Nancy, Msf, Sea Eye e Save The Children si fermano, perché nell’attuale progetto militare italiano nel Mediterraneo si collabora con una Guardia Costiera libica pericolosa e collusa con i trafficanti e si respingono i migranti verso “campi” in Libia in cui il rispetto dei diritti umani venga garantito dall’Onu – ma lo stesso Unhcr dice che campi del genere non esistono e non possono esistere. Che destino avrebbero le persone che vengono trattenute in Libia senza più poter partire?
Parto dalle informazioni che sto raccogliendo in questi giorni sul campo, nel contesto della ricerca che mi è stata commissionata da Cini e Concord, network di Ong italiane ed europee, nell’ambito di un monitoraggio sull’impatto degli EU Trust Funds in Libia sulla stabilità del paese e la tutela dei diritti umani dei migranti. In questi giorni sto conducendo interviste con vari second player – sia gli international implementer (i.e., quelli che di fatto hanno accesso agli EU Trust Funds e poi aprono bandi a cui partecipano Ong e altri soggetti della rete territoriale libica), come l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) e Ong e istituzioni libiche – coinvolti nell’istituzione del “nuovo” sistema di accoglienza/detenzione in Libia.
Confermo che questi campi non esistono e non possono esistere. Di fatto, questi famosi campi non sono mai stati un’opzione reale, e quello su cui si sta lavorando è piuttosto il miglioramento dell’assistenza dei migranti nel contesto del sistema di detenzione già esistente, attraverso la fornitura di vari servizi – dalla messa a disposizione di kit di beni di prima necessità ai controlli medici e al supporto psicologico, che però non viene espletato da personale esperto: il personale che opera nei centri è e resta, infatti, libico e decisamente poco specializzato, e non c’è una presenza fisica di personale internazionale. Questo fa sì che la situazione resti statica perché non agevola il percorso di sensibilizzazione sui diritti umani che dovrebbe essere condotto con i libici. Sostanzialmente è questo, che gli europei hanno pensato per ottenere un miglioramento delle condizioni nel sistema di detenzione pre-esistente.