fonte Meltingpot
Faras Ghani, Al Jazeera – 3 dicembre 2018
Una ricerca dimostra che un terzo delle donne migranti ha subito abusi durante il viaggio. Le sofferenze non finiscono quando le donne raggiungono il Marocco.
Traduzione a cura di: Francesca Castelli
Rabat, Marocco. Seduta fuori dall’ufficio di una ONG nella capitale marocchina Rabat, c’è la 18enne Juliet (non il suo vero nome), che guarda le macchine correre via.
Juliet ha negli occhi la disperazione e nessuna speranza. Ha capelli scompigliati, jeans sporchi e strappati, le unghie rotte. Il suo sguardo, assente, senza nemmeno mai spostarsi, racconta una storia buia e triste.
Juliet non parla con la sua famiglia in Nigeria da dicembre; dietro c’è una motivazione terribile.
“Mio padre mi ha venduta come schiava del sesso lo scorso anno”, mormora con gli occhi lucidi, prima di voltarsi.
“Volevo andarmene da casa e andare in Europa. Ho parlato con un uomo che diceva di potermi aiutare. Poi mi ha detto che mio padre mi aveva venduta a lui. Mi ha violentata e maltrattata diverse volte, fino a quando una donna un giorno mi disse che venivo portata in Marocco”.
Juliet è una delle migliaia di donne subsahariane a essere stata attirata in Marocco, data la sua vicinanza all’Europa (il punto più a sud della Spagna dista solo 14 km dalla costa settentrionale marocchina) e le politiche di immigrazione e asilo del Paese nordafricano.
Secondo l’Alto Commissariato per i Rifugiati delle Nazioni Unite (UNHCR), da gennaio a giungo di quest’anno, più di 18mila migranti hanno raggiunto la Spagna via terra o via mare. Circa il 10% erano donne.
Un numero ancora più alto è fermo ancora in Marocco, dove spera di risparmiare abbastanza denaro per pagare i trafficanti e trovare un posto su una nave che li porterà attraverso il Mediterraneo.
La maggior parte di queste donne migranti arriva dalla Nigeria e dal Camerun, stando ai dati di un rapporto che cita anche donne provenienti dal Mali, dalla Costa d’Avorio e dalla Repubblica Democratica del Congo.
Molte di queste persone affrontano situazioni che non potevano immaginare, lasciando le loro case per iniziare il lungo e pericoloso viaggio verso l’Europa. La tratta verso il Marocco, che la maggior parte considera un Paese di passaggio, finisce per essere pieno di violenza e abusi.
“Le donne soffrono più degli uomini”. Quando attraversano più di 6mila km, pensano a ogni singolo confine da attraversare” afferma Mohamed Khachani, presidente dell’Associazione marocchina di studi e ricerca sulle migrazioni.
La sua ricerca mostra che un terzo delle donne migranti residenti in Marocco ha subito violenze durante il loro passaggio.
“Subiscono numerosi abusi e violenze di ogni tipo”.
Un mercato di Casablanca dove lavorano donne subsahariane (Faras Ghani/Al Jazeera)
L’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) afferma che la maggior parte delle donne migranti in Marocco ha viaggiato fin qui senza i loro familiari.
Si aggiunge poi che più della metà è rappresentata da madri single; la maggior parte è rimasta incinta durante il viaggio verso il Marocco.
Avva, senegalese di 35 anni, attacca volantini di acconciature africane all’esterno del mercato di Casablanca.
Lavorava come parrucchiera in Senegal, ma il suo sogno era quello di lavorare in Europa. Ha fatto domanda per il visto spagnolo ben due volte, senza riuscirci però; per questo ha deciso di andare in Marocco e trovare la sua fortuna attraverso i trafficanti di persone.
“Ora il Mediterraneo è l’unica alternativa” ha detto Avva, mentre cerca dei clienti. “Devo solo trovare dei soldi per pagare un trafficante. Ci ho già provato una volta, ma sono stata arrestata ancor prima di poter salire sulla barca”.
“Sono stata fortunata, non ho subito violenze o maltrattamenti”. Conosco molte donne che hanno avuto queste esperienze, non solo durante il viaggio verso il Marocco, ma anche qui”.
Secondo Juliet, molte donne finiscono persino nei giri della prostituzione per poter trovare nuove fonti di guadagno e finanziare il loro viaggio.
Aggiunge poi, che la maggior parte è rappresentata da giovani ragazze che scappano dalle loro case in cerca di un futuro migliore.
“Il nostro gruppo a Casablanca era formato da sette ragazze, di età tra i 17 e 22 anni. Sono state tutte vendute come schiave del sesso in Nigeria”.
“Volevamo tutte raggiungere l’Europa, ma siamo bloccate qui. Qualche volta, vendono oggetti nei pressi dei semafori, ma degli uomini si fermano, le prendono per portarle a casa e avere rapporti”.
Con l’obiettivo di migliorare le condizioni dei migranti, il Marocco ha promosso un programma di regolarizzazione dei migranti nel 2013, che ha garantito il permesso di soggiorno a più di 50mila persone.
In questo modo, si voleva cambiare l’idea stessa del Marocco, da Paese di passaggio a Paese ospitante, con la speranza di dissuadere queste persone dal raggiungere la Spagna.
Le autorità confermano che il permesso di soggiorno dà l’accesso al mondo del lavoro, alla sanità, e alla formazione. Ma allo stesso tempo, questo programma non garantisce un posto di lavoro, lasciando i migranti appesi ancora al sogno di giungere in Europa.
Un trattamento “terribile”
Said Tbel, dell’Associazione marocchina per i diritti umani, afferma che la situazione dei migranti nel Paese è “terribile”.
“Ci sono così tanti migranti, anche quelli con permesso di soggiorno, che vengono arrestati e rispediti verso sud. Non hanno libertà di movimento, non hanno l’assistenza sanitaria che era stata promessa”. “Il Marocco sta usando i migranti come uno strumento per esercitare pressione nelle negoziazioni con l’Unione Europea”.
Oltre queste testimonianze, ci sono anche storie di donne migranti che hanno avuto un lieto fine con il loro viaggio in Marocco, che ha assicurato loro una vita migliore e possibilità d guadagno.
Karima, per esempio, 25 anni, dalla Costa d’Avorio. Ha lavorato in Marocco per due anni come parrucchiera. D’estate, ha dichiarato di guadagnare circa 500 dirhams (53 dollari) al giorno. Una somma sufficiente “per la mia famiglia e per una vita dignitosa in Marocco”.
Karima sognava di arrivare in Spagna, ma la morte di un suo amico nel Mediterraneo, le ha fatto abbandonare questa idea.
Per altri invece, nonostante la pericolosità e l’incertezza, la Spagna rimane l’unica soluzione. Dopo tutti i sacrifici per arrivare in Europa, non vogliono mollare così vicini alla fine.
“Non potevo più sostenere quella vita a casa: ecco perché volevo fuggire”, mormora Juliet, mentre le lacrime scendono sulle sue guance.
“Non ho soldi, non ho cibo. Chiedo l’elemosina nelle strade, per riuscire a mangiare almeno una volta al giorno. Voglio solo una vita migliore e non posso riuscirci qui in Marocco”.