La Difesa della Razza

di Alessandra Daniele

“La percezione del problema immigrazione è dieci volte superiore ai dati reali”.
Alessandra Ghisleri, sondaggista
“Chi controlla la percezione della realtà, controlla la realtà”. Philip K. Dick

Si stava parlando un po’ troppo di tasse, argomento sul quale gli italiani sembrano giustamente non credere più a nessuna delle iperboliche promesse dei cazzari.
La strage razzista tentata dal suprematista marchigiano ha riportato la campagna elettorale sul terreno più congeniale alle tre destre in corsa: la caccia al capro espiatorio, i migranti.
Il PD ha rivendicato i successi della Dottrina Minniti, cioè dell’efficienza dei campi di concentramento libici, mentre lo stesso Minniti minacciava di vietare le manifestazioni antifasciste.
In tema di disprezzo dei diritti umani Erdogan non ha molto da insegnargli.
Berlusconi ha promesso l’espulsione di 600.000 clandestini che in Italia non ci sono, anche a costo di espellere qualcuno sei volte di seguito.
Di Maio ha cercato di scavalcarlo a destra chiamandolo “Traditore della Patria”.
Nessuna delle accuse adoperate l’anno scorso anche dal M5S per cacciare dal Mediterraneo le ONG che salvavano vite umane è stata provata.
Di Maio negava d’aver usato la definizione “Taxi del Mediterraneo”, nonostante ci fossero le prove audio. Adesso probabilmente tornerà a rivendicarla.
Ci tiene a dimostrare che è pronto a rappresentare l’Italia.

Sappiamo benissimo che se Pamela Mastropietro fosse stata vittima d’un italiano, a nessuno sciacallo sarebbe fregato niente di lei.

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Le voci dei lavoratori traditi dalla sinistra

FONTE AREA7.CH

Le voci dei lavoratori traditi dalla sinistra 

di  Loris Campetti

È stato un viaggio istruttivo quello che a 50 anni dal “biennio rosso” ’68-’69 mi ha portato attraverso il Nord Italia, con tappe nelle storiche cattedrali del lavoro e nei nuovi luoghi dello sfruttamento. Ho incontrato operai, impiegati, tecnici, facchini, ciclofattorini, vecchi e giovani che mi hanno aiutato a trovare le prime risposte alle domande che mi avevano spinto a mettermi in viaggio:

1) Che resta della cultura operaia della solidarietà, della lotta per i diritti e di quell’idea antica che liberando se stessa la “classe” avrebbe liberato l’intera società?

2) Come è successo che i fari della sinistra accesi da mezzo secolo, alimentati dalla presenza operaia, si siano spenti e città come Torino, Monfalcone, Sesto San Giovanni, Genova, La Spezia, Livorno passassero alla destra, o ai 5 stelle?

3) Che effetto ha avuto nella soggettività e nei rapporti di potere l’alzo zero sulla legislazione del lavoro (allungamento dell’età lavorativa, massacro dello Statuto, jobs act e precarizzazione di massa)?

Con parole, esempi ed esperienze differenti, figure professionali diverse in aziende in crisi o floride hanno risposto quasi all’unisono. Risposte dolorose, di cui deve tener conto chi ha a cuore la sinistra e, dunque, sorte e ruolo di quella che fu la classe operaia. Gli intervistati ribaltano il luogo comune per cui gli operai avrebbero tradito la sinistra: “È vero il contrario”. Più che di tradimento parliamo di mutamento genetico, dentro una spettacolare eterogenesi dei fini. I lavoratori sono stati sostituiti nelle agende del centrosinistra dai consumatori; le loro forme storiche di rappresentanza, i sindacati, sono entrate nel mirino di Matteo Renzi (“è più utile Marchionne che la Cgil agli operai”); sulla base della bufala per cui i figli non avrebbero lavoro e diritti perché i padri ne hanno troppi e i “privilegi” (cioè i diritti) degli uni penalizzerebbero gli altri, s’è scatenata una guerra tra poveri che trasforma la lotta di classe tra il basso e l’alto in una lotta di classe orizzontale.

Ed ecco le conseguenze: “Renzi ha fatto contro di noi quel che non era riuscito neanche a Berlusconi? Non avrà più il nostro voto”. C’è chi (a Torino) racconta di aver scelto l’M5S come scopa per spazzar via Renzi e Fassino; qualcuno è passato in campo avverso (Salvini) ma, soprattutto, i lavoratori manifestano rabbia e distanza dalla politica (“sono tutti ladri”) disertando in massa le urne. A Monfalcone, grazie al crollo dei votanti ha vinto la Lega nonostante la destra abbia preso meno voti che alle elezioni precedenti in cui aveva perso. Qui la ex sindaca Pd ha accettato una mancia da Fincantieri per ritirare la costituzione di parte civile al processo sull’amianto.

Nella solitudine, il rischio che la solidarietà lasci il campo all’individualismo è forte e percepito dai delegati. Il nemico non è più chi sta sopra – il capo, il padrone – bensì chi sta sotto: l’immigrato che accetta i lavori e le condizioni peggiori, mentre le fabbriche, i cantieri, la logistica diventano una giungla sferzata dal dumping sociale. E nei nuovi lavori dove non c’è il sindacato, ognuno è solo di fronte al padrone. La crisi iniziata 10 anni fa ha frantumato il lavoro e fatto strame dei diritti, imponendo livelli di sfruttamento che retrocedono l’industria 4.0 e la logistica alle forme della prima rivoluzione industriale. Renzi, Gentiloni e l’intero Pd si scandalizzano se Amazon infila i braccialetti elettronici ai polsi dei suoi facchini per aumentare la produttività: ma chi è stato, se non loro, a cancellare nel 2015 con l’art.18 anche l’art.4 dello Statuto che vietava il controllo a distanza dei lavoratori?

Il libro nato dalla nostra inchiesta nella sofferenza operaia può aiutare a capire i processi in atto e a cercare gli antidoti necessari a fermare il riflusso. E forse persino a prevedere l’esito delle elezioni del 4 marzo.

Eccovi alcuni stralci significativi delle testimonianze contenute nel libro:

“La sinistra è una destra camuffata”

Daniela, operaia: “Sinistra? Quale sinistra? Io vedo solo una destra camuffata che ci ha rifilato le peggiori leggi sul lavoro. Una porcheria come il jobs act non ce l’aspettavamo dal Pd”.

Christian:“O si ricostruisce una sinistra degna di questo nome o non ci sarà futuro”. Matteo Renzi?: “Quelli come noi ce l’hanno con il Pd che non è più di sinistra, chi è a destra o sta con Grillo o crede che Renzi sia di sinistra perciò lo odia. Sia Grillo che Salvini hanno presa in fabbrica quando dicono: ‘Sono tutti ladri’”.

Beretta, Gardone Val Trompia

“Di politica neanche parlo”

Giunone, operaia, architetta e pugile: “In Luxottica non c’è conflitto. Domina l’individualismo, i dipendenti fissi se ne fottono di noi precari. Appena posso me ne vado, prima di diventare parte di questo sistema. Qui trovi intere famiglie al lavoro, il padre e il figlio, mentre il nipote vuole crescere in fretta per timbrare anche lui il cartellino. Come somministrata sono trattata peggio, il premio di produzione invece di 2.000 è di 800 euro ed è legato alla presenza, cioè non posso ammalarmi. Di politica neanche parlo, per non farmi il sangue amaro. Sull’immigrazione senti le solite litanie alla Salvini”.
Germano: “Persino gli operai romeni scimmiottano i bellunesi dicendo ‘vogliamo essere padroni a casa nostra’. Per gli operai i governi Pd non hanno fatto nulla di buono. Parafrasando il modo di dire dei greci verso gli italiani: Renzi-Berlusconi, una faccia una razza”.

Luxottica, Belluno

“Sul lavoro, nessuna differenza tra destra e Pd”

Guido Mora, segretario Cgil: “Nell’edilizia, le coop si sono trasformate in immobiliari: progettano, appaltano la produzione e commercializzano. È la nemesi di una storia secolare nata per garantire occupazione e tutelare bi lavoratori. Le cooperative non hanno più muratori e scimmiottano il modello privato, i dirigenti sono bocconiani”.

Vanni, socio operaio: “Io sono cresciuto dentro un modello che non c’è più. Non mi sono mai sentito padrone, faticavo con l’obiettivo di costruire lavoro futuro per i più giovani. Quando al centro, invece, vengono messi i soldi, cominci a pensare ‘ci metto i soldi e dunque sono padrone’. Oltre al capitalismo privato persino la malavita si è infilata. Parte di noi sta con il Pd fingendo che sia ancora il Pci ma molti sono disillusi. Alcuni stanno con il M5S che urla più forte, ma a prevalere è il non voto. Ora come ora annullerei la scheda. Mai voterei a destra”.

Caterina, facchina nella logistica: “Ci rompiamo presto con problemi alle spalle e alla schiena. Nessuno di noi sognava di fare il facchino, a fine giornata sei a pezzi, neppure il tg hai voglia di vedere, e la politica è sempre più lontana. E poi, sul lavoro non ci sono più differenze tra destra e Pd”.

Cooperative di Reggio Emilia

“Per fortuna c’è la Fiom”

Gustavo, argentino, operaio: “Cresce la paura per la concorrenza dell’Est, l’azienda vuole tagliarci salari, pause e aumentare i ritmi; ha fatto fuori i lavoratori non idonei, vogliono solo stalloni in officina e minacciano di trasferirsi in Polonia. Per fortuna c’è la Fiom, qui gli scioperi riescono”.

Trw, Zeppelin, Brescia

“Così vince la Lega”

Gianni, operaio alle navi da crociera: “Settori crescenti dello scafo sono appaltati a ditte che sfruttano lavoratori low cost. Una città piccola come la nostra è invasa da persone disposte ad accettare condizioni sempre peggiori. Nel carenaggio non c’è più un operaio nostro, idem in carpenteria. La città e il cantiere sono multietnici ma le diverse etnie non si parlano e Monfalcone non diventa multiculturale. Pochi giorni fa un operaio del Bangladesh dell’appalto è salito sul pullmino Fincantieri che porta i dipendenti dai paesi della cintura in fabbrica ma è stato costretto a scendere tra le proteste degli operai nostrani”.

Il capo Attilio: “Poco prima del processo per l’amianto la sindaca Pd ha accettato da Fincantieri una manciadi 140mila euro per ritirare la costituzione di parte civile del comune. Uno schiaffo in faccia a una città dove non c’è famiglia che non pianga un morto o un ammalato di mesotelioma pleurico”. Così, dopo mezzo secolo di sinistra il comune è stato consegnato alla Lega.

Fincantieri, Monfalcone

“Ho votato Appendino”

Canio, operaio in mobilità: “Quando Marchionne lanciò il referendum ‘lavoro in cambio di diritti’, Fassino dichiarò: ‘Se fossi un operaio Fiat voterei sì’. In quattro anni ai cancelli della fabbrica non l’ho mai visto, si occupava di tutto, tranne degli operai. Al ballottaggio tra lui e la grillina Appendino mi sono detto: mai per il Pd di Renzi e Fassino, mai per chi ha abbandonato il mondo del lavoro e ha fatto il jobs act; ho votato Appendino”.

Pininfarina, Torino

“Servirebbe un partito che stia con gli operai”

Fausto, ciclofattorino: “Siamo gestiti con un algoritmo e messi in moto da un’app. Sono uno di quelli che sfrecciano in bici per portarti la cena, che piova nevichi o splenda il sole, con slalom acrobatici tra vetture e rotaie del tram. Ci pagano a cottimo, quattro soldi a consegna. Abbiamo organizzato uno sciopero senza copertura di Cgil-Cisl-Uil e ci hanno licenziati tutti. Abbiamo tentato un confronto con la Cgil ma è stato un disastro, sono mosci, negano che il nostro sia lavoro subordinato. Servirebbe una legislazione adeguata per normare la gig economy garantendo i diritti. Io non mi riconosco nei partiti di governo, ma chi urla da fuori non è affidabile. Sono favorevole a un reddito di cittadinanza per evitare la schiavitù dei lavoratori, costretti ad accettare condizioni impossibili, divisi tra loro. Ma il M5S non mi convince. Sono ancora residente in Sicilia e se anche avessi potuto non avrei votato Fassino né Appendino. Servirebbe un partito che non stia con Marchionne ma con gli operai: non era nata per questo la sinistra?”.

Foodora, Torino

Memoria e immaginario: storia operaia (orale) tra racconto degli eventi e racconto come evento

fonte il  Manifestobologna.it

di Gioacchino Toni

Il volume di Alessandro Portelli La città dell’acciaio. Due secoli di storia operaia, nato dall’accorpamento di Biografia di una città (1985) e Acciai Speciali (2008), riesce a dar conto di diverse trasformazioni: dell’universo ternano che da rurale diviene prima industriale poi postindustriale; della storia orale che nel periodo che intercorre tra i due saggi qui riuniti da marginale è stata prima accettata e poi, forse, suggerisce l’autore, persino eccessivamente celebrata; del linguaggio degli intervistati che da «epico, vernacolare, intriso di politica, di identità e organizzazione di classe» dei più anziani, alcuni nati nel lontano 1890, diviene «ironico, disincantato, spoliticizzato, più istruito ma non meno arrabbiato» nei più giovani, specie quelli nati dopo il 1980; del registro orale che muta in scrittura e che da privato, nel divenire libro, si trasforma in racconto pubblico; dei nudi fatti storici che si modificano mescolandosi con i sogni e i desideri di chi li racconta.

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Predrag Matvejević: le foibe e i crimini che le hanno precedute

FONTE DELL’ARTICOLO Osservatorio Balcani Caucaso

(Nota redazionale dell’Osservatorio Balcani Caucaso)

Il noto scrittore di Mostar, docente all’Università La Sapienza di Roma, interviene sulla questione delle foibe e del giorno del ricordo con un articolo pubblicato sul quotidiano fiumano Novi List. La condanna di tutti i crimini e il rischio delle strumentalizzazioni. Ringraziamo Matvejević per averci reso disponibile il suo testo.

 

15/02/2005 – Predrag Matvejević: le foibe e i crimini che le hanno precedute

di Predrag Matvejević, Novi List, 12 febbraio 2005 (titolo originale “Foibe” su fašistički izum)

Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Luka Zanoni

Queste righe sono state scritte nel Giorno del ricordo in Italia, 10 febbraio 2005 – quel dispiacere lo condivido con molti cittadini di questo Paese. I crimini delle fosse e quelli che in esse vi sono finiti, ciò che le ha precedute e che le ha seguite, l’ho condannato da tempo – mentre vivevo in Jugoslavia, quando di ciò in Italia si parlava raramente e non abbastanza. Ho scritto pure sui crimini di Goli Otok, di cui sono state vittime molti comunisti, Jugoslavi e Italiani che erano più vicini a Stalin e Togliatti che al “revisionismo” di Tito. Ho parlato anche della sofferenza degli esiliati italiani dall’Istria e dalla Dalmazia, dopo la Seconda Guerra mondiale – l’ho fatto in Jugoslavia, dove probabilmente era più difficile che in Italia. Non so di preciso quanti scrittori italiani ho presentato, che allora erano costretti ad andare via e quelli che sono rimasti: Marisa Madieri, Anna Maria Mori, Nelida Dilani, Diego Zandel, Claudio Ugussi, Giacomo Scotti, ecc. Non ricordo quanti articoli ho pubblicato sulla stampa delle minoranza italiana, poco conosciuta in Italia, così da poterla appoggiare, desiderando che fosse meno sola e meno esposta – e anche loro mi hanno appoggiato quando decisi di andarmene.

Le fosse, o le foibe come le chiamano gli Italiani, sono un crimine grave, e coloro che lo hanno commesso si meritano la più dura condanna. Ma bisogna dire sin da ora che a quel crimine ne sono preceduti degli altri, forse non minori. Se di ciò si tace, esiste il pericolo che si strumentalizzino e “il crimine e la condanna” e che vengano manipolati l’uno o l’altro. Ovviamente, nessun crimine può essere ridotto o giustificato con un altro. La terribile verità sulle foibe, su cui il poeta croato Ivan Goran Kovačić ha scritto uno dei poemi più commoventi del movimento antifascista europeo, ha la sua contestualità storica, che non dobbiamo trascurare se davvero desideriamo parlare della verità e se cerchiamo che quella verità confermi e nobiliti i nostri dispiaceri. Perché le falsificazioni e le omissioni umiliano e offendono.

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Macerata: Fiom, domani alla manifestazione antifascista con Gino Strada ed Emergency

“Domani, sabato 10 febbraio, la Fiom sarà alla manifestazione contro il fascismo e il razzismo a Macerata con una delegazione. La delegazione sarà guidata dalla segretaria generale Francesca Re David, che sfilerà con Emergency e il suo fondatore Gino Strada, che ha la tessera onoraria della Fiom e con cui condividiamo da molti anni tante battaglie contro la guerra e la violenza, per la pace e i diritti”.

Fiom-Cgil/Ufficio Stampa

A proposito delle autorizzazioni alla manifestazione antifascista di Macerata

Lo squallore politico che sostiene le scelte di coloro che invitano i cittadini a stare a casa per tutelare la tranquillità ha superato ogni sopportabilità. La paura che la partecipazione dei cittadini possa turbare “l’ordine pubblico” è il sintomo grave della involuzione culturale e politica di una parte del gruppo dirigente del PD. Il compianto Sindaco di Bologna Renato Zangheri il 2 agosto del 1980 invitò i cittadini a partecipare in massa ai funerali delle vittime. L’immensa folla che riempì Piazza Maggiore rappresentò l’immagine potente e invincibile del presidio popolare a difesa delle istituzioni democratiche. Chi teme ora la partecipazione popolare a difesa della democrazia e del vivere civile è già sconfitto in partenza. Gli eredi indegni della DC di Zaccagnini e Martinazzoli e un personaggio inquietante come il Ministro Minniti, coloro che hanno conquistato la dirigenza del PD, ora hanno paura di una manifestazione popolare antifascista. Editor

Felicità della politica, politica della felicità. Cittadinanza, giustizia e benessere in una visione di genere

Associazione Orlando

Centro delle Donne, via del Piombo 5 Bologna Giovedì

8 febbraio ore 17,30
Presentazione e discussione di

Felicità della politica, politica della felicità. Cittadinanza, giustizia e benessere in una visione di genere

A cura di Enrica Asquer, Anna Scattigno, Elisabetta Vezzosi (Edizioni dell’Università di Trieste, 2016)

Intervengono
Raffaella Baritono, Roberta Ferrari, Annalisa Furia, Anna Scattigno
Coordina Elda Guerra

Dalla metà degli anni settanta il tema della felicità sembra aver perso la sua dimensione pubblica per essere
sempre più declinato in termini individualistici. Come pensare il modo in cui la ricerca della felicità, come dimensione utopica e non solo, possa tornare a essere progetto collettivo? Come restituire senso all’espressione “felicità della politica”? Scegliendo il genere come categoria innovativa e ripercorrendo nel lungo periodo i movimenti delle donne e il loro pensiero, dove il “privato” non è mai disgiunto dalla sua dimensione pubblica e politica, il libro reca un apporto originale al dibattito contemporaneo sulla possibilità della politica di tornare a essere partecipazione, attenzione ai valori della giustizia, dell’eguaglianza e della libertà, strumento di felicità pubblica.

Esito di una partnership scientifica tra la Commissione della Scuola Estiva della Società Italiana delle Storiche
e il Comitato Scientifico dei corsi Donne, Politica e Istituzioni dell’Università di Trieste.
Il volume è disponibile in open access sul sito dell’Università degli Studi di Trieste, OpenstarTs
(https://www.openstarts.units.it)
e su MediaLibrayOnLine (www.medialibrary.it)

LA LOCANDINA 

Rapporto MIL€X 2018: spese militari italiane in aumento, soprattutto per nuove armi, ma anche per il nucleare. Il commento del Nobel per la Pace Daniel Högsta (ICAN)

FONTE  MILEX.ORG

QUI IL PDF DEL RAPPORTO MIL€X 2018

ROMA, 1 febbraio 2017 – Il Rapporto MIL€X 2018 — presentato oggi alla Sala Stampa della Camera dei Deputati alla presenza di Daniel Högsta, coordinatore della campagna ICAN (International Campaign to Abolish Nuclear Weapons) insignita del Premio Nobel per la Pace 2017 —  mostra un’ulteriore incremento della spesa militare italiana: 25 miliardi di euro nel 2018 (1,4% del PIL), un aumento del 4% rispetto al 2017 che rafforza la tendenza di crescita avviata dal governo Renzi (+8,6 % rispetto al 2015) e che riprende la dinamica incrementale delle ultime tre legislature (+25,8% dal 2006) precedente la crisi del 2008.

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Raid di Macerata, “atto da non sottovalutare, segno di disagio sociale”

 

Le reazioni al raid xenofobo che ha portato all’arresto del 28enne Luca Traini. Il card. Bassetti (Cei): “Episodio segno di un disagio sociale che nasce dall’insicurezza e dalla paura”. Gazzi (Assistenti sociali): “Nessuna giustificazione è possibile. Si abbassino i toni”. Ics: “Dopo Macerata, Trieste?”

ROMA – I fatti di Macerata, che hanno portato al ferimento di diversi cittadini stranieri e all’arresto del ventottenne Luca Traini, hanno provocato numerose reazioni da parte dei partiti e degli esponenti politici, con toni che sono rimasti altissimi e con una polemica che divampa, nonostante l’invito da più parti ad abbassare i toni. Generalmente più misurata la reazione delle associazioni e della società civile, seppur – in alcuni casi – con riferimenti espliciti e con un costante richiamo all’assunzione di responsabilità.

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Perché le proposte di Emma Bonino finirebbero per distruggere economia e diritti sociali

FONTE PRESSENZA.COM

La prima proposta, per ridurre addirittura di 22 punti percentuali il debito, è di bloccare “la spesa pubblica primaria nominale” al livello del 2017 per 5 anni.

Che cos’è la spesa pubblica primaria?
È la spesa pubblica al netto della spesa per interessi sul debito pubblico, cioè si tratta della spesa per far funzionare la macchina statale e distribuire servizi sociali e contributi alle famiglie. Che si tratti di spesa nominale vuol dire che non si considera l’aumento dovuto all’inflazione. In pratica, se blocco la mia spesa ai 100 euro del 2017, nel 2022 continuerò a spendere 100 euro, anche se con quella somma potrò comprare meno beni e servizi, perché nel frattempo il prezzo di acquisto è aumentato. È abbastanza semplice capire che, sebbene l’inflazione sia bassa, Bonino propone di diminuire l’importo reale della spesa, che già oggi è insufficiente a garantire adeguati servizi a tutti i cittadini, ad esempio nella sanità, nell’istruzione, nei trasporti, eccetera.
Ma c’è un’altra questione importante: la crescita del debito non dipende dalla spesa primaria.

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Ma come fanno gli operai

di Mauro Chiodarelli

 

Se vuoi ancora sentire parlare i lavoratori, operai e non, devi aspettare un libro Loris Campetti. Implacabile, ci ricorda che esistono che stanno sempre peggio e sono sempre più soli. Solitudine causata da un sistema politico ed anche sindacale, che non solo non li tutela o non è più in grado di farlo, ma che spesso “volutamente” non li vede o non li vuole vedere.

Nel suo nuovo libro, Ma come fanno gli operai (Manni editore), si intrecciano diverse storie, dalla Luxottica, alla Fincantieri, ai “pedalatori” di Foodora, alle coop reggiane miseramente fallite in mano ai “bocconiani”, ed altre ancora.

Non c’è lieto fine, non c’è all’orizzonte il sol dell’avvenire, ma il senso forte di una resistenza e di una lotta quotidiana individuale che vuole sopravvivere alla fine della lotta di classe. Attraverso le parole e le esperienze dei lavoratori, operai e non, vecchi e giovani, “tutelati” e “atipici” (ma chi lo avrà inventato questo termine idiota, come se la fatica avesse sfumature diverse) comprendi il perché di una disfatta frutto di anni di incapacità elaborazione e di ripensamento di strategie sia politiche che sindacali.

E se le elezioni di marzo saranno l’ennesima disfatta anche oltre il PD, anche di chi si dice collocato alla sua sinistra, grumi di ex intenti a pararsi il culo che sanno dare il meglio nella guerra per le candidature, o di rivoluzionari elettorali, senza rivoluzione e popolo al seguito, in quelle pagine puoi capirne il motivo. (Non me ne vogliate ma alla fine uno si stufa del niente che avanza)

Se ancora cercate un senso all’essere non di sinistra, che ormai ha assunto un significato negativo, ma all’essere comunisti o socialisti o semplicemente riformisti (nel senso alto indicatoci da Federico Caffè), non potete non leggerlo e perdervi l’occasione di discuterne direttamente con Loris.

Lo potrete incontrare a Bologna, il 23 febbraio al Centro Costa di Via Azzo Gardino, alle ore 18.30, in una serata organizzata dall’Associazione il manifesto in rete e dalla Fondazione Sabattini, a cui hanno assicurato la presenza Gianni Rinaldini e Michele Bulgarelli, Segretario provinciale Fiom.

Argentina. Benetton denuncia la comunità mapuche, la polizia interviene ancora una volta con arresti e sequestro dei loro cavalli.

FONTE PAGINA12.AR.COM

 

Violento operativo de Gendarmería tras una denuncia de Benetton
En Cushamen siguen los atropellos

A seis meses de la represión que derivó en la muerte de Santiago Maldonado, efectivos de la Gendarmería ingresaron esta mañana en la comunidad mapuche. Maniataron a varios de sus miembros e incautaron los caballos, que luego se llevaron en una camioneta propiedad del empresario Luciano Benetton. Denunciaron que el operativo fue ilegal y no descartan que haya sido para “plantar pruebas”.

Integrantes de la comunidad mapuche Pu Lof en Resistencia Cushamen, en Esquel, denunciaron que esta mañana efectivos de la Gendarmería realizaron un nuevo allanamiento ordenado por la jueza Graciela Rodríguez y el fiscal Díaz Meyer tras una denuncia de la estancia Leleque, propiedad del magnate italiano Luciano Benetton. Según contaron los integrantes de la comunidad, los efectivos los maniataron con precintos durante el operativo y se llevaron incautados sus caballos, a los que subieron a una camioneta de la compañía Tierras del Sud, propiedad de Benetton. Hay una mujer herida, que debió ser trasladada al hospital. Ayer se cumplieron seis meses de la desaparición y muerte de Santiago Maldonado, víctima de la represión de la Gendarmería en esa misma comunidad.

El relato de los integrantes de la comunidad se difundió por medio de la Red de Apoyo a las Comunidades en Conflicto, donde relataron que los efectivos llegaron a la comunidad a primera hora de la mañana y “mantuvieron precintados a los miembros de la comunidad en el sector de la guardia sin dejarlos siquiera ir al baño”. Contaron que en el procedimiento los uniformados se llevaron incautados los caballos que había en la comunidad, que subieron a un camión de la compañía Tierras del Sud, propiedad de Benetton. Luego del operativo, una mujer llamada Vanesa Millañanco debió ser trasladada al hospital de Maitén y dese la comunidad sostuvieron que se desconoce cuál es su estado de salud.

“Denunciamos este nuevo atropello a Pu Lof Resistencia Cushamen como totalmente ilegal debido a que no se contó con testigos del procedimiento, es decir que las fuerzas represivas hicieron lo que quisieron durante el tiempo que estuvieron dentro de Pu Lof y no descartamos que puedan generar algún tipo de montaje para culpar a los miembros de la comunidad a través de implantar falsas pruebas”, sostuvieron desde la comunidad en el comunicado. Apuntaron también contra la ministra de Seguridad, Patricia Bullrich, como responsable de una “cacería contra el pueblo Mapuche y una campaña mediática de difamación verdaderamente sin escrúpulos”.

Castelfrigo, il distretto delle carni: finte coop, stranieri sotto ricatto

FONTE   ILMANIFESTOBOLOGNA

di Giulia Zaccariello

Lavorare per 10, 12 ore, a volte addirittura 14. In un solo giorno. Con pause per il bagno conquistate con fatica, quasi fosse una concessione, mentre quintali di carne scorrono veloci sul nastro: i ritmi impongono a ciascun operaio di pulire decine, anche centinaia di pezzi. Sono questi i racconti che fanno da sfondo alla protesta degli ormai ex-operai in appalto della Castelfrigo, azienda di Castelnuovo Rangone, in provincia di Modena, dove si sezionano parti di maiali, in particolare pancette e gole.

Qui i lavoratori lasciati a casa nell’autunno del 2017 dalle coop Work Service e Ilia D.A (a cui la Castelfrigo aveva dato in appalto i servizi di logistica) hanno superato il 90esimo giorno di sciopero. E da oltre un mese stanno vivendo, giorno e notte, davanti allo stabilimento, nelle tende montate dalla Flai-Cgil, dandosi il cambio per il presidio notturno e combattendo il freddo umido che punge la pianura, allungando le mani su una sorta di bidone stufa, utile anche per scaldare il cibo.

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Un gruppo di ospedali statunitensi produrrà farmaci generici per evitare la manipolazione del mercato farmaceutico

fonte pressenza.com

30.01.2018 eldiario.es

Quest’articolo è disponibile anche in: Inglese, Greco

Un gruppo di ospedali statunitensi produrrà farmaci generici per evitare la manipolazione del mercato farmaceutico
(Foto di Foto di IH vía eldiario.es)

Stanchi della scarsità dei farmaci e dei prezzi elevati, più di 450 ospedali negli Stati Uniti si sono uniti per creare un’azienda farmaceutica senza scopo di lucro.

Diverse società sono state indagate negli Stati Uniti e nell’Unione Europea a causa dei tentativi di manipolazione del mercato dei farmaci generici.

“È un’iniziativa molto importante e sarebbe interessante se potessimo copiarla anche in Spagna e in Unione europea”, spiega l’esperto di pianificazione della salute, Fernando Lamata.

Di Teguayco Pinto

La scorsa settimana, una rete di oltre 450 ospedali negli Stati Uniti ha annunciato l’intenzione di creare una società farmaceutica senza scopo di lucro per la produzione di farmaci generici, con l’obiettivo di combattere le carenze e gli alti prezzi imposti dall’industria. Con questo movimento, i gruppi ospedalieri intendono esercitare pressioni su alcune aziende che si sono dedicate all’acquisto di farmaci a basso costo e che poi hanno alzato drasticamente i prezzi, fatti che hanno generato grandi controversie e che hanno portato a diverse sanzioni e indagini sulle violazioni della concorrenza, sia negli Stati Uniti che nell’Unione Europea.

“La creazione di una società senza scopo di lucro per la produzione di farmaci generici mi sembra un’idea molto interessante e promettente”, ha detto l’esperto di pianificazione sanitaria, Fernando Lamata, a eldiario.es, “e penso che sia una reazione logica di un consumatore, come è un ospedale, di fronte ad un’escalation dei prezzi e alla carenza forzata imposta da parte di alcune aziende farmaceutiche”.

Durante l’ultimo decennio diverse società si sono dedicate ad acquistare vecchi farmaci che non hanno più un brevetto e che hanno un costo basso per poi aumentarne drasticamente i prezzi. Questa pratica viene solitamente messa in atto con farmaci per i quali non esiste una competizione a livello produttivo, come nel caso delle iniezioni di epinefrina, EpiPen, che ha aumentato il prezzo di cinque volte in soli 9 anni.

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Sulle lotte e le prossime elezioni: il punto di vista di Attac Italia

01.02.2018 Attac Italia

Sulle lotte e le prossime elezioni: il punto di vista di Attac Italia

Il prossimo 4 marzo l’Italia torna a votare.

Lo farà in una situazione sociale segnata dagli effetti delle politiche liberiste e d’austerità imposte dai governi succedutisi negli anni, con indicatori di povertà saliti alle stelle.

Lo farà in una situazione politica segnata da una separatezza ormai abissale fra paese reale e istituzioni, con un astensionismo destinato ad aumentare progressivamente.

Di fatto, queste elezioni arrivano in un paese nel quale il conflitto sociale e l’azione dei movimenti scontano un’insufficienza pesante, e dove alla narrazione austeritaria e securitaria corrisponde una preoccupante rassegnazione.

Viene al pettine un nodo fondamentale di questi anni: mentre le persone in campo per il cambiamento, sia esso un conflitto territoriale o una nuova pratica dell’agire comune, non sono mai state così numerose, la loro fiducia nella possibilità di una trasformazione più generale non è mai stata così bassa.

Si scontano, socialmente e politicamente, i pesanti limiti di una sinistra, anche “radicale” che, non avendo fatto un’adeguata analisi del capitalismo nell’epoca dell’economia del debito e della finanziarizzazione della società, ha di fatto interiorizzato la narrazione liberista, focalizzandosi nella rivendicazione di una qualche forma di redistribuzione.

Coerentemente con il nostro percorso associativo e di movimento, non guardiamo all’appuntamento elettorale come ad una scadenza decisiva, perché continuiamo a pensare che solo da una società in movimento possa scaturire l’energia per produrre istituzioni nuove e che oggi la rappresentanza sia molto più il problema che non la soluzione.

Anche perché, in un’epoca di progressivo spostamento dei luoghi della decisionalità fuori dalle assemblee elettive e del conseguente svuotamento di queste ultime, le istituzioni, invece di costituire un argine al pensiero unico del mercato, diventano sempre più spesso un’articolazione dello stesso.

Nella nostra riflessione e nelle nostre azioni abbiamo sempre identificato la necessità di una partecipazione popolare dal basso e inclusiva, come unica garanzia per avviare processi di riappropriazione sociale di tutto quello che ci “appartiene”: beni comuni, diritti sociali, ricchezza collettiva, democrazia.

Per questo, siamo convinti che, di fronte all’esito delle prossime elezioni, qualsiasi degli scenari paventati si realizzi (ritorno al voto per impossibilità di formare un governo, governo della destra, governo di “strette intese” Pd-Forza Italia, governo, forse più immaginario che reale, M5S-Lega), l’unica possibilità continui ad essere rappresentata dalla ripresa di una forte mobilitazione sociale che ponga le vite prima del debito, i diritti prima dei profitti, il “comune” prima della proprietà, gli amori prima dei generi.

Per queste ragioni, non vediamo nessuna possibilità di uscita dall’attuale impasse in proposte come quella di Liberi e Uguali, che non va oltre la riproposizione di un centro-sinistra liberista, pur emendato della recente spocchia (Renzi); e neppure in affermazioni come quella preannunciata del M5S, che in pochi anni ha dissipato tutte le potenzialità di rottura espresse dal voto di 5 anni fa, per inginocchiarsi all’altare della teologia della governamentalità (seduzione dei poteri forti e indifferenza verso i marginali comprese).

La sinistra candidata alla sconfitta certa

FONTE AREA7.CH

di Loris Campetti

Sesto San Giovanni, Monfalcone, Torino, Genova. Sesto con la Breda, la Falk, la Marelli era la Stalingrado d’Italia, Monfalcone con i suoi cantierini era più rossa della Jugoslavia di Tito, Torino era la classe operaia italiana per eccellenza, nord e sud uniti nella lotta e la croce su falce e martello. Genova e i camalli del porto che indossano ancora le magliette a strisce della rivolta antifascista del 1960. Le roccheforti della sinistra sono crollate alle ultime elezioni come castelli di sabbia, senza essere bombardate, il nord è smottato, il campo viene occupato dal nemico.

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Le false-buone soluzioni

 

In mezzo alla giungla fiscale italiana, alla riduzione della progressività da tempo (diminuzione delle aliquote e del loro rendimento) e all’evasione massiccia, qualcuno chiede il passaggio (come in diversi paesi dell’Est) alla flat-tax proporzionale. Macron in Francia l’ha appena avviata per i redditi finanziari, tra l’altro per attirare i capitali in partenza dalla City causa Brexit. La flat-tax sarebbe una semplificazione del sistema fiscale. “Pagare poco per pagare tutti”: gli evasori sarebbero incentivati a dichiarare tutti i loro redditi, perché poco tassati. L’aliquota unica però colpisce i meno abbienti al di sopra della no-tax area, può ridurre le entrate del fisco e non garantisce una riduzione effettiva dell’evasione, sempre più conveniente (se possibile senza troppi rischi) della flat-tax. Sarebbe una falsa-buona soluzione, che semplifica sì in apparenza, ma che potrebbe rivelarsi semplicistica.

Nel Welfare formativo, le rette universitarie alte “all’inglese” (da Cameron, 2010) con borse di studio sembrano una risposta all’osservazione sociologica classica: la formazione universitaria è seguita soprattutto da ragazzi di certi alti e medi, dunque possono pagarsela o fare un mutuo come negli Stati Uniti. Ma in molti Laender tedeschi o in Spagna non è proprio cosi e forse le rette ormai alte in Italia sono uno dei motivi della fuga di tanti giovani dall’Università. Una falsa-buona soluzione all’accesso selettivo e limitato all’Università?

Nel Welfare sociale, la graduatoria fiscale diventa oggi uno strumento di selezione importante: per esempio, l’accesso ai CRA bolognese (ex-RSA) dipende ovviamente dello stato di dipendenza della persona anziana o disabile, ma anche ormai fortemente del reddito tassabile, escludendo di fatto (con i tagli finanziari ancora in atto) persone bisognose, non poveri, ma non in grado di pagarsi una costosa casa di riposo privata..

Nella stessa logica,dal 2012 i tickets sanitaria “alla toscana” sono modulati secondo il reddito fiscale dichiarato ripartito in diverse aliquote: questa modulazione ovviamente sembra di rispondere a una logica di giustizia sociale e di semplicità. “Paga di più chi ha di più”. Ma il ricorso crescente al settore privato per la diagnostica e la specialistica con tariffe spesso appena superiori al ticket e tempi d’attesa minori cosi come il rischio di demotivazione di assistiti provenienti da gruppi sociali mettono progressivamente in causa l’universalismo del sistema (Nerina Derindin, 2013). L’apparente soluzione semplice e “equa” non coincide dunque sempre con l’esigenza di giustizia e di coesione sociale, per non parlare di logiche economiche perverse, quando il risparmio iniziale sulla prevenzione e le cure primarie costa caro in fine alla finanza pubblica sotto forma di ricoveri ospedalieri. Il servizio si fa allora controllore fiscale a scopo di selettività con la possibilità di veder il “Welfare per poveri (diventare) un Welfare povero”, degradato e stigmatizzante.

Invece, nel caso di una selezione di assistenza sociale, come l’ISEE (aggregando redditi familiari e patrimonio) per l’accesso agevolato al trasporto pubblico locale, alle rette di asilo nido, alle borse di studio…la logica selettiva ha la sua legittimità, in quanto permette l’accesso a servizi necessari.

Il rischio complessivo con una selettività fiscale-settoriale diventa quello della de-coesione sociale accompagnando la crescita accelerata delle disuguaglianze. Per evitare questa deriva crescente, certi propongono una riorganizzazione radicale del fisco generale e il nuovo indirizzo verso un Welfare universalistico (Elena Granaglia, 2018). E’ stata la logica dell’allocazione alloggio studentesco in Francia ALE, che non riguardava il reddito della famiglia dello studente permettendo l’accesso all’autonomia dei giovani, ma contribuiva a rassicurare i proprietari immobiliari sugli affitti morosi. Più che le fakes news, spesso poco credibili, salvo per i lettori già convertiti, le false-buone soluzioni possono essere fonti di confusione e di eccessive semplificazioni nel dibattito pubblico: tra quelle cervellotiche e semplicistiche, c’è spesso una via articolata, complessa, che richiede tempo e sforzo di riflessione,e, ogni tanto, radicalità.

Jean-Olivier, Pisa, 31.1.2018