Tra il buio del fascismo e lo schiavismo neoliberista

FONTE ALFABETA2  CHE RINGRAZIAMO

Franco Berardi Bifo

Sembra inevitabile di questi tempi scegliere tra schiavismo e fascismo. Lo schiavismo neoliberale ha vinto in Francia fermando (temporaneamente) l’avanzata del fascismo, e pare che dobbiamo esserne contenti. La vittoria di Emmanuel Macron permetterà di allentare lo strangolamento che ha asfissiato i lavoratori dell’Unione Europea? Credo piuttosto che la vittoria di questo estremista liberista sia destinata a intensificare in Francia l’offensiva anti-sociale, l’impoverimento dei lavoratori, la precarizzazione.

Emmanuel Macron si è presentato sulla scena promettendo di licenziare 120.000 impiegati pubblici, e ha ottenuto il sostegno di François Fillon, il quale, per parte sua, mentre intascava un milione di euro intestati alla moglie Penelope, prometteva di licenziarne 500.000. Macron ha promesso di portare a termine le riforme timidamente abbozzate dal governo Hollande, e di rivedere la loi el Khomri così da rendere più fluida la precarizzazione del lavoro che negli anni scorsi non è stata imposta fino in fondo per le resistenze della società. Macron, che si è formato culturalmente all’interno del sistema bancario, ha un compito: sfondare la resistenza della società francese per piegarla definitivamente all’ordine finanziario.

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Il cittadino Macron arriva all’Eliseo

FONTE SBILANCIAMOCI

La Francia ha dunque il suo presidente. È stato votato dal 66,06% degli elettori, in sostanza oltre 20 milioni di persone. Marine Le Pen ha totalizzato il 33,94% cioè 10 milioni e 600 mila francesi, cioè il doppio di quanto era riuscito a suo padre nel 2002. L’astensione è stata del 25,38, pari a 12 […]

La Francia ha dunque il suo presidente. È stato votato dal 66,06% degli elettori, in sostanza oltre 20 milioni di persone. Marine Le Pen ha totalizzato il 33,94% cioè 10 milioni e 600 mila francesi, cioè il doppio di quanto era riuscito a suo padre nel 2002. L’astensione è stata del 25,38, pari a 12 milioni di francesi; i voti bianchi o nulli sono stati più di 4 milioni.

Viste più da vicino queste cifre confermano grandi processi per ora in corso. Anzitutto la vittoria indiscutibile di Macron, che un anno fa neppure era conosciuto; in secondo luogo la divisione sociale del paese. Hanno votato per Macron soltanto i grandi centri urbani; per Le Pen le campagne e le periferie cittadine. Il 32 per cento e quasi il 30 sono stati, rispettivamente il massimo e il minimo dell’affluenza nelle città. Un’altra connotazione del voto è stata la grande astensione, di norma mai raggiunta in una presidenziale (salvo quando sono stati in lizza due candidati repubblicani); lo stesso può dirsi dei voti bianchi e nulli.

È un’indicazione politica inequivocabile: certo, la cancellazione dei due partiti (socialisti e repubblicani) che si sono divisi il parlamento e il potere, nella quinta repubblica, si deve anche al sistema elettorale indecente, che non per caso attira qualcuno anche in Italia. Esso, limitando il risultato finale a due nomi, ha aiutato a cancellare i due partiti fino a ieri sempre essenziali, ma è un fatto che nessuno dei due è stato capace di gareggiare con il Fronte Nazionale di Marine Le Pen, che la sua strada se la è scavata. Neppure davanti alla provocazione fascista la sinistra è riuscita ad esistere.

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Il governo turco censura persino Wikipedia, l’Enciclopedia libera di internet

FONTE PRESSENZA.COM

08.05.2017 – Redazione Italia

Il governo turco censura persino Wikipedia, l’Enciclopedia libera di internet
Logo della protesta di Wikipedia contro la censura operata dal governo turco (Foto di Wikipedia)
Il Governo turco di Erdogan che attualmente detiene illegalmente oltre 180 giornalisti nelle proprie carceri, pochi giorni fa ha bloccato in Turchia tutte le pagine di Wikipedia, l’enciclopedia libera di internet. Fra le motivazioni addotte dal Governo turco per il blocco ai danni di Wikipedia, la principale è quella in cui si sostiene che Wikipedia, con la diffusione delle proprie notizie, di fatto appoggi i terroristi che operano contro la Nazione turca. Una motivazione del tutto ridicola, per non dire esilarante, se non fosse che tutto ciò sta veramente accadendo.

La disposizione di questo blocco va ad aggiungersi alle molte altre messe in atto dal Governo turco, tutte volte a soffocare ogni forma di dissenso e di libertà minima d’informazione. Di fatto il Governo turco, che adesso appare quanto ci sia di più vicino a un vero e proprio regime, va stringendo ancora di più le maglie di una rete di controllo ormai a dir poco diventata asfissiante. Ci sorprendiamo inoltre, che purtroppo quasi nessuno dei principali media abbia dato risalto a questa importante notizia.

Pubblichiamo il testo della protesta di Wikipedia e la sua raccolta firme che appoggiamo in pieno. Rinnoviamo inoltre tutta la nostra solidarietà ai molti giornalisti che da oltre sei mesi di fatto sono prigionieri politici di un Governo che pare sia uscito dalla più buia notte del medioevo.

Sabato 29 aprile 2017 le autorità turche hanno bloccato l’accesso a Wikipedia nel Paese. Ciò ha comportato la perdita di accesso per la popolazione a una imponente quantità di informazioni storiche, culturali e scientifiche.

Noi, i sottoscritti membri del movimento Wikimedia, crediamo che tutte le persone abbiano diritto all’accesso a informazioni libere di alta qualità nella lingua di loro scelta e in un formato utilizzabile. Siamo felici di rispondere a dubbi riguardo ai nostri contenuti, ma non sono i governi o le corporazioni a stabilire i nostri contenuti. L’ultima parola su queste decisioni spetta al consenso della comunità, basato su fonti indipendenti. Sosteniamo la libertà di espressione e di accesso alle informazioni.

Alcuni mezzi di comunicazione hanno affermato, sulla base di affermazioni attribuite alle autorità turche, che i wikipediani sarebbero sostenitori del terrorismo o che abbiano creato contenuti che «supportano il terrorismo». Siamo amareggiati e sorpresi dall’insinuazione secondo cui la nostra comunità sosterrebbe il terrorismo o azioni violente di qualsivoglia genere. Questo è in contrasto con la stessa natura del nostro lavoro, che consiste nel fornire in modo neutrale i fatti e i punti di vista più importanti. Non appoggiamo programmi politici su Wikipedia. Non appoggiamo il terrorismo.

Questa la dichiarazione integrale emessa dalla Wikimedia Foundation.

Grecia, la battaglia sul debito

L’accordo tecnico raggiunto tra il govero greco e i creditori il 2 maggio porta a compimento il processo di accordo politico intrapreso dal premier Alexis Tsipras fin dal vertice di Malta

L’accordo tecnico raggiunto tra il govero greco e i creditori il 2 maggio porta a compimento il processo di accordo politico intrapreso dal premier Alexis Tsipras fin dal vertice di Malta: usando la consueta strategia di rifiutare sempre ogni concezione “tecnica” e “puramente economica” delle strategia imposta al paese, Tsipras aveva sollecitato la cancelliera Merkel e i massimi responsabili dell’UE a mettere freno al pericoloso gioco che portava avanti il FMI con la complicità del ministro tedesco delle Finanze Wolfgang Schauble. Il risultato è stato un compromesso, doloroso per Atene, ma necessario per portare avanti lo scottante problema del debito.

Si può dare per scontata la conclusione favorevole della seconda valutazione, che era in sospeso fin dalla fine di novembre, alla prossima riunione dell’Eurogruppo. Obiettivo importante per Atene, non tanto per la tranche di quasi 8 miliardi che saranno versati per il pagamento di varie scadenze del debito. L’importanza consiste nel fatto che la Grecia può ragionevolente sperare di potere oramai entrare nel programma Quantitative Easing della BCE.

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