I primi dieci giorni di Donald Trump

GB Zorzoli

 

donald-trumps-hairDurante le primarie repubblicane ci rassicuravano così: i discorsi sopra le righe gli servono per battere i competitors; ottenuto il risultato, modererà i toni.

Analogo ritornello nel corso delle elezioni presidenziali: dopo, dovrà fare i conti con la Realpolitik.

Adesso è la Realpolitik a dover fare i conti col presidente Donald Trump. E non solo lei. Per riuscirci, occorre però cambiare registro, lezione che i media tradizionali non hanno ancora imparato.

Giornali, radio, televisioni hanno addolcito la notizia sull’ executive order anti-migranti, accompagnandola con i servizi sulle manifestazioni di protesta. OK sul piano dell’informazione, ma – forse sono stato disattento – non è stato fatto notare che nessuna di queste iniziative si è svolta in Alabama o nell’Arkansas, cioè negli stati che hanno fatto vincere Trump. È un bene che l’America sconfitta reagisca; per fortuna c’è ancora una giudice federale a New York; fa piacere che i vertici di Google, Facebook, Netflix, Airbnb e di altre aziende digitali si siano espressi contro il blocco all’immigrazione. Tuttavia, agli occhi di chi ha votato Trump tutti costoro, come pure i media tradizionali, fanno parte dell’élite, che strilla perché alla Casa Bianca è arrivato qualcuno deciso a mantenere la promessa «America first», chiudendo le frontiere e riportando all’interno del paese la vecchia, buona industria.

Considerazioni analoghe valgono per il muro al confine col Messico o per la “Velocizzazione della valutazione ambientale e della successiva approvazione dei progetti infrastrutturali con alta priorità”, affiancata dalla revoca del blocco per i due controversi oleodotti Keystone XL e Dakota Access. Obiettivo che, tradotto dal latino in lingua volgare, significa realizzarli – con effetti positivi, seppur temporanei su economia e occupazione – fregandosene dell’ambiente e del rischio per i circa 8.000 membri della tribù Sioux di Standing Rock, derivante dal possibile inquinamento delle acque del lago Oahe, da cui dipendono anche le forniture idriche di molti altri cittadini americani.

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Bando dei musulmani, Trump colpisce ancora

31.01.2017  Fonte  Pressenza New York

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Bando dei musulmani, Trump colpisce ancora

Lunedì notte il Presidente Donald Trump ha licenziato il Ministro della Giustizia Sally Yates,  poche ore dopo il suo annuncio che il ministero non avrebbe difeso l’ordine esecutivo che impedisce temporaneamente l’ingresso negli Stati Uniti ai profughi e ai cittadini di sette paesi a maggioranza musulmana – Iran, Iraq, Libia, Somalia, Sudan, Siria e Yemen. Trump le aveva chiesto di svolgere la funzione di Ministro della Giustizia fino alla conferma da parte del Senato del suo stretto alleato Jeff Sessions, definito dal Washington Post il “padrino intellettuale” del bando anticostituzionale dei musulmani.

“Jeff Sessions è un razzista e un islamofobo. Non deve essere il nostro prossimo Ministro della Giustizia,” ha detto il Colonnello in pensione Ann Wright, mentre veniva arrestata e trascinata via dalla Commissione Giustizia del  Senato.

Il Presidente della National Association for the Advancement of Colored People Cornell Brooks è stato arrestato due volte durante i sit-in organizzati davanti all’ufficio di Jeff Sessions in Georgia.

Fonti:

https://www.democracynow.org

http://www.codepink.org/

fonte PRESSENZA che ringraziamo