L’Europa si arma

Greenpeace ha pubblicato un Report di ricerca che dimostra coi dati che le spese per il riarmo in Italia hanno avuto inizio ben prima dell’inizio della guerra in Ucraina e che il comparto militare non fa aumentare l’occupazione 

 

Il rapporto “Arming Europe” – commissionato dai tre uffici nazionali di Greenpeace in Germania, Italia e Spagna a un team di esperti – analizza la spesa militare in Europa e ne rivela il basso impatto economico e occupazionale, concentrandosi sui tre Paesi committenti, nel contesto dei Paesi NATO membri dell’Unione europea. Per scaricare il Report vai al sito di Greenpeace, clicca QUI 

Caso Iuventa, la Procura di Trapani chiede il non luogo a procedere e la restituzione della nave. Le ong non sono criminali

Fonte Articolo21.org

 

La Procura di Trapani ha chiesto al Gup il non luogo a procedere per tutti gli imputati del caso Iuventa «perché il fatto non costituisce reato» e la restituzione della nave di soccorso sequestrata nel 2017. Lo ha scritto per primo su X il gornalista di Radio Radicale Sergio Scandura. «Siamo soddisfatti della richiesta al Gup, ma faremo comunque la nostra parte perché abbiamo argomentazioni non sovrapponibili», ha detto all’AGI Francesca Cancellaro, legale dei membri dell’equipaggio della nave. Nel processo ci sono quattro imputati, i membri dell’equipaggio della nave della ong tedesca rispondono di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Il caso Iuventa è iniziato nell’estate del 2017, quando l’allora governo guidato da Paolo Gentiloni, ministro dell’Interno Marco Minniti, varò il «codice di condotta» per le ong impegnate nel soccorso in mare, descritto da Jugend Rettet (Giovani in soccorso) come «una vera e propria minaccia al loro operato in mare». La ong, insieme ad altre, rifiutò di firmare il codice prima della scadenza del 31 luglio 2017. Il 2 agosto 2017 la nave Iuventa dell’organizzazione Jugend Rettet venne sottoposta a sequestro su mandato giudiziario italiano per il sospetto di «assistenza alla migrazione illegale» e collusione con i trafficanti durante tre diverse operazioni di salvataggio svolte durante il 2016 e il 2017.
La conclusione e la relativa richiesta del pm è destinata a mettere ordine in questo procedimento e in generale sul ruolo delle Ong nel Mediterraneo.

“Tutte le strade portano a Gerusalemme”Un redditizio complesso industriale di confine

Hebron, un laboratorio sia di tecnologia che di violenza, riflette l’impatto dell’occupazione israeliana sulla vita quotidiana, con strade sterilizzate, checkpoint militari e violenza dei coloni che definiscono il paesaggio. Questo viaggio svela i complessi strati di trauma, espropriazione e disumanizzazione, sfidando i preconcetti e sollevando domande sulla libertà e l’oppressione.

Un articolo da TNI  

Qatar, 12 mesi ai Mondiali di calcio. Ultimo anno senza progressi sui diritti dei lavoratori migranti

(Foto di Thameur Belghith, Wikimedia Commons)

 

Fonte : Pressenza.com 

 

Manca un anno all’inizio dei Mondiali di calcio: il tempo perché il Qatar mantenga gli impegni di abolire il sistema denominato “kafala” e di aumentare la protezione dei diritti dei lavoratori migranti sta scadendo.

Lo ha dichiarato oggi Amnesty International nel suo “Reality check 2021”, una nuova analisi della condizione del sistema del lavoro in Qatar. Dalla ricerca emerge come nell’ultimo anno non vi siano stati progressi e alcune vecchie prassi siano tornate in auge, con la riemersione di alcuni dei peggiori aspetti del sistema del “kafala” e la neutralizzazione delle recenti riforme.

Nonostante le riforme legislative adottate dal 2017, la realtà quotidiana per molti lavoratori migranti resta drammatica. Mentre, con l’approssimarsi dell’inizio dei Mondiali la situazione dei diritti umani in Qatar attira sempre maggiore attenzione, Amnesty International chiede alle autorità locali di prendere misure urgenti per ridare vita alle riforme prima che sia troppo tardi.

“Le lancette dell’orologio continuano ad andare avanti, ma non è ancora troppo tardi per tradurre le promesse in azioni concrete. Le autorità del Qatar devono attuare interamente il loro programma di riforme. Se non lo faranno, ogni progresso fatto finora sarà stato vano”, ha dichiarato Mark Dummett, direttore del programma Temi globali di Amnesty International. “L’atteggiamento compiacente delle autorità del Qatar sta lasciando migliaia di lavoratori migranti alla mercé dello sfruttamento da parte dei loro datori di lavoro: molti non sono in grado di cambiare impiego e rischiano di essere privati del salario. Hanno scarse possibilità di ottenere rimedi, risarcimenti e giustizia. E dopo i Mondiali, il futuro di chi resterà in Qatar sarà ancora più incerto”, ha aggiunto Dummett.

Nell’agosto 2020, il Qatar aveva adottato due leggi per porre termine ai limiti posti ai lavoratori migranti di lasciare il paese e cambiare impiego senza il permesso del datore di lavoro. La loro completa applicazione avrebbe colpito al cuore il sistema del “kafala”, che invece continua a vincolare i lavoratori ai datori di lavoro.

Pur non prevedendo ancora il diritto dei lavoratori di aderire a sindacati, il processo di riforme era iniziato già nel 2017, attraverso limitazioni all’orario di servizio per il lavoro domestico, la costituzione di tribunali del lavoro per favorire l’accesso alla giustizia, l’istituzione di un fondo per risarcire i salari non pagati, l’introduzione del salario minimo e la ratifica di due importanti trattati internazionali. La mancata attuazione delle riforme ha fatto sì che lo sfruttamento continuasse.

Sebbene il Qatar sulla carta abbia cancellato l’obbligo, per la maggior parte dei lavoratori migranti, di chiedere e ottenere il permesso di uscire dal paese e di cambiare lavoro attraverso un certificato di nulla-osta da parte dei datori di lavoro, questi ultimi riescono ancora a bloccare i trasferimenti dei lavoratori e a tenerli sotto controllo, chiedendo ad esempio somme esorbitanti – in alcuni casi, cinque volte superiori al salario mensile – per concedere il nulla-osta, che dunque di fatto, pur essendo stato abolito per legge, rimane in vigore.

Le organizzazioni che difendono i diritti dei lavoratori migranti e le ambasciate degli Stati d’origine in Qatar hanno rilevato che se non si è in possesso di qualche documento scritto da parte del datore di lavoro, le possibilità di cambiare lavoro diminuiscono. Questa situazione ha dato luogo a una sorta di commercio dei nulla-osta assai lucrativo per i datori di lavoro privi di scrupoli.

Tra le altre pratiche illegali che rendono difficile cambiare impiego si segnalano il trattenimento dei salari e dei bonus, l’annullamento del permesso di soggiorno e le denunce di “latitanza”. Nella sua analisi, Amnesty International ha anche rilevato che i ritardati o mancati pagamenti dei salari e dei bonus contrattuali rimangono una delle principali forme di sfruttamento subite dai lavoratori migranti in Qatar. A questa si aggiungono le difficoltà di accedere alla giustizia e il divieto di organizzarsi in sindacato per difendere i propri diritti.

Nell’agosto 2021 Amnesty International aveva denunciato la mancanza di indagini da parte delle autorità del Qatar sulle decine di migliaia di morti di lavoratori migranti, nonostante fossero emerse prove della relazione tra questi decessi e la mancanza di sicurezza sul lavoro. Nonostante l’introduzione di alcune misure di protezione, restano ancora grandi situazioni di rischio: ad esempio, non è previsto un periodo di riposo obbligatorio proporzionale alle condizioni climatiche o al tipo di lavoro.

“Il Qatar è uno degli stati più ricchi al mondo, ma la sua economia dipende da due milioni di lavoratori migranti. Ognuno di loro ha il diritto di essere trattato equamente e di ottenere giustizia e risarcimenti”, ha commentato Dummett. “Il Qatar potrebbe farci assistere a un torneo che tutti potremmo ricordare, se inviasse segnali chiari contro lo sfruttamento, se punisse i datori di lavoro che violano le leggi e se proteggesse i diritti dei lavoratori. Ma così ancora non è”, ha concluso Dummett.

Amnesty International si è rivolta anche alla Fifa, organizzatrice dei Mondiali di calcio del 2022, affinché adempia alle sue responsabilità di identificare, prevenire, mitigare e porre rimedio a rischi per i diritti umani collegati all’evento sportivo. Tra questi rischi vi sono quelli per i lavoratori dei settori dell’ospitalità e dei trasporti, in forte espansione in vista dell’inizio dei Mondiali. La Fifa deve chiedere in forma privata e pubblica al governo del Qatar di attuare il suo programma di riforme nel sistema del lavoro prima del calcio d’inizio dei Mondiali.

 

Barca: “Basta con la sinistra moderata, serve radicalità per battere Salvini”

 

FONTE : MICROMEGA

Applaudito alla kermesse del Pd, l’ex ministro e portavoce del Forum disuguaglianze e diversità auspica che Zingaretti inauguri una nuova stagione: “Si è aperta una lunga strada che prova a riportare – in una sinistra da anni egemonizzata dal neoliberismo – una cultura che vede la giustizia ambientale e sociale come i veicoli dello sviluppo. Certo, sarà una battaglia”. E poi aggiunge: “Bisogna porsi il problema di rappresentare i subalterni, solo così si sconfigge la destra”.

intervista a Fabrizio Barca di Giacomo Russo Spena
 
“Non è il tempo di essere moderati: bisogna affermare una radicalità positiva in contrapposizione alla radicalità della peggior destra. E per radicale non intendo la redistribuzione dei fondi ma di poteri, qui è la sfida”. Fabrizio Barca, da mesi, sta lavorando con il suo Forum disuguaglianze e diversità per strutturarsi sui territori e costruire ponti tra culture differenti che si ritrovano nell’articolo 3 della Costituzione: “Dietro il nostro progetto c’è una certa trasversalità dell’agire politico, siamo mettendo insieme le conoscenze dei mondi della ricerca e della cittadinanza attiva”. Da ActionAid alla Caritas, da Legambiente a varie fondazioni passando per l’associazionismo diffuso, si stanno sviluppando campagne per contrastare le enormi diseguaglianze presenti nel Paese. Un grande lavoro di accumulazione sociale che stride con la crisi, a sinistra, della rappresentanza. Su questo Barca non ha dubbi: “Chi non si pone il problema della rappresentanza dei subalterni, è il vero irresponsabile perché non fa altro che continuare a regalare consensi a Salvini”.
L’ARTICOLO PROSEGUE ALLA FONTE : MICROMEGA

Bolivia: la presidente golpista dà all’esercito licenza di uccidere

 

FONTE RAIAWADUNIA

La battaglia campale di Sacaba (dipartimento andino di Cochabamba), che ha visto affrontarsi  “cocaleros” seguaci di Evo Morales e militari dal grilletto facile, ha fatto innalzare ulteriormente  il numero totale di vittime del golpe in atto in Bolivia.

“Ci sono almeno 23 persone uccise e 215 ferite dall’inizio della crisi istituzionale e politica (un mese fa)”, ha confermato la Commissione interamericana per i diritti umani (IACHR) questa domenica, che ha anche avvisato il mondo dei pericoli del decreto del governo che esonera i militari da ogni responsabilità  “in caso di legittima difesa”.

“Il  decreto stimola la repressione violenta”, ha avvertito lo IACHR.

I “cocaleros” hanno tenuto una riunione  sabato sera vicino al luogo in cui i corpi dei loro compagni uccisi erano depositati. La maggioranza ha optato per un ultimatum di 48 ore al presidente provvisorio Jeanine Áñez: o si dimette o loro bloccheranno il Paese.

L’ARTICOLO PROSEGUE ALLA FONTE SU RAIAWADUNIA

Segnalazione: La quadrature des classes. Comment de nouvelles classes sociales bouleversent les systèmes de partis en Occident »

Camille Couvry, « Thibaut Muzergues, La quadrature des classes. Comment de nouvelles classes sociales bouleversent les systèmes de partis en Occident », Lectures [En ligne], Les comptes rendus, 2018, mis en ligne le 28 juin 2018, consulté le 08 juillet 2018. URL : http://journals.openedition.org/lectures/25174

Viale del Cazzaro

di Alessandra Daniele

Matteo Renzi è un modello obsoleto. Infatti non riceve più aggiornamenti.
Questa settimana s’è notato particolarmente nel suo logorroico e soporifero comizio a Piazza Pulita, l’ennesima anacronistica ripetizione del solito copione ormai completamente logoro, dalla litania sugli 80 euro panacea di tutti i mali, alla cazzata del milione di posti di lavoro che conta anche chi ha lavorato un’ora in un mese, alla rituale difesa della sua imbarazzante ministra-immagine, e della ripugnante controriforma anticostituzionale che portava il suo nome, alla mitizzazione di Obama, corresponsabile della carneficina siriana e libica.
Come Norma Desmond in “Viale del Tramonto”, Renzi continua a recitare un film che non ci sarà mai, per un pubblico che non c’è più.
Anche quando è in diretta sembra una replica vecchia di anni, persino più vecchia della sua stessa età.
Un fantasma smagnetizzato degli anni ’80, un Claudio Martelli in cromakey.
La cosa più patetica del suo vaniloquio di Piazza Pulita è stata la scusa accampata per il mancato ritiro della politica che aveva solennemente promesso: “M’hanno detto no, tu non hai diritto di decidere per i fatti tuoi di andare a fare i soldi in America, e lasciarci qui”.
Testuale.
Se Matteo Renzi provasse a fare i soldi in America, finirebbe in galera.
Non che gli americani siano più scafati o più legalitari, ma s’incazzano di più quando s’accorgono che qualcuno li vuole fregare.
E Renzi si farebbe scoprire subito anche lì.
Innanzitutto perché non parla inglese.
Lo simula. Come tutte le sue presunte competenze.
È un modello obsoleto. Quello che gli americani chiamano One-Trick Pony.
È evidente che non avesse un piano B in caso di sconfitta referendaria.
Da un anno non fa che girare a vuoto, cercando di rimontare in sella a un cavallo già morto.
Perché non sa fare altro.
È come quei robottini giocattolo che marciano fino alla fine del tavolo, cascano a faccia in giù sul pavimento, e continuano ad agitare a vuoto le gambe.
Non è solo per tigna e arroganza che Matteo Renzi è ancora, e resterà per sempre fermo al primo stadio dell’elaborazione del lutto, il Rifiuto.
Le fasi successive eccedono la sua programmazione.
E non riceve più aggiornamenti.

Iran: Free Ailing Labor Activist

 FONTE  HUMAN RIGHTS WATCH

Medical Issues After Possible Stroke

 
 

Le aziende non sono cattive: è l’algoritmo che le disegna così

FONTE ALESSANDROROBECCHI

Fatto061217

 

 

 

 

 

“Il gatto mi ha mangiato i compiti” è una vecchia scusa che fa molto ridere, una barzelletta da scuole elementari diventata un classico. Abbiamo oggi, nell’era modernissima che attraversiamo, il suo corrispettivo padronale: “E’ stato l’algoritmo”.

Il mondo del lavoro gira ormai su questo Moloch indecifrabile, dal suono un po’ fantascientifico e futurista, l’algoritmo che tutto può e tutto decide a vantaggio dell’azienda. Ora che le storie del lavoro degradato italiano si diffondono, spuntano fuori ogni giorno, ci rivelano l’offensiva inconsistenza di quel “fondata sul lavoro” che sta scritto nella prima riga della Costituzione, monsieur l’Algoritmo fa la sua porca figura. Dietro quasi ogni storia spunta l’algoritmo, cioè un sistema di pianificazione e controllo accuratissimo. Fai l’assistente di volo e non vendi a bordo abbastanza gratta e vinci, profumi, cosmetici? (Ryanair), ti cambiamo turno in senso punitivo. Un consiglio dell’algoritmo. La signora con due figli (uno disabile) chiede flessibilità e non riesce a rispettare certi turni? (Ikea). Spiacenti, i turni li fa l’algoritmo.

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Anche la Corte Interamericana per i Diritti Umani chiede la scarcerazione di Milagro Sala

fonte PRESSENZA.COM

 

28.11.2017 Redazione Italia

Quest’articolo è disponibile anche in: Tedesco

Anche la Corte Interamericana per i Diritti Umani chiede la scarcerazione di Milagro Sala
(Foto di L’Impronta L’Aquila)

Dopo le numerose prese di posizione di organismi internazionali, associazioni, personalità ora anche la Corte Interamericana per i Diritti Umani ha emesso una risoluzione in cui chiede che Milagro Sala esca dal carcere e sia assegnata, a casa sua e non altrove, agli arresti domiciliari.

La risoluzione è stata diffusa agli organi di stampa e alle autorità competenti nella giornata di ieri; chiede anche che lo Stato Argentino si preoccupi di assicurare assistenza medica e psicologica alla dirigente sociale; chiede al più tardi per il 15 dicembre un rapporto dettagliato sulla realizzazione degli arresti domiciliari e che vi sia un rapporto alla Corte ogni tre mesi; chiede infine ai rappresentanti legali di Milagro Sala di fare le opportune osservazioni sull’applicazione di queste risoluzioni.

Solidarietà a Nermin Al-Sharif leader del Sindacato dei portuali e dei marinai della Libia.

Pubblichiamo l’appello di Eric Lee coordinatore della rete internazionale  Labourstart per Nermin Al Sharif  leader del Sindacato libico dei portuali e dei marinai . Nermin Al Sharif è vittima di persecuzioni da parte delle autorità libiche per la sua attività sindacale. E’ possibile sottoscrivere l’appello di solidarietà a Nermin Al  Sharif cliccando il link “Click Here”.
Click here to support Nermin.

 

 

 

 

L’appello di Eric Lee

I met Nermin Al-Sharif, the leader of the Dockers’ and Seafarers’ Union of Libya, last year in Norway.  I knew of her because in the past, following an assassination attempt, LabourStart was asked to run a campaign in her defence.

Meeting her face to face, I could see why some powerful forces might fear this woman, as she is a very strong, determined, and fearless leader of workers.

Nermin is well known for her tireless work in support of human, workers’ and women’s rights in Libya, in the Arab region, and globally. 

Because of this work, she has been subject to ongoing attacks on her freedom and personal safety including several attempts on her life. 

In the latest incident Nermin was detained for a number of days and has had her passport confiscated subject to “an investigation”. 

The International Transport Workers Federation (ITF) is calling upon the UN representative in Libya to help end this campaign of intimidation and violence against Nermin.

Please join us by signing up to the campaign here — it will just take a moment:

CLICK HERE

In addition, the European Transport Workers Federation has asked us to share their new online petition defending the right to strike for air traffic controllers in Europe – a right which is now under threat.  Read more and sign up here.

And please share this message with your friends, family and fellow union members.

Thank you!

Eric Lee

 

Tomás Hirsch: “Il cambiamento non si può costruire da soli”

fonte : Pressenza.com

18.11.2017 – Redacción Chile

Quest’articolo è disponibile anche in: IngleseSpagnoloGreco

Tomás Hirsch: “Il cambiamento non si può costruire da soli”
(Foto di Domenico Musella)

Tomás Hirsch, candidato a deputato per il Partito Umanista cileno all’interno del Frente Ámplio, spiega in questa intervista – il cui video appare più sotto – come sia possibile e necessario lavorare con altri per andare costruendo una società degna dell’essere umano, senza che questo significhi perdere un profilo umanista.

Tomás, siamo arrivati all’ultimo giorno di una lunga campagna. Il Partito Umanista ha presentato molti candidati – e speriamo che tu arrivi in Parlamento – all’interno di una realtà più amplia, che si chiama appunto Frente Amplio. Vorremmo sapere come fa il Partito Umanista cileno a lavorare sempre con altre forze politiche senza perdere il suo profilo e le sue proposte.

Qui in Cile noi umanisti siamo convinti di tre cose. La prima è che abbiamo una buona proposta, che l’Umanesimo è buono e che è importante che si sviluppi, perché abbiamo un grande contributo da dare. La seconda, molto in sintesi, è che non possiamo fare quello che vogliamo da soli, ma dobbiamo farlo con altri. Altri che hanno le stesse convinzioni e gli stessi ideali, anche se provengono da correnti diverse: dal socialismo, dal marxismo, dall’ambientalismo, dall’ecologismo, dal femminismo, dai movimenti indigeni… insomma, da molti ambiti differenti, dove c’è la gente necessaria per questa costruzione. Nessuno può farcela da solo. Non c’è via d’uscita restando da soli. Per noi questo è un tema molto profondo. E la terza cosa, simile alla seconda, è che c’è gente buona da molte parti.

Con queste tre convinzioni, da quando siamo nati come partito politico abbiamo sempre cercato di lavorare con altri. Non saremmo riusciti a uscire dalla dittatura da soli. Poi abbiamo partecipato alla Concertación e ce ne siamo andati quando ha preso un’altra direzione. Siamo stati tra i fondatori di Juntos Podemos e oggi stiamo nel Frente Amplio, che abbiamo contribuito a formare. Come si fa a non perdere profilo? Buona domanda. E’ un po’ come chiedere al millepiedi come cammina…

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Ghost Train

di Alessandra Daniele

Matteo Renzi è politicamente morto, almeno dalla disfatta referendaria dell’anno scorso.
La politica italiana però è sempre stata Zombieland, quindi il Cazzaro resiste ancora caparbiamente aggrappato al poco potere che gli è rimasto.
Renzi è la cosa peggiore che sia capitata al PD dalla sua fondazione – e ce ne vuole – eppure il PD non riesce a liberarsene.
Dopo aver schiantato il suo partito contro un muro almeno una decina di volte di seguito, ogni volta Renzi è riuscito a strisciare fuori dalle lamiere contorte per tornare a sparare le sue cazzate in Tv come se niente fosse successo.

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Violazione del diritto alla salute, al confine con la Francia – di Amelia Chiara Trombetta, Antonio G. Curotto, Gianni Giovannelli

FONTE  EFFIMERA

Da due anni alla frontiera con la Francia si concentrano centinaia di persone, bloccate per le ripetute decisioni dei governi degli Stati della UE che di fatto, in quest’ambito, negano il riconoscimento dei diritti e doveri fondanti l’Unione Europea.

Dal punto di vista normativo, per quanto riguarda lo stato italiano, l’art. 32 della Costituzione è certamente di natura precettiva e non soltanto programmatica; dunque le istituzioni della Repubblica sono vincolate da un obbligo di tutela della salute, elevata al rango giuridico di fondamentale diritto dell’individuo. Nel nostro ordinamento vengono espressamente garantite cure gratuite agli indigenti, senza preclusioni o limiti.

La salute delle persone in sosta e transito a Ventimiglia è stata invece gravemente condizionata, oltre che dalla privazione di libertà di movimento (e qualche volta anche personale) o dalla mancanza di autodeterminazione, anche e soprattutto dalle carenze igienico sanitarie nei luoghi di transito o di stazionamento in cui queste donne, questi bambini e questi uomini sono ristretti o costretti.

A partire dal 2015 diversi sono gli insediamenti informali in cui più o meno temporaneamente le persone stazionano prima di tentare di proseguire il proprio viaggio, dove, come medici volontari e solidali, abbiamo tentato, con scarsi mezzi, di visitare e di curare. Sarebbe stato un dovere delle istituzioni, ma noi ed altri solidali abbiamo tentato di supplire alle colpevoli omissioni dell’apparato pubblico, degli organi comunali e regionali, utilizzando spesso l’ascolto e l’attenzione, magari fornendo indicazioni semplici di igiene, come quella di non bere l’acqua del fiume.

Da un campo informale all’altro, durante questi due anni (2015-2017) si è passati attraverso sgomberi successivi. Stravolgendo il significato reale dell’art. 32 della Costituzione le autorità hanno concepito la tutela della salute non soccorrendo i bisognosi di aiuto (gli indigenti senza mezzi), ma rimuovendoli e cancellandoli per evitare il contatto fisico con i residenti. La deportazione risulta essere stata l’unico provvedimento di carattere igienico sanitario; in mancanza di qualsiasi pianificazione rivolta a risolvere il problema permanente e legato a oggettive circostanze storico-politiche queste misure repressive hanno comportato, invece, un’ulteriore precarizzazione delle condizioni di vita dei soggetti presenti nel territorio.

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Catalogna, Colau: «Serve politica, non vendetta»

FONTE POPOFF

Ada Colau critica contro la decisione di Madrid di arrestare il governo catalano. Il comune di Barcellona riconosce quel governo ma non l’indipendenza. Chi vincerebbe se si votasse oggi

di Francesco Ruggeri

Catalogna, migliaia in piazza contro l'arresto dei leader

Crisi catalana. Podemos accusa la giustizia spagnola di fare «prigionieri politici». «Mi vergogno che il mio Paese metta in carcere gli oppositori politici. Non vogliamo l’indipendenza della Catalogna ma diciamo: libertà per i prigionieri politici», ha twittato il leader di Podemos, Pablo Iglesias, in merito all’arresto degli ex esponenti della Generalitat catalana. «Un giorno nero per la Catalogna. Il governo eletto democraticamente con le urne, in carcere. Ci vuole un fronte comune per ottenere la libertà dei prigionieri politici», ha twittato dal canto suo la sindaca di Barcellona Ada Colau, eletta in un alleanza di cui fa parte Podemos. La stessa coalizione fra Podemos e «los comunes» della Colau, riferiscono i media, ha già fatto sapere che nel suo programma elettorale per il voto in Catalogna del 21 dicembre ci sarà l’amnistia per i secessionisti.

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Jakarta : justice for dock


One of the world’s largest companies engaged in the loading and unloading of ships is systematically undermining the wages and conditions at the waterfront in Jakarta.
ICTSI is forcing workers into long, unsafe overtime — simply to earn a living wage. But union members have been denied overtime by the company, and many are now unable to meet their basic expenses, resulting in workers taking children out of school and being evicted from their homes.

ICTSI is punishing these unionised workers for standing up.

Working together with the International Transport Workers Federation, we have just launched an online campaign calling on ICTSI to pay fair wages and to stop targeting union members and their families.  Please sign up here:

http://www.labourstart.org/go/ictsi

And please share this message with your friends, family and fellow union members.

Meanwhile, remember the Arthur Svensson international prize for trade union rights?  LabourStart won that award in 2016.  And now it’s time for the award to be given out again.  The Svensson Foundation  invites Norwegian and international unions to nominate candidates for the 2018 prize.  The award is given to individuals and organisations that have worked to promote trade union rights and organising around the world. Among the previous winners were the teachers union in Bahrain, the miners union in Mexico, textile workers in Cambodia and many more.  To learn more and to propose your candidates, go here:

http://svenssonstiftelsen.com/nominations-are-open-2/

Thank you!

Eric Lee

P.S. Want to know which of our recent campaigns you may have missed? Click here to find out.

La fuite du personnel soignant des Balkans

Un articolo importante che illustra l’emorragia di professionisti con formazione alta e costosa verso i paesi più ricchi dell’Europa. Questa migrazione di professionisti sanitari dai Balcani  verso paesi come Germania , Francia, Paesi del Golfo comporta un impoverimento disastroso delle strutture di cura dei paesi balcanici…

 

FONTE EQUALTIMES.ORG

Nikica Martić et sa famille sont impatients de commencer une nouvelle vie en Allemagne. Ce médecin de 33 ans attendait le « bon moment » pour quitter la Croatie à la recherche d’un meilleur salaire et de meilleures conditions de travail et il est loin d’être le seul.

Depuis l’adhésion de la Croatie à l’Union européenne en 2013, le Conseil médical national a reçu plus de 1300 demandes de certificats pour travailler à l’étranger. Pas moins de 550 médecins ont quitté le pays au cours de cette même période, nombre d’entre eux excédés par les emplois sans avenir, les heures supplémentaires forcées et les patients agressifs.

« On entend les histoires des personnes qui travaillent à l’étranger. On entend parler de meilleures conditions de travail, d’une meilleure éducation, de salaires plus élevés, » déclare Martić, qui a travaillé pendant six ans dans un service d’urgence en Istrie après avoir obtenu son diplôme de médecine à Zagreb. Il est représentatif des jeunes médecins qui se retrouvent coincés aux urgences pendant des années.

« Ma femme est infirmière et, ensemble, nous avons pris la décision de partir à l’étranger en famille. Nous avons choisi l’Allemagne du fait qu’une grande diaspora croate y est déjà installée et que nos contacts nous ont dit qu’il n’était pas difficile d’y trouver un emploi, » déclare Martić à Equal Times.

Même si certains ont décidé de tenter leur chance aux États-Unis ou dans les pays du Golfe, la plupart des médecins cherchent un nouveau départ dans des pays d’Europe occidentale comme l’Allemagne, l’Autriche, le Royaume-Uni ou la Suède.

Un vivier de médecins « gratuits » pour l’Europe

Le problème de la « fuite du personnel soignant » n’est pas un problème exclusivement croate : il touche toute l’ex-Yougoslavie. En effet, la Pologne, la Bulgarie, la Roumanie et la Grèce font partie des États membres de l’UE qui ont connu une émigration massive de leurs médecins vers l’Europe de l’Ouest.

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Germania: La H&K non venderà armi a paesi in guerra, corrotti o non democratici

FONTE NIGRIZIA

Svolta “etica” per lo storico produttore di armi tedesco Heckler & Koch (H&K), la cui fama di società più assassina del paese – gli attivisti per il disarmo stimano che le sue armi abbiano ucciso più di 2 milioni di persone dalla fondazione dell’azienda nel 1949 e continuino ad uccidere una persona ogni 13 minuti – dovrà essere rivista. L’azienda ha infatti adottato la politica di vendita più “etica” di qualsiasi altro produttore di armi da fuoco nel mondo.

La H&K si è impegnata a non vendere più le armi in zone di guerra o a paesi che violano norme di corruzione e di democrazia, tra cui: Arabia Saudita, Israele, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Turchia, Malaysia, Indonesia e tutti i paesi africani.

Anche se non è mai stata annunciata ufficialmente, la nuova strategia è inclusa nell’ultima relazione finanziaria annuale e confermata nella riunione del Cda ad agosto. Un portavoce ha detto che l’impresa “si è ritirata da tutte le regioni di crisi del mondo”.

Questa rivoluzionaria decisione fa della Heckler & Koch il primo produttore di armi ad avere una politica più “etica” di controllo delle esportazioni, anche rispetto a quella del proprio governo. The Guardian fa notare che il ministero dell’Economia tedesco ha rifiutato di commentare la scelta, affermando che non discute mai le decisioni individuali dell’azienda.

La società ha dichiarato che ora venderà solo a cosiddetti “paesi verdi”, che ha definito in base a tre criteri: l’adesione alla Nato (o “Nato equivalente”, come Giappone, Svizzera, Australia e Nuova Zelanda); l’indice di percezione della corruzione stilato ogni anno dall’organizzazione Transparency International; l’indice di democrazia indicato dall’organizzazione britannica Economist Intelligence Unit. (The Guardian)

EGITTO: LA STAMPA IMBAVAGLIATA, MEDIA PRIVATI SEMPRE PIÙ CONTROLLATI DALLO STATO 

 FONTE NIGRIZIA.IT

I media privati ??in Egitto sono sempre più dominati da uomini d’affari legati al governo e alle sue agenzie di intelligence. A denunciarlo è Reporters senza frontiere (Rsf), in un rapporto diffuso martedì.

“Il dominio del regime sui media continua a crescere e sta anche interessando i media pro-governativi” avverte l’organizzazione per la difesa della libertà della stampa, secondo la quale praticamente tutti i mezzi di comunicazione egiziani sono apertamente a sostegno del governo, che negli ultimi mesi ha bloccato centinaia di siti web, tra cui molti gestiti da giornalisti indipendenti e organizzazioni per i diritti umani. A partire da maggio, le autorità hanno bloccato l’accesso ad almeno 424 siti e ai portali dei servizi VPN, che consentono agli utenti di aggirare tali blocchi. Anche il sito di Reporters senza frontiere è stato bloccato a partire dalla metà di agosto.

Le autorità, inoltre, controllano il lavoro dei giornalisti criminalizzando chi denuncia “false notizie” e arrestando chi è considerato “non allineato”.
La soppressione dei media indipendenti fa parte di una più grande repressione del dissenso, lanciata dopo il golpe militare che ha rovesciato il presidente eletto, Mohamed Morsi, nel luglio 2013.

Il rapporto fa notare che la rete televisiva popolare ONTV e i giornali locali Youm al-Sabea e Sout al-Omma, sono tutti di proprietà di Ahmed Abu Hashima, un imprenditore pro-governativo. Poco dopo aver acquisito la rete nel 2016, le autorità hanno deportato Liliane Daoud, un presentatore televisivo britannico-libanese, critico nei confronti di alcune politiche governative.
Rsf cita anche i casi di Al-Asema TV, di proprietà di un ex portavoce militare, e di Al-Hayat TV, acquistata da una società di sicurezza egiziana. (News 24)

La politica, arte di guardare lontano

 FONTE MICROMEGA  CHE RINGRAZIAMO

di Angelo d’Orsi

Ancora qualche riflessione a partire dalla ricorrenza del primo anno dal sisma che distrusse città e villaggi del Centro Italia lo scorso 24 agosto 2016, a poche ore dalla piccola scossa che ha fatto seri danni, e un paio di morti e qualche ferito, a Ischia. Con una impudenza straordinaria il ceto politico si ripete negli annunci, nelle garanzie, nelle promesse. Faremo, porteremo, sgombreremo: una sovrabbondanza di tempi futuri per gente che reclama il presente. E l’immancabile fervorino ai soccorritori (ma che devono fare i professionisti del ramo, se non soccorrere?!), e soprattutto lo stucchevole richiamo allo Stato che “non lascerà sole queste popolazioni”.

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Per una nuova teoria socio-ecologica del valore – di Salvo Torre

FONTE EFFIMERA

Il confronto tra le tematiche poste dal neo-operaismo e quelle dell’ecologia sociale permette di riflettere su ciò che in realtà è un percorso politico seguito negli ultimi anni da diversi movimenti, sostenuto da una riflessione teorica che potrebbe portare ad un nuovo capitolo della critica al sistema capitalistico.

Dal dibattito animato dal pensiero critico degli ultimi anni, è emerso chiaramente come il capitalismo debba essere considerato un regime ecologico, ovviamente come tutti i sistemi economici che lo hanno preceduto, ma con una diversa capacità di trasformazione del pianeta, per l’ampiezza dei mutamenti che produce e per i tempi in cui li produce. I sistemi economici sono stati anche forme di riorganizzazione della biosfera da parte delle comunità umane, ma finora nessuno di quelli che si sono succeduti era riuscito a portarci con tale forza di fronte al problema del limite della nostra azione. Ciò perché il capitalismo è un sistema che può produrre un serio ostacolo alla continuità della biosfera, quantomeno per come la conosciamo. L’intero dibattito proveniente dall’ecologia politica e dall’ecologia sociale ha chiarito ampiamente la questione.

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La via della seta del XXI secolo: il discorso integrale di Xi Jinping

fonte SINISTRA.CH

Di seguito presentiamo il testo integrale del discorso del presidente cinese Xi Jinping alla cerimonia di apertura del Forum per la cooperazione internazionale della Belt and Road* nella sua versione italiana tradotta da Marco Pondrelli per il sito italiano Marx21.it.

Discorso di S.E. Xi Jinping, presidente della Repubblica popolare cinese alla Cerimonia di Apertura del Forum per la cooperazione internazionale della Belt and Road: 14 maggio 2017.

Distinti Capi di Stato e di governo,
capi delle organizzazioni internazionali,
Signore e signori,
Cari amici,

In questa bella stagione di inizio estate mentre ogni cosa vivente è piena di energia, desidero accogliere tutti voi, illustri ospiti, che rappresentate più di 100 paesi, in questo importante forum sulla Belt and road Iniziative BRI* che si svolge a Pechino. Questo è davvero un incontro di grandi menti. Nei prossimi due giorni spero che, impegnandoci in uno scambio di opinioni, contribuiremo a perseguire l’iniziativa BRI, il progetto del secolo di cui possano beneficiare le persone di tutto il mondo.

Signore e signori,
Cari amici,

pushpin marking on China mapOltre 2000 anni fa i nostri antenati percorsero vaste steppe e deserti aprendo il passaggio transcontinentale che collega Asia, Europa ed Africa, conosciuto oggi come la via della Seta. I nostri antenati, navigando in acque difficili, crearono rotte marittime per collegare l’Oriente con l’Occidente, la Via della seta marittima. Queste antiche rotte della seta aprirono rapporti amichevoli tra le nazioni, aggiungendo un capitolo splendido alla storia del progresso umano. Il millenario “braccialetto di seta in bronzo” esposto al Museo di Storia della Cina di Shaanxi ed il “relitto di Belitung” scoperto in Indonesia testimoniano questo emozionante periodo della storia.

Attraverso migliaia di chilometri ed anni le antiche vie della seta incarnano lo spirito della pace e della cooperazione, l’apertura e l’inclusione, l’apprendimento reciproco ed il reciproco vantaggio. Lo spirito della via della seta è diventato un grande patrimonio della civiltà umana.

-Pace e cooperazione. In Cina durante la dinastia Han intorno al 140 a.c. Zhang Qian, un emissario reale, lasciò Chang’an capitale della Dinastia Han. Viaggiò verso ovest per una missione di pace e aprì una via terrestre per collegare l’Oriente e l’Occidente, un’impresa audace conosciuta come il viaggio di Zhang Qian nelle regioni occidentali. Secoli dopo durante gli anni delle dinastie Tang, Song e Yuan, si espansero questi sentieri sia in terra che in mare. I grandi avventurieri tra cui Du Huan dalla Cina, Marco Polo dall’Italia e Ibn Battuta dal Marocco hanno lasciato le loro orme lungo queste antiche rotte. All’inizio del Quattrocento, Zheng He, il famoso navigatore cinese della dinastia Ming, fece sette viaggi verso i mari occidentali, un’impresa ricordata ancora oggi. Questi pionieri hanno guadagnato il loro posto nella storia e non come conquistatori, con le loro navi da guerra, con le armi o con le spade. Sono piuttosto ricordati come emissari amichevoli che condussero carovane di cammelli e navi a vela con i loro tesori. Generazione dopo generazione i viaggiatori della via della seta hanno costruito un ponte per la pace e la cooperazione est-ovest.

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La nave dei folli ricorda la politica italiana

di Gustavo Zagrebelsky su La Repubblica – 6 giugno 2017

GLI INTERESSI DI BOTTEGA

Chi sa perché si debba chiudere la legislatura qualche mese prima della normale scadenza e votare in autunno? Se ce lo chiediamo, non sappiamo rispondere. Se lo chiedessimo, non avremmo chiare risposte. Infatti, non ci sono ragioni evidenti e, in mancanza, la stragrande maggioranza dei cittadini interpellati è per la prosecuzione fino alla scadenza naturale: c’è un governo, ci sono leggi importanti da approvare definitivamente, ci sono scadenze legislative importantissime da rispettare in materia finanziaria, ci sono rischi per la tenuta dei conti pubblici, ci sono apprensioni per le conseguenze di possibili violazioni dei parametri europei di stabilità finanziaria, per non parlare dei rischi della speculazione internazionale.

Vorremmo una risposta che riguardi non gli interessi di questo o quel partito in Parlamento e nemmeno di tutti o della maggior parte dei partiti, ma il bene del nostro Paese, quello che si chiama il “bene comune”. Nel nostro sistema costituzionale, a differenza di altri, non è previsto l’auto-scioglimento deciso dai partiti per propri interessi o timori. La durata prefissata e normale della legislatura (cinque anni) è una garanzia di ordinato e stabile sviluppo della vita politica.

La “STABILITÀ” è stato il Leitmotiv invocato quando faceva comodo, anche quando si sono rese evidenti ragioni oggettive di scioglimento delle Camere, come dopo la dichiarazione d’incostituzionalità della legge elettorale, all’inizio dell’anno 2014.

Una risposta istituzionale non c’è. Ci sono anzi molta ipocrisia e reticenza che nascondono ragioni che sono, infatti, di mero interesse partitico. Da parte del maggior partito di maggioranza, il Partito democratico, si dice che votare in autunno o alla scadenza normale nella primavera dell’anno venturo non fa una grande differenza, ma poi si lavora forsennatamente a una legge elettorale nuova per andare al voto il più presto possibile.

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Bruno Giorgini : L’equazione del panico

Bruno Giorgini | 4 giugno 2017 | Comments (0)

 

Durante il Memorial Day del 1883  , il tacco di una donna si incastrò tra le assi dell’area pedonale sul Ponte di Brooklyn, appena inaugurato, e lei iniziò ad urlare. Le persone intorno, forse credendo che il ponte stesse per crollare, furono prese dal panico,  e nella ressa 12 persone persero la vita schiacciate sulle scale, mentre molte altri rimasero ferite.

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Legge elettorale. Ecco cosa è il modello tedesco di Federico Quadrelli

Autore Federico Quadrelli

fonte formiche.net che ringraziamo

 

In questi giorni tutti parlano di legge elettorale alla tedesca. Leggendo alcuni articoli, ascoltando alcune dichiarazioni di politici, da destra a sinistra, mi sembra di capire che nessuno sappia come funzioni il “modello tedesco”. A questo punto sarebbe bene chiarire come funziona in Germania, poi magari si può parlare di un “modello italiano che vorrebbe essere tedesco, ma non ce la fa…”

Il sistema elettorale tedesco prevede l’elezione dei rappresentanti in una sola camera, il Bundestag. Il Senato, o Bundesrat, infatti, è espressione dei governi territoriali (la Germania è una Repubblica federale, niente a che fare con il sistema delle regioni che abbiamo noi in Italia).

Elettrici ed elettori esprimono 2 voti.

Il primo voto è quello che viene dato a una candidata o a un candidato. Esistono 299 circoscrizioni in Germania e questo significa che con il primo voto elettrici ed elettori possono dare una preferenza a una persona, eleggendo così un “Direktkandidat”. Si tratta di un mandato diretto, che lega l’eletta/o con la propria circoscrizione.

Un esempio concreto per capirsi: Berlino ha 12 circoscrizioni, quindi possono essere elette/i max 12 deputati con il primo voto. I partiti si contendono quindi le circoscrizioni con dei candidati: ne può passare una/o sola/o.

espl

Nell’immagine che ho allegato, presa dal sito www.spd.berlin si vedono le foto delle candidate e dei candidati che si contenderanno, per la SPD ciascuna delle circoscrizioni in cui è suddivisa la città, contro gli altri partiti e i rispettivi candidati. Chiaro? Si tratta quindi di una componente importante uninominale. Vengono eletti così circa la metà dei rappresentanti.

Il secondo voto viene dato ai partiti che presentano per ogni Land una lista di candidate e candidati. Si tratta di unlistino bloccato: sono i singoli partiti che, nei processi democratici interni, individuano i nomi che comporranno la lista, con alternanza di genere e seguendo un rigido processo che si conclude con il voto dell’Assemblea nazionale (attenzione: ogni Land è uno Stato, quindi ogni partito ha, in ciascun Land, un’assemblea nazionale).

Posso testimoniare che il processo, almeno nella SPD, è stato lunghissimo: 6 mesi e più di discussioni, presentazioni e votazioni a vari livelli: 1) per le “nomine” dove ciascun circolo territoriale esprime, nella propria circoscrizione, un voto di preferenza per una candidata o un candidato e poi 2) per la definizione ufficiale della lista nel Landesparteitag, ossia l’Assemblea dei delegati di ciascun Land, che si riunisce e vota per ciascuna posizione un nome. Se ci sono più contendenti si fanno le presentazioni e poi si vota su ogni singolo nome. E così via fino a completamento del listino bloccato.

Il numero attuale dei membri al Bundestag è di 630, ma può variare per effetto della re-distribuzione proporzionale dei seggi: i partiti che non raggiungono il 5%, infatti, sono esclusi, e i seggi sono conteggiati su quelli rimanenti. Ci può essere quindi un numero, comunque limitato, di elette/i in più o in meno per ciascuna legislatura.

Bene. E’ di questo sistema che si sta discutendo in Italia ora?

Spese militari, l’Italia in prima fila

 

 

FONTE SBILANCIAMOCI.INFO

Il nostro paese spende ogni anno per le sue forze armate oltre 23 miliardi di euro (64 milioni di euro al giorno). E oltre a spendere molto, l’Italia spende male, in modo irrazionale e inefficiente

Secondo i dati contenuti nel primo rapporto annuale sulle spese militari italiane presentato dall’Osservatorio MIL€X, presentato alla Camera dei Deputati lo scorso 15 febbraio, l’Italia spende ogni anno per le sue forze armate oltre 23 miliardi di euro (64 milioni di euro al giorno), di cui oltre 5 miliardi e mezzo (15 milioni al giorno) in armamenti.

Una spesa militare in costante aumento (+21% nelle ultime tre legislature), che rappresenta l’1,4% del PIL nazionale: esattamente la media NATO (USA esclusi), ma ancora troppo poco per l’Alleanza Atlantica, che chiede di arrivare al 2% in base a una decisione (mai sottoposta al vaglio del Parlamento) che incoraggia a spendere di più, invece che a spendere meglio, secondo una logica distorta che arriva al paradosso quando la NATO si congratula con la Grecia per la sua spesa militare al 2,6% del PIL, ignorando la bancarotta dello Stato ellenico. 

Oltre alla “virtuosa” Grecia, in buona compagnia del Portogallo (1,9% del PIL), gli Stati europei che spendono in difesa più dell’Italia sono le potenze nucleari francese e inglese (intorno al 2% del PIL) e le nazioni dell’ex Patto di Varsavia con la paranoia della minaccia russa come Polonia (2,2%) ed Estonia 2%. Altre grandi nazioni europee come Germania, Olanda e Spagna spendono molto meno di noi (intorno all’1,2% del PIL).

Oltre a spendere molto in difesa, l’Italia spende male, in modo irrazionale e inefficiente.

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Argentina Brasile, il rischio inquietante di una deriva verso regimi autoritari

Prestiamo attenzione su ciò che sta succedendo nei paesi latino americani: è in atto un’operazione di ristrutturazione nella gestione dello stato da parte dei poteri forti in questi paesi. Prima nel Brasile la destituzione della Presidenta Dilma Russef, una specie di “golpe” bianco, animato dalle oligarchie che tramite i mass media hanno montato una campagna di diffamazione contro l’ex Presidente Lula e il PT e la stessa Dilma Russef. Al contempo la nuova “governance” sta smontando pezzo per pezzo l’impianto delle politiche sociali che hanno consentito a 40 milioni di brasiliani di migliorare la condizione di vita , mandare i figli a scuola, curarsi e curare i propri famigliari.
Un percorso analogo sta avvenendo in Argentina con la sconfitta di Scioli alle presidenziali dello scorso anno e la vittoria di Macri.L’articolo che riproduciamo dal Manifesto descrive con precisione ciò che sta avvenendo.

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Cristina Kirchner indagata per l’Amia

Argentina. Macri acquista 4 lance da guerra da Israele al costo di 84 milioni di dollaridi Geraldina Colotti   fonte ilmanifesto.info
La giustizia argentina ha accettato il ricorso della Delegacion de Asociaciones Israelitas Argentinas (Daia), braccio politico della comunità ebraica locale, e ha riaperto l’indagine a carico dell’ex presidenta Cristina Kirchner in merito alla morte del procuratore Alberto Nisman.

Nisman indagava sull’attentato contro la mutua ebraica Amia di Buenos Aires che, nel 1994, provocò 85 morti, a tutt’oggi senza colpevoli. A gennaio del 2015, pochi giorni prima di essere trovato morto in circostanze ancora da chiarire, e sotto l’influenza di un personaggio dei servizi legato a Usa e Israele, aveva accusato la presidente (in carica dal 2007 al 2015) di aver voluto coprire le responsabilità del governo iraniano nell’attentato. Accuse sempre ritenute senza fondamento da diversi tribunali e respinte da Kirchner.

Per l’ex presidente e l’arco di forze che la sostiene, si tratta di una nuova manovra di Mauricio Macri: per far fuori dall’arena politica un’avversaria sempre temibile, capace di riaggregare le forze di opposizione, per coprire lo scandalo dei suoi conti all’estero, e per distogliere l’attenzione dei cittadini dalle conseguenze delle sue politiche neoliberiste, che – tra aumenti delle tariffe e licenziamenti – stanno lasciando sul lastrico sempre più persone (in un anno, una media di circa 100 licenziamenti al giorno). Numerose proteste, come quella dei lavoratori del ministero dell’Istruzione sono state represse, molte fabbriche recuperate disattivate.E resta in carcere la deputata indigena Milagro Sala, perseguita per altre accuse e condannata a tre anni con la condizionale per aver guidato le proteste dei lavoratori delle cooperative.
Intanto, il governo Macri ha comprato da Israele quattro lance da guerra provviste di sistemi di sorveglianza militare ad altissima tecnologia per una spesa pari a 84 milioni di dollari.
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Milagros Sala leader del Movimento TupacAmaru  Vedi Pagina 12 : Persecución a Milagro Sala

Linkiamo su Pagina 12 il Dossier che riguarda la persecuzione contro la deputata Milagros Sala che completa il quadro. Siamo forse lontani dagli anni ’70, ai tempi del Piano Condor e ai massacri delle feroci dittature militari, tuttavia quello che sta succedendo in America Latina, dopo anni di speranze, è inquietante e può rappresentare l’inizio di una deriva verso regimi autoritari.

Vedi Pagina 12 : Persecución a Milagro Sala

 

Disrupting* sociale versus il patrimonio di salute della popolazione.

Disrupting* sociale versus il patrimonio di salute della popolazione.

*Disrupt: to cause (something) to be unable to continue in the normal way : to interrupt the normal progress or activity of (something)

Sono molte le forme di disrupting che stanno avvenendo da tempo nel campo del lavoro , dell’economia , delle norme  che servono a regolare le relazioni tra le persone, tra le imprese e le persone, tra la pubblica amministrazione e i cittadini.E’ caratteristica del cosidetto  capitalismo turbo “innovare” spezzando vincoli sociali, compatibilità ambientali, esperienze e competenze, contesti di vita equilibrata di comunità con la delocalizzazione di attività produttive.
Proprio in questi giorni centinaia di lavoratori della Saeco Philips di Gaggio Montano stanno vivendo il dramma della prossima perdita del lavoro perchè l’azienda ha deciso di delocalizzare.
A questi lavoratori va la nostra piena solidarietà.
Essi sono le vittime di una forma di disrupting sociale dura , visibile e diretta che colpisce le loro vite, interrompe la loro vita normale, la loro autonomia e sconvolge progetti di vita di molte persone. Vi è debolezza degli strumenti della politica locale e nazionale, degli strumenti tradizionali di difesa per contrastare le decisioni distruttive della multinazionale. Il compito della politica democratica è quello di elaborare nuove regole di governo che impediscano il disrupting sociale delle multinazionali che sconvolge la vita di intere comunità dopo avere estratto ricchezza e profitti abbandonano senza pagare pegno la popolazione di un territorio.
Se la vicenda Saeco si iscrive tra le forme più tradizionali e decifrabili  del disrupting sociale ve ne sono altre molto insidiose e silenti che rischiano al momento di passare inosservate e sottotraccia. Sono le forme di disrupting operate direttamente dalle decisioni dal governo quando interviene con la riduzione delle norme di tutela dei lavoratori, con la trasformazione del diritto del lavoro a diritto commerciale che equipara il rapporto di lavoro a rapporto commerciale tra lavoratore e impresa considerando i contraenti come soggetti di pari potere.

Il Jobs Act ha in sè un forte potenziale di disrupting sociale che si sta già manifestando con la moltiplicazione dei licenziamenti “economici” dei lavoratori sopra i cinquanta anni, ben lontani dalla pensione,  destinati ad entrare nella fitta schiera delle persone che difficilmente potranno trovare un altro lavoro…
Esiste un fenomeno anch’esso non immediatamente visibile che le pratiche dirette di disrupting sociale e le politiche subalterne dei governi ai poteri forti dell’economia stanno producendo a livello profondo nei comportamenti delle persone: quello dell’adattamento passivo all’obbedienza ai forti, alla perdita della cognizione di sè come cittadino portatore di diritti fondamentali. Questo è il male oscuro che depotenzia la volontà e la capacità di partecipazione mettendo in grave crisi la democrazia: il crescente astensionismo elettorale è un indicatore palese di questo profondo malessere.
Tutto questo ha elevatissimi costi sociali: un patrimonio enorme di potenzialità umane viene dissipato, ai giovani viene prospettato non un futuro da cittadini protagonisti ma da precari assistiti, male.
Innovazione distruttiva è la cifra della cultura ora dominante: un esempio grottesco di questo modo di rapportarsi al mondo viene ad esempio dal ministro Poletti che alcuni giorni fa, in modo confuso, ha proposto la straordinaria innovazione del lavoro con l’orario decontrattualizzato del lavoro a obiettivi decisi unilateralmente dal datore di lavoro,  senza una definizione di limiti dell’orario …
Se dovesse passare la filosofia “innovatrice” del Poletti,  stando alle frasi confuse farfugliate  in un Convegno,  si entrerebbe al lavoro ma non si saprebbe quando termina la giornata o il turno notturno. Questo signore non ha la più pallida idea sul significato e sugli impatti sociali che potrebbe avere l’applicazione delle sue proposte: vorrebbe dire togliere quella piccola barriera o vincolo contrattuale  che consente a milioni di persone un sia pure modesto governo del proprio tempo di vita.
Senza un riferimento contrattuale milioni di persone perderebbero il governo del proprio tempo: chiunque conosca  elementi di psicologia di base  sa che togliere il governo del proprio tempo alle persone significa produrre condizioni di grave rischio per la salute mentale.
Nessuno dello staff ministeriale sembra averlo avvertito su quale terreno il nostro imolese si stesse avventurando.
Le politiche che comportano disrupting sociale sono numerose in molti ambiti diversi, dall’azienda alla scuola alla sanità. Cercare di “vederle”, di individuarle è il primo passo per intraprendere una iniziativa di neutralizzazione di queste pratiche devastanti che stanno facendo regredire migliaia di persone .Per l’anno a venire, come diario prevenzione,  abbiamo intenzione di lavorare molto su questo tema del “disrupting sociale”, sugli impatti che le “innovazioni distruttive” hanno sulla vita delle persone, sul patrimonio di salute della  popolazione.
Gino Rubini, Editor di Diario Prevenzione

Gregor Gysi (Die Linke): “La Germania ha avuto un taglio del debito e un ritardo nei pagamenti”.

 

Gregor Gysi (Die Linke): “La Germania ha avuto un taglio del debito e un ritardo nei pagamenti”.

Pandora Tv propone l’intervento del presidente di Die Linke Gregor Gysi subito dopo l’approvazione del nuovo piano di aiuti alla Grecia.
Il parlamentare tedesco ricorda ai suoi colleghi i benefici di cui ha goduto la la Germania per il pagamento dei suoi debiti di guerra.

 

 

Parlamento non voterà la legge elettorale ma un plebiscito per Renzi

Questa è la lettera che il presidente del Consiglio e segretario del Pd ha inviato questa mattina ai militanti, indirizzata ai segretari dei circoli dem. La lettera giunge mentre alla Camera si avvia la discussione in aula sulla legge elettorale

Care compagne e compagni, care amiche e cari amici, care democratiche e cari democratici,
scrivo a voi responsabili dei circoli del nostro partito in un momento delicato della vita istituzionale del Paese.

Dopo anni di crisi e di austerità, finalmente l’Italia inizia a rimettersi in moto. Le regole europee stanno cambiando, anche grazie al fatto che il PD è stato il partito più votato d’Europa. Migliaia di persone vedono trasformato il proprio lavoro precario in un contratto a tutele crescenti e conoscono finalmente il significato di parole come mutuo, ferie, diritti. I provvedimenti sull’economia – dagli 80 euro fino alla decontribuzione per i nuovi assunti – stanno spingendo molti settori a ripartire e le previsioni dei prossimi mesi sono finalmente positive (grazie anche ad eventi come Expo su cui abbiamo fatto pulizia perché crediamo profondamente che sarà una grande opportunità per l’Italia e un’occasione di confronto globale su temi come la lotta alla fame e la povertà).

Stiamo lavorando duro sulla giustizia: grazie al lavoro del PD è nata finalmente l’Autorità Anti Corruzione, si è introdotto il reato di autoriclaggio, la responsabilità civile dei magistrati, regole più serie per la custodia cautelare. E tra qualche settimana saranno legge le nuove norme sulla corruzione (pene più dure, prescrizione più difficile), sul falso in bilancio, sui reati ambientali, sui furti in appartamento. Una nuova stagione dei diritti si è aperta, dopo anni di tentennamenti: dal divorzio breve fino alla legge sul terzo settore, passando dalla discussione parlamentare sulla cittadinanza e sulle unioni civili.
La rivoluzione digitale porterà fisco e pubblica amministrazione a cambiare passo, smettendo di essere controparte degli utenti, ma finalmente consulenti e amici del cittadino. La fatturazione elettronica, la dichiarazione precompilata, l’imminente pin unico dimostra che possiamo davvero rendere questo Paese più semplice e efficiente. Per questo l’infrastruttura più grande sulla quale stiamo lavorando è quella digitale, la rete banda ultra larga. Ma non dimentichiamo la necessità di mettere in sicurezza le opere lasciate a metà da una burocrazia che ha visto negli appalti pubblici lavorare più gli avvocati che gli ingegneri: ecco perché il codice appalti, ad esempio, è fondamentale per dare regole certe e portare a compimenti i lavori. Ed ecco perché abbiamo sbloccato le opere contro il dissesto idrogeologico.

La vera sfida però riguarda la possibilità di tornare a investire nel capitale umano. Sulla ricerca, sull’innovazione, sulle città sostenibili. E tutto parte dalla scuola. Il nostro disegno di legge – maturato dopo una campagna di ascolto lunga mesi – può essere migliorato ancora. Siamo aperti e pronti all’ascolto. Ma un punto deve essere chiaro: la scelta dell’autonomia è decisiva. Significa che la scuola non deve essere nelle mani delle circolari ministeriali e dei sindacati, ma dei professori, delle famiglie, degli studenti. Grazie alle scelte del PD in Parlamento per la prima volta dopo anni ci saranno più soldi per le scuole e per l’edilizia scolastica, si torna ad assumere e si faranno di nuovo i concorsi, i professori avranno più risorse per la loro formazione, il merito dovrà essere valutato in modo puntuale e dagli asili nido al diritto allo studio il sistema educativo sarà più giusto.

Lo stiamo facendo in un momento non facile. Avanza in Europa un’ondata di contestazione che è forte in tutti i Paesi, a cominciare dalla Francia di Le Pen. In Italia questa sfida demagogica è incardinata su due forze, non solo su una: la Lega di Salvini, i Cinque Stelle di Grillo. Il PD è stato argine a questa deriva, grazie alla scelta di fare le riforme attese da anni su cui altri governi si sono, invece, fermati e impantanati in passato. Le riforme istituzionali e costituzionali sono il simbolo di questa battaglia. C’è chi contesta il sistema e chi propone di cambiarlo: noi siamo questo cambiamento, possibile e necessario.

Gli italiani ci hanno dato credito. Eravamo al 25% nel 2013, siamo passati al 41% nel 2014. In un anno abbiamo aumentato in modo incredibile il consenso. Abbiamo vinto nel 2014 cinque regioni su cinque: una era l’Emilia Romagna, le altre quattro le abbiamo strappate al centrodestra. Siamo oggi la forza politica che può restituire speranza e orgoglio all’Italia. Ma non possiamo fare melina. Non possiamo puntare a star qui solo per conservare la poltrona: siamo al Governo per servire l’Italia, cambiandola. Non ci abitueremo mai alla palude di chi vorrebbe rinviare, rinviare, rinviare.

Ecco perché la legge elettorale che domani va in Aula alla Camera diventa decisiva. Non solo perché è una legge seria, in linea con le precedenti proposte del nostro partito. Ma anche perché non approvare la legge elettorale adesso significherebbe bloccare il cammino di riforme di questa legislatura. E significherebbe dire che il PD non è la forza che cambia il Paese, ma il partito che blocca il cambiamento. Sarebbe il più grande regalo ai populisti. Ma sarebbe anche il più grande regalo ai tanti che credono nel potere dei tecnici: quelli che pensano che la parola politica sia una parolaccia e bisogna affidarsi ai presunti specialisti che ci hanno condotto fin qui, prima dell’arrivo al governo del PD.

Nel merito la legge elettorale è modellata sulla base dell’esperienza dei sindaci. Chi vince governa per cinque anni. È previsto il ballottaggio. Il premio è alla lista per evitare che i partiti più piccoli possano dividersi dal giorno dopo le elezioni e mettere veti. Circa la metà dei seggi viene attribuita a candidati espressione del collegio (candidato di collegio, non più liste bloccate come nel porcellum) e l’altra metà con preferenze (massimo due, una donna e un uomo). Si può sempre fare meglio, per carità. Ma questa legge rottama il Porcellum delle chilometriche liste bloccate con candidati sconosciuti e il Consultellum che tanto assomiglia al proporzionale puro della prima repubblica, imponendo inciuci e larghe intese.

Questa legge l’ha voluta il PD. L’abbiamo definita una urgenza e ora dovremmo fermarci? L’abbiamo proposta alle primarie del dicembre 2013, con due milioni di persone che ci hanno votato. L’abbiamo ribadita alla prima assemblea a Milano. L’abbiamo votata in direzione a gennaio 2014. L’abbiamo votata, modificata sulla base delle prime richieste della minoranza interna, alla Camera nel marzo 2014. L’abbiamo di nuovo modificata d’accordo con tutta la maggioranza e l’abbiamo votata al Senato nel gennaio 2015. L’abbiamo riportata in direzione nazionale e l’abbiamo votata. Poi abbiamo fatto assemblea dei deputati e l’abbiamo votata ancora una volta. L’abbiamo votata in Commissione e adesso siamo alla terza lettura alla Camera, in un confronto parlamentare che è stato puntuale, continuo, rispettoso.

Vi domando: davvero è dittatura quella di chi chiede di rispettare il volere della stragrande maggioranza dei nostri iscritti, dei nostri parlamentari, del nostro gruppo dirigente? Davvero è così assurdo chiedere che dopo 14 mesi di dialogo parlamentare si possa finalmente chiudere questa legge di cui tutti conosciamo il valore politico? Davvero vi sembra logico che dopo tutta questa trafila ci dobbiamo fermare perché una parte della minoranza non vuole?

Se questa legge elettorale non passa è l’idea stessa di Partito Democratico come motore del cambiamento dell’Italia che viene meno. Se davanti alle prime difficoltà, anche noi ci arrendiamo come potremo costruire un’Italia migliore per i nostri figli? Se gli organi di un partito (primarie, assemblea, direzione, gruppi parlamentari) indicano una strada e poi noi non la seguiamo come possiamo essere ancora credibili? Abbiamo portato il PD a prendere tanti voti degli italiani: davvero oggi possiamo fermarci davanti ai veti?

Ecco perché nel voto di queste ore c’è in ballo la legge elettorale, certo. Ma anche e soprattutto la dignità del nostro partito. La prima regola della democrazia è rispettare, tutti insieme, la regola del consenso interno. Quando ho perso le primarie, ho riconosciuto che la linea politica doveva darla chi aveva vinto. Adesso non sto chiedendo semplicemente lealtà; sto chiedendo rispetto per una intera comunità che si è espressa più volte su questo argomento, a tutti i livelli. Perché questa legge elettorale l’abbiamo cambiata tre volte per ascoltare tutti, per ascoltarci tutti. Ma a un certo punto bisogna decidere.

Ho preso l’impegno con voi, iscritti al PD, di guidare il partito fino al dicembre 2017, quando si terranno le primarie. In quell’appuntamento toccherà a voi, alla nostra comunità, scegliere se cambiare segretario. Ma fino a quel giorno lavorerò senza tregua per dare alla nostra comunità la possibilità di essere utile all’Italia. Milioni di nostri concittadini affidano le loro speranze al nostro lavoro: già altre volte in passato le divisioni della nostra parte hanno consentito agli altri di tornare al potere e di fare ciò che abbiamo visto. Farò di tutto perché questo non risucceda. Possono mandare a casa il Governo se proprio vogliono, ma non possono fermare l’urgenza del cambiamento che il PD di oggi rappresenta.

Grazie per il sostegno
Matteo

Commento: oltre al messaggio palese vi è in questa epistola ai “fedeli” che sono rimasti ” in comunità ” un altro messaggio meno evidente ma molto chiaro. Cari signori voi fate parte di una comunità della quale io sono il capo che deciderà chi di voi sarà dentro o fuori dalle liste nelle prossime elezioni…
Quindi non rompete le scatole, dimenticate la vostra autonomia di parlamentari ( art.67 della Costituzione ) e fate come vi dico io … Sembra dire il Renzi. In altri termini si può dire che si tratta di un testo minaccioso che delinea chi sarà dentro al “cerchio magico ” e chi sarà mandato a casa con l’esclusione dalle liste. Il tacchino impettito avrà da alzare la voce con qualche deputato e alla fine tutto finirà con la cosiddetta sinistra che voterà tutto, anche il proprio suicidio politico definitivo. Il voto alla Camera non sarà un voto per la legge elettorale ma su Renzi.Ancora una bufala

Un Drago USA si aggira per l’Europa

Un Drago USA si aggira per l’Europa

Un convoglio di mezzi militari e truppe in viaggio per 1.800 chilometri attraverso sei nazioni: Estonia, Lituania, Polonia, Lettonia, Repubblica ceca e Germania

 

 

PD. Autonomia del politico a corrente alternata

Nella trasmissione Ballaro’  un esponente del Pd , Scalfarotto, ha cercato di spiegare come il sindacato non debba mettere naso nelle scelte della politica ovvero del governo anche  quelle che riguardano le regole del mercato del  lavoro.  I lavoratori votano e quindi, secondo costui il sindacato non avrebbe titolarità per esprimere proprie posizioni in materia di leggi sul lavoro, sulla previdenza, sull’assenza di politiche industriali, sulle mille problematiche della vita dei lavoratori.

Il modellino di riferimento e’ quello ottocentesco, una ideologia liberale tarda che il PD vuole spacciare come elaborazione moderna,  modernissima…  La posizione del PD e’ grottesca in quanto questa pretesa autonomia della politica  dalle associazioni di rappresentanza sociale vale solo per  i sindacati dei lavoratori, mentre Confindustria ha dettato  i  propri desiderata al governo per quanto riguarda  molti punti del cosiddetto Jobs Act. La decrescente credibilità del governo e’ data da queste bubbole che vengono spacciate come grandi novità .   Pd , partito tardo liberale, che vuole neutralizzare e silenziare le associazioni volontarie dei lavoratori non ha più nulla a che fare con la storia del movimento dei lavoratori. La nascita di un soggetto politico popolare di massa in cui i lavoratori possano riconoscersi  e’ il porto in cui approdare. Scalfarotto e per l’autonomia della politica a corrente alternata. Totale autonomia dalle richieste sindacali totale dipendenza e devozione per le richieste di Confindustria e cespugli vari delle Associazioni datoriali.

 

 

 

 

 

Roma: tutele crescenti a suon di manganellate

Oggi a Roma malmenati gli operai della AST. Tutele crescenti a suon di manganellate. Dopo settimane di aggressioni verbali e insulti da parte di esponenti del governo contro il sindacato, verosimilmente qualcuno nella catena di comando della polizia ha deciso di mettere in pratica il nuovo corso di relazioni tra governo e sindacati . Un  nuovo corso che riporta alla memoria la “modernità” della polizia ai tempi di Scelba. Le penose giustificazioni della Questura di Roma, palesemente improvvisate e maldestre, danno l’idea della confusione che regna nelle strutture di comando della polizia. Vedremo nei prossimi giorni quali giustificazioni verranno date rispetto a questa aggressione a freddo contro lavoratori che manifestavano per la difesa del lavoro. Sono irresponsabili quei dirigenti del PD che da settimane insultano e dileggiano il sindacato in ogni sede.

 

 

 

 

 

 

 

 

Il mio babbo ha perso il lavoro. Ma gli voglio bene lo stesso

Pubblichiamo da Inchiestaonline questa opera di Emilio Rebecchi
fonte INCHIESTAONLINE.IT

Il mio babbo ha perso il lavoro. Ma gli voglio bene lo stesso. Lo scrive un bambino di 8 anni, che è arrivato nel mio studio insieme alla sua mamma. Il motivo della consultazione: una diagnosi di iperattività suggerita dall’insegnante . Il bambino per alcuni momenti assume posizioni strane, muove vorticosamente le braccia , saltella. Poi la crisi passa e torna la quiete. Per il resto è assolutamente normale. Il rendimento scolastico buono. L’intelligenza vivace. Chiedo se i momenti di iperattività siano riconducibili a condizioni particolari, improvvise emozioni, timori, o altro. Né la maestra né i genitori hanno trovato tracce o significati. L’agitazione motoria appare inspiegabile. Chiedo del lavoro dei genitori. La madre è impiegata in un’agenzia di pulizie; il padre é carpentiere.

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