Renzi e la metafora del cuculo ….

“Il cuculo non fa il nido. Non ne ha bisogno, dato che approfitta di quello degli altri. La femmina dopo aver scelto una covata, preferendo quelle dei passeracei, butta fuori un uovo e vi depone il suo, seguendo un perfetto copione. E’ un esempio di parassitismo assassino, dal momento che anche il cuculo appena nato, per non avere concorrenti, butta fuori dal nido i fratellastri, figli della madre adottiva che lo ha inconsapevolmente ospitato.” ( fonte )

La metafora del cuculo è sovrapponibile a quanto è successo nel PD, dalla fondazione del Lingotto in poi.
Posso testimoniare che in tempi non sospetti, ben prima della resistibile ascesa del Renzi, già si avvertiva nell’aria la reciproca antipatia tra provenienti dalle fila del vecchio Pci e i nuovi margheritini… Per cultura sacrificale i provenienti più vecchi dal Pci invitavano alla pazienza, a fare trascorrere i tempi necessari per la “fusione” di due culture che si erano combattute per anni…
Il “cuculo” Renzi e il suo cerchio magico erano già all’opera per disseminare di uova i “nidi” della Toscana fino al “nido” centrale del PD.


La colonizzazione del PD è avvenuta in un decennio o poco più. Il successo della cultura renziana e il suo divenire egemone nel PD è rapido: lo scambio con il quale vengono convinti una parte dei militanti di sinistra più anziani è la promessa di “smettere di perdere, di ricominciare a vincere.”
Dopo l’esperienza ecumenica prodiana finita assai male a causa delle paturnie bertinottiane si apre un vuoto che viene occupato dal cerchio magico renziano.
E’ da questo momento che si sviluppa la strategia del cuculo tramite le primarie. Certo al primo confronto Renzi non ce la fa ad assaltare il cielo, vince Bersani. Da quel momento ha inizio una campagna di delegittimazione sotto traccia verso la componente post comunista, una rappresentazione corrosiva dell’immagine dei dirigenti provenienti dalla sinistra, dal vecchio e defunto PCI. Bersani alle elezioni del 2013 non vince per uno scarto di 300.000 voti. Da quel momento di dispiega l’offensiva renziana. Al grido “rottamazione” il personaggino modesto trascina una muta affamata di potere di trentenni e quarantenni, in maggioranza avvocati di modesti studi di provincia, nella grande avventura dell’impossessamento del partito e poi della presidenza del consiglio. Dal punto di vista militare e logistico un capolavoro: rapidità, chiarezza degli obiettivi e uso degli affidamenti che i poteri forti conferiscono al leader in prova. Le cambiali politiche richieste dai poteri forti sono note: riscrittura della Costituzione, eliminazione dei vincoli sociali presenti nella Carta, depotenziamento e/o annichilamento dei corpi sociali intermedi (sindacati dei lavoratori), intervento normativo sui diritti dei lavoratori: Jobs Act e dintorni. Per corrispondere ai desiderata dei poteri forti il personaggio si appalesa come uomo di parte padronale che si compiace di farsi selfie a fianco di Marchionne.
Schiaffi dati a piene mani in faccia ai lavoratori ai quali vengono sottratti diritti formali e sostanziali ( art.18 e impianto complessivo del Jobs Act ). Nelle aziende peggiorano i climi relazionali e cresce la paura e crescono i ricatti: ” il mondo è cambiato, ora si fa così se non vi va bene c’è la porta “
Questa storia dura ormai da quasi tre anni, in molti, in tanti nel mondo del lavoro hanno assaggiato gli effetti devastanti delle politiche sociali del governo Renzi.
Il personaggio poi usa i media, televisione e rete per diffondere in modo ossessivo il suo micro pensiero, la sua vision nazional autoritaria di un futuro che esiste solo nella sua testa. In altre parole ha saturato e molti tanti quando vedono il Renzi in video cambiano canale o spengono.
L’insopportabilità della comunicazione arrogante del Renzi ha fatto buon gioco nel fare crescere la popolarità di Gentiloni, del suo stile sobrio, pacato e rassicurante.
Per riassumere: il referendum sulla cosiddetta riforma costituzionale ha l’effetto di una Caporetto sullo stato maggiore del PD e sullo stesso Renzi che deve lasciare la Presidenza del Consiglio. Ha voluto a tutti i costi il Congresso anticipato, lo ha vinto con le primarie. Ma le primarie non sono le elezioni vere, sono un sondaggio tra gli elettori più fedeli al partito e a quanti si insinuano pure essendo elettori di uno schieramento avverso . Alla prima prova elettorale ravvicinata, le elezioni amministrative di giugno un’altra batosta formidabile corredata da un fenomeno inquietante : è andata alle urne meno della metà degli aventi diritto al voto. Non sappiamo per ora quale sia la composizione degli astenuti dall’esercizio del voto, siamo certi tuttavia che tra gli astenuti vi sia una componente non irrilevante di quanti non trovano più nell’offerta politica e nelle candidature chi li rappresenti. Perciò non vanno ai seggi. Per quale motivo un lavoratore dipendente dovrebbe recarsi ai seggi per dare il proprio consenso ad un partito che gli ha ridotto i diritti nel luogo di lavoro, gli ha reso la vita più difficile, gli ha aumentato le ansie per il proprio futuro e offre come prospettiva il voucher come contratto ?
E’ dentro il partito del “non voto” che si giocherà la partita delle elezioni politiche del prossimo anno. Il recupero al voto di sinistra è il compito di una formazione di sinistra che voglia uscire dall’angolo del minoritarismo ininfluente e chiacchierone.
La parabola ascendente del Renzi e del suo cerchio magico appare per ora in difficoltà: anche i poteri forti di questo paese, le elites che decidono paiono essersi stufate delle chiacchiere e delle esternazioni del personaggio. Avranno un nuovo “coniglio” nel cilindro da estrarre prima della campagna elettorale per le politiche ? Frattanto un primo risultato i poteri forti l’hanno raggiunto: il PD nei fatti non esiste più come progetto che possa includere la sinistra e possa attirare il voto dei lavoratori, la casa della sinistra non c’è più, il cuculo se ne è impadronito buttando fuori i legittimi abitanti. Ora occorre costruire una nuova casa della sinistra, ampia luminosa e bene arredata: per fare questa bisogna sconfiggere la vocazione per molti “cespugli” della sinistra a rinchiudersi nella solitudine dei piccoli gruppi in squallidi “monolocali”.
Gino Rubini