decreto per la sicurezza. 63895 è la quantità di omicidi avvenuta in Brasile nel 2017. A scanso di equivoci lo riscrivo, sessantatremila ottocentonovantacinque. Continua a leggere “Brasile: alla polizia licenza di uccidere”

La NUJ, il sindacato nazionale dei giornalisti,   condanna l’ultimo attacco del governo britannico alla libertà di stampa

FONTE NUJ 

29 gennaio 2019

La proficua legislazione volta a contrastare la criminalità all’estero creerà nuovi pericoli per i giornalisti e comprometterà la libertà di stampa, ha avvertito il NUJ.

Nonostante i ripetuti avvertimenti del sindacato sui pericoli contenuti nella legge sul crimine del governo (Overseas Production Orders), il governo ha insistito con il disegno di legge, che raggiungerà la sua fase di relazione in Parlamento domani, mercoledì 30 gennaio.

La legge sul crimine (Overseas Production Orders) consentirà al governo del Regno Unito di concludere accordi con i governi stranieri in modo che possano richiedere l’accesso alle informazioni archiviate nel Regno Unito. Questi nuovi poteri non saranno accompagnati da salvaguardie per i giornalisti che lavorano nel Regno Unito o per i giornalisti che vivono in esilio.

Da settembre il NUJ ha incontrato una serie di parlamentari che sottolineano come il progetto di legge non rispetti le salvaguardie di base contenute nel Police and Criminal Evidence Act (PACE) 1984 e le autorità hanno già ampi poteri di sorveglianza definiti nelle Potenze investigative Act (IPA) 2016. Questo nuovo disegno di legge consente alle autorità di accedere al contenuto delle comunicazioni elettroniche dei giornalisti e rappresenta un’ulteriore erosione dei diritti fondamentali alla privacy e alla libertà di espressione.

Michelle Stanistreet , segretario generale della NUJ, ha dichiarato:

“Questo governo conservatore ha ripetutamente dimostrato il suo disprezzo per il giornalismo e il disprezzo per la libertà di stampa, introducendo inesorabilmente nuove leggi e poteri che minano e compromettono la capacità dei giornalisti di svolgere il loro lavoro con integrità e sicurezza.Questo governo ha cercato di limitare la libertà esistente della legge sull’informazione, ha introdotto la legislazione sulla sorveglianza draconiana, ha cercato di rendere più facile perseguire i giornalisti riformando la legge sui segreti ufficiali e ora sta spingendo una legislazione che trascura le poche protezioni legali che ci sono per materiale e fonti giornalistiche. Ufficio per rinunciare al contenuto delle nostre comunicazioni elettroniche a governi stranieri.Quindi non dubitiamo – questo governo sta orchestrando un ambiente legale deliberatamente ostile per tutti i giornalisti “.

L’apartheid istituzionale si va rafforzando in Italia. Sulla bozza di decreto Salvini e sulle crescenti revoche dell’accoglienza – di Gennaro Avallone

FONTE EFFIMERA.ORG

L’apartheid istituzionale si va rafforzando in Italia.

Il Sole 24 Ore ha pubblicato il 23 agosto i contenuti della bozza di decreto legge che il Ministero dell’Interno sta elaborando per quanto riguarda il diritto di asilo e i diritti delle persone richiedenti protezione internazionale in Italia[1].

I contenuti più rilevanti riguardano l’aumento del numero di mesi di detenzione nei centri di espulsione (da 3 a 6 mesi); l’allargamento della lista dei reati che abilitano al rifiuto o alla revoca dell’asilo; la drastica riduzione delle possibilità di ricorso nel caso di diniego della domanda di protezione; la riduzione delle possibilità di ottenere la protezione umanitaria; la limitazione dell’accoglienza negli Sprar solo ai beneficiari di protezione internazionale o sussidiaria; l’esclusione dalla possibilità di iscrizione all’anagrafe (cioè di ottenimento della residenza) per le persone richiedenti asilo, per le quali si prevede un documento di riconoscimento particolare; la proroga di un anno per scrivere un testo unico sull’asilo.

Con e oltre Minniti

Particolarmente serio è il cambiamento che verrebbe prodotto da tre misure: quella che nega la residenza, quella che riduce le possibilità di riconoscimento della protezione umanitaria, quella che limita le possibilità di ricorso alle decisioni avverse alle domande di asilo.

La prima, quella che nega la residenza, un diritto ad avere diritti come ricorda un recente report con toolkit della campagna LasciateCIEntrare[2], significherebbe per le persone richiedenti asilo, ad esempio, l’esclusione dalla possibilità di avere il medico di base e di usufruire, di fatto, del servizio sanitario nazionale.

La seconda, relativa al riconoscimento della protezione internazionale, mette in pericolo la divisione dei poteri tra esecutivo e giudiziario, in quanto interviene nell’autonomia del lavoro delle Commissioni territoriali che vagliano le domande di asilo o, in caso di ricorso, dei tribunali.

La terza, quella che limiterebbe le possibilità di ricorso, determinerebbe un trattamento speciale e penalizzante verso una specifica parte della popolazione (quella richiedente asilo) in virtù del suo status giuridico.

Se i contenuti della bozza saranno confermati saremo oltre il decreto Minniti-Orlando, che ha già ridotto i diritti delle persone richiedenti asilo, e si approfondirà in maniera ulteriore una condizione di apartheid e di razzismo istituzionale a danno di questa parte della popolazione. La separazione tra nazionali e non nazionali si aggraverebbe, dunque, in modo ulteriore e, con essa, la condizione di vulnerabilità e marginalità civile e sociale della popolazione immigrata.

Il circolo della repressione

Questo scenario è in realtà già anticipato da quanto sta accadendo con l’accelerazione e la moltiplicazione delle revoche di accoglienza e con l’ulteriore spinta del Ministero nei prossimi bandi verso centri di accoglienza di grandi dimensioni[3]. In particolare, diversi attivisti ed attiviste registrano già da alcuni mesi l’aumento dei controlli prefettizi punitivi contro i migranti (per esempio, sull’orario di presenza) che provocano revoche di accoglienza[4].

La tendenza è quella di approfondire l’attacco alle persone migranti e non alla malaccoglienza, dunque, indebolendo sempre più le condizioni di vita di parte della popolazione richiedente asilo, ma anche titolare di protezione. Si produce così un’umanità indebolita nei diritti e nelle condizioni di vita, da utilizzare poi, nel circuito della repressione in caso di commissione di reati (o, apparentemente in modo paradossale, anche se sottoposta a condizioni gravi di sfruttamento) a fini di propaganda, dicendo che i migranti sono un pericolo sociale in quanto criminali o lavoratori a buon mercato che abbassano i livelli salariali e di sicurezza degli italiani, per cui ci vogliono politiche sempre più di controllo e di contrasto: alimentando una logica che si muove così all’infinito.

Il Ministero dell’Interno, con questa strategia, produce il problema, peggiorando gravemente la vita di centinaia di migliaia di persone, per poi proporsi come risolutore. Ovviamente, il trucco è chiaro, ma non basta la critica della ricerca sociale o del ragionamento a metterlo in discussione.

La produzione di popolazione debole e con status giuridici differenziati e poveri serve ad una parte dell’economia nazionale per mantenere i profitti alti in settori a basso valore aggiunto (alcuni comparti dell’edilizia, dell’agricoltura, dei servizi alla persona, della prostituzione e del turismo, soprattutto) e serve ad un’altra parte, quella politica, per alimentare la propaganda e accrescere il consenso di una società nazionale sempre più razzista anche perché poco interessata (ancora, per ora) ad organizzarsi per lottare collettivamente per i propri diritti e bisogni e, quindi, incline a seguire chi le propone di essere forte con i deboli in quanto non riesce (non è interessata) ad esserlo con i forti.

È questo corto circuito che va messo in discussione e per questo sono necessari la proposta e la mobilitazione politica, concentrate sui bisogni reali della popolazione al di là delle appartenenze nazionali, in una logica meticcia, che rompe il quadro razzista che le istituzioni governative vanno rafforzando di giorno in giorno e che il decreto del Ministro dell’Interno aggraverebbe, se promulgato, in modo ulteriore.

 

[1]          http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2018-08-22/stretta-migranti—ecco-nuove-regole-bozza-decreto-salvini-220721.shtml?uuid=AEIo5odF

[2]          http://www.lasciatecientrare.it/j25/italia/news-italia/357-diritti-on-line-il-toolkit-lasciatecientrare-per-l-iscrizione-anagrafica-di-stranieri-richiedenti-asilo-e-beneficiari-di-protezione-internazionale-una-guida-pratica-contro-discriminazioni-e-burocrazia

[3]          https://www.asgi.it/notizie/revoca-accoglienza-napoli/;https://altreconomia.it/accoglienza-bandi-prefetture/.

[4]           https://www.facebook.com/events/242142176503442/?notif_t=plan_user_invited&notif_id=1535196311399675

Marielle presente! Intervista a Daniela Albrecht – di Michela Pusterla

 Fonte Effimera.org

*Daniela Albrecht è laureata in psicologia e ricercatrice in servizio sociale, militante del movimento antimanicomiale e del PSOL di Rio de Janeiro

MP: Un mese fa, l’uccisione di Marielle Franco, consigliera comunale di Rio de Janeiro per il PSOL e militante nera, femminista e lesbica, e dell’autista Anderson Gomes hanno avuto una straordinaria eco globale, riverberata dalle reti sociali a centinaia di piazze cittadine. In Italia, il ruolo fondamentale nell’organizzazione è stato svolto da Non una di meno, facendo sì che l’attenzione fosse focalizzata (com’è legittimo) sulla militanza femminista di Marielle. Nella sfera mediatica italiana, quantomeno, ne è nata una narrazione concentrata sulla vicenda personale di Marielle e sulla sua figura potentissima, che ha forse trascurato il contesto di quella che Giuseppe Cocco su effimera ha definito «un’esecuzione politica» e ha isolato Marielle dalla sua militanza, cioè dal motivo per il quale è stata uccisa. Tuttavia, gli eventi successivi che hanno coinvolto il fondatore del PT hanno rifocalizzato l’attenzione mediatica italiana ed europea sul Brasile, producendo un moto di affetto politico – tanto comprensibile quanto spesso acritico – nei confronti di Lula. Non sono mancati interventi – tra i quali citerei quello di Eliane Brum uscito su El País e tradotto su Transglobal e Euronomade – che hanno avuto la capacità di analizzare il funzionamento della macchina mitologica del Lula in vita e le contraddizioni insuperabili del progetto politico del PT. Questa intervista – realizzata il 2 aprile 2018 – si pone come obiettivo quello di provare a comprendere la situazione politica brasiliana attraverso l’esecuzione di Marielle Franco e insieme le ragioni di quella esecuzione alla luce di quel contesto, in un dialogo con una voce interna al partito nel quale Marielle Franco militava.

MP: Qual è la situazione in Brasile?

DA: Per capire meglio il contesto del Brasile oggi, secondo me, è necessario partire dal 2013 – un anno di grande sconvolgimento sociale e mobilitazioni di piazza, che scoppiarono quasi all’improvviso, a seguito dell’aumento dei prezzi dei biglietti degli autobus. In quel momento, divenne chiaro alla borghesia che il Partido dos Trabalhadores (PT), dopo 12 anni al potere, non era più in grado di mantenere il suo ruolo nel patto sociale, di garantire il consenso sociale intorno al progetto borghese come aveva fatto fino ad allora. Allora la borghesia cominciò a interrogarsi sul suo progetto politico, a perdere unità intorno a questa sua rappresentanza politica, con una parte della borghesia che cominciò a volere la caduta del governo PT.  In quella occasione, la stampa brasiliana – che solitamente criminalizza fortemente le lotte sociali – di fronte alla portata delle manifestazioni popolari trasformò radicalmente la sua strategia e tentò di intestarsi le manifestazioni, dettandone le parole d’ordine. Tentò cioè di depoliticizzare quelle rivendicazioni che avevano un contenuto sociale e chi contestava l’ordine in questo senso, lanciando lo slogan della lotta alla corruzione. Una parte della stampa era già contro lo stesso PT.

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In Brasile viviamo una guerra civile sempre più esplicita

Fonte Dinamopress

Realizzata pochi giorni prima della ratifica della condanna a Lula, in questa intervista il filosofo brasiliano Vladimir Safatle denuncia la svolta autoritaria che sta vivendo il Brasile negli ultimi mesi.

Cosa sta accadendo in Brasile?

Gli ultimi eventi dimostrano chiaramente che siamo entrati in una fase di guerra civile sempre più esplicita. Non parlo solo degli spari contro il pullman dell’ex presidente Lula. L’assassinio di Marielle Franco non ha avuto fino ad ora nessuna risposta da parte delle autorità, non vi è stata risposta alcuna nemmeno dopo l’enorme commozione causata dalla sua morte. E’ sorprendente che Geraldo Alckmin, governatore dello stato più grande del paese, e altri rappresentanti istituzionali, presentino come naturale l’attentato contro Lula. Alckmin praticamente dice che l’ex presidente se lo sarebbe meritato, disconoscendo completamente la differenza tra la violenza simbolica della politica e la violenza reale dello sterminio.

Cosa o chi potrebbe risolvere questa impasse?

Non vi è una soluzione a breve termine. La società brasiliana va verso forme estreme di radicalizzazione politica. Non vedo altre vie di uscita. La questione è che solo uno dei due estremi si è organizzato, ed è il campo reazionario. I progressisti continuano a rimanere legati all’idea di un patto di normalità che regola la vita politica nazionale. Ma questo patto è già saltato. La politica nazionale non vive una situazione di normalità. E’ necessario tenerlo presente ed essere pronti.

Questa assenza di comprensione della realtà potrebbe spiegare il fatto che le manifestazioni spontenee dopo la norte di Marielle non si siano trasformate in qualcosa di più efficace ed organizzato?

Non esistono attori politici in Brasile capaci di estendere queste rivendicazioni e dargli un carattere generale rispetto alla situazione nazionale. La società vive una fase di grande effervescenza ma le manifestazioni sono tutte spontanee, como lo sono state lo scorso anno quelle contro il governo di Michel Temer e lo sciopero generale, che ha portato in piazza 35 milioni di lavoratori. Mancano però attori politici che riescano a sostenere nel tempo questa effervescenza sociale. I partiti sono in crisi e vivono una fase di degrado. C’è un deficit tremendo di organizzazione in tutto il paese. Tutta questa forza, enorme, viene dispersa.

In generale in Brasile momenti come questi hanno portato a soluzioni autoritarie. Esiste questo rischio oggi?

Sí, evidentemente. E’ importante per la sinistra prepararsi a tutte le possibili situazioni. Ogni volta che abbiamo vissuto una avanzata autoritaria, la sinistra è sempre stata l’ultima ad abbandonare la speranza nello Stato democratico di diritto. Stava ferma in attesa di qualcosa che non esisteva già più, mentre i reazionari organizzavano la via d’uscita autoritaria. E’ evidente oggi che questo fantasma è qui tra noi. Lo scorso anno, il generale Hamilton Mourão ha parlato in modo esplicito di un progetto di golpe militare e non è stato mai smentito dai suoi superiori. Stiamo vivendo una situazione sempre più tesa. Le elezioni, sappiamo, saranno una farsa, degna della Repubblica di Velha, dove si escludono i candidati che non si vogliono vittoriosi. Il patto minimo di democrazia non esiste più nel paese. Non è un caso che Temer ha appena dichiarato che nel 1964 non vi è stato un golpe militare, ma un movimento sostenuto dal popolo. La dichiarazione è anche falsa dal punto di vista storico. Studiosi dell’opinione pubblica dell’epoca hanno infatti dimostrano che João Goulart sarebbe stato il più votato alle elezioni presidenziali. Si tratta di una falsità che punta a trasformare in elezione popolare una decisione presa dalle elites (quella della dittatura militare del 1964, ndr). Questa dichiarazione di Temer non è per nulla strana nel contesto attuale.

Intervista di  Sergio Lirio a Vladimir Safatle, pubblicata lo scorso 28 marzo 2018 su Carta Capital. Discepolo di Bento Prado Junior, Vladimir Safatle è un filosofo.

I suoi lavori, dalla tesi di dottorato La pasión del Negativo: Lacan y la dialéctica (2006), si occupano dell’intrreccio tra filosofia e psicoanalisi. Ha scritto Cinismo y falencia de la critica (2008), Lo que resta de la dictadura: la excepción brasileña (con Paulo Arantes, 2010), Una izquierda que no teme decir su nombre (LOM, 2012) y El circuito de los afectos: cuerpos politicos, desamparo y el fin del individuo (2015) e Solo un esfuerzo más (2017 ).

Tratto dal blog LOBO SUELTO, traduzione in italiano a cura della redazione di DINAMOpress.

Caso Zucca: il capo della Polizia tira fuori una grossa bugia

fonte pressenza.com

Autore Alberto Cacopardi 
Oggi, 21 marzo 2018, equinozio di primavera, il capo della Polizia della Repubblica Italiana ha pronunciato una flagrante menzogna davanti alla stampa, ai media e a tutto il popolo italiano.
Franco Gabrielli stava manifestando la sua alta indignazione per le parole del sostituto procuratore generale di Genova Enrico Zucca, già pubblico ministero al processo per le torture della scuola Diaz, il quale, davanti alla madre di Giulio Regeni, aveva osato sostenere che è difficile pretendere che l’Egitto ci consegni i suoi torturatori, quando noi teniamo i nostri torturatori ai vertici della polizia.
Zucca si riferiva al fatto che diversi responsabili di quei tristi e indimenticabili episodi, pur essendo stati riconosciuti colpevoli e condannati per i loro misfatti, sono stati reintegrati nelle loro funzioni e addirittura promossi a posizioni di alto livello nella Polizia di Stato, non appena scaduti i termini dell’interdizione dai pubblici uffici conseguente alle condanne penali.

Facebook oscura Cambridge Analytica, ha usato dati per campagna Trump

Fonte Primaonline

Riccardo Luna sta indagando su chi in Italia ha usato i servizi dì Cambridge Analytica e dice di essere “vicino alla soluzione”. Intanto ha fatto interessanti ricostruzioni su vecchi e nuovi protagonisti degli studi delle
Dinamiche Comportamentali che hanno l’obiettivo di studiare il funzionamento dei comportamenti di massa e come manipolarli.
Pubblichiamo qui di seguito il pezzo di Riccardo Luna uscito sull’Agi, di cui è direttore.

Il 17 marzo  Facebook ha deciso di oscurare sulla sua piattaforma Cambridge Analytica , la società dati britannica che ha aiutato il presidente Donald Trump durante le elezioni del 2016. La decisione e’ stata presa dopo gli articoli pubblicati sul New York Times e sul Guardian che raccontano della piu grande fuga di dati nella storia di Facebook che ha permesso a  Cambridge Analytica di sviluppare tecniche che hanno costituito la base del suo lavoro sulla campagna presidenziale di Donald Trump nel 2016.

L’ARTICOLO PROSEGUE ALLA FONTE PRIMAONLINE

Modena, la Camera Penale vuole mettere sotto osservazione il lavoro dei giornalisti. Fnsi e Odg: «Iniziativa inquietante»

 

«Apprendiamo con grande sconcerto e preoccupazione dell’intenzione di istituire un osservatorio per monitorare l’attività dei media locali. E non è la prima volta che sindacato e Ordine sono costretti a occuparsi di intimidazioni, esplicite o velate, fatte a chi si occupa di informare i cittadini sul processo ‘Aemilia’», commentano i vertici regionali e nazionali degli enti di categoria.
 

«Apprendiamo con grande sconcerto e preoccupazione dell’iniziativa intrapresa dalla Camera Penale di Modena di istituire un osservatorio per monitorare l’attività dei media locali sui temi di cronaca e politica giudiziaria sostenendo che l’analogo Osservatorio nazionale dell’Unione delle Camere Penali, dopo un’approfondita indagine, è giunto alla conclusione che spesso l’informazione ‘diventa strumento dell’accusa per ottenere consensi e così inevitabilmente condizionare l’opinione pubblica e di conseguenza il giudicante’». Lo affermano, in una nota congiunta, la presidente dell’Aser, Serena Bersani, il segretario generale della Fnsi, Raffaele Lorusso, il presidente dell’Ordine dei giornalisti dell’Emilia Romagna, Giovanni Rossi e il presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti, Carlo Verna.«La Camera Penale di Modena – spiegano – fa esplicitamente riferimento al processo ‘Aemilia’, in corso da oltre un anno a Reggio Emilia, che per la prima volta ha alzato il velo sulle infiltrazioni mafiose in Emilia Romagna, per decenni sottovalutate. E lo fa proprio in concomitanza con un’udienza dello stesso processo in cui un pentito ha rivelato che, tra i progetti degli ‘ndranghetisti in Emilia, c’era anche quello di uccidere un giornalista scomodo. Notizia che pare non aver toccato in maniera altrettanto significativa la sensibilità degli avvocati». Continua a leggere “Modena, la Camera Penale vuole mettere sotto osservazione il lavoro dei giornalisti. Fnsi e Odg: «Iniziativa inquietante»”

Padroni del mondo di Bernie Sanders

FONTE FIOM.CGIL.IT 

 

 

Ecco a che punto siamo come pianeta nel 2018: dopo tutte le guerre, le rivoluzioni e i summit internazionali degli ultimi cento anni, viviamo in un mondo dove un gruppo minuscolo di individui incredibilmente ricchi può esercitare un controllo spropositato sulla vita economica e politica della comunità globale.

Nonostante sia difficile da capire, la verità è che le sei persone più ricche del mondo adesso possiedono più ricchezza della parte più povera della popolazione mondiale – 3,7 miliardi di persone. Inoltre, l’1% più benestante adesso ha più soldi del restante 99%. Nel frattempo, mentre i miliardari ostentano la loro ricchezza, quasi una persona su sette cerca di sopravvivere con meno di un dollaro e 25 al giorno e – orribile – circa 29.000 bambini muoiono ogni giorno per cause totalmente prevedibili come la diarrea, la malaria e la polmonite.

Al contempo, in tutto il mondo élite corrotte, oligarchi e monarchie anacronistiche spendono miliardi nelle stravaganze più assurde. […] In Medio Oriente, che vanta cinque dei dieci monarchi più ricchi al mondo, giovani reali fanno la bella vita in giro per il mondo mentre la regione soffre per il tasso di disoccupazione giovanile più alto del mondo e almeno 29 milioni di bambini vivono in povertà senza avere accesso ad alloggi decenti, acqua pulita e cibo nutriente. Inoltre, mentre centinaia di milioni di persone vivono in condizioni terribili, i mercanti d’armi diventano sempre più ricchi mentre i governi spendono migliaia di miliardi in armi.

Continua a leggere “Padroni del mondo di Bernie Sanders”

L’EMERGENZA DELLA MISERIA E LA MISERIA DELLA POLITICA

 

di Ivana FABRIS – Coordinatrice Nazionale Responsabile Movimento Essere Sinistra MovES

 

La miseria continua a crescere nel nostro paese.
La Caritas denuncia che solo a Roma i nuovi poveri sono 16.000, ALTRE 16.000 persone finite in strada.

Tra questi, anziani e bambini e tanti bambini con disabilità e ad essere colpito è soprattutto quel ceto medio composto da diplomati che mai avrebbe pensato solo pochi anni fa di subire questa sorte.

Persone assolutamente inserite nel tessuto sociale che sono finite così, in particolar modo per la perdita dell’occupazione.
Gli anziani a rischio, sempre solo a Roma, sono 1 su 3.
Per non parlare del precariato che equivale a vivere sulla porta della miseria assoluta.

Il dato più agghiacciante è quello dell’emergenza abitativa, una piaga cancrenosa che ha colpito tutta Italia ma che particolarmente a Roma è drammatica.
Sono circa 30.000 le famiglie coinvolte.
A Roma gli sfratti sono di circa 7-8000 l’anno.
Le richieste di casa popolare, circa 10.000.
L’offerta circa 1000.

 

Ma la miseria di chi è diventato povero è unicamente riconducibile alla miseria di un sistema politico che, pur definendosi di sinistra anticapitalista e antiliberista, continua e continuerà a NON farsi carico del problema.

 
Anche questa è di fatto un’emergenza, viste le condizioni del paese.
La miseria della classe politica rappresenta perciò l’altra faccia della medagli dell’emergenza. Continua a leggere “L’EMERGENZA DELLA MISERIA E LA MISERIA DELLA POLITICA”

Google trasferisce 15,9 miliardi alle Bermude per evitare Fisco. Lo riferisce Bloomberg citando documenti regolamentari olandesi

Google ha trasferito 15,9 miliardi di euro a una società di comodo nelle Bermuda nel 2016, risparmiando così miliardi di dollari in tasse quell’anno. Lo ha riferito l’agenzia Bloomberg, citando i documenti normativi olandesi.

L’articolo continua alla fonte PRIMAONLINE

Quando il nemico è la democrazia

fonte  comune-info

Autore   |

di Marco Bersani*

Entro il 31 dicembre di quest’anno gli Stati che nel 2012 avevano sottoscritto il Fiscal Compact (deficit strutturale annuale delle amministrazioni pubbliche inferiore allo 0,5% del Pil, obbligo di ridurre il rapporto debito/Pil di un ventesimo ogni anno fino a portarlo al di sotto del 60%) dovrebbero decidere se incardinare l’accordo all’interno del diritto europeo, determinandone di fatto la prevalenza sulla legislazione nazionale.

Logica avrebbe voluto che tale decisione fosse presa da ogni Parlamento di ogni Stato che aveva a suo tempo approvato il Fiscal Compact. Così non sarà: non si prevede infatti nessuna discussione democratica all’interno delle istituzioni elettive, bensì l’inserimento della questione all’interno di una più ampia riforma dell’Eurozona che verrà inserita in una Direttiva del Consiglio Europeo da approvare entro la metà del 2019.

In un documento di 40 pagine, la Commissione Europea ha presentato in questi giorni le proprie proposte. Tre sono le novità previste. Continua a leggere “Quando il nemico è la democrazia”

Una proposta di Silvio Berlusconi che segnala una grande debolezza del Centro Destra

La novità del giorno è la proposta di Berlusconi: l’ex generale dei Carabinieri, il Sig.Gallitelli, come candidato alla Presidenza del Consiglio. Certamente il Sig. Gallitelli è uomo integerrimo e di valore e degno del massimo rispetto.  E’ quanto meno sconfortante  comunque  per una qualsiasi forza politica, sia pure di centro destra,   proporre un ex generale già comandante di un Corpo separato dello Stato come candidato alla Presidenza del Consiglio. E’ penoso  in termini politici perché dimostra la debolezza della politica del centro destra che va a richiedere il soccorso ad un ex militare per  rappresentare il paese. Questa scelta assume il profilo amaro e triste, un pò latino americano, della resa della dirigenza politica di centro destra e della società civile che intende rappresentare  che non riesce a trovare al proprio interno una rappresentanza e va a richiedere il soccorso a militari, sia pure in congedo.

Questa proposta segna la debolezza dei gruppi dirigenti del centro destra alla ricerca di una leadership nelle caserme o nei loro dintorni  e non nella società “borghese”. Crediamo , in ogni caso, che l’Italia repubblicana e democratica abbia molte  risorse nella società e nella politica tali da non dovere scomodare un ex  Generale dell’Arma dei  Carabinieri.

Editor

Riferimento: Berlusconi: “Passato o futuro? Sono il presente”. E lancia candidato premier, il generale Gallitelli

 

 

Caccia alle fonti dei cronisti. Libertà di stampa in pericolo

FONTE MICROMEGA

La carica delle Procure: redazioni e case private perquisite, l’ultimo caso è Nicola Borzi del Sole24Ore: autore di un’inchiesta sui soldi dei Servizi segreti.

di Giorgio Meletti, da il Fatto quotidiano, 22 novembre 2017

Una serie di decisioni illegittime di diverse procure della Repubblica stanno di fatto abrogando il segreto professionale dei giornalisti. Basta il semplice sospetto di una minima violazione di segreto d’ufficio e scatta la perquisizione per scoprire le fonti del giornalista. È una pratica più volte censurata dalla Cassazione e ancor più energicamente condannata da norme e sentenze europee. Eppure accade sempre più spesso.

Cile: quello che è rimasto dalle elezioni

FONTE PRESSENZA.COM

22.11.2017 Rodolfo Schmal

Quest’articolo è disponibile anche in: Spagnolo

Cile: quello che è rimasto dalle elezioni
(Foto di Agencia UNO)

I risultati delle elezioni presidenziali e parlamentari cilene sorprendono anche se non dovrebbero. Ormai da tempo i sondaggi non sono più strumenti affidabili, per via della crescente astensione, dell’alto numero di indecisi man mano che si avvicinano le elezioni e della loro manipolazione da parte dei poteri di fatto.

L’astensione e l’indecisione sono dovute essenzialmente alla depoliticizzazione che si sta vivendo, in cui pare che la vita dei cittadini segua un percorso diverso dalla politica. Come se la politica non influenzasse le nostre vite, la direzione presa dalla nazione, come se non avesse importanza chi sono le nostre autorità. Ormai un’elezione non si basa su ideali o un’immagine di futuro, ma su quanto sia conosciuta una  persona. Si spiega così l’esplosione di candidati provenienti dal mondo dello spettacolo, molti dei quali sono stati eletti.

E’ la banalizzazione della politica. Dopo il cibo e i film spazzatura, adesso c’è anche una politica spazzatura, con una grande quantità di politici tutti uguali.

Il rischio che corriamo, come diceva a suo tempo Platone, è che disinteressandoci della politica finiremo per essere governati dagli uomini peggiori.

D’altra parte i sondaggi si sono rivelati sbagliati. Davano per vincitore Piñera, molto al di sopra del 40% e assegnavano alla candidata del Frente Amplio, Beatriz Sánchez, una tendenza in calo che l’attestava più o meno intorno al 10%. A partire dai sondaggi e in collusione con i mezzi di comunicazione di massa, si è fabbricato uno scenario del secondo turno con Piñera contro Guillier, pensando a una distanza di oltre 20 punti tra di loro. Tuttavia i cittadini, o almeno molti di quelli che hanno votato, non si sono lasciati influenzare dai sondaggi e hanno smentito le previsioni.

In termini di aspettative, Piñera è stato sconfitto perché non ha ottenuto il risultato sperato e ora dovrà fare i salti mortali per arrivare al 50% e vincere al secondo turno. I voti di Kast non gli basteranno. Dovrà muoversi verso l’estrema destra e verso il centro, una specie di missione impossibile.

Dall’altra parte Guillier non può presentarsi come trionfatore, visto che è arrivato secondo, ma i risultati gli  permettono di vedere la luce alla fine del tunnel: la distanza da Piñera infatti non è grande come si pensava e c’è tutta una parte del Frente Amplio da conquistare, che non vuole Piñera presidente. Neanche per lui sarà facile, però. Non potrà avere intenzioni occulte.

Il 20% del Frente Amplio permette ai suoi dirigenti si collocarsi in una posizione alla pari con Guillier e i suoi. Queste conversazioni andranno fatte davanti al paese, riguardo a pochi temi specifici su cui si potrebbero stringere accordi chiari.

In ogni caso il nostro dramma è che abbiamo un paese diviso politicamente in due parti quasi uguali, con alcuni che vogliono mantenere il modello neoliberista individualista e competitivo in tutte le sue espressioni e altri che lo vogliono sostituire in modo radicale con un modello basato sulla solidarietà. Una metà lievemente superiore, corrispondente circa al 55% , aspira a quest’ultimo modello.

Finora si è tentato senza successo di rompere questa semi parità. Per farlo sarebbe necessario un grande accordo nazionale che abbia come punti centrali l’istruzione, la sanità e le pensioni, da considerare un bene pubblico e non privato. Questo comporterebbe un grande sforzo nazionale per assicurare educazione e cure sanitarie gratuite e di buon livello e farla finita con i fondi pensione come sono concepiti attualmente.

 

IL TEOLOGO LEONARDO BOFF DIFENDE LULA, CHE POTREBBE SCENDERE IN CAMPO ALLE PROSSIME PRESIDENZIALI, E ATTACCA IL GOVERNO TEMER DEFINENDOLO “VENDEPATRIA”

 

FONTE POPOFF. CHE RINGRAZIAMO

di Leonardo Boff
a cura di Marina Zenobio

manifestazione contro Temer Brasile 705

Lo scorso 28 agosto, in una intervista a Radio Itatiaia di Belo Horizonte, l’ex presidente brasiliano Inácio Lula da Silva ha “minacciato” che, se sarà necessario a non far vincere l’opposizione, per le prossime elezioni presidenziali del 2018 potrebbe scendere di nuovo in campo. “Sinceramente – ha dichiarato Lula – spero ci siano altre persone disponibili. Ma se l’opposizione pensa di vincere, se pensa che non ci sarà duello e che il Partito dei Lavoratori è finito, può essere sicura di una cosa, se necessario io entrerò in campo e lavorerò affinché l’opposizione non vinca le elezioni”.
Nonostante la condanna di primo grado per corruzione inerente all’inchiesta Petrobras, Lula alza il tiro ma l’opposizione sta già da tempo montando una campagna diffamatoria nei suoi confronti per distruggere il “mito” di Lula, campagna diffamatoria alla quale risponde, tra i primi, Leonardo Boff, teologo brasiliano, esponente della Teologia della Liberazione, corrente progressista della chiesa cattolica latinoamericana.
Popoff propone un articolo firmato da Leonardo Boff e pubblicato il 30 agosto scorso su Alainet, America Latina in Movimento.

***

Leonardo-Boff 145x145 La gravità della nostra crisi generalizzata ci fa sentire come una barca alla deriva, alla mercé dei venti e delle onde. Il timoniere, il presidente (Michel Temer, ndt) è accusato di reati, circondato da marinai-pirati per la maggiora parte (con nobili eccezioni) ugualmente corrotti o accusato di altri reati. E’ incredibile che un presidente, detestato dal 90% dei brasiliani, senza alcuna credibilità né carisma, voglia governare una barca alla deriva.

Non so se è ostinazione o vanità elevata ad un livello stratosferico. Tuttavia, impavido, continua ad essere lì, nel palazzo, comprando voti, elargendo benefici, corrompendo chi è già corrotto per evitare che rispondano, davanti al STF (Supremo Tribunale Federale, ndt), alle dure accuse di cui è imputato. Praticamente è prigioniero di sé stesso perché, dovunque appaia in pubblico, presto arriva il grido “Fuori Temer”.

E’ una vergogna internazionale essere arrivati a questo punto, dopo aver conosciuto l’ammirazione di tanti paesi per le coraggiose politiche in favore della gran maggioranza dei poveri, grazie ai governi progressisti di Lula e Dilma.

La diffamazione, sostenuta da gruppi legati all’establishment internazionale che vogliono allineare tutti alle loro strategie, può cercare di demonizzare la figura di Lula e di annullare il merito dei benefici che l’ex presidente ha dato ai diseredati del paese. Ma non riusciranno ad arrivare al cuore del popolo […] perché nonostante gli errori e gli equivoci, è innegabile che Lula ha sempre amato i poveri ed è stato sempre dalla loro parte. Più che il pane, la luce, la casa, l’accesso all’istruzione tecnica o superiore, lui ha restituito la dignità; ora siamo persone non più condannate all’invisibilità sociale.

Continua a leggere “IL TEOLOGO LEONARDO BOFF DIFENDE LULA, CHE POTREBBE SCENDERE IN CAMPO ALLE PROSSIME PRESIDENZIALI, E ATTACCA IL GOVERNO TEMER DEFINENDOLO “VENDEPATRIA””

Attacco a Gheddafi: serve un dibattito parlamentare ….

La redazione di Onde Corte ritiene importante rendere pubblici e diffondere Comunicati e Documenti interessanti anche quando non ne condivide  pienamente o parzialmente i contenuti.

FONTE INDIPENDENZA E COSTITUZIONE

Comunicato stampa

Attacco a Gheddafi: serve un dibattito parlamentare per mettere sotto processo Napolitano e Berlusconi in quanto non hanno tutelato l’interesse nazionali e hanno violato la Costituzione.

La lettera aperta ai Parlamentari: “Di chi è la colpa dell’invasione? ” nella quale Indipendenza e Costituzione, Riscossa Italia, Risorgimento Socilialista chiedevano un dibattito sulla mancata opposizione e la partecipazione all’attacco poi alla Libia è stata ripresa da alcuni esponenti politici ed ha aperto la discussione.

Le dichiarazioni contraddittorie di Berlusconi, Napolitano ed altri ministri dell’epoca avvalla la necessità di fare chiarezza a livello istituzionale. È ora che questo Parlamento abbia un sussulto di dignità e di verità. Infatti, come tutti possono ben vedere, la colpa di quanto accade: il carico di dolore e di morti, i soldi spesi ed i fallimenti di Mare nostrum, Frontex, Sophia nascono proprio dalla distruzione della Libia perpetrata da Francia, Inghilterra, Usa, Italia. Le stesse confuse scelte di questi giorni sono testimonianza di quegli errori. Continua a leggere “Attacco a Gheddafi: serve un dibattito parlamentare ….”

Hanno tolto i vitalizi. Evviva?

 fonte NUOVATLANTIDE

di Luca Billi, 28 luglio 2017

Hanno abolito i vitalizi! Evviva, evviva. Il popolo applaude alla distribuzione delle brioches; peraltro avariate.
Noi che abbiamo votato NO al referendum del 4 dicembre per difendere i valori fondanti della nostra Costituzione e in particolare il principio della centralità del parlamento, oggi non possiamo essere soddisfatti, perché questa legge è figlia della stessa ideologia perversa su cui era impostata la modifica costituzionale su cui fortunatamente i cittadini hanno espresso, a larga maggioranza, il loro giudizio negativo.
Questa legge, approvata con una così larga maggioranza parlamentare e su cui c’è un consenso così ampio nell’opinione pubblica, dimostra quanto quella vittoria fosse fragile, perché tanti di quei NO, probabilmente la maggioranza, furono semplicemente voti contro Renzi e il pd, contro il governo, contro la politica, contro la “casta”, furono voti che non entravano nel merito della questione. Non erano voti per difendere la Costituzione e i suoi principi, e purtroppo in questi mesi non siamo riusciti a far crescere un movimento che continuasse e facesse crescere quella fondamentale battaglia politica ed etica.

Continua a leggere “Hanno tolto i vitalizi. Evviva?”

Turchia: aumentano le pressioni internazionali per il rilascio dei difensori dei diritti umani

 FONTE PRESSENZA.COM

21.07.2017 Amnesty International

Turchia: aumentano le pressioni internazionali per il rilascio dei difensori dei diritti umani
Il flash mob di giovedì 20 luglio a Roma con gli attivisti di Amnesty simbolicamente ammanettati davanti al Colosseo (Foto di Amnesty International italia)
Pochi giorni dopo il rinvio in detenzione preventiva di sei difensori dei diritti umani in Turchia, la Commissione europea si è aggiunta ai governi e ai leader mondiali, tra cui Angela Merkel, per chiedere il loro rilascio immediato e incondizionato.
 
Il 20 luglio un portavoce della Commissione europea ha chiesto il “rilascio immediato” dei sei difensori dei diritti umani, compresa Idil Eser, direttrice di Amnesty International Turchia.
 
Un’analoga richiesta è stata fatta dai governi di Germania, Usa, Francia, Belgio, Irlanda e Austria.

Nuova Campagna internazionale per la liberazione di Milagro Sala

FONTE AGENZIA PRESSENZA.COM

03.07.2017 Redazione Italia

Quest’articolo è disponibile anche in: Francese

Nuova Campagna internazionale per la liberazione di Milagro Sala
(Foto di Magalí Buj)

Inizierà oggi, 3 luglio, alle 11 di mattina, ora di Buenos Aires, con una conferenza stampa di fronte alla Corte Suprema, la nuova campagna per chiedere a Mauricio Macri, dall’Argentina ma da anche da tutto il resto mondo, la liberazione di Milagro Sala e di tutti i dirigenti sociali della Tupac Amaru e di quelli delle altre organizzazioni incarcerati a Jujuy, a Mendoza e in varie province dell’Argentina. Alle 11 si lancerà la campagna di raccolta di firme digitali internazionali sul nuovo sito liberenamilagro.org

Contemporaneamente inizierà il “twiteazo” su Twitter con questi tweet suggeriti:

Basta de presos políticos en Argentina. Firmá la petición para pedir que #LiberenAMilagro http://www.liberenamilagro.com/
Frenemos la violación de derechos humanos en Argentina. Basta de presos políticos #LiberenAMilagro http://www.liberenamilagro.com/
Presidente @MauricioMacri, basta de presos políticos en Argentina #LiberenAMilagro http://www.liberenamilagro.com/
Hoy es Milagro. Mañana podés ser vos. Firmá la petición para que #LiberenAMilagro http://www.liberenamilagro.com/
Sumate a la campaña internacional para pedir que #LiberenAMilagro dirigente social argentina detenida ilegalmente http://www.liberenamilagro.com/
Con presos políticos no hay democracia. Firmá la petición para que #LiberenAMilagro http://www.liberenamilagro.com/
Firmá para exigir que #LiberenAMilagro y a todos los presos políticos en Argentina: http://www.liberenamilagro.com/
Milagro Sala, mujer, negra, indígena. Presa por luchar #LiberenAMilagro http://www.liberenamilagro.com/
Exigimos a la @CorteSupremaAR poner fin a la violación de DDHH en Argentina #LiberenAMilagro http://www.liberenamilagro.com/
Milagro Sala está detenida ilegalmente desde hace mas de 500 días. Firmá para exigir que #LiberenAMilagro http://www.liberenamilagro.com/
PS: il sito per twitter cambia perché il sito .org è stato definito spam da Twitter.

La data è stata scelta in coincidenza delle sessioni straordinarie della CIDH, la Comisión Interamericana de Derechos Humanos, in corso da oggi a Lima.

“Ecco perché questa legge sulla tortura non va bene”. Intervista a Luigi Manconi di Donatella Coccoli

FONTE CONTROLACRISI.ORG

Sì definitivo dell’Aula della Camera al disegno di legge che introduce nell’ordinamento italiano il reato di tortura. Il testo è stato approvato alla Camera con 198 voti a favore, 35 contrari e 104 astenuti. A favore del testo hanno votato Pd e Ap. Contro Fi, Cor, Fdi e Lega. Ad astenersi sono stati M5S, Si, Mdp, Scelta civica e Civici e innovatori. 

A 30 anni dalla convenzione Onu contro la tortura e a 16 anni dai fatti della scuola Diaz e della caserma di Bolzaneto (per i quali l’Italia è stata condannata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo) arriva un testo controverso che lascia aperti ancora molti interrogativi. 

Vi proponiamo l’intervista al senatore Manconi pubblicata il 14 giugno scorso sul sito www.abuondiritto.it

Senatore Manconi, lei ha presentato il testo del disegno di legge il 15 marzo 2013. Che cosa è accaduto in questi 4 anni?
Si è messo subito in discussione il mio disegno di legge che si rifaceva nella sostanza alla Convenzione delle Nazioni unite. E soprattutto conteneva il senso più profondo che tutta la giurisprudenza e il diritto attribuiscono a un reato di tortura. Cioè il fatto che questo reato non sia misurabile sulla base dell’efferatezza, della crudeltà o dell’intensità delle sofferenze che infligge, bensì sulla sua origine. Questo è il nodo che nessuno vuol comprendere: non è un atto tra due individidui capace di produrre sofferenze fisiche o psichiche, ma è l’atto commesso e realizzato da chi detiene legalmente il potere di tenere sotto controllo un’altra persona. Questa parola “legalmente” è cruciale.

Mi faccia un esempio.
Spostiamoci su un campo meno abusato e parliamo di un caso classico di possibile tortura che ho seguito passo passo: la contenzione di 87 ore inflitta a Franco Mastrogiovanni ricoverato per un Tso. I medici e gli infermieri che avevano legato il maestro elementare ai quattro angoli del letto lo privavano della libertà legalmente. Oppure, per fare altri esempi, il poliziotto che porta in caserma il clochard lo fa legalmente, così come il poliziotto penitenziario che tiene in cella un detenuto. La tortura, quindi, nasce dall’abuso di potere legale. Se non si capisce questo, non si capisce nulla! La tortura, per intenderci, non è quella di Er Canaro contro l’usuraio, quella è un’altra roba.

Perché non si è capito tutto ciò in Senato?
Questa mia impostazione è stata sconfitta da un’alleanza, non così rara, tra componenti sinistriche e destriche. Le prime sono tornate a farsi sentire nel dibattito finale sostenendo testualmente che questo era più efficace come reato comune e non come reato proprio perché allarga il campo… Ma non è vero che se tu un reato lo puoi attribuire a più persone sia più figo! È una scemenza colossale. Dopo di che si rende ancora più impervia la possibibilità di identificarlo perché la Convenzione delle Nazioni unite parla di “ogni violenza” e qui diventano subito “le violenze”. Ancora: “le violenze” diventano “le violenze reiterate”. Quando nel luglio 2016 riuscimmo a far saltare quel “reiterate” salta anche la discussione. Quando riprende, al posto di “reiterate” troviamo le parole “più condotte”. Io ora arrivo a dire che “reiterate” sarebbe stato meglio di “più condotte” perché nel senso comune“reiterate” richiama una successione di violenze concentrate in uno stesso tempo che può essere più o meno lungo ma è lo stesso tempo. Invece, “più condotte” sembra persino estendere la violenza a più giorni, quindi la tortura c’è solo se e solo quando la condotta fatta oggi viene ripetuta.

Poi c’è la questione della violenza psichica.
Sì e questa cosa mi ha proprio turbato. Perché il trauma psichico, secondo la letteratura scientifica internazionale, non è qualcosa che si rileva con una tac, tanto più realizzata dopo tre anni. I processi di tortura si fanno dopo dieci, venti anni, ma cosa si può rilevare? Ho fatto una piccola ricerca e ho scoperto che la roulette russa, forse la più famosa tortura sotto il profilo dell’immaginario e dell’iconografia, non è rilevabile clinicamente.

Nella sua analisi del percorso travagliato della legge lei ha definito la classe politica italiana subalterna alle forze dell’ordine.
La penso proprio così. Qui si lavora per stereotipi. Se tu proteggi la polizia da qualsiasi tipo di imputazione, la devi proteggere tutta, come corpo, come istituzione. Da questo punto di vista, la classe politica è più arretrata di quanto lo siano le forze dell’ordine. Ricordo che ho accompagnato Ilaria Cucchi in una visita molto importante dal comandante generale dell’arma dei carabinieri Tullio Del Sette. In quel colloquio il generale riconobbe ciò che io vo dicendo e ho scritto, e cioè che se noi sanzioniamo i responsabili di tortura salviamo l’onore di quelli che responsabili di tortura non sono.

La storia di una legge sul reato di tortura è lunga. Il primo a proporla fu un comunista, Nereo Battello, nel 1989.
Era un garantista, amico di Massimo Cacciari, un rappresentante di una bella cultura politica di quegli anni e in quelle regioni, dove i comunisti non erano reazionari.

La Corte europea dei diritti umani sostiene che l’assenza di un reato di tortura dipende da un “problema strutturale” dell’Italia. Ma una politica che non riconosce i diritti umani, che politica è? Non le sembra che così si vanifichi tutto il resto?
Non è vero! Lo sa perché? Quello di cui stiamo parlando io e lei alla stragrande maggioranza di quella “roba” che si chiama opinione pubblica di sinistra, interessa pochissimo. A quella larga parte di opinione pubblica, ripeto, che si definisce di sinistra, interessa solo il caso Minzolini. È tutto qui, glielo giuro.

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Barca: “Renzi ha fallito. Il cambiamento passa per la società civile”

 FONTE MICROMEGA

Dopo aver tentato senza successo di riformare il Pd, l’ex ministro si è focalizzato sulla cittadinanza attiva: “Bisogna recuperare spazi di confronto e di democrazia nella società. Reclamarli, al limite occuparli perché è necessario l’antagonismo anche duro”. E questo weekend sarà a L’Aquila per il Festival della Partecipazione: “Solo dal basso può rinascere qualcosa ma i tempi saranno lunghi”. Pisapia? “Un progetto perdente”.

intervista a Fabrizio Barca di Giacomo Russo Spena

E’ ancora iscritto al Pd ma il suo impegno politico è altrove. “E’ la mia contraddizione personale” ammette, ridacchiando, Fabrizio Barca il quale, da mesi, trascorre il suo tempo nel capire, ed organizzare, le ragioni dell’associazionismo diffuso nel Paese. Sì, perché dopo aver fallito nel tentativo di riformare il Pd partendo dai circoli e dalla base del partito – tentativo spazzato via da Renzi e i suoi adepti – Barca intravede, adesso, nella cittadinanza attiva l’unico motore per un cambiamento possibile: “Nella società civile esiste quel giusto mix tra teoria e prassi. E da lì che può rinascere qualcosa”. Non a caso, questo weekend sarà a L’Aquila per il Festival della Partecipazione – promosso e organizzato dal 6 al 9 luglio da ActionAid, Cittadinanzattiva e Slow Food Italia – dove terrà una lectio magistralis su “Disuguaglianze: cittadini organizzati, partiti, Stato”.

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Renzi e la metafora del cuculo ….

“Il cuculo non fa il nido. Non ne ha bisogno, dato che approfitta di quello degli altri. La femmina dopo aver scelto una covata, preferendo quelle dei passeracei, butta fuori un uovo e vi depone il suo, seguendo un perfetto copione. E’ un esempio di parassitismo assassino, dal momento che anche il cuculo appena nato, per non avere concorrenti, butta fuori dal nido i fratellastri, figli della madre adottiva che lo ha inconsapevolmente ospitato.” ( fonte )

La metafora del cuculo è sovrapponibile a quanto è successo nel PD, dalla fondazione del Lingotto in poi.
Posso testimoniare che in tempi non sospetti, ben prima della resistibile ascesa del Renzi, già si avvertiva nell’aria la reciproca antipatia tra provenienti dalle fila del vecchio Pci e i nuovi margheritini… Per cultura sacrificale i provenienti più vecchi dal Pci invitavano alla pazienza, a fare trascorrere i tempi necessari per la “fusione” di due culture che si erano combattute per anni…
Il “cuculo” Renzi e il suo cerchio magico erano già all’opera per disseminare di uova i “nidi” della Toscana fino al “nido” centrale del PD.

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E’ uscito il numero 91 del Settimanale di Punto Rosso-Lavoro21

Lo potete scaricare qui:
http://www.puntorosso.it/uploads/1/7/0/3/17033228/lav21-sett-n91-s.pdf

In questo numero:

Fare la sinistra, non solo per prendere i voti… per sopravvivere e rigenerarsi
di Roberto Mapelli

Dal Brancaccio inizia un nuovo percorso, non ancora un partito
di Luciana Castellina

D’Alema: «A sinistra è vietata la rottura, per tutti noi è l’ultima chiamata»
di Daniela Preziosi

Una sinistra che non c’è ancora, fondata sulla attuazione della Costituzione
Parla Anna Falcone, dopo l’assemblea del Brancaccio.

Buona lettura e diffondete!

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PROSSIME INIZIATIVE DI PUNTO ROSSO
http://www.puntorosso.it/iniziative.html

E’ uscito il numero 89 del Settimanale di Punto Rosso-Lavoro21

Lo potete scaricare qui:
http://www.puntorosso.it/uploads/1/7/0/3/17033228/lav21-sett-n89-s.pdf

In questo numero:

Il programma e una democrazia partecipata per riunire la sinistra
di Enrico Rossi

Il rischiatutto di Pisapia e la saggezza pragmatica
di Roberto Mapelli

Fare i conti col paese dell’ingiustizia
di Ciccio De Sellero

Buona lettura e diffondete!

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CETA: IN MORTE DI UNA DEMOCRAZIA

Gentiloni e Trudeau

di Coordinamento Nazionale del MovES

Mentre impazza la discussione sull’obbligatorietà dei vaccini (che caso…) in Consiglio dei Ministri stanno per decidere le nostre sorti in merito al famigerato trattato CETA.

Nel silenzio generale dei media, a brevissimo, il Parlamento deciderà di consegnarci definitivamente al nuovo strumento dell’imperialismo americano, (importato con la mediazione del Canada): quello dei trattati di partenariato, dove i nostri diritti che dovrebbero essere generali e pubblici soggiacciono completamente sotto la forza dell’interesse privato e, quindi, del profitto.

In sordina sta per compiersi uno dei peggiori scempi della nostra possibilità di autodeterminarci.

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“Tortura, stravolta la legge”. Intervista a Stefano Anastasia

FONTE MICROMEGA CHE RINGRAZIAMO

“Continueremo ad essere richiamati dall’Onu”. Il presidente onorario di Antigonegiudica inefficace la legge appena votata in Senato: “La formulazione del reato è inadeguata e contraddittoria rispetto agli standard internazionali, alla prescrizione costituzionale, alle domande di giustizia delle vittime e alle attese dell’opinione pubblica”. Decisive le pressioni delle forze di polizia: “Sono una riserva di consenso essenziale per partiti e movimenti che si contendono voti principalmente in nome della sicurezza”.

intervista a Stefano Anastasia di Giacomo Russo Spena

“L’approvazione di una legge contro la tortura non può che essere una buona notizia ma…”. E i ma sembrano tanti e di una certa rilevanza. Almeno a sentire Stefano Anastasia, garante dei detenuti del Lazio e dell’Umbria, nonché  presidente onorario dell’associazione Antigone. Negli anni sono state organizzate decine di iniziative pubbliche e raccolte migliaia di firme insieme ad altre associazioni ed organismi per quella che è sempre stata considerata una battaglia di civiltà: l’introduzione di una legge sulla tortura nel nostro sistema giudiziario. Adesso restano i mugugni: “Se questa legge dovesse essere approvata definitivamente – afferma Anastasia – continueremmo a essere richiamati dalle Nazioni Unite per l’inadeguatezza della previsione legislativa”.

Dopo 28 anni, siamo vicini ad una legge che introduce il reato di tortura nel nostro codice penale. Che ne pensa?

Non solo sono passati 28 anni dalla ratifica della Convenzione Onu con cui l’Italia si è obbligata a introdurre il reato di tortura nel proprio ordinamento, ma non dobbiamo dimenticare che quest’anno festeggiamo il settantesimo anniversario della Costituzione repubblicana che, all’art. 13, comma 4, stabilisce che “è punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà”. Si tratta dell’unico obbligo di punire previsto dalla Costituzione, evidentemente motivato dalla storia e dalla sensibilità dei costituenti, che di violenze fisiche e morali sulle persone sottoposte a privazione della libertà ne sapevano – spesso – per esperienza diretta. Ciò detto, e riconosciuta l’importanza del passaggio parlamentare, dobbiamo però dirci che la formulazione del reato è inadeguata e contraddittoria rispetto agli standard internazionali, alla prescrizione costituzionale, alle domande di giustizia delle vittime e alle attese dell’opinione pubblica.

Quali sono i punti più controversi della legge appena approvata al Senato e che ora passerà a Montecitorio?

Il primo punto di critica non può che essere quella specie di peccato originale da cui è partito impropriamente il dibattito parlamentare: la definizione della tortura come reato comune, eseguibile da chiunque, e non come reato proprio, imputabile esclusivamente al pubblico ufficiale o all’incaricato di pubblico servizio. E’ vero che dal punto di vista tecnico il reato comune copre più fatti di quanti non ne copra il reato proprio, e potrebbe essere idoneo a perseguire anche privati che torturassero per qualsivoglia ragione altri cittadini, ma la rottura simbolica rispetto alla Convenzione delle Nazioni unite e al comune senso di giustizia è evidente: la preoccupazione degli organismi internazionali come della opinione pubblica più avvertita è di fugare finanche il pericolo che pubblici ufficiali o incaricati di pubblici servizi abusino della propria funzione per scopi illegittimi e contrari ai fondamenti dello Stato di diritto costituzionale, non certo di perseguire privati cittadini già ampiamente perseguibili a legislazione vigente.

Un testo stravolto a Palazzo Madama, tra l’altro…

Rotto l’argine simbolico, sono arrivati gli scivolamenti successivi. Su tutti, la pluralità delle condotte necessarie a realizzare il reato di tortura e la qualificazione del trauma psichico con la pelosa aggettivazione di “verificabile”, come se in giudizio non dovesse essere accertata ogni cosa. Fino alla surreale previsione che non sia punibile il fatto commesso nell’esecuzione di legittime misure privative o limitative di diritti: che significa? Che il nostro ordinamento ammette pratiche di tortura? Se fosse così, andrebbero immediatamente espunte da leggi e prassi perché costituzionalmente illegittime. Se non è così, come penso, che bisogno c’è di prevedere questa causa di non punibilità?

Mi sta dicendo che secondo lei il Senato ha approvato una legge sulla tortura internazionalmente impresentabile, in cui la definizione del reato è in evidente contrasto con quanto imposto dalla Convenzione internazionale contro la tortura?

Sì, penso che sia proprio così. Penso che dopo decenni di richiami delle Nazioni unite sulla mancanza del reato di tortura nel nostro ordinamento, se questa legge dovesse essere approvata definitivamente, continueremmo a essere richiamati, da allora in poi per l’inadeguatezza della previsione legislativa.

Però, come sulla legge sulle unioni civili, è comunque un passo di civiltà. Non trova? Meglio un compromesso di nulla, o no?

A mezza bocca si ammette che il problema esiste, ma con l’altra metà lo si nega. Con tutti i suoi limiti, la legge sulle unioni civili ha consentito a centinaia di coppie omosessuali di essere riconosciute dallo Stato e di acquisire diritti. Quanto riuscirà questa proposta, se diventerà legge, a punire e a prevenire le violenze fisiche o morali sulle persone private della libertà lo vedremo.

Sta passando un concetto per cui una legge di questo tipo legherebbe le mani alle forze dell’ordine, impedendo di garantire sicurezza ai cittadini …

La sicurezza dei cittadini non si garantisce lasciando mano libera a comportamenti violenti nei confronti delle persone fermate, arrestate o detenute. E non è solo questione di principio, è questione eminentemente concreta: se per garantire la sicurezza ammettiamo pratiche violente di polizia, riduciamo proprio la sicurezza dei cittadini, esposti a ogni abuso da parte delle forze dell’ordine. Si tratta di argomenti inaccettabili, che dovrebbero essere contestati e respinti proprio dagli appartenenti alle forze dell’ordine e dalle loro rappresentanze professionali e istituzionali: in questo modo la già discutibile, e troppo facilmente assolutoria, retorica della mela marcia lascia spazio a una sorta di chiamata in correità della stessa istituzione di polizia e di tutti gli appartenenti alle forze dell’ordine, cosa che – se fossi uno di loro – non accetterei mai.

Quindi un’occasione mancata. E secondo lei c’è speranza di migliorare il testo alla Camera?

Temo di no: la legislatura sta scivolando verso la fine e, come tutte le legislature morenti, dà il peggio di sé, lasciando spazio solo a iniziative propagandistiche. Viceversa, per correggere questa legge servirebbe onestà intellettuale e il coraggio necessario a combattere atteggiamenti retrivi che si annidano nelle forze dell’ordine e che fanno leva su discutibili sentimenti popolari. Ma nella campagna elettorale di fatto già in corso queste qualità morali appaiono quantomeno accantonate.

Se pensiamo al codice penale militare di guerra o alla Magna Carta inglese, in entrambi e in pochissime righe il concetto di tortura e maltrattamento è molto chiaro. Perché da noi invece nel dibattito sul reato di tortura si cerca di introdurre compromessi e mediazioni? Chi ha paura di introdurre una legge così di civiltà?

“Chi parla male, pensa male”, diceva Michele Apicella, l’alter ego di Nanni Moretti in Palombella Rossa. Le contorsioni linguistiche del Parlamento sono un effetto diretto della mancanza di volontà di riconoscere la tortura per quello che è, di prevenirla e di punirla quando dovesse essere illegittimamente praticata. Qualche tempo fa Luigi Manconi – primo firmatario della proposta, originariamente ispirata alla Convenzione Onu, che ora coerentemente disconosce e non approva – scrisse della paura che il ceto politico ha delle forze di polizia, temendone l’autonomia e l’insubordinazione. Non so se è proprio così, certo è che le forze di polizia – in quanto responsabili della pubblica sicurezza – costituiscono una riserva di consenso essenziale per partiti e movimenti che si contendono voti principalmente in nome della sicurezza.

Il procuratore generale ha riconosciuto che il caso Cucchi è stato un caso di tortura. Ma ci sono anche le morti di Uva, Aldrovandi e tante altre. Le famiglie, oggi, quanto sono state abbandonate, e prese in giro, dallo Stato?

Ogni caso è un caso a sé e faremmo torto ai non pochi investigatori, pubblici ministeri e giudici che hanno fatto il possibile e l’impossibile per arrivare a un giudizio di responsabilità sui fatti sottoposti alla loro attenzione se dicessimo che lo Stato ha abbandonato o preso in giro tutti. Non è così, ma dobbiamo anche essere consapevoli che indagare e giudicare le responsabilità di appartenenti alle forze di polizia è terribilmente difficile anche per la vicinanza oggettiva che c’è tra gli uni e gli altri, tra investigatori, magistrati e indagati. Dobbiamo esserne consapevoli e dobbiamo ricordarcene. Oggi e quando la legge (qualsiasi legge) sarà approvata resterà il problema di farla applicare, vincendo le resistenze culturali e le vere e proprie connivenze che possono annidarsi anche negli apparati dello Stato.

(19 maggio 2017)

La libertà di stampa e il morbo della censura

di Vincenzo Vita

fonte ilmanifestobologna.it

Si è celebrata la giornata mondiale per la libertà di stampa, promossa dalle Nazioni unite nel 1993. Si grida all’effimero successo in Italia, perché si è passati dal 77° al 52° posto nella classifica annuale di “Reporters Sans Frontières”, ma il quadro delle concentrazioni editoriali (da Mondazzoli, a Gedi: il super gruppo Repubblica, Stampa, Secolo XIX, al controllo governativo sulla Rai, al vecchio trust Mediaset, all’affare Vivendi) e del precariato dilagante non fa ben sperare. Interferenze, interventi a gamba tesa divengono regola e non eccezione. Qui lo scontro per lo meno si ferma alle parole e agli editti censori. In numerose aree del mappamondo testate indipendenti, giornalisti ed operatori dell’informazione sono a rischio anche fisico e il carcere è la pratica consueta e crudele dell’amputazione di un diritto fondamentale: a parole in cima alle convenzioni internazionali e alle Costituzioni, nei fatti negato.

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Il Gruppo di Lavoro sulle Detenzioni Arbitrarie ha incontrato Milagro Sala

FONTE PRESSENZA.COM

12.05.2017 Redacción Argentina  di Pressenza.com 

Il Gruppo di Lavoro sulle Detenzioni Arbitrarie ha incontrato Milagro Sala
(Foto di Tupac Amaru)

Ieri, 11 Maggio, nel corso del primo giorno della sua  permanenza a Jujuy, una delegazione del Gruppo di Lavoro sulle Detenzioni Arbitrarie dell’ONU ha visitato il carcere femminile di Alto Comedero e si è riunito con  Milagro Sala. Più tardi, in una riunione con membri della società civile, il presidente Sedonji Roland Adjovi ha confermato che l’Opinione 31 del 27 Ottobre 2016, che ordina allo Stato Argentino l’immediata liberazione della deputata del  Parlasur, non è soggetta a revisione e che è una risoluzione presa e che lo scopo del viaggio è quello di valutarne il compimento da parte del governo.

Nell’incontro con le detenute si sono denunciate le torture, l’utilizzo di celle di punizione e la perenne persecuzione di cui è oggetto Milagro Sala. Anche Mirta Aizama, Gladys Diaz, Mirta Guerrero e Graciela Lopez hanno denunciato le condizioni di detenzione facendo vedere ai membri della commissione come siano stati cambiati i materassi a tutte le detenute proprio ieri, prima della visita.

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Vincenzo Comito : Note sulla situazione e sulle prospettive del lavoro nel mondo

Ringrazio Vincenzo Comito per avere affidato a Onde Corte questo importante  saggio sul lavoro che propone una rappresentazione puntuale delle criticità e delle prospettive del lavoro nel mondo prossimo venturo. Per ora prevalgono  molte domande senza una risposta: è da questi interrogativi  che occorre ripartire. La ricostruzione di una sinistra riparte dalla sfida ad affrontare il  nodo inestricabile tra la svalorizzazione del lavoro,  l’incremento di un numero enorme di persone destinate ad essere “eccedenti” ,   e il bisogno sempre più  difficile da realizzare di  una occupazione duratura in grado di consentire a milioni di persone di realizzare un progetto di vita dignitoso . Il saggio  di Vincenzo Comito ci consegna l’opportunità di aprire su Onde Corte un confronto “senza rete”  sui temi del lavoro.

Gino Rubini, editor di Onde corte 

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Scarica l’articolo in formato PDF 

Vincenzo Comito

Note sulla situazione e sulle prospettive del lavoro nel mondo

1.premessa

Il mondo del lavoro sta affrontando delle grandissime trasformazioni in tutto il mondo, trasformazioni che dovrebbero, secondo tutte le previsioni, anche accelerare e di molto nei prossimi anni. Le note che seguono, lungi dal tentare di analizzare il quadro complessivo di tali mutamenti a livello mondiale, regionale, nazionale, settoriale, cercano di individuare soltanto alcune delle tendenze in atto e di immaginare alcune di quelle future, seguendo in particolare il grande dibattito in corso sul tema ai due lati dell’Atlantico, dibattito che, in particolare su alcuni punti, è ben lontano dal raggiungere conclusioni unanimi.

L’autore di queste note, peraltro, preciserà il suo punto di vista sulla materia, abbastanza pessimistico almeno in presenza di una sostanziale inerzia di intervento da parte dei governi in particolare europei, o anche di loro azioni maldestre, come sembra in qualche modo plausibile pensare sulla base anche di quanto si è visto sinora.

Le note si concentrano sui mutamenti quantitativi del lavoro nella prima parte del testo e su quelli qualitativi nella seconda, anche se mantenere una distinzione netta tra i due temi appare certamente difficile. Seguiranno delle brevi conclusioni sul che fare, vasto campo di analisi ancora molto poco esplorato per ragioni anche, ma non solo, oggettive.

Molte delle considerazioni delineate nel testo sono tratte da un recente libro dell’autore e da un articolo sullo stesso soggetto di poco posteriore (Comito, 2016, a e b); esse sono integrate da diverse informazioni sulle novità nel frattempo maturate e da un arricchimento ed approfondimento di alcune idee precedenti sempre da parte dell’autore.

2.L’avvento dei robot

2.1.aspetti generali

Stefan Zweig, un grande intellettuale austriaco che ha operato tra le due guerre mondiali, costretto a lasciare l’Europa negli anni trenta a seguito dell’avvento del nazismo, si trasferì nella Americhe e trovò in particolare rifugio per un certo tempo in Brasile. Colpito dalle bellezze del paese e dalle sue ricchezze potenziali egli dichiarò ad un certo punto che il Brasile era il paese del futuro. Ma, ahimè, la previsione non si è poi avverata (stava forse in qualche modo per farlo durante il governo Lula) e ancora oggi laggiù si può soltanto sperare nel futuro.

Qualcosa di simile sembrava sino a poco tempo fa stesse accadendo all’industria della robotica. Già negli anni settanta del Novecento si pensava che le macchine avrebbero avuto una grande diffusione; esse avrebbero trasformato fortemente i modi di produzione ed avrebbero rimpiazzato per una larga parte il lavoro umano.

Ma per molti decenni la previsione non si è in alcun modo avverata e il settore ha avuto a lungo solo una moderata espansione nel mondo. Da noi è rimasto nella memoria, tra l’altro, il caso di una grande fabbrica italiana del gruppo Fiat nella quale diversi decenni fa si era tentata una automazione sostanzialmente totale degli impianti produttivi, che era sostanzialmente fallita; si dovette tornare a impiegare largamente il lavoro umano.

Ma ora le cose stanno cambiando decisamente.

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E’ uscito il numero 84 del Settimanale di Punto Rosso-Lavoro21

Lo potete scaricare qui:
http://www.puntorosso.it/uploads/1/7/0/3/17033228/lav21-sett-n84-s.pdf

In questo numero:

Il più grande sciopero nella storia del Brasile
a cura di Teresa Isenburg

Enrico Rossi sulle primarie: “Il Pd s’è perso la sinistra, a quel popolo che non ha più una casa dico: Vi aspettiamo”
Intervista di Gabriella Cerami

“La sinistra torni a fare la sinistra, sto con Articolo Uno”
di Jonathan Rimicci, operaio

Il giornale prima di tutto Il ricordo di Valentino Parlato.
di Luciana Castellina

Buona lettura e diffondete!

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E’ uscito il numero 2 della RIVISTA di Punto Rosso – Lavoro 21

http://www.puntorosso.it/uploads/1/7/0/3/17033228/lav21-rivista-numero2-s.pdf

Buon compleanno libertà di stampa !

fonte UNIMONDO.ORG  CHE RINGRAZIAMO 

Oggi, 3 Maggio, è la giornata mondiale per la libertà di stampa e sembra più che mai fondamentale celebrarla. Dedicando qualche riga a ricordare i problemi per la libertà dei media e dei giornalisti oggigiorno, le difficoltà per la libera espressione giornalistica sembrano essere sulla cresta dell’onda. Per citarne un paio: crescono gli attacchi fisici e verbali, e gli arresti, verso i giornalisti che seguono temi critici e cresce l’ingerenza dei governi e delle grandi multinazionali dell’informazione sulla circolazione, soprattutto digitale, delle notizie.

Di recente i maggiori media italiani si sono ricordati della situazione problematica per la libertà di stampa, a livello internazionale e domestico, in seguito al caso Del Grande- giornalista italiano arrestato (e ora rilasciato) in Turchia- e al recente report di Reporters Without Borders, che riprende l’Italia per la violenza fisica, verbale e psicologica esercitata contro i giornalisti “scomodi”. Ma andiamo con ordine.

Continua a leggere “Buon compleanno libertà di stampa !”

Berlino: manifestazione contro la fusione Bayer Monsanto

 

 

 

 

Il 29 aprile si è svolta a Berlino una manifestazione contro la fusione Bayer Monsanto. Una manifestazione piccola, non più di 500 giovani e ragazze, studenti universitari o delle scuole superiori.
I media affrontano la vicenda complessa delle trattive per la fusione soltanto dal punto di vista economicista. Non una parola viene spesa dai giornali e dai media per quanto riguarda i futuri impatti per l’ambiente e per la salute delle popolazioni.
Sugli aspetti di rischio per la salute rinviamo ad alcuni articoli in rete l’approfondimento. Riteniamo invece importante sottolineare che questo tema sollevato dai ragazzi e dalle ragazzine del corteo di ieri sia di grande rilevanza.

Elenchiamo alcuni articoli d’informazione ed approfondimento sul tema

Fusione Bayer-Monsanto, un disastro da evitare per l’agricoltura mondiale

PROTESTE A BRUXELLES CONTRO LA FUSIONE BAYER-MONSANTO

Per una rete di informazione nonviolenta

FONTE PRESSENZA.COM

Per una rete di informazione nonviolenta

29.04.2017 Redazione Italia

Per una rete di informazione nonviolenta
(Foto di Cesare de Stefano via Flickr)

Durante la riunione della redazione di Pressenza, pochi giorni fa, abbiamo dibattuto con vari amici sul tema di come dare risposta a un sistema mediatico (il coriddetto mainstream) che sta diventando in molti casi sempre più orientato dalla propaganda, cercando di imporre un modello basato sul nichilismo, sul profitto, la legge del più forte e, in sintesi, la violenza.

Ci siamo riletti questo materiale che avevamo elaborato tempo fa e che riprodiuciamo qui sotto e che vuol essere una specie di manifesto per costruire, con più forza, quella rete che già esiste tra media, associazioni, comitati di base, gruppi di pressione ecc ecc, diversi ma accomunati dalla volglia di cambiare il mondo con mezzi nonviolenti.

Chi è interessato a lavorare con maggior forza in questo senso ce lo faccia sapere a redazioneitalia@pressenza.com

 

DARE VOCE AD UN NUOVO MONDO

Per una rete di informazione nonviolenta

 

In quest’epoca di caos sistemico e sociale, esiste un mondo che non ha voce e che non trova spazio espressivo. Il vecchio mondo delle violenza (economica, sociale, mediatica, interpersonale) è andato via, lasciando i suoi strascichi; il nuovo mondo si esprime e cresce ma non trova ancora il suo spazio. I media tradizionali credono ancora di essere il famoso quarto potere ma sono sempre più al servizio della speculazione finanziaria e di quel modello socio-culturale costruito da una minoranza accentratrice ed affarista.
In tale scenario, allo stesso tempo, esiste una tendenza informativa e mediatica: un’altra-voce, un nuovo modello che è iniziato dalle prime radio libere, dai fogli di quartiere e da altre forme di divulgazione di prossimità e oggi, è cresciuto consolidando un nuovo concetto di informare e fare informazione, grazie all’avvento di Internet e delle Reti sociali.

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Populismo 2.0 e populismo oligarchico

Lelio Demichelis

the-new-populism-1482659671-9641Forma politica ambigua e scivolosa, il populismo. Trionfa nei periodi di crisi economica e sociale, quando la democrazia implode su se stessa divenendo non-democrazia e tecnocrazia. Cancella le mediazioni e la società civile, ritenendole inutili e promuovendo una rappresentanza verticale e leaderistica. Non ha un’ideologia se non quella del né di destra né di sinistra (la peggiore).

E allora, qui ci si dichiara subito non populisti, anzi: anti-populisti, anche quando il populismo si propone come di sinistra. Perché il populismo semplifica e verticalizza, mentre abbiamo bisogno di un pensiero complesso e orizzontale. Perché al popolo indistinto ed eterodiretto (folla, massa, moltitudine?) preferiamo una ‘società di cittadini’ e l’idea di cittadinanza (sia pure rivista e corretta). Perché ogni populismo è sempre e strutturalmente massificante e deresponsabilizzante (bisogna rileggere Massa e potere di Elias Canetti e oggi Il capo e la folla, di Emilio Gentile) oltre a essere esso stesso una teologia politica (parafrasando Carl Schmitt: anche tutti i concetti e le pratiche del populismo sono concetti e pratiche teologiche secolarizzate ), portato a omologare e a far sciogliere ciascuno dentro l’Uno/Tutto del popolo – o del leader che lo rappresenta e che lo usa. Perché il populismo, conseguentemente, è una forma di ‘potere pastorale’ (direbbe Michel Foucault) e quindi religioso (nel legare gli esclusi, gli impoveriti e i deprivati al pastore-populista) che da laici è impossibile accettare; perché il populismo – e il neopopulismo di questi ultimi anni – gioca sulla contrapposizione del basso (il popolo) contro l’alto (le caste, il potere, le oligarchie, l’Euro, la globalizzazione), dimenticando che oggi il potere (il biopotere del tecno-capitalismo) è diffuso, orizzontale e trasversale, è diventato una forma di vita, per cui non basta opporsi all’alto in nome del basso (che tende a restare tecno-capitalista), ma occorre un discorso di-verso.

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E’ uscito il numero 83 del Settimanale di Punto Rosso-Lavoro21

Lo potete scaricare qui:
http://www.puntorosso.it/uploads/1/7/0/3/17033228/lav21-sett-n83-s.pdf

In questo numero:

Portella delle ginestre
di Ignazio Buttitta

“Il governo trovi le risorse perché Alitalia continui a volare”.
Pressing di Articolo 1 su Gentiloni e Calenda

“Una sinistra dall’identità forte è in grado di contenere le spinte a destra”
Intervista a Massimo D’Alema

Sciopero generale in Brasile
a cura di Teresa Isenburg

Turchia. La vostra Resistenza ispira la nostra lotta contro la dittatura
Di Hişyar Özsoy

Buona lettura e diffondete!

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E’ uscito il numero 2 della RIVISTA di Punto Rosso – Lavoro 21

http://www.puntorosso.it/uploads/1/7/0/3/17033228/lav21-rivista-numero2-s.pdf

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SUL NUOVO SITO DI PUNTO ROSSO

QUALI DIRITTI PER IL LAVORO IN EUROPA?
Milano, sabato 22 aprile – ore 10-16 – Casa della Cultura

Puoi vedere il convegno e le interviste ai relatori:
http://www.puntorosso.it/convegni.html

Nella crisi di rappresentanza casca l’asino della politica

fonte  NUOVATLANTIDE.ORG  che ringraziamo

di Alfredo Morganti – 25 aprile 2017

Il suo ghostwriter ha 27 anni. Il suo stratega 29. Il coordinatore della sua campagna appena 24. Macron è l’uomo nuovo, ed è al vertice di una cordata di collaboratori nemmeno trentenni. È bene, è male? Dite voi. Va pure detto che è un uomo senza partito, o almeno con un partito personalissimo, praticamente cucito indosso. Ha un programma molto vasto, di cui si tratterà di capire le priorità, come ha già evidenziato D’Alema. Mettere in un calderone tutto, anche cose buone, non vuol dire nulla, bisogna vedere da dove si parte. Al primo turno ha raccolto meno di un quarto dei voti. Secondo Marc Lazar, si è già trattato di voto utile, prodotto nel timore che la sua avversaria potesse prevalere da subito, anche al primo turno. Pare che sia stato votato in massima parte per il programma, a differenza degli elettori di Le Pen, che hanno scelto lei con convinzione. Macron prende voti nelle grandi città, nei territori più prosperi e coesi, tra le professioni e le eccellenze. Il suo elettorato è soprattutto di centrosinistra, ma, dice sempre Lazar, dovrà cercare voti a destra al secondo turno. Le Pen, al contrario, prende voti nei ceti popolari, nella Francia dove la crisi morde di più, nei territori più svantaggiati. Mélenchon invece ha sfondato tra i giovani di 18-24 anni, dove è stato primo. Se questa è la geografia del voto, donde tanto ottimismo?

Tant’è che lo stesso Lazar oggi su ‘Repubblica’ avanza qualche dubbio, e a ragione. Non c’entrano il fascismo e l’antifascismo, o almeno non bastano a spiegare la fenomenologia possibile del voto. Le ragioni sono altre, sociali, legate alla crisi, alle divaricazioni sociali, territoriali, al disagio diffuso, alla provincia che guarda in cagnesco i ceti urbani. Insomma, nessuno si porta da casa nulla, tanto più in una situazione di tale marasma politico. Ripetiamolo: i partiti politici cosiddetti tradizionali (ma io direi i partiti politici tout court) in Francia non sono andati al ballottaggio. Si parla esplicitamente di populismo vs europeismo-globalizzazione, non più di destra vs sinistra. E se c’era nel mondo politico un elemento di effettiva stabilità erano proprio i partiti politici e la divisione tra una destra e una sinistra ad assicurarla in massima parte. Non la legge elettorale garantiva maggioranze, ma parlamenti rappresentativi e ben funzionanti. La connessione tra istituzioni e popolo, non altro, contrastava il dissesto politico.

A forza di sparare su tutti questi elementi, nell’unico intento di offrire la strada spianata al neoliberismo e a una società individualizzata e mediatizzata, oggi la concreta rappresentanza politica e la stabilità che ne conseguiva non esistono più. È una società peggiore e meno coesa quella che abbiamo davanti. La politica non fa più 2+2: ci sono gli algoritmi più astrusi a governare il nostro destino di utenti e consumatori. E allora ditemi come potrebbe Macron dormire tra due guanciali? E come fanno a Bruxelles a sentirsi tanto sereni? Ma il punto è un altro: come potrà Macron presiedere il Paese, nel caso, con questa risicata minoranza elettorale e sociale dalla sua parte? Ed è proprio qui, nella debolezza del maggioritario in tempi di crisi come questi, nella mancanza di rappresentanza e legittimazione, e nella sciocca idea della governabilità, che casca l’asino della politica.

QUALI DIRITTI PER IL LAVORO IN EUROPA?

QUALI DIRITTI PER IL LAVORO IN EUROPA?

Milano, sabato 22 aprile – ore 10-16
Casa della Cultura
Via Borgogna 3, Milano

Programma

Mattina
“Multinazionali in Europa, delocalizzazioni e industria 4.0”
Matteo Gaddi (Associazione Punto Rosso)

“Sharing Economy e Uberizzazione del lavoro”
Prof. Vincenzo Comito (già Professore di Finanza aziendale nell’Università di Urbino).

Interventi di:
RSU ABB
Enrico Barbanti – delegato ALSTOM
Ugo Cherubini – segretario Filctem Brescia
Lavoratori KFLEX
Giovanni Maggiolo – Taxista (UNICA Taxi CGIL);
Maurizio Dotti – delegato WIND 3G
Sergio Bianco – delegato CEVA
Curzio Maltese
(Eurodeputato Gue/Ngl – L’Altra Europa con Tsipras)

Pausa pranzo con buffet gratuito per i partecipanti

Pomeriggio
Interventi di:
Nanni Alleva
(Avvocato del lavoro, Consigliere Regionale Emilia Romagna)
Ricardo Antunes
(Sociologo, docente all’Università di Campinas)
Heinz Bierbaum
(Economista Università di Saarland, membro di IGM e Die Linke)
Tiziano Rinaldini
(Fondazione Claudio Sabattini)
Moni Ovadia
(Attore, regista e scrittore)
Curzio Maltese
(Eurodeputato Gue/Ngl – L’Altra Europa con Tsipras)

Organizza
Gue-Ngl
Gruppo unitario della sinistra europea – sinistra nordica
al Parlamentop europeo

E’ uscito il numero 82 del Settimanale di Punto Rosso-Lavoro21

E’ uscito il numero 82 del Settimanale di Punto Rosso-Lavoro21

Lo potete scaricare qui:
http://www.puntorosso.it/uploads/1/7/0/3/17033228/lav21-sett-n82-s.pdf

In questo numero:

Giorni di festa ma non per tutti. L’illusione del commercio senza limiti
di Enrico Rossi

Pensioni in Brasile
a cura di Teresa Isenburg

“Il mondo al tempo dei quanti”. Perché il futuro non è più quello di una volta
Recensione del libro di Mario Agostinelli e Debora Rizzuto di Luigi Mosca,
direttore laboratorio Fisica delle Particelle di Modane (France)

Bruno Giorgini: Elezioni francesi. Aiuto tornano i comunisti!

FONTE INCHIESTAONLINE

Au secours, les communistes reviennent !

Alors que Mélenchon concentre les attaques depuis sa percée dans les sondages, la peur du rouge fait toujours recette en campagne, écrit Yves Bordenave, journaliste au service politique du « Monde », dans sa chronique.

 

E’ un titolo rubato a Le Monde del 14 aprile, semironico ma non del tutto, di un pezzo che con altri riempie due pagine con vicende e gesta di Mélenchon, leader del Front de Gauche e candidato dell’estrema sinistra o sinistra radicale che dir si voglia [vedi in alto foto di Mélanchon e titolo di  “Le Monde” del 14 aprile]. Queste due pagine, dedicategli dal prestigioso giornale francese, costituiscono una investitura che va oltre i pur lusinghieri risultati dei sondaggi. E’ la prima volta nella storia della V Repubblica che un esponente a sinistra del PS (Partito Socialista) potrebbe arrivare al ballottaggio. E per di più, se accadesse contro Marine Le Pen, Mélenchon vincerebbe alla grande (60% a 40%) , e con la stessa percentuale batterebbe Fillon, perdendo invece se il ballottaggio fosse con Macron (45% a 55%). Tra i giornali quelli di destra strepitano assai e il capostipite Le Figarò quasi cita la famosa frase del Manifesto di Marx e Engels che recita: Uno spettro s’aggira per l’Europa –lo spettro del comunismo. Al posto dell’Europa mettiamoci Parigi e il gioco è fatto.

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