Varoufakis: il mio marxismo “riformista”


-YANIS VAROUFAKIS-

Quando cominciai a insegnare economia, le autorità accademiche volevano che Marx non trovasse posto nelle mie lezioni, e all’Università di Sidney fui addirittura licenziato in quanto “militante dell’estrema sinistra”. Ed anche se in realtà non c’è molto marxismo nei miei libri attuali, continuo ad avere la fama di pericoloso marxista (sia pure “irregolare”): non contesto la definizione, perché continuo io stesso a sentirmi un marxista, benché critico.

Marx cominciai a leggerlo all’età di 12 anni. Fin da giovanissimo ero attratto dall’idea del progresso umano, del trionfo della ragione sulla natura, con tutti i vantaggi e gli svantaggi: questa concezione del mondo mi ha fortemente avvicinato a Marx, che ha fatto di ciò una narrazione drammatica ed insuperabile. La sua straordinaria dialettica, per cui ogni concetto è gravido del suo opposto (come le immense ricchezze e le spaventose povertà che il capitalismo produce, o la contraddizione tra proprietari che non lavorano e lavoratori senza proprietà), mi ha sempre affascinato, insieme all’occhio d’aquila con cui Marx vede le condizioni del cambiamento all’interno di strutture economico-sociali apparentemente immutabili. E credo che la validità del materialismo storico trovi continue conferme nella storia, nei modi più diversi. Forse che l’attuale montagna dei debiti sovrani non si spiega con la crisi di realizzazione descritta nel Capitale?

Ho sempre considerato quello di Marx, e lo considero tuttora, come il più grande contributo alla scienza economica, a partire dall’analisi della mercificazione del lavoro umano, che è l’affresco di un mondo disumanizzato, senza più pensiero critico né “sovversione”, quasi come in quel film di fantascienza che parlava dell’invasione della Terra da parte di replicanti senza sentimenti né creatività né libera volontà, automi che si limitano a lavorare, produrre e consumare, in una società che non sarebbe null’altro che il freddo meccanismo di un orologio o di un computer. Film come quello, o anche come Matrix, non sono fantascienza ma la fedele rappresentazione della società in cui viviamo, all’epoca del capitalismo avanzato, in cui i lavoratori sono ridotti a mera energia al servizio del sistema e della sua accumulazione. E per contrasto l’idea che il lavoro umano non debba essere mercificato perché radicalmente diverso da ogni altro fattore produttivo (in quanto soggetto e non oggetto della produzione), e che dunque l’umanità debba riprendere il controllo dei rapporti sociali da essa stessa creati liberandoli dalla alienazione, rappresenta ai miei occhi il più grande contributo di Marx al pensiero economico moderno.

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