Il gioco dello sbirro improvvisato

Fonte Comune-info.net

In Italia il controllo politico sulle polizie è diventato limitato, del resto non c’è mai stata attenzione dei politici su come funzionano le polizie, tanto che i neo-ministri dell’interno se non vogliono scivolare in gaffe hanno interesse a seguire quanto consigliano loro i funzionari dell’apparato ministeriale. Intanto, mentre qualsiasi operatore di polizia oggi sa bene che l’andamento della criminalità mostra un netto calo di tutti i reati e in particolare di quelli più gravi, l’ultimo ministro approdato, come spiega Salvatore Palidda, continua a recitare “il ruolo di tribuno imitando un po’ il duce e un po’ Trump… In sostanza mister Salvini ripete il gioco della distrazione di massa…: agitare false insicurezze per nascondere le insicurezze che colpiscono la maggioranza della popolazione… La Pianura padana ad esempio è una delle due zone più inquinate d’Europa… E anche la zona la più alta diffusione di economie sommerse…”. Ecco perché è “più che mai importante sostenere i pochi operatori delle polizie che sono antifascisti, antirazzisti e antisessisti…”

Una vignetta di Mauro Biani pubblicata sul manifesto del 22 febbraio 2018

 

di Salvatore Palidda*

Non è arbitrario dire che, a parte Mario Scelba, tutti i ministri dell’interno soprattutto dal 1994 ad oggi non sembra che abbiano segnato in qualche modo in maniera significativa la storia di questo ministero e in generale del governo della sicurezza interna in Italia. Nessuno di questi può essere comparato a quanto fece Scelba (nel “male” più che nel “bene” dal punto di vista di uno stato di diritto effettivamente democratico e quindi nel bene della res publica). Appare invece assai plausibile dire che nei fatti tutti i ministri sono sempre stati “subordinati” all’apparato ministeriale e in particolare al Viminale e ai comandi dell’Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza.

Certo, dal 1945 in Italia il potere politico domina le polizie perché è il governo che decide le nomine ai più alti livelli delle forze di polizia e anche dei prefetti e questori. Tant’è che le carriere si “giocano” sempre a condizione di avere un “santo in paradiso”, cioè una protezione politica che effettivamente conta. Ai tempi della Dc “partito-stato” bisognava saper destreggiarsi fra le correnti democristiane. Ma dopo, col compromesso storico e poi con i sindacati della polizia di stato e le rappresentanze del personale anche delle altre forze di polizia ancora a statuto militare, il gioco delle nomine dei vertici a livello nazionale e locale è approdato a una negoziazione articolata fra politici, vertici delle diverse forze di polizia, sindacati e rappresentanti del personale (sempre super corporativi). In altre parole, in Italia il controllo politico sulle polizie è diventato sempre più limitato. Lo scambio consisteva e consiste ancora nel garantire da parte delle polizie fedeltà al potere politico a condizione di avere autonomia di gestione da parte di ogni forza e concessioni continue di quasi tutte le rivendicazioni di ogni polizia (sempre in concorrenza fra loro, con momenti alquanto accesi come quando il governo D’Alema fece diventare i CC quarta forza armata e di fatto la forza di polizia con più peso rispetto alla PS nel cosiddetto “comparto sicurezza”).

Ma, la scarsa durata dei governi e quindi dei ministri ha di fatto favorito la diminuzione del potere decisionale del governo e aumentato quello dell’apparato ministeriale, dei vertici di ogni forza e dei sindacati. In particolare, il “nocciolo duro” del Viminale è diventato l’apparato che governa il ministero dell’Interno a prescindere dal ministro di turno e dal colore del governo di turno. Ma ricordiamo sempre che il Viminale ha un potere alquanto limitato sui CC, sulla GdF e sulla Polizia Penintenziaria. Inoltre, in questo nocciolo duro contano in particolare alcune “cordate” o reticoli di legami professionali che a volte si confondono con quelle delle comuni origini regionali e ovviamente della comune carriera. Si tratta qui di alti funzionari (tutti prefetti provenienti sia dall’apposita carriera di questa categoria, sia per nomina grazie al noto “lodo” che volle l’allora capo De Gennaro). Se oggi sono ancora in funzione vuol dire che se erano già in servizio nel 1981 (anno della riforma presto deformata della polizia) da quasi a quarant’anni sono dipendenti del ministero dell’Interno. Ne consegue che praticamente tutto il personale delle polizie e dei vertici di oggi è in servizio dal dopo il 1981. Si ha quindi un universo professionale che “nasce” in un mondo ben diverso da quello dell’epoca scelbiana, un mondo in cui entra in gioco un altro fattore particolarmente influente: il gioco finanziario legato alle nuove tecnologie e alla comunicazione. Fattore che pesa ancora di più nel divenire delle forze armate ma in generale in tutto l’universo della sicurezza interna e degli affari militari che con la Revolution in Military Affairs sono progressivamente ibridati (reciprocamente dal 1991 in poi).

Ricordiamo anche che in Italia non c’è mai stata attenzione dei politici su cosa sono e come funzionano le polizie. Le commissioni parlamentari interni si sono sempre occupate di elezioni e altre questioni per i partiti molto più importanti, mentre solo qualche parlamentare s’è dedicato alle polizie, ma sempre con una certa distanza. Se si potesse fare una seria verifica su cosa conoscono i parlamentari di queste commissioni si scoprirebbe che non ne sanno molto più di quanto ne sappiano i comuni cittadini un po’ acculturati. Del resto gli stessi operatori di tutte le polizie sanno che è impossibile conoscere bene i diversi meccanismi, dispositivi, procedure e dinamiche delle polizie italiane (di gran lunga più complicate di quelle degli altri paesi comparabili perché è un universo di tanti piccoli feudi il cui primo obiettivo è difendere il proprio “orticello”). Tutto ciò fa ben capire che i neo-ministri dell’interno se non vogliono scivolare in clamorose gaffe ed evitare di mettersi in ridicolo hanno interesse a seguire attentamente quanto consigliano loro i funzionari dell’apparato ministeriale (questo lo imparò bene Roberto Maroni).

L’ultimo ministro approdato al Viminale è l’onorevole Matteo Salvini che, anche in virtù della promessa di essere il leader del “grande cambiamento” rispetto a tutti i governi precedenti, non ha nulla del riserbo abituale di un ministro dell’interno e continua a recitare il ruolo di tribuno imitando un po’ il duce e un po’ Trump. In realtà questo neo-ministro non ha detto quasi nulla che riguardi le forze di polizia concentrandosi sempre sulla sua ossessione contro l’immigrazione e i rom e sulla sua promessa di togliere ogni inibizione alla “legittima difesa”. Il tono, la forma e il contenuto del profilo che s’è costruito Salvini sposano quell’intolleranza viscerale che palesemente punta al gioco politico che usa il “nemico di turno” appunto con stile un po’ il duce e un po’ Trump.

In sostanza mister Salvini ripete il gioco della distrazione di massa che i dominanti praticano dal 1990: agitare false insicurezze per nascondere le insicurezze che colpiscono la maggioranza della popolazione e i suoi stessi elettori. La pianura padana e quindi i feudi elettorali della Lega e anche dell’ex-sinistra sono una delle due zone (insieme alla Ruhr) più inquinate d’Europa (vedi mafia padana), cioè la zona con la più alta diffusione di contaminazioni tossiche e di morti per malattie dovute a queste contaminazioni. E anche la zona la più alta diffusione di economie sommerse, cioè di lavoro nero, neo-schiavitù (di immigrati e italiani), ibridazioni fra legale e criminale, traffico di rifiuti tossici, complicità e corruzione e quindi evasione fiscale e contributiva. Le prove e persino i video-reportage su questi fatti sono impressionanti: fra altri si veda il documentario su pesticidi e veleni nel Triveneto, i reportage sulla terra dei fuochi al nord, la diffusione dei rifiuti e discariche in provincia di Brescia e Lombardia, e il caso assai eloquente della neo-schiavitù nella Valle della gomma attorno al lago d’Iseo.

Appare allora singolare che nelle critiche al governo M5S-Lega e in particolare a Salvini rare sono quelle che mostrano come questo neo-ministro che pretende dettare legge un po’ su tutto (vaccini e porti, condono per cartelle fisco al di sotto dei 100 mila euro, cioè per i padroncini leghisti? ecc.) e grida sempre “prima gli italiani”, persegue sistematicamente l’occultamento di tutto ciò che minaccia la vita stessa della popolazione e dei suoi stessi elettori. Di fatto legittima tutto ciò che produce morte, ossia il crimine economico, sanitario e ambientale contro l’umanità oggi più grave.

Qualsiasi operatore di polizia sa bene che l’andamento della criminalità mostra un netto calo di tutti i reati e in particolare di quelli più gravi. Osserviamo peraltro alcuni dati indiscutibili:

1) dal 1990 ad oggi la delittuosità è diminuita mentre gli immigrati (regolari e irregolari) sono aumentati da neanche 800 mila a cerca 6 milioni. Ergo: l’aumento dei migranti non fa aumentare la criminalità che anzi è diminuita.

2) I 500 mila migranti cosiddetti clandestini sono in stragrande maggioranza overstayers (ciò a detta dello stesso Viminale); sono ben noti alle polizie e tutti gli operatori sanno che nella stragrande maggioranza dei casi lavorano e sono persino schiavizzati.

3) la quantità più alta delle economie sommerse e quindi del lavoro nero, neo-schiavitù, caporalato, evasione contributiva e fiscale, corruzione e intrecci fra legale e criminale si situa proprio nel Nord e nel centro del paese proprio perché è al nord che c’è la maggioranza delle attività economiche legale che si nutrono di sommerso.

Ormai da anni in tutto il mondo si muore innanzitutto di malattie dovute a contaminazioni tossiche: sono queste le insicurezze ignorate che oggi tutte le agenzie di prevenzione e controllo e quindi anche tutte le forze di polizia dovrebbero considerare come priorità operative. Sappiamo bene che queste insicurezze proliferano perché ci sono intrecci e persino ibridazione fra attività legali e altre criminali, c’è corruzione, connivenze e complicità anche nei ranghi di queste istituzioni. Allora, per esempio, tutta l’attività delle forze di polizia dovrebbe incardinarsi in programmi locali e nazionali di operazioni interforze insieme alle agenzie di prevenzione e controllo e anche l’ausilio delle associazioni di volontariato e soprattutto le vittime di queste insicurezze ignorate che ovviamente includono le economie sommerse (vittime che sono sia italiani che immigrati, regolari e irregolari). Ma queste cose sono state bellamente ignorate sia dal ministro Marco Minniti sia da quelli che l’hanno preceduto. E mister Salvini “la spara grossa” proprio perché ha tanto da nascondere (i fondi della Lega in Lussemburgo? Altre regalie come quelle di Parnasi? Gli illegalismi diffusi dei suoi grandi e piccoli elettori non solo padani?). E così la caricatura del duce e di Trump propone anche di dispiegare le polizie davanti alle scuole (sicuramente meglio che in indagini sulle economie sommerse e su chi avvelena tutto).

È probabile che per diversi motivi (e magari spesso inconfessabili) buona parte dei vertici del Viminale e delle forze di polizia saranno costretti a raddrizzare i proclami di questo ministro, ammesso che riesca a durare. Non è peraltro escluso che qualche funzionario illuso di poter fare una carriera insperata possa alimentare le ambizioni o velleità di Salvini e allora la maggioranza dell’apparato tenderà a mettere entrambi con le spalle al muro.

È allora più che mai importante sostenere i pochi operatori delle polizie che sono antifascisti, antirazzisti e antisessisti.

 

*Docente di sociologia presso l’Università di Genova, autore di numerose pubblicazioni. Tra i suoi ultimi libri Sociologia e antisociologia (libreriauniversitaria.it).

Inviato anche a Effimera.org.