di Ivan Cavicchi
Al dottor Marco Vecchietti, consigliere delegato di Rbm Assicurazione Salute Spa, che, su Qs del 21 aprile, senza mai nominarmi apertamente, mi ha rivolto un sacco di critiche, desidero rispondere come si dice “per le rime”, cioè lealmente e direttamente, eliminando i sottintesi, le ellissi e soprattutto l’indicativo generico tipo “qualcuno dice” o “si dice”.
Caro dottor Vecchietti lasciamo perdere i giochetti e le tecnicalità, i nominalismi, e soprattutto la smetta di mostrarsi come l’uomo buono e giusto che vuole salvare il mondo, mostrando gli altri che contrastano i suoi interessi finanziari, come dei rottami ideologici del passato. Pensa davvero che non conosca la differenza tra le diverse specie di mutue? Se parlo genericamente di “mutue” sappia prima di tutto che lo faccio per farmi capire nel modo più semplice e per far capire che gli interessi che lei legittimamente rappresenta stanno mettendo in pericolo i diritti che, come avrà capito, altrettanto legittimamente io difendo. Per cui, se crede, facciamo una discussione seria ma a carte scoperte.
L’ideale della giustizia
Comincerei con una domanda: quando parliamo di sanità, di mutue, di seconda gamba, di universalismo, qual è il l’ideale regolativo di partenza? Lo scopo dello scopo?
Per me è la giustizia che, per me, funziona come la verità rispetto ad un pensiero, l’interesse rispetto all’economia, il valore morale rispetto all’etica. J. Rawls, che non è un marxista e neanche l’ideologo del movimento 5 stelle e men che mai l’ispiratore della Leopolda (magari fosse), è un filosofo liberale probabilmente, a sentire Amartya Sen, il più lucido critico dell’utilitarismo (concezione filosofica che pone la ricerca dell’utile individuale come motivo fondamentale dell’agire umano). Egli è l’autore della teoria sicuramente più citata negli ultimi 40 anni quella della “giustizia come equità”.
Egli sostiene una cosa che, quando penso alle mutue del dottor Vecchietti, mi viene sempre in mente: le cose (leggi, istituzioni, mutue, incentivi, ecc.) se sono ingiuste, anche se fornissero un certo grado di benessere alla società o a parti di essa nel suo complesso, andrebbero cambiate.
E scrive “ogni persona possiede un’inviolabilità fondata sulla giustizia su cui neppure il benessere della società nel suo complesso può prevalere. Per questa ragione la giustizia nega che la perdita della libertà per qualcuno possa essere giustificata da maggiori benefici goduti da altri”, (Una teoria della giustizia, 1971).
Questa tesi ritiene quindi che, prima del valore degli interessi (utilitarismo), viene quello della giustizia (egualitarismo). Una società che pensasse ad esempio con le mutue, di poter controbilanciare i sacrifici imposti ai più deboli con una maggiore quantità di vantaggi goduti dai più forti, per Rawls, sarebbe una società ingiusta. E io, se penso alle mutue, sono d’accordo con lui.
Per “egualitarismo” si intende una concezione politico-sociale tendente a realizzare un’uguaglianza di fatto, fondata sull’equa ripartizione dei beni e delle ricchezze tra tutti i membri della collettività. La salute è un bene solo se è giusta. Il diritto alla salute senza giustizia diventa un privilegio di qualcuno contro qualcun altro. Le mutue alla fine sono tutele privilegiate. Ecco perché difendo e difenderò sempre l’universalismo.
Una sanità “bene-ordinata” (come la chiamerebbe Rawls) non è solo quella che promuove il bene salute, ma soprattutto è quella che redistribuisce questo bene in modo egualitario. Seguendo l’insegnamento di Rawls le mutue sarebbero giuste solo se producessero benefici maggiori in particolare per i membri meno avvantaggiati della società.
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