Eclissi della classe media, pochi i salvati tanti i sommersi

Salto d’epoca. Finita la ruota della fortuna siamo entrati nella ruota del criceto, tanti smanettoni invisibili e sommersi, precari a partita Iva con la paura e il rancore che si fa razzismo

Aldo Bonomi   Il Manifesto 8-3-17  che

È interrogante l’ultimo libro di Marco Revelli. Mi domando se non ci resti che sussurrare, o urlare «non ti riconosco più» e ritirarci in buon ordine nel racconto di microcosmi e di territori resilienti, magari con Magnaghi e la sua rete dei territorialisti.

Oppure se valga la pena di alzare lo sguardo e continuare a cercare per capire oltre l’invito di Candido «Dobbiamo coltivare il nostro orto», evocato in un altro scritto di Revelli sul manifesto. O ancora se valga la pena continuare nella fatica di Sisifo dello scomporre e ricomporre il farsi della società nel salto d’epoca dell’accelerazione, con lo sguardo delle lunghe derive braudeliane del potere, del mercato, della civiltà materiale.

Sono tempi di sorvolatori del mondo, di storytelling, di flussi che impattano nei luoghi mutandoli antropologicamente, culturalmente, socialmente ed economicamente. Partirei, come sempre, dal basso, dal processo di deposito delle polveri sottili dei flussi nei polmoni delle “vite minuscole”, della vita quotidiana, nel loro, un po’ come per noi, non riconoscersi più in ciò che era abituale. Può sembrare retrò, ma credo che la parola chiave di tanti comportamenti collettivi sia “sommerso”. Che diventa, nella discontinuità di inizio secolo, sommerso carsico e non più sommerso ascendente. Questo sommerso carsico ha poco a che fare con il “ben scavato vecchia talpa” di marxiana memoria.

Riappare il tema del rendersi invisibili ai poteri, alle tasse, ai mercati, così confluendo, come detriti, nel fiume dei tanti precipitati nel sommerso della povertà, della società dello scarto e dei dannati della terra, il cui fiume è diventato il cimitero/Mediterraneo. Scomporre e ricomporre i detriti di questo fiume mi pare questione sociale e politica, avendo chiaro che pochi sono i salvati e tanti i sommersi. In questo magma carsico si evidenzia un’altra questione: lo sfarinamento della società di mezzo, intesa sia come crisi del tessuto prepolitico della rappresentanza sociale e lo sfarinamento dei ceti medi cui si aggiunge oggi la forma partito. Il sommerso ascendente dei tardi anni ’60 sembra, nel piccolo, un’epopea da far west: contadini che, nella migrazione interna, si fanno operaio massa, operai specializzati che emergono dai sottoscala costruendo capannoni e disegnando con i sindaci aree industriali che si fanno distretto; cooperative di consumo e di lavoro che diventano grandi gruppi della distribuzione o della produzione. La piccola borghesia si fa ceto medio, come ebbe a rilevare Paolo Sylos Labini nella sua analisi.

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