La mini-naja di La Russa, metà studio metà guerra

La proposta La Russa è preistorica. C’è bisogno di altro: di finanziare le politiche di pace, il servizio civile, i corpi di pace, spese tagliate nel bilancio del governo che invece aumenta di 800 milioni le spese militari. Da il manifesto.

Per Ignazio La Russa la mini naja o la naja deve essere un chiodo fisso, avendo provato a reintrodurla (con qualche successo in parlamento) nel 2008 e nel 2019. Ora ci riprova in piena discussione sulla legge di bilancio, con una evidente sgrammaticatura istituzionale. Non è compito del presidente proporre disegni di legge, anche se per interposta persona (i senatori del suo gruppo politico).

La Russa con questa idea vuole riavvicinare i giovani alle Forze Armate, anche se sarebbe meglio riavvicinarli al lavoro (non precario) e a una istruzione di qualità. In questo fervore militaristico del presidente del Senato, sarebbe importante sapere come La Russa ha svolto il servizio militare a suo tempo, così da fare da esempio ai giovani di oggi. La mini naja non è certo una priorità per i giovani, che hanno ben altri problemi per la testa: è solo una priorità (ideologica) di chi non si riesce a liberare della retorica del passato e di un’idea sbagliata del «dovere» verso la patria. Una nota sentenza della Corte Costituzionale del 1985 ha ricordato che il servizio civile è un modo altrettanto degno di adempiere al dovere di servire la patria, previsto dall’art. 52 della Costituzione. E se passiamo all’articolo seguente della Costituzione, l’art.53 (gli articoli 52 e 53 fanno parte della sezione della Carta, intitolata: “Diritti e doveri del cittadino”), c’è un altro dovere da rispettare (verso la patria): pagare le tasse, auspicabilmente in modo progressivo. Di questo dovere il centrodestra si dimentica, con questa legge di bilancio, favorendo l’evasione fiscale, con la rottamazione delle cartelle, l’uso del contante, la revisione delle disposizioni sul cosiddetto Pos.

In sostanza, con la mini naja, si vorrebbero stanziare dei soldi pubblici per permettere ai giovani di fare 40 giorni di addestramento militare, prendere confidenza con le armi, le caserme, le esercitazioni ai poligoni. Tutto questo, quando la legge di bilancio lascia a secco il servizio civile (decine di migliaia di giovani rischiano di non poter entrare in servizio per carenza di fondi) e riduce dell’8% la spesa per la cooperazione allo sviluppo (siamo allo 0,2% del Pil, mentre per impegni presi a livello internazionale, dovremmo essere allo 0,7%). Ma, soprattutto, quando con la legge di bilancio 2023 aumentano le spese militari di 800 milioni di euro, da 25,7 a 26,5 miliardi di euro. E se per la mini naja si vogliono stanziare soldi con una nuova legge, per i corpi civili di pace, che sono già legge (ragazzi che vanno a rischiare la vita nelle aree di conflitto per portare la pace), non c’è in legge di bilancio nemmeno un euro.

La guerra in Ucraina sta diventando un pretesto per aumentare le spese militari, tagliare le risorse alle politiche di pace e far parlare di nuovo di naja, anche se mini e volontaria. Ma col tempo potrà essere meno mini e meno volontaria. Oggi avremmo bisogno di altro: di finanziare le politiche di pace, il servizio civile, i corpi di pace. Avremmo bisogno di ridurre le spese militari che – anche senza la guerra in Ucraina – sono continuate ad aumentare in Italia, e in tutto il mondo, come ci dice l’ultimo rapporto del Sipri. Il mondo sta diventando meno sicuro – nonostante le armi – e si spende sempre troppo poco per la cooperazione allo sviluppo. La guerra in Ucraina non solo colpisce i nostri rifornimenti energetici, ma soprattutto i rifornimenti di grano (cibo) per i paesi in via di sviluppo.

Ecco perché “Sbilanciamoci” con la controfinanzia del 2023 (che presenteremo il prossimo 21 dicembre alla Camera dei Deputati. Per info: www.sbilanciamoci.info) indica una strada diversa e opposta a quella del presidente del Senato e di questo governo. Proponiamo una riduzione di poco più 5 miliardi di euro alla spesa militare: tagli di 3,5 miliardi sui sistemi d’arma vecchi e nuovi, di 800 milioni sul personale con una progressiva riduzione degli organici, di 750 milioni sulle missioni militari.

La mini naja è una proposta preistorica, da dinosauri della guerra fredda. Quello che invece è incredibilmente moderno e attuale è il ritorno della guerra (e della spesa militare) come strumento geopolitico di dominio e di sopraffazione e come business per faccendieri, imprenditori privi di scrupolo e anche per un po’ di esponenti politici. La mini naja torni in soffitta e opponiamoci sempre di più alla logica della guerra e delle armi.

Pubblicato sul manifesto del 16 dicembre 2022