I leader indigeni hanno denunciato Bolsonaro alla Corte dell’Aia

FONTE LA NUOVA ECOLOGIA CHE RINGRAZIAMO

 

 

 

Accusato di crimini contro l’umanità. Ecocidio, sterminio, migrazione forzata, schiavitù e persecuzione contro gli indigeni

Il Presidente Jair Bolsonaro avrebbe commesso crimini contro l’umanità, con la sua politica ambientale rovinosa e i suoi attacchi continui ai popoli indigeni. Questa l’accusa dei leader indigeni brasiliani, concretizzata venerdì scorso quando il capo Raoni Metuktire, del popolo Kayapo, e Almir Narayamoga Surui, leader della tribù Paiter Surui, hanno presentato una denuncia ufficiale alla Corte penale internazionale dell’Aia (Paesi Bassi). Nel documento, Bolsonaro è accusato, tra gli altri, di morte, sterminio, migrazione forzata, schiavitù e persecuzione contro gli indigeni. I principali capi d’accusa sono i livelli crescenti di deforestazione in Amazzonia, l’aumento delle uccisioni degli indigeni brasiliani e la rimozione delle protezioni speciali per la foresta pluviale e le terre tribali, politiche che secondo i leader mirano a “sfruttare le risorse naturali dell’Amazzonia e colpire i diritti dei popoli nativi”.

“Livelli così intensi di ecocidio devono essere considerati crimini contro l’umanità” – William Bourdon

Nel documento sono citati anche alcuni ministri del governo brasiliano: Ricardo Salles (Ambiente), Tereza Cristina (Agricoltura), Sérgio Moro (Giustizia) e Paulo Guedes (Economia). I tassi di deforestazione nell’Amazzonia brasiliana erano già in aumento quando Bolsonaro è entrato in carica nel gennaio 2019, ma sono saliti alle stelle durante l’ultimo periodo. Anche gli incendi nella regione sono arrivati a livelli record. Più di 2,7 milioni di acri dell’Amazzonia sono stati abbattuti nel solo 2020, secondo i dati del governo brasiliano, mai così tanti negli ultimi 12 anni. Raoni, 90 anni, è stato rappresentato all’Aia dall’avvocato francese William Bourdon che ha dichiarato: “Livelli così intensi di ecocidio devono essere considerati crimini contro l’umanità”.

Il Presidente Bolsonaro ha anche rimosso il Funai (la Fondazione Nazionale per gli Indigeni) dalla funzione di supervisionare e gestire i territori indigeni, affidando questo ruolo al Ministero dell’agricoltura, con il fine di aprire l’Amazzonia e le riserve tribali all’agribusiness e ad altri interessi industriali. L’allentamento dei controlli e della protezione avrebbe causato picchi drammatici di incursioni nelle terre indigene negli ultimi anni e un aumento delle violenze. Nel 2019 le invasioni sono aumentate del 135%, mentre le sanzioni per crimini ambientali sono diminuite del 40%, nonostante la deforestazione sia aumentata.

Anche il modo in cui il governo ha gestito la pandemia di Covid-19 nelle terre indigene avrebbe provocato centinaia di vittime, lasciando i nativi senza soccorso. Inoltre gli incendi e il rifiuto di Bolsonaro di delimitare nuovi territori protetti hanno costretto le persone a lasciare le loro terre, generando una nuova migrazione forzata verso le città.