Nebbia in agosto

Nebbia in agosto

 

E’ il titolo di un film tedesco che da qualche giorno dovrebbe circolare nelle sale italiane e che vi consiglio di andare a vedere.

Il regista e’ Kai Wessel che tratta della storia di Ernst Lossa, tredicenne figlio di zingari jenisch che, benche’ di sana e robusta costituzione, viene internato nella clinica di Irsee, dove, durante il periodo nazista, si praticava l’ eutanasia nei confronti di bambini al fine di purificare la razza ariana dalle imperfezioni genetiche.

La clinica di Irsee faceva parte di una rete di cliniche,  psichiatriche e non, nelle quali i migliori intelletti del tempo si impegnavano a motivare scientificamente e a perfezionare le modalita’ di attuazione del piano di eugenetica hitleriana, chiamato semplicemente T4.

La sigla prende il nome da Tiergartenstrasse, 4, in Berlin, indirizzo della Villa Liebermann,   dove aveva sede il centro direzionale di tutto il progetto, nel quale  operavano 60 medici, luminari di fama mondiale, dediti a studiare i migliori metodi di decimazione di esseri umani. Se avrete occasione di visitare a Berlin il complesso architettonico di Postdamer Platz e di fermarvi davanti alla bellissima costruzione dove ha sede la Philarmonie, potrete trovare una memoria sotto la pensilina del bus. Ci sono capitato per caso un giorno mentre cercavo riparo dalla pioggia e vi assicuro che, dopo aver letto la locandina, quello che e’ oggi  uno dei luoghi culturalmente piu’ belli d’ Europa si e’ trasformato di colpo in un ambiente sinistro, che non saprei descrivere.

La clinica di Irsee era diretta dal Dott. Valentin Falthauser, interpretato nel film da Sebastian koch (gia’ conosciuto come uno degli interpreti principali del film “Le vite degli altri”),  inventore della famosa “dieta E”, assolutamente priva di grassi, grazie alla quale, a costi molto bassi, si poteva far morire per “edema da fame”, quasi naturalmente, centinaia di bambini “problematici” che, in un colpo solo, smettevano di essere un costo per la societa’ e si trasformavano addirittura in risorsa, ovvero in materiale umano per studi anatomici ed esperimenti scientifici. Quando la dieta non era sufficiente, una adeguata dose di barbiturici aiutava gli innocenti “sbagliati” a trapassare serenamente.

Al processo di Norimberga vennero comminate pene irrisorie al Dott. Falthauser e alla infermiera che lo aiutava, nonostante l’ammissione di oltre 200 crimini (numero certamente sottostimato), e, se non ricordo male, i due hanno perfino continuato ad esercitare la loro professione una volta scontata la pena. D’altra parte gli autori dei crimini erano normalissimi dipendenti dello Stato e avevano eseguito un piano ben noto a tutti, che affondava le radici non gia’ e non solo nella follia hitleriana, ma nella diffusissima cultura razzista pluridecennale, prodotta, alimentata e coltivata dalle elites culturali in tutta Europa, capaci di offrire giustificazioni robustissime all’ eutanasia e alla sterilizzazione, sia sul piano economico, sociale, giuridico, etc. (Solo il Vescovo Von Galen ebbe il coraggio, nel settembre del 1941, di chiamare omicidi quelle aberanti azioni, ma il “lavoro” continuo’ perfino dopo la fine della guerra)

Alla luce del grandissimo lavoro di ricerca, insegnamento, propaganda, nel quale era impegnato il fior fiore di una intera societa’, scesa in armi (che eroi!!!) prima di tutto contro la sua parte piu’ debole, le responsabilita’ del Dott. Falthauser possono perfino sembrare irrilevanti!!!! Infatti fu questa la principale linea difensiva dei criminali nazisti a Norimberga, che tentarono di minimizzare le loro responsabilita’ individuali dietro il valore della disciplina e della lealta’.

Cio’ che appare mostruoso in tutto cio’ che il film rivela non e’ la sua eccezionalita’,  ma, al contrario,  proprio la sua normalita’ e non si puo’ fare a meno di ritornare con la mente alla analisi di Hanna Arendt sulla “Banalita’ del male”.

A tale proposito, mi sento di suggerire, a quanti non hanno gia’ avuto la fortuna di vederlo, uno spettacolo di Marco Paolini, che trovate su Youtube. Il titolo e’ Ausmerzen, vite indegne di essere vissute e tratta molto approfonditamente proprio le tematiche cui ho fatto cenno.

Si tratta di un capolavoro nel vero senso del termine e di una lezione magistrale di grande utilita’, non solo per comprendere una delle “follie” del secolo scorso ma per disporre di un importante, anche se insufficiente, antidoto per evitare di cadere vittime delle nuove follie da cui rischiamo ogni giorno di essere travolti.

 

16 Gennaio 2017                                                     Franco Di Giangirolamo