Argentina: preoccupazione per la salute di Raúl Noro

 

 

FONTE PRESSENZA.COM

 

Il quadro clinico di Raúl Noro, marito di Milagro Sala, è da alcune settimane in peggioramento; questo peggioramento viene attribuito dal Comitato per la Difesa di Milagro Sala al persistere degli arresti domiciliari della dirigente sociale nella casa a cui è stata assegnata; questa casa non è il suo domicilio abituale ed è, per di più, a 40km dal centro di San Salvador de Jujuy e quindi lontana da ogni presidio medico della città.

Leggi tutto

No a questa Italia incattivita

FONTE SALUTEINTERNAZIONALE

Autore: Gavino Maciocco

L’Italia si è incattivita. La lunga crisi l’ha impoverita materialmente e moralmente, mentre si sono dilatate le diseguaglianze socio-economiche che gli ultimi governi non hanno in alcun modo saputo e voluto mitigare. Così il peso della presenza straniera si è scaricato, quasi ovunque, sugli strati popolari più disagiati della società, quelli che maggiormente hanno patito la crisi. Così hanno avuto buon gioco coloro che hanno indicato negli stranieri i responsabili  della scarsità dei servizi a disposizione.  Ma cosa succederà quando quei cittadini si accorgeranno che la cattiveria praticata e ostentata da parte del Governo contro i migranti non avrà migliorato in alcun modo la loro condizione – l’accesso alla sanità, all’istruzione, alla casa, ai  trasporti -, e neppure la loro sicurezza?


“Avverto i miei lettori: tutti coloro che non si inseriscono nella canea anti immigrazione e contro le Organizzazioni non governative (Ong) saranno soli. In questo momento l’odio verso le Ong e verso gli immigrati non ha pari, magari le mafie avessero avuto contro tutto questo impegno e questa solerzia” (Roberto Saviano, Repubblica, 5 agosto 2017).

“Di questa estate italiana resterà una svolta nel senso comune dominante, dove per la prima volta il sentimento umanitario è finito in minoranza. E ciò peserà sul futuro” (Ezio Mauro, Repubblica, 9 agosto 2017).

“Dietro la riduzione dei salvataggi in mare, ottenuta con il sostegno alle autorità libiche nella loro decisione di limitare l’area d’intervento delle navi impegnate nel soccorso umanitario, si consuma una gravissima e sistematica violazione dei diritti fondamentali delle persone: in mancanza di una via sicura e legale all’Europa, si nega il diritto d’asilo a quanti, costretti alla fuga dalla guerra e dalla fame, non sono messi in condizione di raggiungere i Paesi dove questo diritto possa essere esercitato; con il trattenimento nei centri di detenzione libici i migranti, scampati alle tragedie dei Paesi di provenienza, diventano vittime dei trattamenti inumani e degradanti che in questi luoghi abitualmente si praticano” (Mariarosa Guglielmi, segretario generale di Magistratura Democratica, 20 agosto 2017).

Abbiamo riportato qui alcuni brani tratti dal post, Se il sentimento umanitario finisce in minoranza, pubblicato su Saluteinternazionale il primo settembre 2017 , in cui ricostruivamo le varie tappe che avevano portato agli inizi di agosto del 2017 alla creazione di un “muro” nel Mediterraneo, attraverso il blocco delle navi delle Ong e gli accordi con la LibiaOperazione “tripartisan” che portava la firma del ministro dem Marco Minniti, ma da tempo invocata da Lega (Salvini: Affondare navi Ong) e dal Movimento 5 Stelle (Di Maio: Ong, taxi del Mediterraneo).  Si avvicinavano le elezioni politiche e tutti avevano bene in mente che la questione dei migranti (in tutte le possibili più o meno distorte declinazioni: l’invasione, le malattie, i costi, l’insicurezza, la competizione con gli italiani più poveri, etc) sarebbe stata al centro della contesa elettorale. Infondere la paura degli stranieri a scopi elettorali è ovunque un classico della destra xenofoba, quando non dichiaratamente razzista. È successo con la Brexit, con l’elezione di Trump in USA, di Orban in Ungheria, di Kurz in Austria.  Ed è successo anche in Italia, con la vittoria dei partiti che avevano impugnato le bandiere anti-migranti e anti-Ong.

Quei partiti – Lega e Movimento 5 Stelle – si sono poi trovati a governare il Paese, avendo idee diverse su quasi tutti i temi, tranne che su un punto: la lotta ai migranti e alle Ong. Per questo da quando si è costituito il nuovo governo giallo-verde, l’attacco ai migranti e agli stranieri è diventata una costante – condita di vessazioni, soprusi, discriminazioni – che ha avuto il suo epilogo con l’approvazione del Decreto sicurezza.

Leggi tutto

Dossier Libia. Abusi e violazioni sull’altra sponda del Mediterraneo

FONTE MELTINGPOT

- Mail: dossierlibia@lasciatecientrare.it
- Site: dossierlibia.lasciatecientrare.it
- Canale YouTube: Dossier Libia
- FB: Dossier Libia
- TW: MaipiùCIE

Le politiche europee e quelle degli ultimi Ministri dell’Interno italiani da anni sono impegnate a costruire le nuove frontiere dell’Europa, nel tentativo di “sigillarne” i confini. Frontiere volte a fermare il flusso dei rifugiati e migranti economici, motivando queste azioni come necessarie al contrasto dell’immigrazione irregolare.

La Libia è diventata una “zona cuscinetto” dove i tavoli politici contrattano accordi economici e diritti umani, summit con capi di stato e strette di mano mentre le motovedette libiche minacciano le ONG che operano nel Mediterraneo, durante le operazioni di salvataggio, per la riconsegna di esseri umani

I centri di detenzione in Libia sono lager denunciati da tutti i migranti che hanno transitato per il paese prima di affrontare il viaggio ed arrivare in Europa. Le vittime delle torture, delle violenze, degli stupri, degli abusi, dei ricatti a livello economico sono migliaia: uomini, donne e minori. Nessuno escluso.

Leggi tutto

Jair Bolsonaro: come le élite finanziarie lo hanno aiutato a prendere potere in Brasile – e perché potrebbero pentirsene

Fonte Alfabeta2

Heike DoeringCardiff UniversityGlenn MorganUniversity of Bristol, e Marcus GomesUniversity of Exeter

 Il Brasile ha appena vissuto una delle elezioni più importanti e divisivedalla fine della dittatura militare del paese dal 1964 al 1985. Le prime elezioni presidenziali dall’impeachment di Dilma Roussef nel 2016 hanno avuto luogo in uno scenario di instabilità politica ed economica. E questo si è rivelato terreno fertile per il vincitore – il conservatore populista di estrema destra, Jair Bolsonaro.

Molto è stato detto della retorica trumpiana anti-establishment di Bolsonaro e del palese disprezzo verso i diritti delle minoranze, che hanno avuto risonanza tra la popolazione sempre più disillusa dalla politica. Ma Bolsonaro ha anche vinto il sostegno dell’élite finanziaria del Brasile, che ha una lunga storia di influenza nella politica del paese.

Leggi tutto

Dopo aver visitato la prigione di Lula in Brasile, Noam Chomsky mette in guardia contro il “disastro” di Jair Bolsonaro

FONTE DEMOCRACYNOW

Mentre il presidente eletto del Brasile Jair Bolsonaro si prepara a entrare in carica a gennaio, torniamo alla nostra conversazione con il famoso dissidente politico, linguista e autore Noam Chomsky poco dopo le elezioni. L’imminente presidenza di Bolsonaro segna la svolta politica più radicale del Brasile da quando il governo militare si è concluso più di 30 anni fa. Bolsonaro è un ex ufficiale dell’esercito che ha elogiato l’ex dittatura militare del Brasile, ha parlato a favore della tortura e ha minacciato di distruggere, imprigionare o bandire i suoi avversari politici. Bolsonaro ha anche incoraggiato la polizia a uccidere i trafficanti di droga sospetti, e una volta ha detto a un parlamentare donna che era troppo brutta da stuprare. Noam Chomsky definisce Bolsonaro un “disastro per il Brasile”.

Trascrizione
Questa è una trascrizione urgente. La copia potrebbe non essere nella sua forma definitiva.

AMY GOODMAN : Oggi trascorriamo l’ora con Noam Chomsky, il professore di fama mondiale, linguista e dissidente. Democrazia ora! Di recente Nermeen Shaikh e io abbiamo parlato con Chomsky a Tucson, in Arizona, dove ora insegna all’Università dell’Arizona. È anche professore emerito presso il Massachusetts Institute of Technology, dove ha insegnato per più di mezzo secolo. Ho iniziato chiedendo al Professor Chomsky il recente elogio del presidente della sicurezza nazionale John Bolton al neo eletto presidente di estrema destra del Brasile, Jair Bolsanaro, ex capitano dell’esercito che ha abbracciato l’ex dittatura militare del Brasile e ha una storia di commenti razzisti, misogini e omofobici .

NOAM CHOMSKY :Bene, è del tutto naturale per Bolton dare il benvenuto a Bolsonaro. Bolsonaro è sicuramente il suo tipo di ragazzo. È vizioso, brutale, un forte sostenitore, un entusiasta sostenitore della tortura. Era un po ‘critico nei confronti della dittatura militare, perché non uccideva abbastanza persone. Pensava che avrebbe dovuto uccidere 30.000 persone, come la dittatura argentina, che era la peggiore delle dittature appoggiate dagli Stati Uniti in America Latina. Vuole gettare il paese aperto agli investitori, trasformare il Brasile in una sorta di caricatura di un paese. Ciò include l’apertura dell’Amazzonia ai suoi sostenitori dell’agrobusiness. È un duro colpo, se non addirittura una campana a morto per la specie. Significa genocidio virtuale per la popolazione indigena. Secondo Bolsonaro, non meritano un centimetro quadrato. Ma, in generale, solo il tipo di ragazzo che Bolton apprezzerebbe molto.

Leggi tutto

Ancora maneggi e malversazioni nello sviluppo dei processi contro Milagro Sala.

 

FONTE PRESSENZA.COM 

 

Milagro, non in buone condizioni di salute e agli arresti domiciliari sempre non a casa sua ma in quella lontana del Carmen, protesta per la celebrazione di due processi in contemporanea e per il continuare dei tentativi di intimidire e comprare testimoni da parte dell’accusa.

Sul suo sito di denuncia la giornalista Cynthia García riporta le dichiarazioni di María Condomí, una delle imputate nel processo chiamato “Pibes Villeros”,che ha assicurato che Jose Luis “Pato” Estrada, attuale controllore dell’organizzazione di quartiere Tupac Amaru e funzionario del governo di Jujuy ha offerto di dissociarla dal caso in cambio della sua testimonianza contro  Milagro Sala e Graciela Lopez. María Condomí ha assicurato alla corte che sia lei che sua sorella Adriana Condomí sono stati portati contro la loro volontà allo studio legale di uno degli avvocati di Gastón Morales, figlio del governatore di Jujuy, dove sono stati nuovamente spinti a testimoniare contro la deputata Parlasur.

Sia María che Adriana Condomí hanno denunciato di aver ricevuto minacce e di temere paura per la loro integrità fisica e quella dei loro figli. Il Comitato Nazionale per la Libertà di Milagro ha dichiarato: “Riteniamo il governo provinciale responsabile di tutto ciò che potrebbe accadere alla loro vita e alla loro integrità, e denunciamo ancora una volta le persecuzioni e le molestie di cui sono vittime i prigionieri politici della provincia di Jujuy”.

Le udienze dei processi sono state rinviate alla settimana prossima a causa delle condizioni di salute di Raúl Noro, compagno di Milagro, attualmente ricoverato all’ospeda

Preoccupa la nuova accusa alla nave Aquarius

La Procura di Catania, ancora per iniziativa di Carmelo Zuccaro, diventato famoso per le sue iniziative contro le ONG che salvano migranti nel Mediterraneo, ha aperto un’inchiesta sul possibile smaltimento di rifiuti potenzialmente tossici in numerosi porti del Mediterraneo.
Quest’accusa, a dir poco curiosa, ha portato al sequestro della nave Aquarius di Medici Senza Frontiere.
L’organizzazione umanitaria ha risposto immediatamente con un comunicato in cui si dice:

“Il provvedimento di sequestro della Aquarius, che comprende anche alcuni nostri conti bancari, deriva da una lunga indagine della Procura di Catania sullo smaltimento dei rifiuti di bordo, con particolare riferimento ai vestiti dei migranti soccorsi, agli scarti alimentari e ai rifiuti delle nostre attività mediche. Ma tutte le nostre operazioni in porto, compresa la gestione dei rifiuti, hanno sempre seguito procedure standard. Le autorità competenti non hanno contestato queste procedure né individuato alcun rischio per la salute pubblica da quando abbiamo avviato le attività in mare nel 2015.

“Ribadiamo piena disponibilità a collaborare con le autorità italiane, ma contestiamo la ricostruzione della Procura e respingiamo categoricamente l’accusa di aver organizzato qualunque attività abusiva finalizzata al traffico illecito di rifiuti. Dopo la valutazione del decreto di sequestro e un’analisi interna, che dimostra come le accuse siano inaccurate e fuorvianti, presenteremo ricorso al Tribunale del riesame”.

“Siamo pronti a chiarire i fatti e a rispondere delle procedure che abbiamo seguito, ma riaffermiamo con forza la legittimità e la legalità della nostra azione umanitaria. L’unico crimine che vediamo oggi nel Mediterraneo è lo smantellamento totale del sistema di ricerca e soccorso, con persone che continuano a partire senza più navi umanitarie a salvare le loro vite, mentre chi sopravvive al mare viene riportato all’incubo della detenzione in Libia, senza alcuna considerazione del diritto internazionale marittimo e dei rifugiati.”

Sulla questione Amnesty International ha dichiarato:”A quanto pare, siamo di fronte a un nuovo tentativo di gettare discredito sulle operazioni di ricerca e soccorso in mare svolte da Ong e volontari nel Mediterraneo centrale: un tentativo vergognoso di giustificare il deliberato blocco di attività che salvano vite umane”.
“L’Aquarius ha soccorso in più di due anni oltre 30.000 persone in quel mare dove ora registriamo maggiori perdite di vite umane perché i governi hanno impedito di operare all’Aquarius e ad altre navi delle Ong”.

“Il sequestro della nave Aquarius di Medici senza frontiere sembra mosso da orientamenti politici e da astio persecutorio nei confronti delle ONG”: così Paolo Naso, coordinatore di Mediterranean hope (MH) -programma rifugiati e migranti della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI), commenta l’operazione della Procura di Catania.

“Smentita dai fatti e dagli accertamenti sull’operato delle ONG che aveva messo sotto inchiesta, la Procura di Catania continua la sua battaglia contro chi salva vite nel mar Mediterraneo. Questa volta lo fa con argomenti risibili che denotano un’intenzione tutta politica che non deve preoccupare solo chi è impegnato nel campo della solidarietà ma anche quanti vogliono difendere l’indipendenza della magistratura dal potere politico” prosegue Naso.

Categorie ONG

L’inquietante pervicacia del procuratore Zuccaro

FONTE : VITA.IT

AUTORE : RICCARDO BONACINA

Dopo quasi 2 anni dall’avvio della sua indagine, Carmelo Zuccaro, procuratore di Catania, nonostante non si sia mai negato a clamorose rivelazioni e chiacchiere e nonostante il dispendio di energie, di soldi pubblici, sino ad oggi non aveva combinato nulla. Sospetti tanti, criminalizzazioni a fiotti, ma nessun atto giudiziario. Nel giugno scorso, poi, un’altra procura siciliana aveva compromesso una volta per tutte il teorema zuccariano: la Procura Palermo aveva infatti stabilito l che non esiste nessun legame delle ong con i trafficanti libici di esseri umani né favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Per il procuratore aggiunto Marzia Sabella, i sostituti Geri Ferrara, Claudio Camilleri e Renza Cescon, “non deve stupire” che la Ong “abbia preferito effettuare lo sbarco verso le coste italiane: ciò rappresenta, anzi, una conseguenza logica e una corretta gestione delle operazioni di salvataggio“.

Erano tutti convinti che lo Zuccaro si fosse chetato, un po’ scornato, invece stamattina la clamorosa notizia: dopo due anni di indagini sulle presunte complicità tra le Ong e i trafficanti di uomini che non hanno portato ad alcun risultato, l’inchiesta della Procura di Catania ripiega sullo smaltimento illecito dei rifiuti da parte delle navi umanitarie nei porti siciliani. E con questa accusa che il gip di Catania Carlo Cannella, su richiesta del procuratore Carmelo Zuccaro, ha disposto il sequestro della nave Aquarius di Msf e Sos Mediterranee ferma da settimane nel porto di Marsiglia dopo il ritiro della bandiera da parte delle autorità panamensi.

Un atto d’accusa dalle venature persino razziste: “Scabbia, tubercolosi, meningite, Hiv, questo il variegato elenco di malattie infettive portate dai migranti soccorsi dalla Aquarius che non avrebbe smaltito come rifiuti pericolosi gli indumenti dismessi e i materiali utilizzati a bordo per il primo soccorso delle persone”, queste le accuse secondo l’inchiesta della procura di Catania. In 44 sbarchi, negli ultimi due anni e mezzo, secondo il procuratore Zuccaro, sarebbero state smaltite illecitamente 24 tonnellate di rifiuti pericolosi, con un risparmio di costi di 460.000 euro, cifra per la quale è stata sequestrata la Aquarius. Ventiquattro le persone indagate che “avrebbero avuto la consapevolezza della pericolosità degli indumenti indossati dai migranti in quanto fonte di trasmissione di virus o agenti patogeni contratti durante il viaggio”. E tra questi tutti i capimissione di Msf che si sono avvicendati alla guida degli equipaggi.

“Ho fatto bene a bloccare le navi delle Ong, ho fermato non solo il traffico di immigrati ma da quanto emerge anche quello di rifiuti. #Portichiusi”, il commento del ministro dell’Interno Matteo Salvini tra il faceto e il divertitoMsf risponde gridando alla criminalizzazione dell’azione medico-umanitaria in mare. “Dopo due anni di indagini giudiziarie, ostacoli burocratici, infamanti e mai confermate accuse di collusione con i trafficanti di uomini – è la dura replica – ora veniamo accusati di far parte di un’organizzazione criminale finalizzata al traffico di rifiuti. È l’estremo inquietante e strumentale tentativo di fermare a qualunque costo la nostra attività di ricerca e soccorso in mare“, dice Karline Klejer, responsabile delle emergenze per Msf.

Anch’io trovo l’atto d’accusa inquietante, un pretesto buono a proseguire l’opera di criminalizzazione, solo un pretesto strumentale. Come tutti sanno a Catania la galera per chi non fa raccolta differenziata è la normalità!

Là dove la vita vale poco

È stata uccisa una persona, che ha avuto una vita, che era in viaggio, un migrante, nel silenzio più assordante e indifferenza di ogni mezzo mediatico.

Là dove la vita vale pocoCredits: fanpage.it

COMO. Questa è una storia vera, la storia di Abdellah Toure. Il suo corpo è stato trovato il 12 ottobre, privo di vita, ucciso. Siamo a Como, al confine con la Svizzera. Qui negli ultimi anni sono arrivati molti più migranti degli anni precedenti. La cronaca, non soltanto quella dei giornali locali, è stata sul pezzo con protagonisti centinaia di migranti bloccati alla stazione ferroviaria, sui prati vicini, in un campo profughi allestito e da pochi giorni chiuso, non ancora smantellato perché qualcuno propone di utilizzarlo come centro di accoglienza per i senza tetto soprattutto adesso che è in arrivo l’inverno.

Sono in corso le indagini della Polizia. Pare che Abdellah sia stato ucciso in un luogo differente da quello in cui è stato ritrovato il cadavere, avvolto in un lenzuolo con un cuscino coperti di sangue. Accanto a lui c’era un cellulare, il corpo era lì da una dozzina di giorni. Nel corso delle indagini si è scoperto che Abdellah sembra sia stato ucciso lanciato da uno dei piani del Centro Salesiani a Sagnino, periferia nord di Como da cui si vede Chiasso, periferia sud della Svizzera.

Leggi tutto

UNGHERIA: Come distruggere una democrazia in 7 semplici mosse

FONTE PRESSENZA

14.11.2018 – Dublino – Gian Marco Moisé – East Journal

UNGHERIA: Come distruggere una democrazia in 7 semplici mosse

Durante la prima conferenza dei giovani ricercatori d’Irlanda (IPRC 2018) tenutasi il 9 novembre alla Dublin City University, è intervenuta la parlamentare europea dei verdi Judith Sargentini, che nei mesi scorsi ha presentato il report sullo stato di diritto in Ungheria poi votato dalla maggioranza del Parlamento Europeo.

Le 7 mosse

La deputata olandese ha iniziato il suo intervento soffermandosi sulla pericolosità del populismo, che: “Suggerisce soluzioni molto semplici per problemi estremamente complessi”. I destini di un numero crescente di paesi risiedono nelle mani di uomini forti: dal presidente americano Donald Trump al neoeletto presidente brasiliano Jair Bolsonaro fino al premier ungherese Viktor Orbán. Tuttavia, prosegue Sargentini: “Sebbene il popolo aspiri a un cambiamento, non è detto che questo cambiamento debba passare per la soppressione di diritti fondamentali, la fine del pluralismo informativo e della libertà di ricerca accademica”.

Ripercorrendo le misure più preoccupanti dei governi Orbán in Ungheria dal 2010 a oggi, Sargentini ha elencato le 7 semplici mosse con cui è possibile uccidere una democrazia:

  1. Cambiare gli arbitri. Qui Sargentini ha fatto riferimento alla norma che ha richiesto il pensionamento forzato dei giudici costituzionali non in linea con la maggioranza di governo, pratica promossa recentemente anche dal governo polacco.
  2. Prendere il controllo dei media: non è difficile farlo se hai un amico d’infanzia con i mezzi finanziari per comprare i principali giornali del paese, come nel caso di Lajos Simicska.
  3. Presentare una storia attraente, come quella di una nazione oppressa bisognosa di rivincita.
  4. Creare un nemico: che siano Bruxelles, Soros o i migranti, i nemici impediscono alla nazione di esprimersi al suo massimo potenziale.
  5. Cambiare la legge elettorale, come accaduto nel 2012.
  6. Trovare attori istituzionali che sostengano la tua azione. 
  7. Essere veloce: dal 2010 al 2018, Orbán ha trasformato l’Ungheria da democrazia europea a stato plebiscitario vicino all’autoritarismo.

Libertà accademica

Infine, ha concluso Sargentini, per fare in modo di restare al potere più a lungo possibile bisogna assicurarsi che non ci sia una possibile alternativa. Naturalmente, l’alternativa passa anche attraverso la libertà di ricerca universitaria. L’eurodeputata olandese ha spiegato come l’Ungheria abbia introdotto le figure di manager finanziari da affiancare ai rettori delle università per direzionare gli investimenti in ricerca negli ambiti più graditi al governo. Nella scrittura del suo report, Sargentini ha incontrato diversi professori dalle università ungheresi, ma non appena il suo report è stato reso noto, alcuni rettori le hanno inviato lettere in cui sostenevano di non averla mai incontrata. Sargentini ha interpretato queste lettere non come richieste di incontro, ma come una presa di distanza dal report. I rettori non volevano essere associati a lei in alcun modo, e questo, per Sargentini è un chiaro sintomo del clima di repressione vissuto nel paese.

Il professore della Central European University Mathias Möschel, giurista italiano specializzato in diritto costituzionale comparato, ha fatto eco alla Sargentini nel dibattito che è seguito: “Stiamo parlando di una storia più complessa”, ha detto Möschel. Il problema non risiede solo nella recente introduzione del bando agli studi di genere da parte del governo Orbán: “Sappiamo tutti quale sarà la prossima misura: vietare i diritti umani sostenendo che in Ungheria sono già ampiamente implementati. E il problema non è tanto per noi professori della CEU, che siamo tutto sommato in una posizione privilegiata. Il problema sorge per tutti i colleghi ungheresi che non avranno alternativa. Quello a cui assisteremo è un vero e proprio esilio scientifico”.

Salvini vuole più clandestini

 

FONTE RAIAWADUNIA.COM

“Chi vedeva l’immigrazione come una mangiatoia oggi è a dieta. Molti finti volontari non parteciperanno più a bandi se invece di 35 euro ne porti a casa 19 non ci mangi più. E non ci mangia più né mafia né ‘ndrangheta. Ma rimarranno volontari veri e sono convinto che molte cooperative si daranno alla macchia”.

Un messaggio che quello del titolare del Viminale che di fatto cambia radicalmente l’approccio alla gestione dell’accoglienza da parte del governo. Dopo l’annuncio del ministro, è stato il prefetto Gerarda Pantalone che guida il Dipartimento Libertà civili e immigrazione a spiegare le nuove regole. Il prefetto ha spiegato che queste nuove norme “garantiscono i servizi primari e la dignità della persona secondo le regole europee e tagliano gli sprechi che anche la Corte dei Conti ha stigmatizzato, a cominciare dall’erogazione dei servizi non essenziali ai richiedenti asilo”. L’obiettivo del provvedimento è molto chiaro: non sprecare risorse che arrivano dai contribuenti per integrare immigrati che quasi certamente non resteranno sul nostro territorio. In pochi infatti ottengono lo status di rifugiato. “A tutti verrà garantito vitto, alloggio, kit igienico-sanitario, il pocket money e una scheda telefonica di 5 euro, quanto basta per telefonare a casa e dire alla mamma : sono arrivato”, sottolineano dal Viminale. Infine Salvini ha volunto mandare un messaggio anche ai sindaci affermando che non verranno prese decisioni sulla chiusura dei centri accoglienza senza il loro consenso. Nessuna parola, ancora una volta, su quanti soldi degli italiani vengano dati ai libici per tenere profughi e immigrati nei loro lager luogo di ogni stupro, tortura e assassinio.
Ma in sostanza ora cosa accadrà? Dove saranno tagliati i 35 euro al giorno per l’accoglienza dei richiedenti asilo?
Eliminando i servizi per l’integrazione e l’inclusione sul territorio dei migranti. Per loro solo vitto, alloggio e assistenza sanitaria. Niente scuola di italiano, niente iniziative di vita sociale, niente attività di volontariato, niente avviamento o formazione al lavoro.
Così il ministro dell’Interno, Matteo Salvini intende cambiare l’attuale sistema di accoglienza, garantendo i servizi di integrazione e inclusione solo a chi ha già ottenuto il riconoscimento di rifugiato, cioè una limitatissima minoranza.
Vediamo in primo luogo le cifre proposte per le prossime gare. Per quanto riguarda i Cas ad accoglienza diffusa fino a un massimo di 50 posti la cifra sarà di 21,35 euro, compreso un kit di ingresso per singolo migrante, una scheda telefonica e il pocket money. Per i Cas ad accoglienza collettiva (unico fabbricato) si sale a 26,35 euro fino a 50 posti, e 25,25 fino a 300 posti. Per i centri più grandi, cioè oltre i 300 posti, c’è una divisione della gara in tre lotti, ma poi si fanno comunque delle cifre totali e si torna a scendere, e anche molto: si passa, infatti, dai 20,84 euro per una prima fascia 300-600 euro, fino ai 19,33 euro per la fascia dei megacentri con 1.800-2.400 posti (sono gli enormi Cara come Mineo, Bari o Castelnuovo di Porto). Stranamente sono, invece, molto più alte le cifre per Cpr e Hotspot. Infatti per i primi, i Centri per i rimpatri, si va dai 32,15 euro per quelli fino a 150 posti ai 24,65 di quelli tra 151 e 300 posti. Per i secondi, i cosiddetti Punti di crisi, dove i migranti appena sbarcati dovrebbero restare pochissimi giorni, le cifre sono le più alte, e vanno dai 41,83 euro fino a 50 posti, ai 29,63 euro tra 301 e 600 posti.

Ma cosa viene garantito con queste cifre? Per i centri ad accoglienza diffusa, nei quali i migranti dovranno occuparsi da soli della cucina e delle pulizie, viene prevista la fornitura del cibo, di beni monouso, di utensili per la cottura, di attrezzature e prodotti per la pulizia; c’è poi l’affitto della struttura, il pagamento del personale, il servizio di trasporto, lenzuola e coperte, prodotti per l’igiene personale. Per i centri ad accoglienza collettiva, cambia la tipologia perché è previsto il servizio di preparazione dei pasti, quello di lavanderia, e quello di pulizia. Stesse condizioni per Cpr e Hotspot. Non compare nulla, invece, per quanto riguarda i servizi di integrazione, un tempo previsti anche per i richiedenti asilo ospiti nei Cas e nei Cara. Niente scuola di italiano e altre attività di inclusione sociale. Così i migranti passeranno le giornate a non fare nulla, ed essendo liberi di uscire dai centri (non si tratta di carceri) gireranno per città e paesi che li ospitano, col rischio di finire in mano al lavoro nero, allo sfruttamento o peggio, creando anche occasioni di tensioni con la popolazione locale.

Leggi tutto

Salvini in Veneto dice parole senza senso: “Il disastro è colpa dellʼambientalismo da salotto”

 

Salvini e la Lega sono stati con Berlusconi per più di vent’anni al governo. Il suo partito è responsabile assieme a Forza Italia di molte nefandezze e condoni rispetto alle politiche d’intervento per la tutela ambientale del territorio. La negazione del cambiamento climatico, il taglio delle spese per la manutenzione del territorio sono in continuità da più di vent’anni di governi di centro destra che hanno volutamente ignorato la questione ambientale. Anche il centro sinistra, purtroppo,  ha responsabilità proporzionali alla minore durata dei governi. Le affermazioni di Salvini sull’ambientalismo da salotto che sarebbe responsabile dei disastri di questi giorni rappresentano la cifra di questo personaggio grottesco, ignorante e pericoloso che non sa assumere le proprie responsabilità rispetto alla situazione drammatica in cui è questo disgraziato paese. In Veneto peraltro la Lega è al governo della Regione da diversi decenni… La miseria politica e culturale del “sovranismo” salviniano rispetto alla questione ambientale e ai cambiamenti climatici è palese: non esiste una soluzione dei cambiamenti climatici a livello di ciascuna nazione. La questione ambientale è il banco di prova della miseria della proposta politica dei leghisti che vorrebbe isolare l’Italia rispetto a problemi che possono trovare soluzione solo a livello di politiche energetiche, produttive e di gestione del territorio transnazionali la cui scala minima è la Regione Europa… Per affrontare questi problemi sono necessarie scelte coordinate a livello internazionale, la propaganda cialtrona come quella di Salvini è solo una intollerabile perdita di tempo. Editor ( Gino Rubini )

Il Brasile dopo le elezioni, spiegato da chi ci vive lottando per ambiente e diritti

 

FONTE GREENREPORT CHE RINGRAZIAMO

Già in campagna elettorale la deforestazione in Amazzonia è aumentata del 36%

«Abbiamo perso le elezioni ma non abbiamo perso la forza per continuare a lottare per un Brasile che sia uguale per tutti. Continueremo le nostre lotte, organizzandoci collettivamente. La collettività è la forma migliore per mantenerci fermi e conquistare diritti e uguaglianza. Non dobbiamo disanimarci»

[2 novembre 2018]

 

Brasile, 28/10/2018, ore 19.00, escono i risultati del 2° turno delle elezioni presidenziali: Jair Bolsonaro del Partido Social Liberal – PSL, ex militare, è eletto presidente del Brasile, con il 55,13% dei voti validi contro il 44,87% del suo avversario Fernando Haddad, del Partito dos Trabalhadores – PT, il partito di Lula, che per 14 anni è stato al potere.

Il telegiornale trasmette immagini del popolo brasiliano in festa, con la maglietta giallo-verde, quasi rivendicando le celebrazioni mancate degli ultimi due mondiali di calcio. A Salvador, invece, città del Nord-est e la più afro-discendente del Brasile, qualche macchina suonano il clacson e dalle finestre si sentono solamente poche urla di felicità. Nello stato di Bahia Haddad riceve il 70% dei voti, registrando uno dei suoi migliori risultati, purtroppo insufficiente dentro lo scenario nazionale. Un dato importante di queste elezioni è la percentuale del numero di astenuti, la più alta dal 1998: 31.370.371 (DatiTVBRASIL), corrispondente al 21,3% dell’elettorato che sommato al 2,14% di voti in bianco e 7,43% di voti nulli, arriva a un 30,87%, che forse avrebbe potuto cambiare l’esito del voto.

Difficile comprendere e commentare un risultato del genere, viste le contraddizioni che hanno caratterizzato la campagna politica del nuovo presidente che – anche se non apparso in dibattiti tanto quanto gli altri candidati – è sempre stato presente nelle reti social, rilasciando forti dichiarazioni, il più delle volte criticate dall’opposizione e, in alcuni casi, ritrattate da lui stesso.

Un’elezione caratterizzata più dall’odio nei confronti dell’avversario che da un’attenta analisi delle proposte del proprio candidato. Il rancore contro il PT e i suoi scandali legati alla corruzione ha avuto la meglio rispetto alla paura di avere come presidente una persona che troppe volte si è lasciata andare in dichiarazioni razziste, misogine, omofobiche e a favore della tortura.

È difficile poter prevedere quale sarà il nuovo scenario politico nazionale e internazionale. Il piano di governo del nuovo presidente eletto, registrato ufficialmente nel Supremo Tribunale Elettorale,critica il PT, dice quello che si dovrebbe risolvere ma non descrive come. Alcune questioni, come quella ambientale, sono poco dettagliate, mentre altre non vengono nemmeno citate.

Se Haddad, nel suo piano, parla di adozione di tecnologie verdi e energie pulite, di riforma fiscale verde per aumentare i costi dell’inquinamento e premiare investimenti e innovazioni a basso tenore di carbonio, sembrerebbe che la questione ambientale non sia prioritaria nel programma di Bolsonaro.

Leggi tutto

Argentina: Milagro Sala non è sola

 

FONTE PRESSENZA.COM

 

Ad oltre mille giorni dalla sua detenzione prosegue la persecuzione politica nei confronti della leader dell’associazione Tupac Amaru, ma cresce anche la solidarietà internazionale affinché il suo caso si risolva in maniera positiva.

“Para Milagro, la libertad; para Morales, el repudio popular”: questo era lo slogan prevalente delle organizzazioni popolari che lo scorso 11 ottobre hanno manifestato a Buenos Aires per chiedere la liberazione di Milagro Sala, la deputata del Parlasur e leader dell’associazione Tupac Amaru, ormai detenuta in maniera arbitraria e illegale da oltre 1000 giorni.

Era il 16 gennaio 2016 quando Milagro fu arrestata con una serie di accuse di natura eminentemente politica. Dietro alla carcerazione dell’attivista della Tupac Amaru, attualmente ai domiciliari nella sua casa di El Carmen, a Jujuy (nel nord dell’Argentina), il presidente Mauricio Macri e il governatore provinciale Gerardo Morales. Divenuta uno dei simboli del crescente conflitto sociale nel paese, Milagro Sala, insieme alla sua Tupac Amaru, da anni si era battuta per costruire scuole, ospedali e interi quartieri, ricevendo finanziamenti fin quando il kirchnerismo è rimasto alla Casa Rosada. Le proteste contro l’ondata di licenziamenti dei lavoratori delle cooperative affiliate alla Tupac Amaru, culminate nell’acampada nella piazza di Jujuy di fronte al palazzo del governatore Morales, hanno rappresentato il casus belli che ha permesso al suo più acerrimo nemico di incarcerarla. Da allora, accuse fantasiose e surreali si sono sommate una dietro all’altra, mentre i 66mila cooperativistas per i quali si batteva la donna rimanevano senza lavoro.

In un’intervista rilasciata al quotidiano argentino Página 12, Milagro Sala ha evidenziato come Jujuy sia divenuto un laboratorio di repressione contro i movimenti sociali, denunciando inoltre l’uso politico della giustizia. Per lei si sono mobilitati, nel corso di questi mille giorni, il Comité Nacional para la Prevención de la Tortura, il Grupo de Trabajo sobre Detenciones Arbitrarias delle Nazioni unite e la Commissione interamericana per i diritti umani contro quella che, ogni giorno di più, appare come una evidente persecuzione politico-giudiziaria. Prima prigioniera politica della presidenza Macri, Milagro Sala ha sempre combattuto contro le politiche di Cambiemos e dei suoi uomini. Dal caso di Santiago Maldonado, la cui morte può essere a buon diritto definita come un “crimine di stato”, all’accanimento contro Milagro Sala, è evidente la politica del governo ostile ai leader sociali. A questo proposito, è significativa una lettera letta dalla figlia di Milagro, Claudia, al termine della manifestazione per la sua liberazione avvenuta a Buenos Aires: “Vi chiedo di lottare contro questo governo che rappresenta uno dei periodi più bui per il nostro paese”.

Tra le iniziative a sostegno della militante della Tupac Amaru anche il documentario “Milagro”, presentato lo scorso 11 ottobre a Buenos Aires, scritto e diretto da Cynthia García e Martín Adorno. Lo scorso 8 agosto Milagro Sala era stata vittima di un nuovo arbitrio, quando il giudice Pablo Pullen Llermanos ne aveva decretato il trasferimento dalla sua casa al carcere federale di Salta “General Güemes, senza alcun motivo reale che giustificasse la revoca degli arresti domiciliari e nonostante le molteplici raccomandazioni del Grupo de Trabajo sobre Detenciones Arbitrarias dell’Onu affinché lo Stato argentino adottasse tutte le misure necessarie per garantire i diritti della detenuta. Scrisse allora il Comitato per la liberazione di Milagro Sala: “Vogliono la sua morte. Il governatore Gerardo Morales e il giudice Pullen Llermanos continuano la loro politica di vessazioni contro Milagro. Sta diventando sempre più chiaro che non sono interessati alla sua vita. Non sono interessati alla giustizia, ma alla vendetta contro una donna che ha fatto quello che nessun politico di Jujuy ha fatto per i più umili”.

Tuttavia, il contesto politico attuale dell’Argentina è tutt’altro che favorevole a Milagro e la persecuzione nei confronti della donna è stata rilanciata più volte anche tramite un editoriale pubblicato dal quotidiano di destra La Nación risalente al 2012, in cui si accusava la deputata del Parlasur di aver tratto vantaggi personali e di aver speculato sui fondi concessi dal kirchnerismo per opere sociali. “Oggi”, accusa Milagro Sala, “Macri e Morales si servono di una giustizia ingiusta per mettere a tacere gli oppositori, mentre il paese è governato dal Fondo monetario internazionale. Sono dei corrotti, ma ci accusano di essere noi i corruttori”.

#LiberenaMilagro e #1000diasPresaPolitica sono gli slogan che risuonano contro i processi montati ad arte non solo per eliminare politicamente Milagro Sala, ma anche per farla finita con il kirchnerismo e le conquiste sociali raggiunte dagli argentini in tanti anni di lotta. Prigioniera di Morales e Macri, Milagro Sala è riuscita a far conoscere in tutto il mondo la sua storia di persecuzione: la battaglia per la sua liberazione deve trasformarsi in una trinchera de lucha fino alla sua liberazione e a quella di tutti gli altri prigionieri politici del paese.