Que faire des déchets nucléaires ? La question qui divise la France

 

FONTE EQUALTIMES.ORG 

Anti-nuclear demonstrators in front of a nuclear power station in Saint-Vulbas, near Lyon, on 15 March 2011. The world’s second largest producer of nuclear energy, France, has been faced with the quandary of what to do with the radioactive waste from nuclear power plants for decades.

Le 15 août, un militant antinucléaire a failli perdre son pied lors d’une manifestation à Bure, dans l’est de la France. Un mois plus tard, le 20 septembre, la police effectuait dans cette même commune plusieurs perquisitions dans des lieux hébergeant des militants, dont l’emblématique «Maison de la résistance à la poubelle nucléaire », qui fédère la lutte.

C’est que, depuis quelques mois, le petit village de Bure, dans la Meuse, cristallise la lutte antinucléaire en France. En 1998, il a été choisi pour accueillir le projet d’un Centre industriel de stockage géologique (Cigéo), où 85.000 mètres cubes de déchets hautement radioactifs à vie longue devront progressivement être enfouis dans une couche d’argile, à 500 mètres de profondeur, par le biais d’opérations qui devraient durer un siècle et demi.

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Malta Files nell’isola del tesoro, i segreti svelati da Daphne

FONTE  : IL BLOG REMOCONTRO CHE RINGRAZIAMO

Quando di giornalismo si muore: Daphne e i MaltaFiles.
Lo scoop di Daphne Caruana Galizia sui legami tra il premier maltese e il regime azero. E prima ancora i segreti bancari dell’isola, paradiso fiscale per molti italiani e conti di mafia. Ieri la giornalista maltese è stata uccisa con un’autobomba. Aveva recentemente scoperto che una società della moglie del primo ministro dell’isola riceveva soldi dagli azeri con cui il governo aveva firmato importanti accordi energetici

Quando di giornalismo si muore

Era la più famosa giornalista investigativa maltese, scrive l’Espresso, che con la collega aveva collaborato più volte. Daphne Caruana Galizia, 53 anni, bruciata viva all’interno della sua auto a Bidnija, il villaggio dove la giornalista abitava insieme alla famiglia. Sei mesi fa aveva rivelato uno scandalo di petrolio e tangenti pagate dal regime dell’Azerbaijan ai vertici del governo maltese, coinvolgendo la moglie del premier Josep Muscat. Recentemente aveva anche raccontato come l’isola del Mediterraneo si sia trasformata in uno dei luoghi prediletti per il traffico internazionale di droga, facendo nomi e cognomi dei presunti protagonisti del business, primo fra tutti quello di Antoine Azzopardi.

La cronista era diventata famosa per gli articoli pubblicati sul suo blog, Running Commentary, l’aprile scorso. Galizia aveva svelato che la Egrant Inc, una società registrata a Panama apparteneva a Michelle Muscat, la moglie del primo ministro. Non solo. La giornalista aveva anche pubblicato documenti su consistenti bonifici, il maggiore di oltre 1 milione di dollari, da parte della Al Sahra FZCO, una offshore registrata a Dubai e appartenente a Leyla Aliyeva, figlia del dittatore dell’Azerbaigian Ilham Aliyev. Insomma Galizia aveva rivelato – con tanto di documenti pubblicati online – che la moglie del premier aveva ricevuto milioni di euro dal regime azero. Il quale negli ultimi anni ha firmato parecchi accordi in campo energetico con il governo laburista de La Valletta.

Galizia lavorava da anni sul tema della corruzione. Aveva tra l’altro fatto parte del consorzio investigativo Icij, di cui è membro anche L’Espresso, rivelando l’esistenza di alcune società offshore appartenenti ad altri personaggi famosi maltesi. All’inchiesta internazionale Panama Papers la giornalista aveva infatti contribuito svelando come due politici locali – Konrad Mizzi, all’epoca ministro dell’Energia, e Keith Schembri, capo di gabinetto del premier Muscat – fossero proprietari di scatole finanziarie basate in paradisi fiscali. Il suo ultimo pezzo è stato pubblicato sul Running Commentary poche ore prima della morte. Un commento, più che un articolo, a proposito del processo per corruzione contro l’ex ministro dell’Energia Schembri.

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