Bufale sul climate change: cosa fa la disinformazione climatica

Fonte Unimondo che ringraziamo 

Gli incendi catastrofici del Canada? Provocati da elicotteri, droni o “armi a energia diretta” manovrati da ambientalisti o attivisti LGBTQ collusi con progetti di energia rinnovabile. A questo e a molto altro può arrivare la disinformazione (in questo caso climatica) se va a braccetto con un uso errato dei social network (in questo caso Tik Tok). Più il nemico è potente più la risposta deve essere radicata e diffusa. E se il nemico in questione è la disinformazione climatica, la risposta deve arrivare da più parti e coinvolgere in primis chi scrive e chi legge. Un esempio di attivismo è la Climate Action Against Disinformation (CAAD) un’organizzazione globale, nata nell’estate 2021 che coinvolge oltre 50 organizzazioni impegnate a contrastare i contenuti fuorvianti e falsi su ambiente e cambiamento climatico.

Come agisce la disinformazione climatica: l’esempio di Twitter dopo Musk

Ad inizio 2023 Cassa ha diffuso il rapporto che ha messo in evidenza come, dal 27 ottobre, quando Elon Musk ha assunto la guida della compagnia, su Twitter sono apparsi sempre più post fuorvianti sui cambiamenti climatici.

Il report dal titolo “Deny, Deceive, Delay. Exposing New Trends in Climate Mis- and Disinformation At COP27” rileva infatti che, durante la cop27 di Sharm-El-Sheikh in Egitto, Twitter ha diffuso il termine “climate scam” (truffa climatica) quando gli utenti cercavano la parola “clima”. Nonostante siano stati altri i termini molto più utilizzati, “climate scam” è comparso come primo risultato nelle ricerche. Un piccolo gruppo di “Culture Warriors”di Caad ha individuato i 12 profili più attivi, tra i quali spiccano Fossil Fuel, Necessity, Anti-Green Tech, Cost of Living Crisis, Culture Wars, Loss and Damage. I ‘guerrieri’ hanno poi riportato che questi “influencer della disinformazione” hanno raccolto più di 344.000 condivisioni su 388 post a tema climatico riguardanti la COP27 dello scorso novembre.

Qualche giorno dopo la fine del summit, inoltre, il risultato migliore su Twitter era “climate lockdown”, ovvero la teoria complottista del Great Reset, secondo la quale alcune élite globali starebbe pianificando di far collassare l’economia mondiale per ridurre le emissioni di carbonio. Ma il problema non ha riguardato solo i giorni della Cop27. L’analisi dell’University of London, riportata da Caad, ha infatti rilevato che nel dicembre 2022 i tweet dei negazionisti del clima hanno raggiunto il massimo storico con più di 850.000 tweet o retweet, rispetto ai 650.000 del 2021 e ai 220.000 del 2020.

E anche Youtbe è stato nel mirino della Caad. In un rapporto pubblicato il 2 maggio 2023 il gruppo ha identificato 100 video (con 18,8 milioni di visualizzazioni) contenenti annunci pubblicitari che presentano false informazioni ambientali. Questo nonostante nell’ottobre 2021 Google avesse annunciato che avrebbe “vietato la pubblicità e la monetizzazione di contenuti che contraddicono un consenso scientifico consolidato sull’esistenza e le cause del cambiamento climatico”.

Disinformazione e intelligenza artificiale

A questo quadro si somma l’intelligenza artificiale, che secondo molti potrebbe contribuire a diffondere disinformazione, anche climatica. “Nelle mani sbagliate – sostiene Michael Khoo, direttore di Friends of the Earth e membro di Caad – l’intelligenza artificiale potrebbe minare per sempre il discorso sul clima a causa della sua capacità di creare storie, argomenti e persino immagini realistiche su misura”. Secondo lui, infatti, l’intelligenza artificiale avrà il potenziale per creare miliardi di pezzi di disinformazione, personalizzarli e diffonderli, rendendo molto difficile distinguere i fatti dalla finzione.

“Ciò – continua – potrebbe non solo ostacolare l’azione climatica basata sui fatti, ma rappresenterebbe anche un serio pericolo in caso di eventi meteorologici estremi, quando informazioni chiare e accurate sono fondamentali”.

Voci per il clima, l’iniziativa di Greenpeace

Per tentare di ovviare a disinformazione e negazionismo un’iniziativa made in Italy è “Voci per il clima”, il primo network italiano di esperti ed esperte per contrastare il greenwashing e la disinformazione sui cambiamenti climatici. Una rete di più di 60 realtà (tra cui anche Unimondo.org) appartenenti al mondo della scienza, dell’imprenditoria, della comunicazione, dell’arte e dell’attivismo unite da un impegno comune. La nascita del network è stata promossa da Greenpeace Italia, ma i suoi membri operano in modo del tutto indipendente. Obiettivo del network è contrastare il greenwashing e ovviare alle carenze di giornali e tv nel raccontare la crisi climatica. Il tutto tramite “un’informazione libera, trasparente e veritiera”.

Alice Pistolesi

Giornalista, è laureata in Scienze politiche e Internazionali e in Studi Internazionali all’Università di Pisa.  Viaggia per scrivere e per documentare, concentrandosi in particolare su popolazioni oppresse e che rivendicano autonomia o autodeterminazione. È redattrice del volume Atlante delle guerre e dei conflitti del mondo e del sito Atlanteguerre.it dove pubblica dossier tematici di approfondimento su temi globali, reportage. È impegnata in progetti di educazione alla mondializzazione e alla Pace nelle scuole e svolge incontri formativi. Pubblica da freelance su varie testate italiane tra le quali Unimondo.org.

Canada: la rete per i diritti dei migranti mira a unire migranti e lavoratori

Pubblicato il 3 gennaio 2019
Di Zaid Noorsumar

Fonte : Rankandfile.ca

Trentacinque organizzazioni in tutto il Canada si sono coalizzate per formare la rete per i diritti dei migranti il 18 dicembre, la Giornata internazionale dei migranti. L’alleanza mira a lottare per i diritti dei migranti e combattere l’ondata crescente di razzismo nel paese.

Unifor, Migrant Centre Resource Center Canada e No One is Illegal sono tra i membri della coalizione, che è composta prevalentemente da gruppi per i diritti dei migranti e organizzazioni sindacali.

Una piattaforma antirazzista e “educazione popolare”
Syed Hussan, coordinatore della Migrant Network Alliance for Change, ha detto che la rete lancerà una piattaforma in vista delle elezioni federali del 2019 sui principi dell’anticapitalismo, dell’antirazzismo e della giustizia dei migranti.

“Daremo un messaggio chiaro, coerente, forte ai partiti politici che non permetteremo loro di manipolare ulteriormente e dividerli come un modo per ottenere voti”, ha detto Hussan, citando il tono sempre più nativista del partito conservatore e l’estrema destra

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F35 e TAP, la democrazia delle multinazionali

Fonte Sbilanciamoci 
Francesco Ciafaloni

17 luglio 2017 | Sezione: Alter, Italie, Società
Anche se ci illudiamo di essere un paese democratico tra paesi democratici subiamo gli effetti di decisioni importanti, prese non tanto da istituzioni politiche sovranazionali quanto da grandi aziende multinazionali

Anche se ci illudiamo di essere un paese democratico tra paesi democratici (in Occidente almeno), mentre polemizziamo e ci dividiamo su temi di bandiera, subiamo gli effetti di decisioni importanti, prese non tanto da istituzioni politiche sovranazionali, come l’Unione Europea, quanto da grandi aziende multinazionali. Di queste decisioni ci rendiamo conto solo quando sono già realizzate e ci colpiscono direttamente. Tra le aziende multinazionali che decidono per noi ce ne sono alcune, poche, della cui proprietà fanno parte anche capitalisti italiani o il governo italiano, come la Fca, già Fiat, o l’Eni e l’Enel, che sono state Enti nazionali, per gli idrocarburi e per l’energia elettrica, ma in cui il peso dello Stato italiano e dei lavoratori italiani è drasticamente diminuito. Le più importanti hanno il baricentro negli Stati Uniti o nelle potenze economiche, politiche e militari maggiori. La composizione della proprietà, però, cambia poco il modo di funzionare. Quando intorno ad un progetto si raccoglie una massa sufficiente di soldi e di potere, si avvia un processo di cooptazione, organizzazione, pubblicità – talora, ma non sempre, immagino, corruzione – che coinvolge l’opinione pubblica e trasforma una scelta arbitraria, talora dannosa, persino criminale in qualche sua parte, in una necessità oggettiva.

Due casi recenti di contestazioni in ritardo, considerate irrealistiche e provinciali (not in my backyard) dalla grande stampa, guardate un po’ da vicino, possono consentire di aggiungere qualche dettaglio alla considerazione generale.

F35. L’arma più costosa mai costruita

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CETA, no alla ratifica: protesta a Montecitorio con associazioni, sindacati e Regioni

FONTE PRESSENZA.COM

05.07.2017 Stop TTIP Italia

CETA, no alla ratifica: protesta a Montecitorio con associazioni, sindacati e Regioni

Migliaia di persone hanno manifestato stamattina in piazza Montecitorio per dire no alla ratifica del CETA, l’accordo di commerciale tra Unione Europea e Canada. Il sit in, organizzato da Coldiretti insieme alla campagna Stop TTIP Italia, Cgil, Arci, Adusbef, Movimento Consumatori, Legambiente, Greenpeace, Slow Food, Federconsumatori, Acli Terra e Fair Watch, ha visto la partecipazione di deputati e senatori di diversi schieramenti: da Articolo 1 a Sinistra Italiana, dal Movimento 5 Stelle a Fratelli d’Italia, Lega Nord, Gruppo Misto, Rifondazione Comunista e anche esponenti del Partito Democratico. Tutti critici verso un trattato che – denunciano le sigle organizzatrici della manifestazione – causerebbe danni sostanziali all’agricoltura italiana, alle produzioni di qualità, ridurrebbe i diritti del lavoro e aprirebbe all’importazione di sostanze chimiche vietate e combustibili inquinanti, minando conquiste sociali e standard ambientali.

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CETA: IN MORTE DI UNA DEMOCRAZIA

Gentiloni e Trudeau

di Coordinamento Nazionale del MovES

Mentre impazza la discussione sull’obbligatorietà dei vaccini (che caso…) in Consiglio dei Ministri stanno per decidere le nostre sorti in merito al famigerato trattato CETA.

Nel silenzio generale dei media, a brevissimo, il Parlamento deciderà di consegnarci definitivamente al nuovo strumento dell’imperialismo americano, (importato con la mediazione del Canada): quello dei trattati di partenariato, dove i nostri diritti che dovrebbero essere generali e pubblici soggiacciono completamente sotto la forza dell’interesse privato e, quindi, del profitto.

In sordina sta per compiersi uno dei peggiori scempi della nostra possibilità di autodeterminarci.

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