Denuncia contro il presidente in stallo nelle mani di un pubblico ministero; l’approvazione può aumentare la pressione per andare avanti

L’Associazione brasiliana dei giuristi per la democrazia (ABJD) ha ottenuto il sostegno di 223 organizzazioni civili, partiti politici e movimenti sociali in Brasile, nella loro mozione contro il presidente Jair Bolsonaro presso la Corte penale internazionale (ICC).

Martedì scorso (11), il sostegno di queste entità è stato ufficialmente depositato presso il Tribunale, a sostegno delle accuse mosse contro il presidente, che chiedono la sua condanna per crimini contro l’umanità. Tra questi, la mozione menziona  l’esposizione di Bolsonaro di cittadini brasiliani al covid-19 , stimolando il contagio e la proliferazione del virus.

Fino ad ora, l’ICC non ha risposto ufficialmente al deposito dell’ABDJ, registrato il 3 aprile. La richiesta è in fase di stallo nelle mani del procuratore penale internazionale Fatou Bensouda, incaricato di analizzare il caso.

L’avvocato Ricardo Franco Pinto, che ha firmato il documento presentato dall’ABDJ, afferma che il sostegno di queste entità potrebbe fare pressioni sull’accusa per portare il caso in giudizio.

“Aiuta nel senso di una richiesta collettiva, in modo che i pubblici ministeri del tribunale che decidono se avviare o meno le indagini, vedano che non è  solo un’associazione a sostenere la mozione “, dice l’avvocato.

Secondo Franco, alcuni giuristi si rifiutano di ammettere che i crimini commessi da Bolsonaro saranno considerati punibili presso la Corte penale internazionale, un tribunale che per la maggior parte si occupa di crimini di guerra. Tuttavia, sottolinea che con un sostegno rafforzato, è possibile che questa nozione possa essere superata dai pubblici ministeri.

“Questo è un allarme, un grido di aiuto, è una necessità investigativa che viene  richiesta da tutta la società brasiliana , rappresentata da queste entità, che parlano a nome di una vasta schiera di brasiliani, immagino milioni di loro. Questa è la differenza principale, prima avevamo il supporto individuale, ora abbiamo il supporto collettivo ”, dice il giurista.

La mozione

La mozione presentata all’ICC elenca una serie di azioni che il presidente della Repubblica ha  intrapreso e difeso . Tra questi: i pronunciamenti che chiedono la fine dell’isolamento sociale e la riapertura dei servizi non essenziali, la campagna “Il Brasile Can’t Stop”; presenze a raduni politici e sedi commerciali, che hanno stimolato grandi assembramenti della popolazione, nonché un decreto presidenziale che ha consentito la riapertura di chiese e lotterie durante la pandemia.

Creato nel 2002 con il sostegno brasiliano, il Tribunale accusa e giudica esclusivamente individui accusati di promuovere genocidio, crimini contro l’umanità, crimini di guerra e, dal 2018, crimini di aggressione. La CPI ha la giurisdizione per condannare all’interno del territorio brasiliano, visto che il Congresso nazionale ha approvato l’inclusione dello statuto della Corte nel sistema giudiziario del paese.

 

Contattati e contagiati contro volontà

Fonte Unimondo che ringraziamo

Ci sono almeno 110 popolazioni indigene volontariamente isolate in tutto il mondo. La maggior parte di loro vive nel bacino amazzonico, tra Bolivia, Brasile e Perù e da decenni devono far fronte alla deforestazione e alle violenze provocate dal land grabbing e dallo sfruttamento delle risorse presenti nei loro territori, oltre che alla minaccia rappresentata dalle malattie infettive. In particolare in Brasile, dove, come avevamo già ricordato, oltre a sottovalutare il Covid-19 aumentando in tutto lo Stato il rischio di infezione, il presidente Jair Bolsonaro (anch’esso risultato positivo lo scorso mese) ha legittimato l’esproprio dell’Amazzonia limitando notevolmente le competenze e le capacità delle agenzie brasiliane di protezione ambientaleIl risultato è che le popolazioni indigene in Brasile soffrono ancora di più che in passato a causa degli invasori illegali che estraggono l’oro, disboscano le foreste per il legname o bruciano la foresta pluviale per l’allevamento del bestiame e la coltivazione della soia. Per questo lo scorso mese su richiesta dei popoli Yanomami e Ye’kwana, la Commissione per i diritti umani dell’Organizzazione degli Stati americani (OSA) chiede ora al governo brasiliano che intervenga con misure adeguate.

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Brasile: la “grande sceneggiata”

Fonte Pressenza.com 

Con l’operazione militare Chamada de Verde Brasil 2, iniziata l’11 maggio scorso grazie a un decreto del Governo brasiliano guidato dal presidente Jair Bolsonaro,  sono stati messi sotto controllo dell’esercito l’Instituto Brasileiro de Meio Ambiente e dos Recursos Naturais Renováveis(Ibama) e l’Instituto Chico Mendes de Conservação da Biodiversidade(ICMBio). Così, dopo che le agenzie ambientali brasiliane hanno subito con Bolsonaro una drastica riduzione del personale e del budget, con un forte impatto sulle loro operazioni di ispezione, ora perdono anche qualsiasi autonomia di azione nella lotta contro la deforestazione. Ma non solo! Individuato dal Governo come la via più veloce per risolvere i problemi ambientali, l’intervento dell’esercito si è dimostrato inconcludente fin dal primo mese e, nonostante ciò, il suo mandato è stato prorogato fino a fine luglio. L’obiettivo sbandierato da Bolsonaro di “tutelare con la forza” le risorse della foresta amazzonica, fino ad ora, non è stato raggiunto, anzi, al pari dell’emergenza per il Covid-19, per Greenpeace Brasil, “Dopo mesi di governo indifferente alla corrosione degli organismi di ispezione ambientale e al crimine forestale, la reazione di inviare le forze armate in Amazzonia in risposta ai più alti tassi di deforestazione negli ultimi anni sembra essere nient’altro che una grande sceneggiata”.

A metterlo nero su bianco a fine giugno è stato il documento “O desmatamento que o general não viu della ong ambientalista, che ha denunciato comeil Governo del presidente Bolsonaro e il Conselho Nacional da Amazônia, capeggiato dal vice-presidente e generale Hamilton Mourão, ignorino e tollerino sistematicamente la presenza di grandi aree deforestate. Le immagini satellitari a disposizione degli ambientalisti mostrano che tra gennaio e maggio di quest’anno sono comparse nella foresta amazzonica degli Stati di Amazonas, Mato Grosso e Pará nuove enormi radure che si estendono su aree che arrivano fino a 1.700 ettari. Per Greenpeace “Una distruzione che verrebbe facilmente interrotta se l’intelligenza e l’interesse reale del Governo fossero stati utilizzati sin dall’inizio per combattere i crimini ambientali e non per ingrassare i generali”. Con un costo mensile di 60 milioni di real, equivalente a quasi l’80% del bilancio annuale delle ispezioni dell’Ibama, queste operazioni non sono riuscite a contrastare la deforestazione dell’Amazzonia nei mesi precedenti la stagione degli incendi. Secondo Romulo Batista, coordinatore della Campanha Amazônia di Greenpeace Brasil, “con l’inizio della siccità e il fuoco che batte alle porte, il quadro che si sta disegnando non è solo catastrofico per il numero di alberi che cadranno a causa degli incendi, ma anche per il peggioramento della vulnerabilità delle popolazioni dell’Amazzonia verso il Covid -19”.

A quanto pare nel rivelare i risultati dell’azione delle forze armate in Amazzonia, il Governo ha gonfiato i dati dell’operazione militare Chamada de Verde Brasil e secondo un rapporto di Estadão, sono state conteggiate anche le informazioni di una mega operazione effettuata nel Pará un mese prima che i militari fossero inviati nella foresta. Una forzatura notata anche da Wwf-Brasil che denuncia come, “Le prestazioni delle forze armate in Amazzonia sono state classificate dagli ispettori Ibama come goffe, inesperte e persino malvagie”. Così, mentre all’inizio di giugno il generale Mourão aveva detto che a maggio la deforestazione era stata la più bassa degli ultimi anni, in realtà per Greenpeace oggi in Amazzonia si registra anche il livello di allerta sanitaria più alto degli ultimi anni, tanto che “il numero di bambini ricoverati in ospedale per problemi respiratori è raddoppiato nelle aree maggiormente colpite dagli incendi”. Secondo uno studio di Fundação Oswaldo Cruz (Fiocruz), a maggio e giugno 2019, ci sono stati circa 2.500 ricoveri al mese, in circa 100 comuni dell’Amazzonia: “Oggi, gli ospedali nella regione settentrionale sono già pieni. Nella prima settimana di maggio, c’è stato un aumento del 38,8% degli incendi rispetto allo stesso periodo del 2019. In altre parole, questa è un’equazione che ci mette di fronte a un quadro drammatico”, soprattutto perché gli inquinanti generati con i roghi possono percorrere grandi distanze e colpire città lontane da dove è scoppiato l’incendio.

Con queste premesse è difficile pensare che la catastrofe ambientale dovuta agli incendi vista l’anno scorso sarà minore nel 2020. A fine di giugno il Brasile ha segnato l’ennesimo record negativo con il maggior numero di incendi in Amazzonia da 13 anni a questa parte. Secondo l’Instituto Nacional de Pesquisas Espaciais(INPE), nel giugno 2020, in Amazzonia sono stati registrati 2.248 incendi, il numero più alto dal 2007, quando ce ne erano stati 3.517. Rispetto al giugno 2019, rappresenta un aumento del 19,57% ed è del 36% superiore alla media dei 10 anni precedenti con 1.651 incendi. Per Greenpeace “Dopotutto, il contenimento del collasso è nelle mani di un Governo che usa una falsa narrazione per inventare e migliorare le sue azioni per combattere la deforestazione ma che, in pratica, non è assolutamente in grado di combattere la distruzione del più grande bene comune di tutti i brasiliani: l’Amazzonia, e di proteggere la sua gente”. Come ben sappiamo gli incendi contribuiscono contemporaneamente alle crisi climatiche, della biodiversità e della salute che stiamo vivendo a livello mondiale e il Brasile dovrà fare molto di più se vuole fermarle, rafforzando gli organi di controllo, con piani permanenti e obiettivi chiari, e non con operazioni specifiche, costose e inefficienti.  Per Mauricio Voivodic, direttore esecutivo del Wwf-Barsil, “Il Governo può e deve prendere misure immediate, come il permesso di utilizzare il fuoco solo per gli usi tradizionali delle popolazioni autoctone, vietando invece la pratica per altri usi. L’assunzione di nuovi PrevFogo  del Sistema Nacional de Prevenção e Combate aos Incêndios Florestais è poi ancora agli inizi”. A quanto pare l’incapacità di governare della destra brasiliana non si limita alla gestione del Covid-19 e si è trasformata in una tragedia ambientale, sociale ed economica, oltre che sanitaria.

Alessandro Graziadei