La verità nella politica

fonte nuovatlantide

di Raniero La Valle – 13 gennaio 2018

Nella campagna elettorale appena iniziata si pone un problema di verità, come si pose in occasione del recente referendum costituzionale. Si è dato per scontato, da giornalisti degli studi televisivi, col supporto del filosofo di studio, che “tutti” dicono bugie, perché la campagna elettorale sarebbe il luogo delle favole, non della realtà effettiva. Ma se “tutti” dicono bugie, non c’è ragione di sceglierne alcuno: dunque gettare il fango della menzogna su tutti i politici e su tutto il momento elettorale della politica, significa militare per l’antipolitica, stornare dal voto gli elettori di cui pure si lamenta l’astensione, incoraggiare i populismi e quindi in sostanza, ancora una volta licenziata la politica, conservare l’attuale dominio dei poteri qual è.
Non a caso la previsione-speranza che emerge da gran parte dei talk show televisivi è che, non potendosi dopo le elezioni mettere insieme una fiducia a un governo, resti a governare a tempo indeterminato (un precario in meno!) un governo senza fiducia, cioè in pratica quello che c’è.
Di questo deficit di verità, imputato ai politici, peraltro i giornalisti non sono esenti, anzi proprio per il loro ruolo molti di loro, nell’accanimento con cui cercano di promuovere uno e distruggere altri, sono gli officianti ministri della menzogna.
Per esempio è una bugia dire che tutti promettono di abbassare le tasse; non tutti lo fanno, e in ogni caso bisognerebbe spiegare che si parla di due cose diverse: una cosa è abbassare le imposte per tutti, e un’altra è abolire una tassa. Nel primo caso si tratta di togliere risorse alla fiscalità generale fino a promettere un’aliquota del 15 % per tutti, cosa impedita dalla sacrosanta progressività del sistema tributario, non a caso prevista dalla Costituzione all’art. 53 non nel titolo dei “rapporti economici” ma in quello dei “rapporti politici”, perché ne va della democrazia e della Repubblica; nel secondo caso si tratta di agire su una tassa di scopo, con cui si pagano dei servizi, che per altissimi motivi lo Stato può prendersi a carico, come fa per la sanità garantita a tutti i cittadini; sarebbe questo il caso dell’abolizione delle tasse universitarie per assicurare a tutti, ricchi o poveri che siano, il diritto allo studio fino ai gradi più alti.
Ma un problema di verità si pone anche quando l’ISTAT dà i numeri dell’aumento dell’occupazione, intendendo per occupazione anche un lavoro di un’ora alla settimana, e in realtà si sono perdute un miliardo e duecento milioni di ore lavorative; come c’è un problema di verità quando ci si gloria della riduzione dei flussi migratori, mentre in questo inizio di gennaio vi sono già quasi 200 migranti morti o dispersi nel Mediterraneo centrale, quando nell’intero mese di gennaio dell’anno scorso i morti furono 254.

Affari di guerra, riparte la corsa agli armamenti. Autore: Enrico Piovesana

Articolo pubblicato su MicroMega il 19 dicembre 2017

Il fatturato dell’industria della guerra torna a crescere grazie alla ripresa della corsa globale agli armamenti iniziata dopo l’11 Settembre ma frenata dalla crisi economica. Dopo cinque anni consecutivi di flessione, il giro d’affari dei produttori di armi è tornato a salire nel 2016 raggiungendo i 375 miliardi di dollari, quasi il due per cento in più rispetto all’anno precedente e – dato forse più indicativo – il 38 percento in più rispetto al 2002.

Lo certifica il prestigioso Istituto internazionale di ricerche sulla pace di Stoccolma (SIPRI), sottolinenando come ciò sia dovuto non solo all’aumento del commercio internazionale di armamenti verso le aree di tensione, ma anche alla crescita della spesa militare in armi dei Paesi produttori.

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L’EMERGENZA DELLA MISERIA E LA MISERIA DELLA POLITICA

 

di Ivana FABRIS – Coordinatrice Nazionale Responsabile Movimento Essere Sinistra MovES

 

La miseria continua a crescere nel nostro paese.
La Caritas denuncia che solo a Roma i nuovi poveri sono 16.000, ALTRE 16.000 persone finite in strada.

Tra questi, anziani e bambini e tanti bambini con disabilità e ad essere colpito è soprattutto quel ceto medio composto da diplomati che mai avrebbe pensato solo pochi anni fa di subire questa sorte.

Persone assolutamente inserite nel tessuto sociale che sono finite così, in particolar modo per la perdita dell’occupazione.
Gli anziani a rischio, sempre solo a Roma, sono 1 su 3.
Per non parlare del precariato che equivale a vivere sulla porta della miseria assoluta.

Il dato più agghiacciante è quello dell’emergenza abitativa, una piaga cancrenosa che ha colpito tutta Italia ma che particolarmente a Roma è drammatica.
Sono circa 30.000 le famiglie coinvolte.
A Roma gli sfratti sono di circa 7-8000 l’anno.
Le richieste di casa popolare, circa 10.000.
L’offerta circa 1000.

 

Ma la miseria di chi è diventato povero è unicamente riconducibile alla miseria di un sistema politico che, pur definendosi di sinistra anticapitalista e antiliberista, continua e continuerà a NON farsi carico del problema.

 
Anche questa è di fatto un’emergenza, viste le condizioni del paese.
La miseria della classe politica rappresenta perciò l’altra faccia della medagli dell’emergenza.

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