GERMANIA: TRA MINIJOB E AFD –

FONTE  R/PROJECT   CHE RINGRAZIAMO

il modello a cui si ispira Macron

 

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di Olivier Cyran* dal numero di settembre del mensile francese Le Monde Diplomatique.

I tedeschi, chiamati alle urne il 24 settembre, non hanno mai avuto un numero così basso di persone in cerca di occupazione. E nemmeno così tanti precari. Lo smantellamento della previdenza sociale avvenuta a metà degli anni 2000 ha trasformato i disoccupati in lavoratori poveri. Queste riforme hanno ispirato la revisione del codice del lavoro che il governo cerca di imporre per decreto.

Ore 8: il Jobcenter (Agenzia per l’impiego N.d.T.) del quartiere berlinese di Pankow ha appena aperto i battenti che già una quindicina di persone fanno la coda davanti allo sportello dell’accettazione, ciascuna rinchiusa in un ansioso silenzio. “Perché sono qui? Perché, se non rispondi alla loro convocazione, ti tolgono quel poco che ti danno”, sbotta a bassa voce un cinquantenne, “comunque non hanno niente da proporre, a parte, forse, un lavoro da venditore di mutandine borchiate, chissà”. L’allusione gli strappa un leggero sorriso. Un mese fa, una madre sola di 36 anni, insegnante disoccupata, ha ricevuto unalettera dal Jobcenter di Pankow che la invitava, a pena di sanzioni, a candidarsi per un posto di rappresentante di commercio di un sexy shop. “Ne ho passate di tutti i colori con il mio Jobcenter, ma questo è il colmo”, ha risposto via internet l’interessata, prima di annunciare la sua intenzione di sporgere denuncia per abuso d’ufficio.

All’esterno, nel parcheggio del blocco di case popolari, l’“unità mobile di sostegno” del centro disoccupati di Berlino ha già iniziato l’attività. La signora Nora Freitag, 30 anni, sistema sul tavolo pieghevole, piazzato davanti al minibus degli operatori, un pacco di opuscoli intitolati Come difendere i miei diritti nei confronti del Jobcenter.

“Questa iniziativa è stata organizzata nel 2007 dalla Chiesa evangelica: c’è molta disperazione, e anche molta impotenza, davanti a questo mostro burocratico che i disoccupati percepiscono, non a torto, come una minaccia”.

Una signora, sessant’anni suonati, si avvicina con passo esitante, sembra molto infastidita di doversi presentare a degli estranei. La sua pensione, inferiore a 500 euro al mese, non le basta per vivere, riceve un’integrazione versata dal suo Jobcenter. Poiché fatica comunque a sbarcare il lunario, fa da poco un lavoro precario part-time (“minijob”) come donna delle pulizie in una casa di cura che le garantisce un salario netto mensile di 340 euro. “Figuratevi”, dice con una vocina agitata, “la lettera del Jobcenter mi dice che non ho dichiarato i miei redditi e che devo rimborsare 250 euro, ma questi soldi, io non li ho! Per giunta, li ho dichiarati fin dal primo giorno, i miei redditi, come potete immaginare; ci deve essere un errore…”. Uno degli operatori la prende sottobraccio per darle dei consigli in disparte: a chi indirizzare un ricorso, a quale porta bussare per sporgere denuncia se il ricorso ha esito negativo, ecc. Talvolta il minibus serve da rifugio per trattare un problema in maniera riservata. “È uno degli effetti di Hartz IV”, osserva la signora Freitag, “la stigmatizzazione dei disoccupati è così pesante che molti provano vergogna perfino a parlare della loro situazione di fronte ad altri”.

Una delle normative più vincolanti d’Europa

Hartz IV: questo marchio sociale deriva dal processo di deregolamentazione del mercato del lavoro, chiamato Agenda 2010, messo in essere tra il 2003 e il 2005 dalla coalizione del cancelliere Gerhard Schröder tra il Partito socialdemocratico (SPD) e i Verdi. Battezzata con il nome del suo ideatore, Peter Hartz, ex direttore del personale della Volkswagen, il quarto e ultimo pacchetto di queste riforme ha unificato i sussidi sociali e le indennità dei disoccupati di lungo termine (senza impiego da oltre un anno) in un unico sussidio forfettario, versato dal Jobcenter. Il presupposto è che lo scarso importo di questa somma – 409 euro al mese nel 2017 per una persona sola (1) – dovrebbe motivare il beneficiario, ribattezzato “cliente”, a trovare o a riprendere al più presto un impiego, anche mal retribuito e poco aderente alle sue attese o alle sue competenze. Il riconoscimento del sussidio è subordinato a un programma di controlli tra i più vincolanti d’Europa.

Alla fine del 2016, l’ambito di applicazione di Hartz IV coinvolgeva circa 6 milioni di persone, di cui 2,6 milioni di disoccupati ufficiali, 1,7 milioni di disoccupati sommersi non contabilizzati dalle statistiche attraverso la trappola dei “dispositivi di avviamento al lavoro” (formazione, addestramento, impieghi da 1 euro, minijobs, ecc.) e 1,6 milioni di figli di beneficiari del sussidio. In una società strutturata sul culto del lavoro, queste persone sono spessodescritte come scoraggiate o come bande di fannulloni e talvolta anche peggio. Nel 2005, in un opuscolo del ministero dell’economia, con la prefazione del ministro Wolfang Clement (SPD) e intitolata Priorità alle persone oneste. Contro gli abusi, le truffe e il fai da te nello Stato sociale, si poteva leggere: “I biologi sono concordi nell’utilizzare il termine ‘parassita’ per designare gli organismi che si sostentano a spese di altri esseri viventi. Ovviamente, sarebbe totalmente fuori luogo estendere agli esseri umani nozioni proprie del mondo animale”. E, ovviamente, l’espressione “parassita Hartz IV” è stata abbondantemente ripresa dalla stampa scandalistica, Bild in testa.

La vita dei beneficiari dei sussidi è uno sport da combattimento.

Quando la somma percepita, a livello di sussistenza, non consente al beneficiario di pagarsi un affitto, il Jobcenter se ne fa carico, a condizione che l’affitto non superi il tetto massimo fissato dall’amministrazione a seconda delle zone geografiche. “Un terzo delle persone che vengono da noi, lo fanno per problemi legati all’abitazione”, dichiara la signora Freitag, “nella maggior parte dei casi perché il rialzo degli affitti nelle grandi città, in particolare a Berlino, ha fatto loro superare i massimali del Jobcenter; allora i beneficiari dei sussidi devono traslocare, ma senza sapere dove, poiché il mercato delle case in affitto è saturo, oppure devono pagare di tasca propria la differenza eccedente il massimale, tagliando le spese alimentari”. Dei 500.000 “Hartz IV” che vivono a Berlino, il 40% paga un affitto che supera il limite normativo.

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