Referendum trivelle: è molto più di un quesito

 

 

I media ,  in gran parte allineati al governo, tacciono sul referendum. Il PD fa campagna per l’astensionismo. Per questi motivi ho raccolto diversi materiali, interviste, documenti che fanno chiarezza sul vero pericolo che corrono alcune Regioni come Veneto, Emilia Romagna se dovesse persistere nel tempo l’estrazione di metano in aree vicine alla costa: la subsidenza che provocherebbe danni ambientali ed economici ben superiori al ricavo del metano estratto. I link rinviano ai testi completi dei documenti e degli articoli segnalati.

Articolo tratto dalla Agenzia Agensir 

Referendum trivelle: è molto più di un quesito
…………   Massimiliano Ferronato, professore di Analisi numerica, Sviluppo di modelli per la previsione delle subsidenze e dell’impatto geomeccanico dell’estrazione di idrocarburi all’università di Padova, di trivellazioni se ne intende.
“Geologicamente la pianura padana e la dorsale adriatica fino all’Abruzzo presentano diversi giacimenti promettenti, alcuni sfruttati dagli anni ’50. L’area adriatica è abbastanza ricca e in mare i giacimenti si trovano a una profondità tra i 1.000 e i 1.500 metri. Il gas è contenuto nei pori di una roccia molto dura che viene bucata e si succhia. L’effetto è quello di una spugna rigida: quindi, estraendo, la roccia si compatta e si realizza una deformazione che arriva alla superficie”.

Questo significa che il suolo si abbassa?
Sì, è la subsidenza il fenomeno principale che si deve affrontare. Non bisogna aver paura a priori di questo movimento, perché può essere studiato e previsto. In Adriatico abbiamo conoscenza di cosa può succedere grazie all’elaborazione di modelli matematici che si applicano con ottima affidabilità. Il fenomeno è insignificante se il suolo cala di 10 centimetri in mare aperto, perché produce un impatto minimo, ma se si verifica accanto alla costa il risultato è ben diverso: un abbassamento di 10 centimetri a Sottomarina significa perdere un chilometro e mezzo di spiaggia.

Quindi meglio non trivellare?
Si deve considerare la vulnerabilità del territorio per prevedere quale sarà l’impatto e dunque decidere quando e dove trivellare. Non dobbiamo però usare un approccio ideologico: sfruttare le risorse ha un impatto importante per l’economia, sia per quanto riguarda i posti di lavoro sia, soprattutto, rispetto alla bilancia dei pagamenti.

Che confine rappresentano le 12 miglia marine?
Le 12 miglia sono un confine più sicuro per la linea di costa che subisce una subsidenza minore. Ma in mare il fenomeno è solitamente poco significativo.

E sulla terraferma?
Per trivellare in terraferma è necessario studiare caso per caso e mettere in relazione la zona interessata con la vulnerabilità del territorio. In Lombardia in passato si è trivellato a un’altezza di 50 metri sul livello del mare e il calo è stato di qualche decina di centimetri. In Polesine questo non si può fare, sarebbe devastante.

È possibile che l’attività nel sottosuolo sia causa di terremoti?
Sì, gli studi hanno rilevato un collegamento e in genere si tratta di microsismi di 1- 1,5 gradi, ma se pensiamo al terremoto che nel 2012 ha colpito duramente l’Emilia, tutti gli studi condotti hanno detto no: non esiste alcun collegamento. La trivellazione raggiunge i mille, millecinquecento metri di profondità mentre il sisma ha avuto l’epicentro a 6 km di profondità e si sa che il sisma indotto dalle trivellazioni non si può propagare oltre i 300 metri.

fonte: leggi l’articolo completo
http://agensir.it/italia/2016/03/15/referendum-trivelle-e-molto-piu-di-un-quesito/

———————
Referendum trivelle: la mappa di Legambiente delle piattaforme in Emilia Romagna

Trivelle: la mappa di Legambiente delle piattaforme in Emilia Romagna
47 piattaforme collegate a 319 pozzi. Gli ambientalisti: “Coprono a malapena l’1,7% del fabbisogno di gas nazionale. Titoli già rilasciati entro le 12 miglia senza scadenza: una normativa che non vale per nessun’altra concessione e lascia la possibilità di appropriarsi di una risorsa pubblica a tempo indeterminato”

Referendum trivelle: la mappa di Legambiente delle piattaforme in Emilia Romagna
„ Si avvicina il referendum del 17 aprile per dire sì o no alle trivelle. Per la prima volta dai tempi della scelta sul nucleare, i cittadini italiani hanno la possibilità di incidere sulle decisioni strategiche del Paese in materia di energia.
Votando Sì al quesito proposto, si abrogherà infatti la possibilità che la scadenza delle concessioni in essere per l’estrazione e la ricerca di idrocarburi entro le 12 miglia marine dalla costa, venga estesa.

“All’infinito. Possibilità mai concessa prima, di cui il nostro Paese ha tutt’altro che bisogno”, così Legambiente, che ripercorre le tappe: “Il governo, infatti, con un emendamento alla legge di Stabilità 2016 (che modifica il decreto legislativo 152/2006) ha sì vietato tutte le nuove attività entro le 12 miglia marine, ma ha deciso che i titoli già rilasciati possano rimanere vigenti “fino a vita utile del giacimento”.

Gli ambientalisti sottolineano invece che “mettere una scadenza alle concessioni date a società private che svolgono la loro attività sfruttando beni appartenenti allo Stato, è una precisa regola comunitaria. Non si capisce quindi perché, in questo caso, le compagnie petrolifere debbano godere di una normativa del tutto speciale che non vale per nessun’altra concessione, perché azzera ogni scadenza temporale e lascia loro la possibilità di appropriarsi di una risorsa pubblica a tempo indeterminato”.

trivelle-3

LA SITUAZIONE IN EMILIA ROMAGNA.

Entro le 12 miglia, lungo le coste della nostra regione ci sono ad oggi 15 concessioni di estrazione di gas (nessuna di petrolio) per un totale di 47 piattaforme collegate a 319 pozzi di estrazione. E’ questa la mappa tracciata da Legambiente, che parla di un “numero enorme, pari quasi alla metà di tutte quelle presenti sul territorio nazionale, che però contribuisce in maniera insignificante al fabbisogno nazionale e nulla potrebbe in caso di crisi energetica”. (qui la mappa interattiva con i dati e la posizione delle piattaforme in regione).
Dati “inconfutabili – sottolineano gli ambientalisti – stimano che le riserve certe sotto i fondali italiani sarebbero sufficienti (nel caso dovessimo contare solo su di esse) a soddisfare il fabbisogno nazionale di petrolio per sole 7 settimane e quello di gas per appena 6 mesi”.

La produzione di Gas degli impianti attivi entro le 12 miglia in Emilia Romagna, nel 2015, è stata infatti di 1,15 miliardi di Smc. Se si confronta il dato la quantità di gas estratto a livello nazionale, pari a circa 62 miliardi di Smc nel 2014, si evince che l’incidenza della produzione delle piattaforme regionali ricadenti nel quesito referendario, è pari a poco più dell’1,8% dell’intera produzione nazionale di gas, e copre non più dell’ 1,7% dei consumi nazionali lordi.

“Oltre al loro contributo irrisorio – denuncia Legambiente – per l’indipendenza energetica del paese, le attività estrattive nella zona dell’Alto Adriatico sono però la principale causa antropica del fenomeno della subsidenza, l’abbassamento del suolo dovuta alla perdita di volume del sedimento nel sottosuolo. Gli effetti più rilevanti della subsidenza si registrano in particolare sulla fascia costiera dell’Emilia Romagna che negli ultimi 55 anni si è abbassata di 70 cm a Rimini e di oltre 100 cm da Cesenatico al Delta del Po”.
Alcuni studi -aggiungono gli Ambientalisti – “riportano come l’abbassamento di 1 centimetro all’anno comporta, nello stesso periodo, una perdita di 1 milione di metri cubi di sabbia su 100 km di costa, che significa spendere annualmente 13 milioni di euro per il ripascimento delle spiagge, contro i 7,5 milioni di euro all’anno ottenuti come Royalties dalle compagnie petrolifere. La subsidenza aumenta inoltre l’impatto delle mareggiate e delle piene fluviali, favorendo l’erosione costiera, con perdita di spiaggia ed effetto negativo sulle attività turistiche rivierasche. Non vi è quindi alcun dubbio che il costo per la collettività sia di gran lunga maggiore del vantaggio che ne potrebbe derivare. Senza considerare il fatto che i consumi di questa fonte fossile negli ultimi dieci anni sono diminuiti del 21,6%, passando dai 86 miliardi di metri cubi del 2005 ai 67,5 miliardi del 2015”.
Potrebbe interessarti: http://www.bolognatoday.it/cronaca/referendum-trivelle-piattaforme-emilia-romagna-legambiente.html
Seguici su Facebook: http://www.facebook.com/pages/BolognaToday/163655073691021
—————————
Il passato 
Documento 1)

 

CALOI PIETRO Sui fenomeni di anormale abbassamento del suolo,con particolare riguardo al Delta Padano di Pietro Caloi
30 Maggio 1967

https://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=2&cad=rja&uact=8&ved=0ahUKEwjw5Om1ndDLAhVljnIKHckJAwkQFggvMAE&url=http%3A%2F%2Fwww.annalsofgeophysics.eu%2Findex.php%2Fannals%2Farticle%2Fdownload%2F4999%2F5072&usg=AFQjCNE_iiX3W8l8dK-ySSpA8MNTxepcmA

“… Nel 1957—epoca alla quale si riferiscono, in genere, le varie pubblicazioni del C.I.M.—erano in funzione 1500 pozzi. Da ogni pozzo escono giornalmente, in media 500 m3 d’acqua ed altrettanti, per separazione spontanea, di gas metano. Pertanto, una estrazione annua di acqua pari a 275 milioni circa di m3 e altrettanti di gas metano.
… nella regione del delta padano i pozzi metaniferi si affondano tra i 200 ed i 650 m e le condizioni dei giacimenti non consentono l’estrazione del gas senza la fuoruscita di acque. Ed è appunto sulla sottrazione delle acque sotterranee, piuttosto che sul gas stesso, che è necessario soffermarsi. Infatti, il gas metano — nella zona — si trova generalmente emulsionato con acqua salmastra in strati sabbiosi.
– … orizzonti a profondità oltre i 600 m, benché mineralizzati a gas, normalmente non vengono sfruttati a causa della fine granulometria delle sabbie, che non sono trattenute dai filtri.
– … i pozzi vengono messi in produzione insufflando gas metano, mancando ormai, nella quasi totalità dei casi, salienza spontanea. L’iniezione di gas all’interno dei pozzi viene fatta ad una profondità che varia da 80 a 230 m, in modo da creare un alleggerimento della colonna d’acqua sovrastante e stabilire un flusso continuo della emulsione di acqua e gas. …
-… possiamo quindi constatare come l’acqua venga prelevata dal suolo in grandissima quantità, e come ciò agisca sulle velocità di abbassamento relative alle zone trivellate.
-… l’estrazione dal sottosuolo di queste grandi quantità d’acqua che, già intorno al 1957, era per la sola provincia di Rovigo di quasi 230 milioni di m3 — effettuata a mezzo di circa 1.400 pozzi attivi e, nella zona del Delta, di 170 milioni di m3 (900 pozzi attivi) — portava quindi ad un progressivo abbassamento del livello piezometrico (da 20 a 30 m sotto il piano di campagna) ed inoltre, il rapporto acqua/gas, soggetto a sensibili variazioni, si aggirava in media da 1,2 a 1,4.
-… imporre la chiusura dei pozzi di estrazione, a partire dal Marzo 1960 e con un opportuno programma di sospensione. Quanto questo, sia pur forzatamente tardivo provvedimento, fosse giusto, fu prontamente provato dai fatti …; a mano a mano che l’area di divieto di estrazione delle acque metanifere veniva estendendosi, immediatamente, nelle zone interessate, andava progressivamente diminuendo l’entità degli abbassamenti.
-… l’estrazione di quest’acqua, insieme all’estrazione di acqua dolce per usi domestici ed industriali negli anni della ricostruzione contribuì ad amplificare la subsidenza del Delta e molti terreni già bonificati tornarono ad allagarsi”

Corriere della Sera 14.03.2005:

“Un pozzo, un impianto di decantazione e alcune centinaia di metri di tubi per raggiungere la casa, il capannone, la serra o l’essiccatoio. È questa la tecnica «fai da te» utilizzata dagli agricoltori del Polesine per risparmiare sui costi dell’ energia. Magari è un po’ rischiosa ma funziona: il metano, così, è gratis. Tra Ferrara e Rovigo, nei paesini delle valli bonificate in epoca fascista, ai confini del Delta del Po c’è chi è andato avanti così per anni, anzi decenni. Famiglie, piccoli agricoltori ma anche intere aziende agricole, che non hanno mai pagato un soldo di bolletta né ad altri distributori autorizzati nè tantomeno tasse e royalties. Conti alla mano, c’ è chi ha evitato di sborsare dai 3 ai 10mila euro l’anno… Quanti siano questi pirati del metano, per ora, non si sa: la Guardia di Finanza di Ferrara, coordinata dal colonnello Claudio Pesole, ha scoperto il primo impianto abusivo un mese fa. Poi via via, setacciando le campagne, ne ha scovati altri. Per il momento gli impianti portati alla luce sono una decina ma gli inquirenti pensano che si tratti di una pratica ben più diffusa … si trovano nel sottosuolo, a poca profondità, falde di acque metanifere. Per trovare il gas basta scavare un pozzo profondo da poche decine fino a qualche centinaia di metri. Un sistema di scarico disperde le acque residue, tipicamente di colore giallo-rosso, nei canali di irrigazione mentre una rete di tubi porta il metano ai capannoni, alle serre, alle abitazioni o alle bombole di stoccaggio. Non si tratta di giacimenti di gas di dimensioni tali da interessare una grande compagnia petrolifera ma nel Dopoguerra erano sufficienti a sostenere l’economia di una regione depressa come il Polesine. Nessuno ha mai fatto stime ma negli anni ‘ 50 e ‘ 60 tra Ferrara, Rovigo e Ravenna furono estratti artigianalmente milioni e milioni di metri cubi di gas. Oltre al danno patrimoniale, tale da mandare in fallimento una piccola impresa, c’è poi il rischio concreto di saltare per aria con il proprio pozzo. Gli impianti sono privi di dispositivi di sicurezza e le fughe di gas sono all’ ordine del giorno. Nel 1962 le mappe del Corpo Minerario segnalavano la presenza di 6mila pozzi autorizzati. Ma gli addetti ai lavori stimavano l‘esistenza di almeno altri 4 mila perforazioni abusive. Per trivellare bastava chiedere la concessione per un pozzo d’irrigazione ma spesso lo scopo reale era l’estrazione di idrocarburi. Per chiudere tutti i pozzi ufficiali ci sono voluti vent’anni. Gli ultimi atti depositati all’ente minerario risalgono al 1985. «Ma guarda caso – commenta il colonnello Pesole – uno degli impianti che abbiamo trovato in funzione è proprio fra quelli risultavano ufficialmente chiusi da quella data»”

Da “Consorzio Metano Italiano, CMI”, risulta che fra gli anni 1938 e il 1956 nella sola provincia di Rovigo sono stati estratti circa 1.700.000.000 (un miliardo settecentomilioni) di m3 di gas, più di 5 volte la produzione complessiva nella provincia di Ferrara e 3 volte la produzione complessiva nella provincia di Venezia negli stessi anni. Come risulta da quanto esposto, la quasi totalità di tale produzione è ascrivibile alle acque metanifere, produzioni accompagnate da volumi simili di acqua prodotta: come minimo sono stati emunti dal sottosuolo di Rovigo fra gli anni 1938 e 1956 circa 1.200.000 (un miliardo duecento milioni) di m3 di acqua, equivalenti ad un depauperamento della risorsa idrica medio giornaliero di 3.260.000 di m3 di acqua.

Documento 2)

Una relazione del Consorzio di Bonifica Delta Po Adige fornisce alcuni dati per comprendere la portata dell’intervento dell’uomo su un territorio che per la sua natura alluvionale è soggetto a fenomeni di subsidenza naturali.[1] Dagli anni ’30 e soprattutto negli anni ’40 e ’50, fino alla sospensione decisa dal Governo nel 1961, furono estratti nel territorio del Delta del Po miliardi di m³ di metano e gas naturali. L’estrazione avveniva da centinaia di pozzi (una trentina nel Delta) che non raggiungevano i 1000 metri di profondità. Tramite dei manufatti in calcestruzzo[non chiaro], in parte ancora visibili su territorio, il gas veniva inviato alle centrali di compressione, mentre l’acqua salata prodotta (1 m³ di acqua per ogni m³ di gas estratto) veniva scaricata nei fossi e negli scoli.

Dal 1954 al 1958 furono estratti 230 milioni di m³ di gas per anno; nel 1959 si salì a 300 milioni.
Dal 1951 al 1960 furono misurati abbassamenti medi del suolo di un metro con punte di due metri; nonostante la sospensione delle estrazioni del 1961 il territorio continuò a calare nei 15 anni successivi; dall’inizio degli anni ’50 a metà degli anni ’70 il territorio si è abbassato mediamente di oltre 2 metri sino a punte di 3,5 metri. Rilievi recenti dell’Istituto di Topografia della Facoltà di Ingegneria dell’Università di Padova hanno stabilito che i territori deltizi dell’Isola di Ariano e dell’Isola della Donzella si sono ulteriormente abbassati di 0,5 metri che vanno ad aggiungersi ai 2 – 3 metri sotto il livello del mare del territorio.

Documenti 3 e 4
http://ambiente.regione.emilia-romagna.it/geologia/archivio_pdf/costa/Strategie_strumenti_gestione_costa_ER_Coastance.pdf/at_download/file/Strategie_strumenti_gestione_costa_ER_Coastance.pdf

http://www.lidodidanteravenna.com/archivio/news/73/All%201_Pubblicazioni%20subsidenza.pdf

http://www.piunotizie.it/news/pagina1039878.html

Mi fermo qui per dare modo di leggere con calma questi materiali, Ho molte altre documentazioni che potrei postare da qui al 17 marzo .
Dato che il Comitato per il NO ha deciso di fare stare a casa i suoi fans posso postarli anche dopo il 17 🙂

Le piccole e un pò squallide furberie della maggioranza del PD  che punta all’astensione per fare fallire il referendum del 17 aprile danno la dimensione della modestia intellettuale e politica di un gruppo dirigente che invece di affrontare il merito delle strategie energetiche invita “i cittadini ad andare al mare”.  Umiliare le Regioni che hanno promosso il referendum e le Associazioni ambientaliste senza confrontarsi nel merito avrà come risultato la perdita della residuale credibilità istituzionale di questo governo….

 Per questo il 17 aprile bisogna votare e votare SI  al quesito referendario.

Gino Rubini 20 marzo 2016

 

 

 

 

 

Brasile: colpo di stato mediatico-giudiziario

 

Pubblicato il 11 mar 2016

Con l’arresto di Lula, un nuovo tentativo di golpe in Brasile, che segue di tre mesi la richiesta d’impeachment per la presidente Dilma Rousseff. Ma questa volta il colpo di zappa sembra essere andato sui piedi dei golpisti: ancora una volta il processo sociale torna alla ribalta con grande potenza e offusca gli scenari fasulli che i media controllati dalle oligarchie avevano preparato per la rappresentazione. Il Partito dei Lavoratori, dopo i momenti di difficoltà vissuti nei mesi passati, ritrova la forza e la volontà di ricompattarsi, e ritrova il sostegno di altri partiti progressisti, di movimenti sindacali e dello storico movimento dei Senza Terra.
Approfondimenti su Lava Jato
http://www.pandoratv.it/?p=6215

Il Pd non ha capito che cosa succede

Il Pd non ha capito che cosa succede

fonte Blog Giubberosse

Leggi le reazioni all’intervista durissima di D’Alema o a quelle di Bersani e Bassolino e capisci che nel Pd non capiscono quello che sta succedendo fuori dal Palazzo. No, proprio non c’è verso, altro che cambiaverso e lavoltabuona.
Il problema non sono D’Alema, Veltroni, Bersani (che pure sono tre ex segretari, mica passanti), il problema non è Prodi (che pure è un ex due volte premier e presidente della Commissione Ue, mica un professore emerito), il problema non è Bassolino (che pure è un ex sindaco ministro presidente di Regione, mica un podista della domenica). No, il problema vero non sono loro che a volte sbagliano a volte l’azzeccano come succede a ogni essere umano che non sia illuminato da qualche Sacra Missione.
Il problema vero è che c’è un’incazzatura in giro contro un Pd autoreferenziale, dove il massimo di espressione dirigente è, come scrive oggi Reichlin,  ripetere a pappagallo le frasi del Capo e dove si tenta di nascondere sotto il tappeto ogni problema perché tanto è roba da gufi. Un partito capace di non scandalizzarsi se qualcuno gonfia le schede bianche e nulle alle primarie di Roma perché che volete che sia. Che non si scandalizza se alle primarie di Napoli c’è chi pagava gli elettori fuori dai seggi e chi faceva votare esponenti di destra dentro i seggi perché tanto il risultato non cambia e quindi niet al ricorso legittimo di Bassolino battuto per soli 452 voti. Un partito che ha fatto dell’apologia del leader e delle sue gloriose corse verso il futuro luminoso la sua ragione politica. Un partito che esalta con immaginifica enfasi qualche zero virgola in economia credendo di aver raggiunto i mirabolanti obiettivi di un novello piano quinquennale. Un partito infine che non sa più distinguere il vero dal falso e non ha nemmeno la più pallida idea di che cosa sia la vita reale dell’Italia reale.
No, il problema non sono D’Alema, Prodi, Bersani o Veltroni perché di loro come di ogni leader democratico che si rispetti si può anche fare a meno. Il problema sono quegli elettori che sono stanchi di propaganda, stanchi di sentire sempre le stesse parole sempre su di giri, stanchi di essere raggirati quando votano alle primarie e non possono fidarsi di chi dirige il traffico dello spoglio, stanchi di sentirsi definire truppe cammellate di qualche capobastone se decidono di non andare ai gazebo. Stanchi a tal punto che spesso non sanno più per chi votare e se votare.
Ecco qual è il vero problema cari dirigenti del Pd. Voi potrete continuare a far finta di niente, a dire che l’Italia corre e voi con lei, che chi non corre gufo è e che le primarie sono state un trionfo di popolo e di partecipazione e che tutti quelli che la pensano diversamente sono da asfaltare.  Ma il rischio è che alla fine di questa fantasmagorica marcia trionfale sia asfaltata la sinistra. E resti un triste desolante deserto.

fonte blog giubberosse

Al renzismo non c’è mai fine

Dai diritti alle regalie ai poveri e ai giovani. È la filosofia di Matteo Renzi. Ma per le regalie servono soldi, dove va a cercarli il “sindaco d’Italia”? Nei patrimoni dei ricchi e dagli evasori fiscali, o rinunciando a Tav e ponte sullo Stretto? Macché, così si fermerebbe una crescita che solo Renzi vede. Meglio seguire altre strade: spremere i lavoratori bloccando i rinnovi contrattuali nel pubblico, cancellando il contratto nazionale nel privato e – riconsegnato con il jobs act tutto il potere ai padroni – puntando tutto sul secondo livello a cui una minoranza può accedere, sostituendo gli aumenti salariali nella parte fissa del salario con aumenti variabili, detassati, legati all’andamento aziendale; tagliando sanità, previdenza, istruzione e sostituendo l’universalità dei diritti con il welfare aziendale; colpendo ancora i pensionati – ultimo ammortizzatore sociale per i giovani senza lavoro e senza reddito di cittadinanza – già fatti a pezzi dalla Fornero, strizzando le pensioni di reversibilità ai coniugi dei lavoratori deceduti.
Eppure Renzi tiene, e se si crede ai sondaggi aumenta i consensi così come il Pd. Gli italiani sono matti? Più che matti sfiancati, paralizzati dalla crisi della rappresentanza politica e sociale. La forza di Renzi sta nell’assenza di alternative, e se la democrazia agonizza tanto vale tenersi l’uomo solo al comando, mica è la prima volta nel Belpaese. L’unico scontro in atto, dentro e fuori il Pd, è sulle unioni civili con il riemergere dell’eterna subalternità di tanta politica alle fatwe vaticane. Per il resto, basta guardare alle prossime comunali nelle principali città: a Roma, commissariata per Mafia capitale, dove l’impresentabile Pd va sfiduciato alle primarie mentre la destra si scanna sul Bertolaso dei grandi eventi, pupillo di Berlusconi, l’uomo dei massaggi speciali nei centri benessere e dello scandalo del G8 mancato all’Aquila terremotata; a Milano, drogata dall’Expo che dice addio al modello Pisapia anche grazie a Pisapia e ai suoi infedeli seguaci che si autocancellano e mette due figure identiche a combattere per la poltrona di sindaco, il neo-renziano Sala, già deus ex machina di Moratti, ex ad Pirelli e dg Telecom ed Expo per il Pd (te la do io la classe operaia) e Parisi, già deus ex machina di Albertini, già Cgil e Psi per la destra; Napoli, dove per battere il sindaco di sinistra De Magistris dal cappello del Pd esce un Bassolino d’annata sfidato da una ex bassoliniana, mentre la destra non si vede all’orizzonte; Bologna, dove il Pd spera che la maggioranza degli scontenti resti a casa e i pochi contenti possano confermarlo al potere, magari di nuovo con il 37% dei votanti, mentre si cerca un candidato che unisca quel che resta a sinistra; sembra resistere l’alleanza Pd-Sel solo nella Cagliari del sindaco di sinistra Zedda; infine Torino, dove il sindaco Fassino con azionisti di destra, pd e centro non ha rivali, salvo la buona candidata 5 Stelle e dove la sinistra si è unita intorno al nome di Giorgio Airaudo, un nome di qualità allevato in casa Fiom. Ma chi in alcune città rischia vincere è fuori dalla mischia, i 5 Stelle degrillizati (solo) nel simbolo, forti delle miserie altrui al punto da permettersi di schierare candidati sconosciuti ai più.
In attesa del braccio di ferro sulle unioni civili, Renzi sogna il miracolo a Milano mentre dà per quasi persa Roma e mette le mani avanti: chiunque vinca, hic manebimus optime e punta tutto sul referendum d’autunno sulle riforme istituzionali che smantellano Costituzione e democrazia parlamentare. Non senza aver prima impedito l’election day tra amministrative e referendum contro le trivellazioni del povero Adriatico, che si svolgerà prima al costo aggiuntivo di 300 milioni nella speranza che fallisca il quorum.fonte area7.ch

La sindrome del socio Conad della pubblicità e Mauro Felicori  

 

 

Conosco da anni Mauro Felicori, da bolognese come lui non mi stupisce il fatto che lavori fino a tardi…

La sindrome del socio Conad della pubblicità che si alza nel cuore della notte per andare a verificare che gli yogurth stiano bene al fresco e le mortadelle non rotolino da sole dagli scaffali si attaglia bene al neo direttore della Reggia cui auguro pieno successo nella sua impresa. Una domanda tuttavia mi viene spontanea : perché in questo paese è ancora così forte la retorica stakanovista ? Vi era un tempo in cui la Pravda descriveva come all’interno del Cremlino vi fosse una finestra con la luce sempre accesa , era quella dello studio del compagno Stalin che lavorava tutta la notte per la patria del socialismo. Qualcosa del genere si può ritrovare anche nella stampa degli anni 30 del secolo scorso, quando il crapone romagnolo si attardava fino alle prime luci dell’alba a Palazzo Venezia per lavorare per il popolo italiano…. L’elenco potrebbe continuare con altri personaggi meno detestabili dei due sopracitati.
Ritengo tuttavia sia doveroso smontare l’ondata di retorica stakanovista di molti quotidiani che hanno approfittato del documento scritto da due o tre sprovveduti  e assai “ingenui” rappresentanti sindacali. Infatti per chi conosce un po’ le nuove teorie di management organizzativo in uso in grandi aziende sa bene che viene giudicato molto negativo il fatto che un dirigente si attardi a notte fonda in ufficio : vuol dire che non sa usare bene le ore diurne, che si è organizzato male. In diverse multinazionali e proibito rimanere in ufficio oltre l’orario previsto dal contratto o da regolamento aziendale. Infatti non serve che uno arrivi al lavoro il giorno dopo stracotto.
È ancora, grandi aziende tedesche e USA hanno adottato nei loro server aziendali programmi che interrompono dopo l’orario di lavoro al sabato e alla domenica il recapito
ai dipendenti di email di lavoro… Voglio dire che la canea sollevata su questo caso è molto provinciale e superficiale. Certo , e’ possibile che vi siano aree di fannullismo che vanno combattute ma queste non si sconfiggono con la retorica stakanovista che è l’altra faccia del problema, occorrono relazioni e regole chiare per tutti perché bastino le ore di lavoro normali per fare funzionare il tutto.
Ancora un augurio a Mauro perché consegua fino in fondo i risultati che si è prefisso e un augurio anche agli sprovveduti sindacalisti locali: ragazzi studiate studiate studiate e pensateci bene prima di scrivere documenti che fanno del danno ai lavoratori e al sindacato…

RAVENNA, SALUTE E SICUREZZA NEL LAVORO OGGI, INTERVISTA AD ANDREA MARCHETTI

SALUTE E SICUREZZA NEL LAVORO A RAVENNA
INTERVISTA AD ANDREA MARCHETTI CGIL RAVENNA

 


Abbiamo intervistato Andrea Marchetti, responsabile per la Cgil del Coordinamento Salute e Sicurezza nel Lavoro sullo stato dell’arte nel territorio di Ravenna.
Come stanno andando le cose a Ravenna, un territorio con molte realtà produttive di grande complessità, dal porto all’industria chimica ove la gestione dei rischi da parte delle aziende è il fattore primario per evitare gravi incidenti sul lavoro e ridurre l’impatto sulla salute non solo dei lavoratori ma anche della popolazione ?
Queste ed altre sono le domande che abbiamo rivolto ad Andrea Marchetti.

L’INTERVISTA