La Costituzione non si baratta.

Diffondiamo questo contributo di  Arrigo Quattrini che ringraziamo (o.c)

Le costituzioni non si barattano. Perché il frutto di un baratto non può essere di per sé una carta costituzionale, contraddizione in termini, ma prima in substantia. Nella Costituente del 1946/47 vi furono scontri e discussioni anche aspre, mediazioni compromessi e concessioni reciproche, ma sempre sul piano più alto delle idee e degli ideali, sorretti da lungimiranze oggi impensabili, che mai perdevano di vista il bene comune. Le discussioni erano tese a convincere o a farsi persuadere, ma non ebbero mai ad oggetto un qualsivoglia baratto.

Le costituzioni non si barattano. Neppure – o tanto meno – la nostra, anche se ha quel grande difetto di essere stata attuata solo in parte, spesso in ritardo, talora in malo modo. E proprio per questo resta di una straordinaria attualità e vitalità; come scriveva il mio concittadino Roberto Roversi aderendo al no di dieci anni fa: “dopo sessant’anni, nei quali è stata il nostro baluardo democratico, questa splendida Costituzione può – solo con attentissima cautela e sotto gli occhi di tutti – essere integrata o aggiornata di poco, per questi tempi avidi e maldestri”. Roversi è scomparso, ma scriverebbe identiche parole oggi.

Le costituzioni non si barattano. La possibile vittoria del NO al referendum non potrà essere un trauma per nessuno. Abbiamo già fatto l’’abitudine a traumi diversi da diverse direzioni. Dalla ri-elezione a-costituzionale del presidente Napolitano all’’elezione-nomina del Parlamento in carica con funzione costituente, senza che i cittadini ne fossero prima avvertiti apertis verbis. Dalla sentenza 1/2014 della Corte Costituzionale che ha delegittimato la regola elettorale detta allora “porcata” (poi porcellum) da chi la fece, fino all’’esclamativo “Enrico stai sereno” del “Giovanotto che parla a macchinetta” (Gustavo Zagrebelsky ndr), che da segretario Pd si prese anche la presidenza del consiglio. E poi l’’elezione del Presidente della Repubblica: da giudice della Corte Costituzionale lo stimato prof. Mattarella aveva concorso a dichiarare praticamente e largamente illegittimo questo Parlamento, che – di fatto in proroga – 15 mesi dopo Lo ha eletto alla massima carica dello Stato… E’ il Parlamento che abbiamo in questi tempi in cui siamo ormai disponibili o forse costretti a metabolizzare di tutto in vari modi, e sembra che a tutti prema soprattutto avere una memoria corta e far di tutto per accorciarla e meglio ancora rimuoverla.

Se fosse uno statista Renzi non vorrebbe stravolgere la Carta : certo non è una mosca bianca, viene da una storia che ha trattato la Costituzione nelle occasioni resesi necessarie e nelle celebrazioni rituali ricorrenti, ma poco di più hanno fatto, anche “le sinistre” d’i ogni tipo e tempo repubblicano. Mai l’ ’hanno assunta e proposta come valore fondamentale, educativo e formativo, almeno del loro popolo e del loro elettorato in certi momenti molto ampio.

Una costituzione non si baratta, men che meno con una legge elettorale. Essa è sempre di rilevanza costituzionale, non può attagliarsi su misura alla maggioranza in carica o in pectore, dev’essere il più condivisa possibile e soprattutto erga omnes proprio come recita e vorrebbe l’’art. 3 della Carta, articolo ancora in attesa di piena e sostanziale attuazione. Una legge elettorale almeno dignitosa deve essere sempre e in ogni caso per un tempo lungo certo più di una legislatura.

Quanto al voto referendario, privato ormai d’ogni valenza per la sopravvivenza del Governo quindi del presente Parlamento in proroga, bisogna votare No per troppe ragioni e sapere che per esempio l’’abolizione del Senato si sarebbe potuta ottenere – come si potrà dopo il No se ci sarà volontà politica – in 4/5 mesi. Si legga quell’art.70, che passerebbe da una frase breve e chiara a due cartelle di periodi infarciti di ben 15 (!) rimandi ad articoli commi periodi, come capita nella peggiore tradizione nostrana, da cui però si son sempre salvate le precedenti revisioni o modifiche costituzionali.

Alla libertà di coscienza che pervade lo spirito complessivo della nostra Carta, oggi in tanti sembrano preferire la “prudente” variabile della disciplina-di-gruppo-partito/vorrei-ma-non-posso/ci-sto-ancora-pensando/so-come-voterò-ma-non-lo-dirò-mai/è-schifosa-ma-finirò-col-votarla/scelgo-un-pacato-sì. Di quel grande costituente e parlamentare che fu Piero Calamandrei non si ricordano idee e ideali, ma soltanto la giacchetta sdrucita che tutti vorrebbero tirare dalla loro parte.

Vien da pensare un cattivissimo andreottiano pensiero:  l’Esecutivo s’è tanto impegnato nel tentar di cambiare la Carta, forse proprio in realtà per non fare le conclamate riforme ?

(a.q.) 27.11.2016