Il presidenzialismo all’italiana rischia di imitare quello di Orban: la Costituzione va difesa subito

Siamo tra quelli che non amano il presidenzialismo, in qualsiasi versione e variante. La nostra Costituzione, dalle profonde radici antifasciste, ha esplicitamente scartato questa strada proprio per evitare i rischi del ritorno al passato e dell’alterazione dell’equilibrio tra i poteri.

Lo scambio che si prospetta si fonda sullo scambio tra sostenitori della Repubblica presidenziale e della donna sola al comando, e sostenitori dell’autonomia differenziata. Gli alleati diffidano gli uni dagli altri, a tal punto che il ministro Calderoli, imitando Meloni e Crosetto, ha sentito il bisogno di annunciate querele bavaglio contro chiunque osi criticare la sua proposta. Naturalmente le querele finiranno nella cassetta delle intimidazioni di giornata, ma saranno servite ad avvertire i “fratelli e le sorelle d’Italia” che, senza autonomia, non ci sarà presidenzialismo.

I soci, tuttavia, concordano sul fatto che prima di procedere a manomettere la Costituzione sarà necessario devastare i poteri di controllo.

Il presidenzialismo all’italiana, in questo contesto, è una variante peggiorativa dei modelli in vigore in Francia, in Gran Bretagna, negli Stati Uniti… Il modello nazionale passa, infatti, dalla presenza al governo di persone che rivendicano le loro radici nel Movimento sociale e nella repubblica di Salò, estranee alla Costituzione in vigore; già basterebbe questa premessa per diffidare del presidenzialismo proposto dalla presidente del Consiglio.

Come se non bastasse il ministro Nordio ha fatto sapere che urge la riforma costituzionale per ridimensionare il peso e l’autonomia dei magistrati. Provate a immaginare un presidenzialismo senza obbligo dell’azione penale, con magistrati sottoposti al controllo delle maggioranze, con il ripristino delle norme salva corrotti.

A questo si aggiunga che il conflitto di interessi non solo è più che mai in vita, ma si moltiplicano le figure di politici che acquistano giornali e agenzie, radio, tv, reti. La riforma della Rai, con la complicità anche degli ultimi governi, non è stata neppure abbozzata, e il governo si appresta a mettere sotto tutela viale Mazzini che sommerà alle tv già di proprietà di Berlusconi; per non parlare dei maneggi già in atto nei principali gruppi editoriali. Basterà ricordare l’assassinio programmato ed eseguito del settimanale L’Espresso.

L’ulteriore riduzione del pluralismo editoriale si accompagna al moltiplicarsi delle querele bavaglio, alla sistematica violazione del segreto professionale e delle fonti (ultimo clamoroso caso quello relativo alla trasmissione Report) e, addirittura, alle recenti proposte forziste per reintrodurre il carcere persino per la pubblicazione delle intercettazioni non più coperte dal segreto.

Alcune di queste proposte hanno un obiettivo solamente intimidatorio, perché in contrasto con le medesime sentenze della Corte europea, ma la sola idea indica la rotta e i disvalori di riferimento. Si potrebbe continuare, elencando tutte le norme e le azioni che puntano a ridurre il dissenso, a punire la protesta, a censurare il pensiero critico, a mortificare diversità e differenze.

Dal momento che, nel dibattito politico, contano non solo le parole dette, ma anche quelle omesse, appare evidente che il presidenzialismo all’italiana non sarà preceduto dal rafforzamento dei pesi e dei contrappesi, dalla modifica della legge elettorale, dalla risoluzione dei conflitti di interesse, dall’esaltazione dell’autonomia della giustizia e dell’informazione, ma seguirà il percorso contrario. Il modello di riferimento non sono Francia, Stati Uniti, Gran Bretagna, ma la “democratura” di Orban.

Non ci sono spazi di trattativa, chi coltiva questa illusione avrà un amaro risveglio. Sarà il caso di riaprire i comitati per la tutela della Costituzione antifascista e predisporsi ad una dura e prolungata battaglia referendaria, ora e subito.

Pubblicato su “il Fatto Quotidiano”

Attenti al decreto sicurezza bis Salvini e Di Maio uniti nella lotta vogliono demolire lo stato di diritto

Articolo di Nadia Urbinati

Pubblicato su Strisciarossa.it

 

L’Enciclopedia Treccani ci dà questa definizione di “stato di diritto”:
“Forma di Stato di matrice liberale, in cui viene perseguito il fine di controllare e limitare il potere statuale attraverso la posizione di norme giuridiche generali e astratte. L’esercizio arbitrario del potere viene contrastato con una progressiva regolazione dell’organizzazione e del funzionamento dei pubblici poteri, che ha come scopo sia la «diffusione» sia la «differenziazione» del potere, rispettivamente, attraverso istituti normativi (unicità e individualità del soggetto giuridico; eguaglianza giuridica dei soggetti individuali; certezza del diritto; riconoscimento costituzionale dei diritti soggettivi) e modalità istituzionali (delimitazione dell’ambito di esercizio del potere politico e di applicazione del diritto; separazione tra istituzioni legislative e amministrative; primato del potere legislativo, principio di legalità e riserva di legislazione; subordinazione del potere legislativo al rispetto dei diritti soggettivi costituzionalmente definiti; autonomia del potere giudiziario), comunemente considerati come parti integranti della nozione di Stato di diritto”. (Leggi quiApre in una nuova finestra la definizione completa)

Chi governa sta sotto la legge e non sopra

Nei paesi anglosassoni l’espressione è forse meglio resa: lo stato di diritto si chiama “the rule of law” – è la legge che governa; i governanti stanno “sotto” non sopra la legge e non la deturpano a loro piacere o secondo le loro convenienze di partito, di maggioranza o di audience. Il governo Lega-5stelle è parzialmente fuori dello stato di diritto, in violazione del governo della legge. Lo è non tanto per le esternazioni e i comportamente dei ministri – la dimensione della pubblicità li fa essere burattini e burattinai di un circo equestre: al mare a fare bacetti con la fidanzata o in spaggia a torso nudo genuflessi ad adorare la venere sotto un bichini (Salvini ama mostrarsi a torso nudo come Mussolini). Ma non è questa la dimensione da considerare quando vogliamo vedere in atto la violazione dello stato di diritto.

Verso uno stato di polizia

Andiamo al DL sicurezza bisApre in una nuova finestra su immigrazione e ordine pubblico, una falcata poderosa verso uno stato di polizia, che assegna al ministero degli Interni un ruolo preponderante nel decidere sulle libertà di tutti, cittadini e non. Il decreto prevede un’ulteriore criminalizzazione del soccorso in mare, la riforma del codice penale, maggiori finanziamenti per i rimpatri e l’estensione dei poteri delle forze di polizia. Litigiosi su quasi tutto, il MoVimento e la Lega si sono trovati in amorevole accordo su questo decreto proto-autoritario, che prevede multe per ogni persona soccorsa in mare e la sospensione o revoca della licenza di nagivazione, che toglie al ministero delle Infrastrutture tutte le pertinente della navigazione assegnando all’Interno il potere di vietare o limitare il transito o la sosta nelle acque territoriali per motivi di ordine pubblico.

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Bruno Giorgini: Scomunichiamo Salvini

FONTE INCHIESTAONLINE

L’anatema di Famiglia Cristiana è senza appello: Vade retro Salvini. Nel nome del Vangelo. E un religioso del peso di Matteo Maria Zuppi, cappellano del Papa nonchè arcivescovo di Bologna, scrive sull’Avvenire “Amate dunque il forestiero, perchè anche voi foste forestieri nella terra d’Egitto (..)Da una parte silenzi sulle cause lontane e vicine (delle migrazioni, ndr) e dall’altra parole di fatto violente nelle espressioni di sostanziale disprezzo. L’Italia ha un patrimonio di umanesimo che non deve mai essere messo in discussione”.

Dunque la Chiesa scende in campo per “accogliere, promuovere, proteggere e integrare”, individuando in Salvini l’artefice e il propagatore di pratiche – come la chiusura dei porti esplicitamente citata – che violano la pietas cristiana nonchè i diritti umani, per di più usando termini di “una volgarità inaudita”, quando dice per esempio che “la pacchia è finita”. I vescovi avvertono il Ministro dell’Interno che “Non si può brandire il Vangelo o il rosario per giustificare i nostri atti politici”. Non risparmiando i numeri della strage. Se Salvini twitta “Meno persone partono, meno morti ci saranno. Io lavoro per questo”, Famiglia Cristiana scrive: “dall’inizio dell’anno allo scorso 18 Luglio l’Organizzazione mondiale per le migrazioni ha contato 1490 decessi su un totale di 51782 persone giunte in Europa via mare. Quasi un punto percentuale in più dei morti rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.” Mentre le critiche dell’Avvenire, giornale dei vescovi, contro Salvini non si contano, spesso smascherando le sue menzogne.

Per esempio quando in visita alla baraccopoli ghetto di San Ferdinando commenta: “questo è il risultato di anni di immigrazione incontrollata, alla Renzi, alla Mare Nostrum che hanno portato a questa giungla” e uno s’immagina folle di immigrati senza permesso di soggiorno, “i clandestini” parola tesa a indicare secondo la legge Bossi Fini una delinquenza. Ma non si tratta di “clandestini” e/o irregolari, bensì di lavoratori immigrati col permesso di soggiorno tenuti in condizioni di sfruttamento estremo e di vita indegna dal sistema dei caporali e dei padroni, tutti bravi italiani, ci mancherebbe. Di fronte a queste persone il nostro senza pudore alcuno ha aggiunto: “siccome ci sono 5 milioni di italiani in povertà, vengono prima loro per casa e lavoro”. Peccato che i negher una casa neppure sappiano cosa sia abitando in baracche alla bell’e meglio tenute in piedi, e che il loro lavoro sia pagato una miseria, ben al di sotto dei salari minimi per i braccianti italici. Salvo invece che muoiano per incidenti stradali ammassati nei furgoni fracassati dai TIR, quattro più dodici in un paio di giorni. Per sopramercato Salvini sta operando per depotenziare la legge contro il caporalato, approvata sull’onda dell’emozione per la morte dovuta a eccesso di fatica della bracciante pugliese Paola Clemente, perchè pare metta troppi lacci e lacciuoli a padroni e padroncini.

Insomma Salvini, seppure ostenta il rosario, par sulla soglia di una scomunica. Non ancora definita per editto papale, ma già assai avanzata nella società ecclesiale.

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Pisa At Works: esposizione nei locali del Comune e sotto Logge dei Bachi (in pieno centro città)

Una mostra di photos e videos chiamata “Pisa At Works: viaggio nel cambiamento” sui cambiamenti da 10 anni (amministrazione comunale PD e alleati), retrospettiva dei cambiamenti nell’urbanistica della città in questi ultimi anni: Pisa Mover (il People Mover mini-metropolitana automatica dall’aeroporto alla stazione, che ha tolto il treno diretto per Firenze e il bus urbano pisano da/per l’aeroporto), percorso delle Mura storiche, nuova biblioteca civica, ecc
Senza entrare nel dettaglio dei “cambiamenti” ricordati, 2 appunti:

1) il titolo in inglese, come il Jobs Act, illustrazione di una diffusa subalternità provinciale alla cultura anglosassone

2) viaggio nel CAMBIAMENTO: il cambiamento nella prospettiva “modernista”, portata in Italia dal PD in questi anni, è sempre positivo, migliorativo, espansivo (magari sotto austerity!), produttivista, “progressista” nel vecchio senso del termine Progresso, mai peggiorativo (di cui la difficoltà a pensare seriamente l’ecologia, salvo come green economy, per parlare inglese).

In 6 parole, tutta una narrazione ideologica, senza bisogno di scomodare il Roland Barthes di Mythologies (1956)
Oltre all’evidente obiettivo elettorale subdolo (le elezioni amministrative a Pisa sono previste a maggio), una mostra autocelebrativa dai titoli significativi.
Jean-Olivier, Pisa, 15.1.2018