Brasile, il discorso di Dilma Rousseff al popolo: “Riforma politica ma nel nome della democrazia e della sovranità popolare”

 Pubblichiamo la traduzione integrale del messaggio letto dalla presidente del Brasile Dilma Rousseff di fronte a telecamere e giornalisti martedì 16 agosto 2016 nel Palazzo dell’Alvorada. Un messaggio da condividere e diffondere anche in Italia per fare chiarezza sul golpe in atto contro la legittima presidente nel paese che ospita le Olimpiadi. (trad. it. Teresa Isemburg).

“Mi rivolgo alla popolazione brasiliana e alle Signore Senatrici e ai Signori Senatori per esprimere ancora una volta il mio impegno per la democrazia e per le misure necessarie per superare l’impasse politico che ha già causato tanti pregiudizi al Paese.
Il mio ritorno alla Presidenza, per decisione del Senato Federale, significherà l’affermazione dello Stato Democratico di Diritto e potrà contribuire in modo decisivo al sorgere di una nuova e promettente realtà politica. La mia responsabilità è grande. Nel percorso per difendermi dall’impeachment mi sono ulteriormente avvicinata al popolo, ho avuto l’opportunità di ascoltare il suo riconoscimento, di ricevere il suo affetto. Ho ascoltato anche critiche dure al mio governo, agli errori commessi e a misure e politiche che non sono state adottate. Accolgo queste critiche con umiltà e determinazione perché si possa costruire un nuovo cammino. Abbiamo bisogno di rafforzare la democrazia nel nostro Paese e, per questo, sarà necessario che il Senato chiuda il processo di impeachment in corso, riconoscendo, in presenza di prove irrefutabili, che non vi è stato crimine di responsabilità, che io sono innocente.
Nel presidenzialismo previsto dalla nostra Costituzione non è sufficiente la sfiducia politica per allontanare un Presidente. Bisogna che si configuri un crimine di responsabilità. Ed è chiaro che non vi è stato tale crimine.
Non è legittimo, come vogliono i miei accusatori, allontanare il capo di Stato e di governo per “l’insieme dell’opera”. Chi allontana il Presidente per “l’insieme dell’opera” è il popolo, e solo il popolo, nelle elezioni.
Per questo affermiamo che, se l’impeachment fosse consumato senza crimine di responsabilità, avremmo un colpo di stato.
Il collegio elettorale di 110 milioni di elettori sarebbe sostituito, senza il dovuto sostegno costituzionale, da un collegio elettorale di 81 senatori. Sarebbe un indubbio golpe seguito da elezione indiretta. Viceversa, ritengo che la soluzione per le crisi politica ed economica che affrontiamo passi attraverso il voto popolare in elezioni dirette. La democrazia è l’unica strada per la costruzione di un Patto per l’Unità Nazionale, lo Sviluppo e la Giustizia Sociale. E’ l’unico cammino perché noi si esca dalla crisi.
Da qui l’importanza che noi si assuma un chiaro impegno per il Plebiscito e per la Riforma Politica.
Sappiamo tutti che vi è un impasse determinato dall’esaurimento del sistema politico, sia per il numero eccessivo di partiti, sia per le pratiche politiche discutibili che esigono una profonda trasformazione delle regole vigenti.
Sono convinta della necessità, e darei il mio appoggio incondizionato alla convocazione di un Plebiscito, con l’obiettivo di consultare la popolazione sulla realizzazione anticipata di elezioni, così come sulla riforma politica ed elettorale.
Dobbiamo concentrare sforzi per la realizzazione di un’ampia e profonda riforma politica che stabilisca un nuovo quadro istituzionale che superi la frammentazione dei partiti, moralizzi il finanziamento delle campagne elettorali, rafforzi la fedeltà partitica e dia maggior potere agli elettori.
Il pieno ripristino della democrazia richiede che la popolazione decida quale è il cammino migliore per ampliare la governabilità e perfezionare il sistema politico elettorale brasiliano.
Per questo fine dobbiamo costruire un ampio Patto Nazionale, basato su elezioni libere e dirette, che coinvolga tutti i cittadini e le cittadine brasiliane. Un Patto che rafforzi i valori dello Stato Democratico di diritto, la sovranità nazionale, lo sviluppo economico e le conquiste sociali.
Questo Patto per l’Unità Nazionale, lo Sviluppo e la Giustizia Sociale consentirà la pacificazione del Paese. Il disarmo degli spiriti e il raffreddamento delle passioni devono essere superiori a qualsiasi sentimento di disunione. La transizione per questo nuovo momento democratico esige che venga aperto un ampio dialogo fra tutte le forze vive della Nazione Brasiliana con la chiara coscienza che ciò che ci unisce è il Brasile.
Dialogo con il Congresso Nazionale affinché congiuntamente e con responsabilità da noi vengano cercate le migliori soluzioni per i problemi affrontati dal Paese. Dialogo con la società e i movimenti sociali, affinché le domande della nostra popolazione ottengano piena risposta da politiche consistenti ed efficaci. Le forze produttive, imprenditori e lavoratori, devono partecipare in forma attiva alla costruzione di proposte per la ripresa della crescita e l’innalzamento della competitività della nostra economia.
Riaffermo il mio impegno per il rispetto integrale della Costituzione Cittadina del 1988, con risalto ai diritti e alle garanzie individuali e collettive che essa stabilisce. La nostra parola d’ordine continuerà ad essere “nessun diritto in meno”. Le politiche sociali che hanno trasformato la vita della nostra popolazione, assicurando opportunità per tutte le persone e valorizzando l’eguaglianza e la diversità dovranno essere mantenute e rinnovate. La ricchezza e la forza della nostra cultura devono essere valorizzate come elemento fondativo della nostra nazionalità.
Generare un maggior numero e migliori posti di lavoro, rafforzare la sanità pubblica, ampliare l’accesso ed elevare la qualità dell’educazione, assicurare il diritto all’abitazione e migliorare la mobilità urbana sono investimenti prioritari per il Brasile.
Tutte le variabili dell’economia e gli strumenti della politica devono essere canalizzati affinché il Paese torni a crescere e a creare posti di lavoro. Questo è necessario perché, dall’inizio del mio secondo mandato, misure, azioni e riforme necessarie perché il Paese affrontasse la grave crisi economica sono state bloccate e sono state imposte le cosiddette liste-bomba, nella irresponsabile logica del “tanto peggio, tanto meglio”.
Vi è stato uno sforzo ossessivo per squalificare il governo, senza preoccuparsi delle dannose conseguenze imposte alla popolazione. Possiamo superare questo momento e, uniti, cercare la crescita economica e la stabilità, il rafforzamento della sovranità nazionale e la difesa del pré-sal e delle nostre ricchezze naturali e minerali.
Fondamentale è dare continuità alla lotta contro la corruzione. Questo è un impegno non negoziabile. Non accetteremo alcun patto a favore dell’impunità di coloro che, in modo comprovato, e dopo il pieno esercizio del contraddittorio e della difesa, abbiano praticato illeciti o atti di improbità.
Popolo brasiliano, Senatrici e Senatori, il Brasile vive uno dei momenti più drammatici della sua storia. Un momento che richiede coraggio e chiarezza di propositi da noi tutti. Un momento che non tollera omissioni, inganni o mancanza di impegno per il Paese. Non dobbiamo permettere che una eventuale rottura dell’ordine democratico fondata sull’impeachment senza crimine di responsabilità renda fragile la nostra democrazia, con il sacrificio dei diritti assicurati nella Costituzione del 1988. Uniamo le nostre forze e i nostri propositi nella difesa della democrazia, il lato giusto della Storia.
Sono orgogliosa di essere la prima donna eletta presidente del Brasile. Sono orgogliosa di dire che, in questi anni, ho esercitato il mio mandato in forma degna e onesta. Ho onorato i voti che ho ricevuto. In nome di questi voti e in nome di tutto il popolo del mio Paese, lotterò con tutti gli strumenti legali di cui dispongo per assicurare la democrazia in Brasile. A questo punto tutti sappiamo che non ho commesso crimini di responsabilità, che non vi è motivo legale per questo processo di impeachment, in quanto non vi è crimine. Gli atti che ho compiuto sono stati atti legali, atti necessari, atti di governo. Atti identici sono stati praticati dai presidenti che mi hanno preceduto. Non era crimine nella loro epoca, e parimenti non è crimine adesso.
Mai nella mia vita si troverà prova di disonestà, viltà o tradimento. Diversamente da coloro che diedero inizio a questo processo ingiusto e illegale, non ho conti segreti all’estero, mai ho distratto un solo centesimo del patrimonio pubblico per mio arricchimento personale o di terzi e non ho ricevuto tangenti da nessuno. Questo processo di impeachment è fragile, giuridicamente inconsistente, un processo ingiusto, scatenato contro persona onesta e innocente. Quello che chiedo alle Senatrici e ai Senatori è che non si faccia l’ingiustizia di condannarmi per un crimine che non commesso. Non vi è ingiustizia più devastante che condannare un innocente. La vita mi ha insegnato il significato più profondo della speranza. Ho resistito al carcere e alla tortura. Vorrei non dovere resistere alla frode e alla più infame ingiustizia. La mia speranza esiste perché è anche la speranza democratica del popolo brasiliano, che mi ha eletto due volte Presidente. Chi deve decidere il futuro del Paese è il nostro popolo. La democrazia deve vincere”. 

Dilma: ‘devolver ao povo, o que só ao povo pertence, a escolha do futuro’

 

Mensagem da Presidenta Dilma Rousseff ao Senado e ao Povo Brasileiro.

 

Dilma Rousseff

 Dirijo-me à população brasileira e às Senhoras Senadoras e aos Senhores Senadores para manifestar mais uma vez meu compromisso com a democracia e com as medidas necessárias à superação do impasse político que tantos prejuízos já causou ao País.

 Meu retorno à Presidência, por decisão do Senado Federal, significará a afirmação do Estado Democrático de Direito e poderá contribuir decisivamente para o surgimento de uma nova e promissora realidade política.

 Minha responsabilidade é grande. Na jornada para me defender do impeachment me aproximei mais do povo, tive oportunidade de ouvir seu reconhecimento, de receber seu carinho. Ouvi também críticas duras ao meu governo, a erros que foram cometidos e a medidas e políticas que não foram adotadas. Acolho essas críticas com humildade e determinação para que possamos construir um novo caminho.

 Precisamos fortalecer a democracia em nosso País e, para isto, será necessário que o Senado encerre o processo de impeachment em curso, reconhecendo, diante das provas irrefutáveis, que não houve crime de responsabilidade. Que eu sou inocente.

No presidencialismo previsto em nossa Constituição, não basta a desconfiança política para afastar um Presidente. Há que se configurar crime de responsabilidade. E está claro que não houve tal crime. 

Não é legítimo, como querem os meus acusadores, afastar o chefe de Estado e de governo pelo “conjunto da obra”. Quem afasta o Presidente pelo “conjunto da obra” é o povo e, só o povo, nas eleições.

 Por isso, afirmamos que, se consumado o impeachment sem crime de responsabilidade, teríamos um golpe de estado. O colégio eleitoral de 110 milhões de eleitores seria substituído, sem a devida sustentação constitucional, por um colégio eleitoral de 81 senadores. Seria um inequívoco golpe seguido de eleição indireta.

 Ao invés disso, entendo que a solução para as crises política e econômica que enfrentamos passa pelo voto popular em eleições diretas. A democracia é o único caminho para a construção de um Pacto pela Unidade Nacional, o Desenvolvimento e a Justiça Social. É o único caminho para sairmos da crise.

 Por isso, a importância de assumirmos um claro compromisso com o Plebiscito e pela Reforma Política.

 Todos sabemos que há um impasse gerado pelo esgotamento do sistema político, seja pelo número excessivo de partidos, seja pelas práticas políticas questionáveis, a exigir uma profunda transformação nas regras vigentes.

 Estou convencida da necessidade e darei meu apoio irrestrito à convocação de um Plebiscito, com o objetivo de consultar a população sobre a realização antecipada de eleições, bem como sobre a reforma política e eleitoral.

Devemos concentrar esforços para que seja realizada uma ampla e profunda reforma política, estabelecendo um novo quadro institucional que supere a fragmentação dos partidos, moralize o financiamento das campanhas eleitorais, fortaleça a fidelidade partidária e dê mais poder aos eleitores.

 A restauração plena da democracia requer que a população decida qual é o melhor caminho para ampliar a governabilidade e aperfeiçoar o sistema político eleitoral brasileiro.

 Devemos construir, para tanto, um amplo Pacto Nacional, baseado em eleições livres e diretas, que envolva todos os cidadãos e cidadãs brasileiros. Um Pacto que fortaleça os valores do Estado Democrático de Direito, a soberania nacional, o desenvolvimento econômico e as conquistas sociais.

 Esse Pacto pela Unidade Nacional, o Desenvolvimento e a Justiça Social permitirá a pacificação do País. O desarmamento dos espíritos e o arrefecimento das paixões devem sobrepor-se a todo e qualquer sentimento de desunião.

 A transição para esse novo momento democrático exige que seja aberto um amplo diálogo entre todas as forças vivas da Nação Brasileira com a clara consciência de que o que nos une é o Brasil.

 Diálogo com o Congresso Nacional, para que, conjunta e responsavelmente, busquemos as melhores soluções para os problemas enfrentados pelo País.

 Diálogo com a sociedade e os movimentos sociais, para que as demandas de nossa população sejam plenamente respondidas por políticas consistentes e eficazes.

 As forças produtivas, empresários e trabalhadores, devem participar de forma ativa na construção de propostas para a retomada do crescimento e para a elevação da competitividade de nossa economia.

 Reafirmo meu compromisso com o respeito integral à Constituição Cidadã de 1988, com destaque aos direitos e garantias individuais e coletivos que nela estão estabelecidos. Nosso lema persistirá sendo “nenhum direito a menos”.

 As políticas sociais que transformaram a vida de nossa população, assegurando oportunidades para todas as pessoas e valorizando a igualdade e a diversidade deverão ser mantidas e renovadas. A riqueza e a força de nossa cultura devem ser valorizadas como elemento fundador de nossa nacionalidade.

 Gerar mais e melhores empregos, fortalecer a saúde pública, ampliar o acesso e elevar a qualidade da educação, assegurar o direito à moradia e expandir a mobilidade urbana são investimentos prioritários para o Brasil.

 Todas as variáveis da economia e os instrumentos da política precisam ser canalizados para o Paísvoltar a crescer e gerar empregos.

 Isso é necessário porque, desde o início do meu segundo mandato, medidas, ações e reformas necessárias para o País enfrentar a grave crise econômica foram bloqueadas e as chamadas pautas-bomba foram impostas, sob a lógica irresponsável do “quanto pior, melhor”.

 Houve um esforço obsessivo para desgastar o governo, pouco importando os resultados danosos impostos à população. Podemos superar esse momento e, juntos, buscar o crescimento econômico e a estabilidade, o fortalecimento da soberania nacional e a defesa do pré-sal e de nossas riquezas naturais e minerárias.

 É fundamental a continuidade da luta contra a corrupção. Este é um compromisso inegociável. Não aceitaremos qualquer pacto em favor da impunidade daqueles que, comprovadamente, e após o exercício pleno do contraditório e da ampla defesa, tenham praticado ilícitos ou atos de improbidade.

 Povo brasileiro, Senadoras e Senadores,

O Brasil vive um dos mais dramáticos momentos de sua história. Um momento que requer coragem e clareza de propósitos de todos nós. Um momento que não tolera omissões, enganos, ou falta de compromisso com o País.

 Não devemos permitir que uma eventual ruptura da ordem democrática baseada no impeachmentsem crime de responsabilidade fragilize nossa democracia, com o sacrifício dos direitos assegurados na Constituição de 1988. Unamos nossas forças e propósitos na defesa da democracia, o lado certo da História.

 Tenho orgulho de ser a primeira mulher eleita presidenta do Brasil. Tenho orgulho de dizer que, nestes anos, exerci meu mandato de forma digna e honesta. Honrei os votos que recebi. Em nome desses votos e em nome de todo o povo do meu País, vou lutar com todos os instrumentos legais de que disponho para assegurar a democracia no Brasil.

 A essa altura todos sabem que não cometi crime de responsabilidade, que não há razão legal para esse processo de impeachment, pois não há crime. Os atos que pratiquei foram atos legais, atos necessários, atos de governo. Atos idênticos foram executados pelos presidentes que me antecederam. Não era crime na época deles, e também não é crime agora.

 Jamais se encontrará na minha vida registro de desonestidade, covardia ou traição. Ao contrário dos que deram início a este processo injusto e ilegal, não tenho contas secretas no exterior, nunca desviei um único centavo do patrimônio público para meu enriquecimento pessoal ou de terceiros e não recebi propina de ninguém.

 Esse processo de impeachment é frágil, juridicamente inconsistente, um processo injusto, desencadeado contra uma pessoa honesta e inocente. O que peço às senadoras e aos senadores é que não se faça a injustiça de me condenar por um crime que não cometi. Não existe injustiça mais devastadora do que condenar um inocente.

 A vida me ensinou o sentido mais profundo da esperança. Resisti ao cárcere e à tortura. Gostaria de não ter que resistir à fraude e à mais infame injustiça.

 Minha esperança existe porque é também a esperança democrática do povo brasileiro, que me elegeu duas vezes Presidenta. Quem deve decidir o futuro do País é o nosso povo.

A democracia há de vencer

Dilma Rousseff


A Carta Testamento de Getúlio Vargas é uma arma contra o golpe atual

A Carta Testamento que Getúlio nos deixou é um dos mais importantes documentos de referência política e ideológica em defesa dos interesses nacionais.

Revisitemos a História. Com a palavra, Getúlio Vargas:

Carta Testamento

Mais uma vez, as forças e os interesses contra o povo coordenaram-se novamente e se desencadeiam sobre mim.
 
Não me acusam, me insultam; não me combatem, caluniam e não me dão o direito de defesa. Precisam sufocar a minha voz e impedir a minha ação, para que eu não continue a defender como sempre defendi, o povo e principalmente os humildes. Sigo o destino que me é imposto. Depois de decênios de domínio e espoliação dos grupos econômicos e financeiros internacionais, fiz-me chefe de uma revolução e venci. Iniciei o trabalho de libertação e instaurei o regime de liberdade social. Tive que renunciar. Voltei ao governo nos braços do povo. A campanha subterrânea dos grupos internacionais aliou-se à dos grupos nacionais revoltados contra o regime de garantia do trabalho. A lei de lucros extraordinários foi detida no Congresso. Contra a Justiça da revisão do salário-mínimo se desencadearam os ódios. Quis criar a liberdade nacional na potencialização das nossas riquezas através da Petrobrás, mal começa esta a funcionar, a onda de agitação se avoluma. A Eletrobrás foi obstaculada até o desespero. Não querem que o trabalhador seja livre. Não querem que o povo seja independente.
 
Assumi o Governo dentro da espiral inflacionária que destruía os valores do trabalho. Os lucros das empresas estrangeiras alcançavam até 500% ao ano. Nas declarações de valores do que importávamos existiam fraudes constatadas de mais de 100 milhões de dólares por ano. Veio a crise do café, valorizou-se o nosso principal produto. Tentamos defender seu preço e a resposta foi uma violenta pressão sobre a nossa economia a ponto de sermos obrigados a ceder.
 
Tenho lutado mês a mês, dia a dia, hora a hora, resistindo a uma pressão constante, incessante, tudo suportando em silêncio, tudo esquecendo, renunciando a mim mesmo, para defender o povo que agora se queda desamparado. Nada mais vos posso dar a não ser meu sangue. Se as aves de rapina querem o sangue de alguém, querem continuar sugando o povo brasileiro, eu ofereço em holocausto a minha vida. Escolho este meio de estar sempre convosco. Quando vos humilharem sentireis minha alma sofrendo ao vosso lado. Quando a fome bater à vossa porta, sentireis em vosso peito a energia para a luta por vós e vossos filhos. Quando vos vilipendiarem, sentireis no meu pensamento a força para a reação. Meu sacrifício nos manterá unidos e meu nome será a vossa bandeira de luta. Cada gota de meu sangue será uma chama imortal na vossa consciência e manterá a vibração sagrada para a resistência. Ao ódio respondo com o perdão. E aos que pensam que me derrotaram respondo com a minha vitória. Era escravo do povo e hoje me liberto para a vida eterna. Mas esse povo de quem fui escravo não mais será escravo de ninguém. Meu sacrifício ficará para sempre em sua alma e meu sangue terá o preço do seu resgate.
 
Lutei contra a espoliação do Brasil. Lutei contra a espoliação do povo. Tenho lutado de peito aberto. O ódio, as infâmias, a calúnia, não abateram meu ânimo. Eu vos dei a minha vida. Agora ofereço a minha morte. Nada receio. Serenamente dou o primeiro passo no caminho da eternidade e saio da vida para entrar na história.

 

http://www.controlacrisi.org/notizia/Politica/2016/8/22/47847-brasile-il-discorso-di-dilma-rousseff-al-popolo-riforma/

 

 

Marcinelle, 8 agosto 1956: carbone in cambio di vite umane

di Fiorenzo Angoscini

libretto 3 [Oggi si sente spesso ripetere che l’attuale Unione Europea avrebbe tradito, con le sue misure economiche draconiane, lo spirito fondatore della stessa. Eppure, esattamente sessant’anni fa, la tragedia mineraria di Marcinelle aveva già rivelato il patto di sangue che fondava la CECA (Comunità europea del carbone e dell’acciaio).
Il trattato costitutivo della stessa fu firmato a Parigi il 18 aprile 1951 ed entrò in vigore il 24 luglio 1952. Il “mercato comune” previsto dal trattato venne inaugurato il 10 febbraio 1953 per il carbone e il ferro e il 1º maggio seguente per l’acciaio. Il trattato aveva una durata di 50 anni e la CECA successivamente divenne parte dell’Unione europea. I paesi firmatari erano: Belgio, Francia, Repubblica Federale Tedesca, Italia, Lussemburgo e Paesi Bassi. S.M.]

Marcinelle, sobborgo operaio di Charleroi, lembo di terra vallona dove si è combattuto un frammento di guerra di classe, si trova nel cuore del bacino minerario dello stato artificiale belga.
Polvere nera di mina assassina. Umili abitazioni, piccoli esercizi commerciali di poco svago e relativo divertimento, al cui interno, come in tutto il borgo, si respirano miseria, povertà e silicosi.
Nel resto della nazione, quella con spirito fiammingo, sulle porte e vetrine dei pubblici locali, campeggia un cartello perentorio: “vietato l’ingresso ai cani e agli italiani”.

marcinelle interdit A Le Bois du Cazier (nome della miniera vigliacca) torri di estrazione, un’infinità di pozzi innaturali, scavati, violentandola, nelle viscere della terra, ingoiano tutti i giorni, tramite montacarichi criminali, uomini (unici e veri infoibati) e vagoncini da riempire di carbone (coke) da barattare, poi, con le loro vite. Alti camini di ciminiere sputano in continuazione fumo e fuliggine insieme a sudore e sangue di immigrati. Una coltre di polvere grigiastra sporca case, giardini, parchi e monumenti.

segue su fonte CARMILLAONLINE

Poco testo e troppi video: così i social ci espongono alla demagogia

Poco testo e troppi video: così i social ci espongono alla demagogia
Lo scrittore iraniano Derakshan: «Una democrazia sana e rappresentativa ha bisogno più testi che video. Non è un problema americano o inglese, ma una minaccia alla nostra civiltà»

fonte La Stampa
I demagoghi di tutto il mondo, di destra o di sinistra, adorano la televisione. Questo mezzo lineare, emozionale e passivo, centrato sull’immagine, ha ridotto la politica a un reality. Come ha dimostrato Neil Postman in «Amusing Ourselves to Death»” (Ci divertiamo da morire) la televisione ha ampiamente abbassato il livello del dibattito pubblico nella maggior parte delle democrazie. Dagli Stati Uniti all’ Iran, dal Venezuela alla Francia, dall’ Egitto alla Russia, dall’ Italia alla Turchia, la competizione per l’audience è pari a quella per le elezioni. In molti paesi l’indice di ascolto è automaticamente tradotto in termini di voti.

E, cosa ancora più allarmante, internet, l’ultimo spazio pubblico dedicato alla parola dopo il declino del giornalismo scritto, si sta arrendendo al format televisivo. La versione della diretta proposta dai social network come Facebook e Twitter sta uccidendo il web e quindi anche il giornalismo scritto. Facebook è più simile al futuro della televisione che al web degli ultimi due decenni.

Una recente ricerca dell’università di Oxford dimostra che guardare video online è un fenomeno in crescita negli Stati Uniti e nella maggior parte del mondo tranne che in Nord Europa. Forse perché lì hanno un equilibrio più sano tra vita e lavoro e anche perché il loro sistema pubblico di istruzione incentiva ancora la lettura e il pensiero critico.

Intanto Facebook ha annunciato che presto i video domineranno gli aggiornamenti delle notizie, perché “comunicano una maggior mole di informazioni in un tempo molto più breve e quindi questa tendenza ci aiuta a diffondere più informazioni in molto meno tempo”, come dice Nicola Mendelsohn, vice presidente di Facebook.

Ciò conferma le mie riflessioni quando, uscendo da una prigione iraniana nel 2014, scoprii un internet completamente diverso dove il testo era in declino e andavano di moda le immagini, ferme o in movimento. Da pioniere del blog in Iran, quello che avvertii dopo sei anni di isolamento era che i blog, il miglior esempio di una sfera pubblica decentrata, erano finiti. Facebook e Instagram avevano ucciso i link esterni per massimizzare i profitti trattenendo gli utenti al loro interno e bombardandoli di pubblicità. Così facendo stavano ammazzando il web aperto, che si basava sui link. Internet è diventato sempre di più uno strumento d’intrattenimento piuttosto che uno spazio alternativo per la pubblica discussione. Peggio ancora, ho iniziato a notare uno strano disagio tra i giovani se dovevano leggere qualcosa più lungo di 140 caratteri.

Ovviamente il testo scritto non morirà mai, ma la capacità di comunicare attraverso l’alfabeto in molte società sta lentamente diventando un privilegio riservato a una piccola élite. Un po’ come nel Medioevo quando solo i politici e i monaci sapevano comunicare con l’alfabeto. Tutti gli altri sono destinati a diventare gli analfabeti del 21 secolo che principalmente comunicano con immagini, video – e naturalmente, emoji.

L’emergere di questa classe di illetterati, inchiodati ai loro vecchi apparecchi televisivi o alle loro personali tv mobili imperniate su Facebook, è una buona notizia per i demagoghi. Basti pensare a come Donald Trump ha magistralmente trasformato la formula televisiva nella sua macchina per le pubbliche relazioni pubblica e gratuita. Neil Postman ha spiegato in modo perfetto il perché nel suo libro del 1985. A suo giudizio negli Usa la differenza tra i discorsi pubblici del 18 o del 19 secolo e quelli attuali è che la pubblica opinione nell’era televisiva è un insieme di “emozioni piuttosto che di opinioni, ecco perché cambiano da una settimana all’altra, come dicono i sondaggi”. A suo avviso la natura della tv, che è di mero intrattenimento, produce solo disinformazione, che “non significa falsa informazione. Significa informazioni fuorvianti — fuori luogo, irrilevanti, frammentarie o superficiali  — informazioni che creano l’ illusione di conoscere qualcosa ma che in effetti allontanano dalla conoscenza”.

La copertura del recente referendum sulla EU da parte delle tv del Regno Unito rappresenta un buon esempio. Anche se erano conformi alle regole britanniche sull’ imparzialità, c’è chi pensa che i numerosi dibattiti dove entrambe le parti avevano lo stesso tempo per argomentare non abbiano reso giustizia a un tema delicato e complesso come la Brexit. Soprattutto ora che alcune affermazioni iniziali dei fautori del sì all’uscita dall’Unione, come i 350 milioni di sterline “dati ogni settimana all’ EU” per conto del sistema sanitario britannico, sono smentite dalle stesse persone che le avevano diffuse. C’era già molto materiale per confutarle disponibile sul web e sulla carta stampata. Ma parlare di numeri e di matematica in tv è sempre noioso e inutile. (un proverbio persiano recita così, “uno stupido getta una pietra in un pozzo, ma un centinaio di saggi non riescono a tirarla fuori.”).

Justin Webb, ex direttore della BBC per il Nord America, è arrivato al punto di dare la colpa alle regole di imparzialità vigenti. La scorsa settimana ha scritto su Radio Times: “Uno dei messaggi più chiari durante la campagna referendaria era che il pubblico agognava la verità. La gente voleva andare oltre i proclami e i contro proclami e capire che cosa c’era di vero.” Il Guardian suggeriva che “i media dovrebbero rivedere il loro modo di coprire la politica e di informare alla luce del voto per lasciare l’Unione europea”. Il tramonto del giornalismo scritto sia sulla carta stampata che sul web, significa discorsi politici super semplificati ed emotivi, partecipazione politica disinformata, e naturalmente, più demagogia nel mondo.

È difficile dire se sia stato prima il pubblico a chiedere più video, o se siano stati i media che, spaventati dalla prospettiva di tecnologie in grado di bloccare la pubblicità, abbiano iniziato la rincorsa ai video, che attirano più pubblico, portano più pubblicità e più difficile da bloccare. E nondimeno, affrontiamo le gravi conseguenze di questa svolta per il futuro delle nostre democrazie. È chiaro che per una democrazia sana e rappresentativa abbiamo bisogno più testi che video, almeno per resistere alle demagogie che si autoalimentano. Questo non è un problema americano o inglese. Questa è una minaccia alla nostra civiltà.

Traduzione di Carla Reschia

*Hossein Derakhshan (@h0d3r) è un autore iraniano-canadese, un giornalista freelance e un analista dei media. Ha scritto “The Web We Have to Save (Matter)” ed è l’ideatore di “Linkage”, un progetto artistico collettivo per promuovere i link esterni e il web aperto.