“La guerra Usa è fino all’ultimo ucraino”, dialogo tra Noam Chomsky e Bill Fletcher

Una sintesi del dialogo “Una risposta di sinistra all’invasione russa dell’Ucraina” fra l’intellettuale e attivista politico Noam Chomsky e l’attivista e scienziato politico Bill Fletcher jr. trasmessa su Real News Network.

Fletcher. Partiamo da tre assunti. Il primo: la Nato non è un’alleanza difensiva. Il secondo: alla dissoluzione del Patto di Varsavia sarebbe dovuta seguire la dissoluzione della Nato. Infine: l’espansione della Nato, in particolare durante le presidenze di Clinton e Bush jr, è stata un errore e una provocazione.

Chomsky. Penso siano punti di partenza corretti, e vorrei aggiungerne un altro. Qualunque sia la spiegazione dell’invasione russa – che è una questione cruciale – l’invasione in sé è un atto criminale di aggressione, un crimine internazionale di suprema gravità, paragonabile ad altre violazioni della legge internazionale e dei diritti umani come l’invasione statunitense in Iraq o a quella della Polonia da parte di Hitler. Ma c’è un background che risale ai primi anni Novanta, quando l’Urss collassa e il presidente Usa George Bush senior raggiunge un accordo con il presidente dell’Urss Michail Gorbaciov, un accordo ben definito. Gorbaciov acconsente all’unificazione delle due Germanie e all’ingresso del nuovo Stato nella Nato, che considerato il contesto è una concessione notevolissima, a una condizione che viene ufficializzata: che la Nato non si espanda a est nemmeno di un centimetro, Not one inch. Gli americani rispettano il patto fino al 1994, quando Bill Clinton, per ragioni di consenso interno, incoraggia Paesi come Polonia, Ungheria e Slovenia a entrare nell’Alleanza atlantica. Poi, con il pretesto di fermare le atrocità serbe in Kosovo, Clinton bombarda la Serbia senza nemmeno informare i russi che ne escono umiliati. George Bush jr. invita a entrare nella Nato praticamente tutti gli Stati satellite russi, nel 2008 anche l’Ucraina e qui interviene il veto di Francia e Germania, ma la proposta resta sul tavolo a Washington. Un approccio pericoloso e cinico, perché viola le red lines russe. Anche la rivoluzione arancione di Maidan del 2014 è istigata dagli Usa e porta quella che chiamiamo Nato, ovvero gli Stati Uniti, a integrare l’Ucraina sempre di più con l’invio di armi e addestramento. C’è un documento ufficiale firmato da Biden nel settembre 2021, ignorato dai media ma non dall’intelligence russa, in cui si finalizza lo Strategic Defence Framework con l’Ucraina, si parla di forniture militari e dell’Ucraina come Enhanced Opportunities Partner della Nato, cioè apre le porte all’ingresso di Kiev nell’Alleanza.

Fletcher. Ma invece di accusare la Nato, Putin giustifica l’invasione con toni nazionalistici ed espansionistici. Come funziona il suo regime?

Chomsky. Putin ha sempre dichiarato che la decisione di dissolvere l’Urss è stata tragica. Ma anche che chiunque pensi di ricostituire quell’impero è un pazzo. È ovvio che la Russia non ha la minima capacità di farlo: anche se ha un grosso esercito ed è una potenza nucleare, è una cleptocrazia in declino con una economia debole e della grandezza più o meno di quella italiana. Non può conquistare nessuno. L’Ucraina è sempre stato un caso a parte e su questo le richieste russe ufficiali del ministro degli Esteri Lavrov sono sempre state, oltre all’indipendenza del Donbass, la neutralità e la demilitarizzazione, cioè la rimozione delle armi che minacciano la sicurezza russa. Uno status simile a quello del Messico rispetto agli Stati Uniti, che di fatto non può aderire ad accordi militari con la Cina. La proposta Lavrov poteva funzionare? Non lo sapremo mai, perché non è stata presa in considerazione.

Fletcher. Eppure nel 1994 con il memorandum di Budapest, l’Ucraina rinuncia al suo arsenale nucleare in cambio della promessa russa di non aggressione, e non cerca di entrare nella Nato fino al 2014 quando la Russia annette la Crimea e supporta la secessione in Donbass. Sembra che Mosca non voglia garantire la propria sicurezza, ma rendere l’Ucraina uno Stato satellite.

Chomsky. Il Messico è uno Stato satellite degli Usa? Lo erano l’Austria o la Finlandia? No, erano neutrali, con l’obbligo di non aderire a una organizzazione militare ostile guidata dagli Usa che facesse esercitazioni sul loro territorio [come la Nato in Ucraina, ndr]. Una limitazione di sovranità? Sì, ma non limitava la vita di quei Paesi. Uno status che si sarebbe potuto ottenere per l’Ucraina se gli Usa lo avessero voluto.

Fletcher. Ha senso per Austria e Finlandia. Perché Kiev dovrebbe fidarsi di un accordo con la Russia dopo l’annessione della Crimea nel 2014?

Chomsky. L’Ucraina può non credere al fatto che la Russia rispetterebbe un accordo, così come non li rispettano gli Stati Uniti in tanti luoghi del mondo. In Ucraina, la Russia sta commettendo crimini da tribunale di Norimberga, ma gli Stati Uniti violano trattati internazionali con l’abuso della forza. La domanda è: se gli Usa avessero rispettato le red lines russe, come consigliato da esperti, alti consiglieri, diplomatici, anche Francia e Germania, e avessero lavorato per la neutralità dell’Ucraina, la Russia avrebbe invaso? Non lo sappiamo. Per citare uno di quegli esperti, l’ex ambasciatore Usa, Chas Freeman, gli Stati Uniti “hanno scelto di combattere fino all’ultimo ucraino”, ovvero di abbandonare ogni speranza di un accordo. Tutto questo si poteva provare a evitare e si potrebbe ancora. Quando Biden dice che Putin è un criminale di guerra e verrà processato, lo mette al muro: l’unica strada è il suicidio o l’escalation, anche nucleare.

Fletcher. Addossi tutta la responsabilità agli Usa, ma nella Nato ci sono anche Paesi come la Germania e la Francia contrari all’ingresso dell’Ucraina. E i proclami di Putin sulla necessità di denazificare l’Ucraina sono ridicoli. C’è qualcosa che mi sfugge…

Chomsky. Ti sfugge la realtà dei rapporti di potere internazionali, dove gli Stati Uniti hanno un potere spropositato. Lo sappiamo tutti, la Russia lo sa benissimo. Chi capisce qualcosa di politica internazionale sa che gli Stati Uniti sono un violento stato canaglia che fa quello che vuole. Se al Cremlino ci fosse un uomo di stato abile e lungimirante, avrebbe cercato un compromesso con Germania e Francia, avrebbe provato ad aderire a qualche forma di casa comune europea come la immaginava Gorbaciov. Ma Putin e il suo entourage non hanno questa visione e capacità di leadership e hanno preso le armi, come fanno sempre le grandi potenze, inclusi gli Stati Uniti. Ed è una decisione criminale, che danneggia la Russia. Putin ha porto agli Stati Uniti sul piatto d’oro il più grande regalo immaginabile: potenze come Germania e Francia ora sono del tutto assoggettate agli Stati Uniti.

Milagro Sala: le organizzazioni sociali chiedono la liberazione

FONTE PRESSENZA.COM 

Organizzazioni politiche e sociali, sindacati e organizzazioni per i diritti umani si sono mobilitate nel centro di Buenos Aires, fino a Plaza Lavalle, per chiedere alla Corte Suprema di Giustizia di rilasciare Milagro Sala, leader sociale del gruppo Túpac Amaru, cinque anni dopo il suo arresto a Jujuy.

Milagro Sala è da cinque anni o in carcere o agli arresti domiciliari per una serie di accuse montate ad arte dal governatore di Jujuy Morales, suo nemico politico da sempre, portate avanti da giudici nominati dal governatore stesso al suo insediamento. Le cause in corso hanno avuto risultati controversi e hanno prodotto la paralisi di buona parte delle attività di Tupac Amaru in una delle regioni più povere del paese, dove l’organizzazione presieduta da Milagor Sala aveva realizzato, oltre alle case popolari per cui aveva ricevuto finanziamento, ospedali, scuole, ambulatori medici, parchi giochi e parchi acquatici per i bambini, in un rivoluzionario modello di riscatto sociale dei popoli originari e della gente poveraed emarginata.

“È proprio la Corte che deve risolvere l’apertura dei fascicoli e i ricorsi in appello che abbiamo presentato”, ha spiegato il coordinatore nazionale del Túpac Amaru, Alejandro Garfagnini “La Corte deve pronunciarsi sulla nullità delle cause”, ha detto chiarendo il motivo per cui ci si è rivolti alla Corte Suprema di Giustizia.

Anche a Jujuy una manifestazione analoga si è svolta con grande partecipazione popolare e si è conclusa con il discorso di Raúl Noro, compagno di Milagro Sala.

Brasile, Bolsonaro esclude il 50% degli indigeni dalle vaccinazioni anti-Covid

 

Fonte Pressenza,com

Il leader indigeno Dinaman Tuxá denuncia che il governo di ultradestra di Bolsonaro ha escluso dalla vaccinazione gli indigeni che vivono nei centri urbani.

Il coordinatore esecutivo dell’Articolazione dei Popoli Indigeni del Brasile (APIB), Dinaman Tuxá, ha infatti dichiarato alla stampa locale che l’esecutivo intende escludere dalla vaccinazione contro il Covid-19 coloro che vivono in condizioni precarie, in abitazioni di fortuna o senza fissa dimora nelle aree urbane.

Secondo Tuxá, le autorità hanno in programma di vaccinare contro il Covid-19 solo gli indigeni che vivono nei villaggi ed ha ricordato che l’ultimo censimento della popolazione effettuato in Brasile (2010) ha mostrato che a quel tempo le popolazioni originarie raggiungevano le 890.000 persone.

Citando i numeri del governo, Tuxá ha ricordato che il piano generale di vaccinazione contro il Covid-19 presentato lo scorso dicembre dal ministro della Salute, generale Eduardo Pazuello, prevede l’immunizzazione solo di 410.000 di loro, meno della metà: “Che fine faranno gli altri?”

Secondo il giovane leader del popolo indigeno le misure che l’Esecutivo ha preso nel contesto della pandemia già hanno accresciuto la violenta usurpazione delle loro terre e l’inquinamento, a ciò si aggiunge ora che cercano di escludere più di 500.000 indigeni dalla immunizzazione.

Uno studio sierologico condotto dall’Università Federale di Pelotas (stato del Rio Grande do Sul) nel luglio 2020, ha messo in guardia sulla maggiore probabilità di contaminazione del coronavirus SARS-COV-2 tra le popolazioni indigene che vivono nelle città.

Secondo la ricerca, hanno il 6,4% di probabilità in più di essere infettati rispetto alla popolazione bianca, a causa della mancanza di accesso agli alloggi e ai servizi sanitari di base, all’acqua pulita e alle fognature.

 

Fonte: https://www.telesurtv.net/news/indigenas-brasilenos-alertan-excluidos-vacunacion-20210107-0026.html

Foto: https://twitter.com/Survival/status/1194967956909936640/photo/3

BRASILE: RAZZISMO E SFRUTTAMENTO NELLA GRANDE DISTRIBUZIONE

Ringraziamo la Fonte : la bottega del barbieri 

Lo scorso 21 novembre ha fatto scalpore l’uccisione di João Alberto Silveira de Freitas ad opera di uomini della sicurezza privata di Carrefour e della polizia militare a Porto Alegre. Nel più grande paese dell’America latina sono molte le multinazionali della grande distribuzione, degli alimenti, delle bibite e della moda ad essere responsabili di episodi simili.

di David Lifodi

Lo scorso 21 novembre hanno fatto il giro del mondo le immagini delle videocamere di sicurezza di Carrefour che hanno ripreso un uomo del servizio di vigilanza mentre picchiavano, fino ad uccidere, João Alberto Silveira de Freitas, insieme a membri della polizia militare. Il fatto è accaduto in Brasile, a Porto Alegre, a seguito di una presunta lite tra l’uomo e un commesso del supermercato.

L’episodio ha fatto scalpore per tre motivi.

In primo luogo perché situazioni di questo tipo si ripetono spesso nelle favelas e nei quartieri più poveri delle grandi città brasiliane. Gli ultimi dati evidenziano che ogni 23 minuti, in Brasile, viene uccisa una persona di colore.

In secondo luogo, ha sottolineato il giornalista Eric Nepomuceno nel suo articolo Ser negro sul quotidiano argentino Página/12, in Brasile non è la prima volta che Carrefour è coinvolta in casi del genere.

Infine, in terza istanza, la stessa Carrefour, insieme alle altre due grandi catene della grande distribuzione tra le più diffuse in Brasile, Pão de Açúcar e Big-Walmart, vendono frutta raccolta sfruttando i lavoratori più poveri del paese, secondo quanto ha denunciato Oxfam Brasil, evidenziando condizioni di lavoro molto vicine alla schiavitù e particolarmente pericolose soprattutto per via delle sostanze agrotossiche presenti nei campi di raccolta.

Marques Casara, sul quotidiano on line Brasil de Fato, nell’articolo Racismo y muerte en Carrefour son la punta de iceberg que involucra multinacionales ha ripercorso i molteplici episodi di razzismo di cui si sono resi colpevoli i grandi marchi della grande distribuzione organizzata e non solo in Brasile, a partire proprio da Carrefour. Nel 2009 due dipendenti della catena francese, nella città di Osasco (stato di San Paolo), picchiarono un nero, Januário Alves de Santana, pensando che stesse cercando di rubare un’automobile, rivelatasi poi essere di proprietà dello stesso Januário.

E ancora, il 14 agosto 2020, a Recife, sempre in un supermercato Carrefour, la morte di uomo di colore che lavorava per una ditta a cui lo stesso marchio aveva appaltato alcuni lavori fu nascosta dietro una lunga fila di ombrelli aperti affinché il negozio potesse continuare a rimanere aperto.

Se nella sede principale di Carrefour, quella francese, il razzismo non è tollerato, perché in Brasile avviene il contrario? A chiederselo è proprio Marques Casara, giornalista specializzato nell’analizzare l’attenzione dei grandi marchi globali per il rispetto dell’ambiente, dei diritti umani e della sicurezza nei luoghi di lavoro.

Tuttavia, Carrefour non è certo l’unica ad essere responsabile di episodi di questo tipo. L’utilizzo di lavoro schiavo e lavoro minorile, l’invasione di territori indigeni, la violazione dei diritti sindacali e la diffusione degli agrotossici accomunano tutte le grandi transnazionali presenti in Brasile, da Nestlé a Coca Cola, solo per citare alcuni dei marchi più noti.

È per questo che lo scorso 23 novembre, quando l’afrodiscendente João Alberto Silveira de Freitas, un saldatore di 40 anni, è stato ucciso da uomini della vigilanza privata di Carrefour e della polizia militare, centinaia di persone si sono radunate di fronte al supermercato di Porto Alegre per protestare al grido di “Vidas negras importam” e manifestazioni simili sono avvenute anche a Rio de Janeiro e San Paolo, ma il governo, come facilmente immaginabile, ha fatto di tutto per ridimensionare l’episodio e farlo passare sotto silenzio.

João Alberto Silveira de Freitas, bloccato da uno degli uomini della sicurezza, è stato picchiato per circa cinque minuti prima di essere immobilizzato e morire asfissiato.

Da parte sua Carrefour Brasile ha fatto sapere, tramite un comunicato, che si adopererà da ora in poi per combattere i pregiudizi e il razzismo strutturale presente nel paese e il direttore generale Alexandre Bompard, su twitter, ha definito quanto accaduto “un atto orribile” e le immagini delle videocamere di sorveglianza come “insopportabili”.

Spetta alla società civile e in particolare ai consumatori, scegliere cosa comprare e dove, ma gran parte dei grandi marchi, dalla grande distribuzione organizzata agli alimenti, dalla moda alle bibite, difficilmente deciderà di operare in maniera trasparente, equa e rispettando I diritti dei propri dipendenti e delle comunità su cui va ad impattare se l’opinione pubblica non chiamerà a fare “massa critica”.

Regionali, interviene la Chiesa: “Scelta europeista, No a sovranismi e populismi in Emilia-Romagna”

 

I vescovi della regione si schierano con un documento ufficiale: i politici difendano la Costituzione, basta offese e falsità.

BOLOGNA – In Emilia-Romagna “non possiamo tollerare” che si ceda il passo a “sovranismi e populismi”. E’ questo il monito lanciato in vista delle prossime elezioni regionali dalla Chiesa dell’Emilia-Romagna, attraverso l’Osservatorio regionale sulle tematiche politico-sociali intitolato a Giovanni Bersani, nato nei mesi scorsi per volontà dei vescovi della conferenza episcopale regionale.

L’ARTICOLO PROSEGUE ALLA FONTE SU REPUBBLICA BOLOGNA

Movimenti neonazisti e suprematisti negli USA. Il Centro SPLC ne fa il monitoraggio e li combatte

Il Southern Poverty Law Center monitora gruppi di odio e altri estremisti negli Stati Uniti ed espone le loro attività alle forze dell’ordine, ai media e al pubblico.

I movimenti organizzati suprematisti e neo nazi negli USA sono numerosi e pericolosi. La documentazione su questi movimenti è ampia. Tra le fonti disponibili segnaliamo il sito del Centro ” THE SOUTHERN POVERTY LAW CENTER .
L’SPLC è dedicato alla lotta contro l’odio e il bigottismo e alla ricerca della giustizia per i membri più vulnerabili della nostra società. Usando contenzioso, educazione e altre forme di patrocinio, l’SPLC lavora verso il giorno in cui gli ideali di pari giustizia e pari opportunità saranno una realtà.
Il Centro svolge azione di monitoraggio e di contrasto legale ai gruppi di odio suprematisti, neo nazisti.Attualmente gli operatori del SPLC stanno monitorando più di 1.600 gruppi estremisti che operano in tutto il paese. Pubblicano rapporti investigativi, formano le forze dell’ordine e condividono le informazioni chiave e offrono analisi di esperti ai media e al pubblico.L’elenco dei movimenti monitorati negli USA è impressionante.

THE SOUTHERN POVERTY LAW CENTER

Sconvolgente e violentissimo razzismo su VKontakte, socialnetwork russo.

 

Segnaliamo questo articolo apparso su Patria Indipendente, Rivista dell’Anpi   che denuncia la  nascita e la crescita di piccoli gruppi di nazifascisti italiani che utilizzano il socialnetwork russo VKontakte  per diffondere propaganda razzista  e anti ebraica.

 

Gruppo di lavoro Patria su neofascismo e web

Sul socialnetwork russo i deliri criminali di organizzazioni naziste anche italiane come Ordine Ario Romano, i cui membri sono indagati nel nostro Paese. Un florilegio delle mostruose immagini pubblicate su VKontakte

In questo articolo vengono proposte, a scopo illustrativo, testi ed immagini della propaganda nazista e fascista, italiana ed internazionale. Nonostante abbiamo escluso tutto il materiale a carattere sessuale o con immagini di cadaveri o rappresentazioni di efferatezze, quelli che seguono rimangono contenuti non adatti a tutte le sensibilità.

Leggi l’articolo su Patria Indipendente Rivista dell’ANPI

Marwa Mahmoud, la giovane Presidente che non piace alla Lega di Reggio Emilia

FONTE ARTICOLO21 CHE RINGRAZIAMO 

Lei si chiama Marwa Mahmoud ed stata nominata presidente della Commissione “Diritti Umani” del Comune di Reggio Emilia ma ancora prima che l’organismo consiliare cominciasse i lavori è partita un’insolita nota di censura firmata da tutti i gruppi di opposizione e in cui il primo firmatario è il capogruppo della Lega, Matteo Melato. Cosa è accaduto di così grave da portare alla censura formale? Sostengono le opposizioni che la Presidente ha avviato incontri istituzionali senza passare prima dalla Commissione e che abbia votato una mozione del Pd (passata a maggioranza) su percorsi di pace in Bosnia mentre ha espresso voto contrario ad un’altra mozione, delle minoranze, sulla cancellazione di una strada intitolata a Tito. Ciò, secondo la richiesta di censura depositata dalla Lega, inficia l’indipendenza e l’imparzialità che devono, invece, caratterizzare il ruolo dei Presidenti delle Commissioni e in specie di questa Commissione che si occupa di temi delicati afferenti, appunto, i diritti umani.

Ma stanno davvero così le cose, oppure siamo davanti all’ennesima azione di razzismo più o meno strisciante, posto che la Mahmoud è egiziana, seppur cresciuta a Massenzatico? E’ inevitabile in un momento come quello che si sta vivendo in Italia porsi questo tipo di domande, tanto più che si sta parlando di una giovane donna impegnata sul fronte dei diritti civili degli immigrati e sull’integrazione culturale della seconda generazione di stranieri presenti in Italia. E poi è una donna, che lavora nel mondo della comunicazione. Non sarà questo, per caso, il suo vero “difetto”? Marwa Mahmoud è stata anche responsabile progetti di educazione interculturale del Centro Culturale Mondoinsieme di Reggio Emilia. Nata ad Alessandria d’Egitto, è arrivata in Italia da bambina insieme ai genitori, è laureata in Lingue e Letterature Straniere, collabora con il Centro Culturale Mondinsieme dal 2004, inizialmente come educatrice e redattrice di progetti giornalistici.

Fa inoltre parte del direttivo del Coordinamento Nazionale delle Nuove Generazioni Italiane e del consiglio nazionale dell’Istituto Cervi di Gattico. Scrive su Piattaforma Infanzia e ha lavorato per la Gazzetta di Reggio. Un curriculum che era sembrato più che sufficiente per affidarle la delicata commissione sui diritti umani. Invece è bastato un voto espresso liberamente, come spetta a qualunque esponente politico, per mettere in discussione proprio lei, la giovane Presidente sgradita alla Lega.

Il video dei militanti della Lega che insultano Gad Lerner a Pontida

Decine di militanti del partito di Matteo Salvini gli hanno urlato di tutto, e il servizio di sicurezza l’ha dovuto scortare al sicuro

Il giornalista Gad Lerner è stato pesantemente insultato da decine di militanti della Lega durante l’annuale raduno del partito in programma oggi a Pontida, in provincia di Bergamo. Secondo la testimonianza del giornalista di Repubblica Matteo Pucciarelli, Lerner è stato «ricoperto di insulti, grida e improperi» e successivamente «accerchiato» da alcuni militanti. Gli addetti alla sicurezza della Lega lo hanno poi dovuto scortare fino all’area riservata ai giornalisti, aggiunge Pucciarelli.

il video

Per leggere l’articolo completo vai alla fonte ILPOST.IT

Attenti al decreto sicurezza bis Salvini e Di Maio uniti nella lotta vogliono demolire lo stato di diritto

Articolo di Nadia Urbinati

Pubblicato su Strisciarossa.it

 

L’Enciclopedia Treccani ci dà questa definizione di “stato di diritto”:
“Forma di Stato di matrice liberale, in cui viene perseguito il fine di controllare e limitare il potere statuale attraverso la posizione di norme giuridiche generali e astratte. L’esercizio arbitrario del potere viene contrastato con una progressiva regolazione dell’organizzazione e del funzionamento dei pubblici poteri, che ha come scopo sia la «diffusione» sia la «differenziazione» del potere, rispettivamente, attraverso istituti normativi (unicità e individualità del soggetto giuridico; eguaglianza giuridica dei soggetti individuali; certezza del diritto; riconoscimento costituzionale dei diritti soggettivi) e modalità istituzionali (delimitazione dell’ambito di esercizio del potere politico e di applicazione del diritto; separazione tra istituzioni legislative e amministrative; primato del potere legislativo, principio di legalità e riserva di legislazione; subordinazione del potere legislativo al rispetto dei diritti soggettivi costituzionalmente definiti; autonomia del potere giudiziario), comunemente considerati come parti integranti della nozione di Stato di diritto”. (Leggi quiApre in una nuova finestra la definizione completa)

Chi governa sta sotto la legge e non sopra

Nei paesi anglosassoni l’espressione è forse meglio resa: lo stato di diritto si chiama “the rule of law” – è la legge che governa; i governanti stanno “sotto” non sopra la legge e non la deturpano a loro piacere o secondo le loro convenienze di partito, di maggioranza o di audience. Il governo Lega-5stelle è parzialmente fuori dello stato di diritto, in violazione del governo della legge. Lo è non tanto per le esternazioni e i comportamente dei ministri – la dimensione della pubblicità li fa essere burattini e burattinai di un circo equestre: al mare a fare bacetti con la fidanzata o in spaggia a torso nudo genuflessi ad adorare la venere sotto un bichini (Salvini ama mostrarsi a torso nudo come Mussolini). Ma non è questa la dimensione da considerare quando vogliamo vedere in atto la violazione dello stato di diritto.

Verso uno stato di polizia

Andiamo al DL sicurezza bisApre in una nuova finestra su immigrazione e ordine pubblico, una falcata poderosa verso uno stato di polizia, che assegna al ministero degli Interni un ruolo preponderante nel decidere sulle libertà di tutti, cittadini e non. Il decreto prevede un’ulteriore criminalizzazione del soccorso in mare, la riforma del codice penale, maggiori finanziamenti per i rimpatri e l’estensione dei poteri delle forze di polizia. Litigiosi su quasi tutto, il MoVimento e la Lega si sono trovati in amorevole accordo su questo decreto proto-autoritario, che prevede multe per ogni persona soccorsa in mare e la sospensione o revoca della licenza di nagivazione, che toglie al ministero delle Infrastrutture tutte le pertinente della navigazione assegnando all’Interno il potere di vietare o limitare il transito o la sosta nelle acque territoriali per motivi di ordine pubblico.

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L’appello dell’armatore di Mediterranea ai pescatori: “Diamo un segnale forte contro il decreto Sicurezza”

 

FONTE AGENZIA  DIRE.IT  CHE RINGRAZIAMO 

“Vorrei da armatore fare un appello alle associazioni come Confitarma e Assarmatori, alle cooperative di pesca, a coloro che lavorano in mare”, dice Metz

ROMA – “Come armatore del veliero Alex mi è stata notificata la sanzione amministrativa perché ha soccorso persone. È uno degli aspetti più odiosi del nuovo decreto sicurezza, perché ha come obiettivo chiaro quello di mandare un messaggio ai naviganti: se trovate qualcuno in mare, lasciatelo morire. Non salvatelo. Ed è un messaggio che non serve alle Ong”. Lo afferma Alessandro Metz, armatore sociale di Mediterranea Saving Humans.

“È ovvio infatti – prosegue- che per chi opera a difesa dei diritti umani e del diritto internazionale, non sarà una multa, per quanto salatissima, a far indietreggiare: se una vita vale qualcosa, è certamente di più di qualsiasi somma di denaro. Il messaggio è invece per quelli che in mare ci lavorano, ci vivono, per gli armatori di compagnie di navigazione, per capitani di pescherecci, per la gente di mare. Quella straordinaria gente che ha salvato, in questi anni, decine di migliaia di vite senza riflettori puntati, e solo perché chi va in mare sa cos’è il mare. Sa come ci si comporta in mare, sa che ci si deve aiutare uno con l’altro”, conclude.

“Vorrei da armatore fare un appello alle associazioni come ConfitarmaAssarmatori, alle cooperative di pesca, a coloro che lavorano in mare: bisogna dare un segnale forte contro questa norma, che mette in pericolo tutte le vite in mare, non solo quelle dei migranti. Se passa il messaggio che in mare bisogna voltarsi dall’altra parte, – conclude Metz – può toccare a ognuno di noi la prossima volta, di chiedere aiuto e di non essere ascoltati.”

Vigili del fuoco inglesi si uniscono contro l’estrema destra

FONTE FBU.ORG.UK

 

I  pompieri sono orgogliosi di schierarsi con organizzazioni antirazziste e si oppongono alla retorica tossica dei leader di estrema destra, scrive Ben Selby.

I vigili del fuoco sono impegnati in una società culturalmente diversificata e tollerante e sono turbati dalla sfida che affrontiamo nel diritto razzista e fascista nel Regno Unito. Domenica 9 dicembre, l’Unione dei vigili del fuoco si è tenuta spalla a spalla con organizzazioni come “Stand up to Racism”, “Jewish Socialist Group” e “Muslim Association of Britain” in una manifestazione a Londra contro il razzista, di estrema destra capi.

L’evento è stato una contro-dimostrazione contro la cosiddetta marcia “tradimento Brexit” con il controverso attivista di estrema destra Stephen Yaxley-Lennon (Tommy Robinson), che ha visto i membri della English Defence League e UKIP scendere in piazza per protestare contro Theresa L’affare Brexit di maggio. Questa protesta, insieme ad altre grandi mobilitazioni per le strade di Londra, Leeds e Manchester all’inizio di quest’anno, mette in evidenza l’ascesa della retorica che divide e l’estrema destra in Gran Bretagna.

I vigili del fuoco rispettano le diverse culture e religioni e combatteranno per garantire che il linguaggio problematico dei leader di estrema destra sia confutato. L’attuale leader dell’UKIP, Gerard Batten, ha precedentemente descritto l’Islam come un “culto della morte”, una religione di cui molti vigili del fuoco condividono. Stephen Yaxley-Lennon ha pubblicato un video che tentava di fare da capro espiatorio alle vittime di Grenfell; incolpare gli immigrati per il fuoco e sostenere che i sopravvissuti, i lavoratori che hanno perso tutto, non hanno il diritto di essere re-homed. Questo è l’atteggiamento derisorio e detestabile che questi leader di estrema destra hanno nei confronti delle minoranze.

Anche se la polizia non ha fornito una stima delle dimensioni della folla, i partecipanti alla contro-dimostrazione hanno affermato di essere “ampiamente” in minoranza rispetto alla “Brexit tradimento” di “quasi cinque a uno”. Ciò dimostra che sebbene i leader di estrema destra possano aver aumentato il loro seguito, sono in minoranza rispetto a coloro che rappresentano l’uguaglianza e una società tollerante. I vigili del fuoco continueranno a schierarsi con organizzazioni antirazziste per dimostrare che non sosterremo il discorso di odio dell’estrema destra e i loro tentativi di dividere la nostra società.

Soccorsi nel Mediterraneo, l’appello di Unhcr e l’ennesimo schiaffo di Salvini

FONTE ARTICOLO21

 

Nonostante il freddo intenso dell’inverno, il rischio per le condizioni del mare e I continui naufragi dall’inizio dell’anno 4.507 persone hanno già attraversato il Mediterraneo per raggiungere l’Europa. Di chi non è sopravvissuto si sa poco o nulla, tranne che, come nel caso del gommone con a bordo 200 persone, sprofondato al largo della Libia, non ci sia la testimonianza di chi è scampato alla morte.
L’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati, che segue con crescente apprensione la situazione dei flussi migratori provenienti dalle coste libiche, lancia un appello dopo gli ultimi eventi dei giorni scorsi e i numerosi ‘incidenti’ legati a operazioni di soccorso, come quello del mercantile che ha ricondotto in Libia persone soccorse in mare e l’incapacità, o meglio la mancanza di volontà, delle Guardia Costiera libica di garanti interventi nell’area di ricerca e di soccorso (SAR) di propria competenza.

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L’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione lancia questo appello

 

Pubblichiamo per favorirne la massima diffusione questo appello dell’Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione (ASGI) che condividiamo . Editor 


L’APPELLO

” Lanciamo un appello di impegno civile a difesa della legalità a fronte di una politica senza più legge”

 

Il nuovo anno si apre con 32 persone che, ancora una volta, attendono da molti giorni (tredici, alla data di oggi) di poter sbarcare in un porto sicuro. Al caso della Sea Watch 3 si aggiunge quello della Sea Eye, con 17 persone raccolte lo scorso 29 dicembre.

Da giuristi non possiamo quindi che denunciare, ancora una volta, l’illegittimità di quanto sta, nuovamente, accadendo nel Mediterraneo: il diritto di sbarco in un porto sicuro viene posto in discussione in ogni singolo episodio di salvataggio, senza considerazione alcuna per le norme.
Sono solo gli ultimi casi di uno stillicidio ormai costante in spregio del diritto e fuori da ogni inesistente “invasione”, ammontando gli sbarchi nel 2018 a poco più di 20.000.

Come associazione ribadiamo che:

– il diritto internazionale del mare (Convenzione Sar sulla ricerca e il soccorso in mare ratificata dall’Italia nel 1989; Convenzione Solas sulla salvaguardia della vita umana in mare ratificata dall’Italia nel 1980 e la Convenzione delle Nazioni unite sul diritto del mare, ratificata nel 1994, tra le altre) prevede chegli Stati e, quindi, anche le autorità italiane, abbiano l’obbligo di adottare tutte le misure necessarie a che tutte le persone soccorse possano sbarcare nel più breve tempo possibile in un luogo sicuro;

– il rifiuto di consentire lo sbarco, in particolare a persone vulnerabili (donne e bambini, anche piccolissimi) sfuggite a torture e violenze, che oggi si trovano in permanenza prolungata su una nave in condizioni di sovraffollamento e di promiscuità e con bisogno di accesso a cure mediche e a generi di prima necessità viola inoltre le norme a tutela dei diritti umani fondamentali e sulla protezione dei rifugiati, in particolare l’art.2 (diritto alla vita) e l’art.3 (divieto di trattamenti inumani e degradanti) della Convenzione europea per i diritti dell’Uomo, oltre che il principio di non refoulement e il diritto di accedere alla procedura di asilo sanciti dalla Convenzione di Ginevra, dal diritto comunitario e dall’art.10 c.3 della Costituzione italiana.

Ci riserviamo di supportare e promuovere ogni azione giudiziaria nelle sedi competenti per ingiungere il rispetto del diritto e sanzionare le violazioni in essere e l’indebita strumentalizzazione della situazione di persone vulnerabili al fine di porre in discussione le regole di ripartizione dei richiedenti asilo nell’Unione Europea al di fuori delle sedi proprie.

Pertanto come associazione invitiamo tutti i soggetti istituzionali, al di là della loro competenza, a far sentire la loro voce anche con atti di impegno civile a favore di coloro che sono ostaggio di una politica senza più legge.

 


Per adesioni all’appello, che proponiamo alla sottoscrizione di enti, associazioni e persone interessate, contattare info@asgi.it


 

 

Nave Diciotti. “Stanno tutti bene”, ma quale tortura, ma quale sequestro, quale ricatto…

FONTE ARTICOLO21.ORG

La cosa più disarmante di tutta la vicenda della nave Diciotti è stato il quotidiano tentativo di rassicurare tutti sulle condizioni dei migranti costretti a restare a bordo. “Stanno tutti bene” ci hanno ripetuto ogni giorno, come in un ossessivo bollettino medico che pretendeva di mostrare l’umanità di chi impediva a quelle persone di scendere dalla nave. “Stanno tutti bene” ci hanno detto ogni giorno, fino all’ultimo giorno, anche dopo che lo sbarco, finalmente, è stato ultimato. Ce lo hanno detto imbarazzati parlamentari cinque stelle, ce lo ha ripetuto il ministro della paura, lo hanno recitato come un mantra i seguaci della linea “pugnodiferro” del ministro papà.

A vicenda conclusa, il Presidente del Consiglio ha scritto, tra l’altro, che: “abbiamo prestato loro continua assistenza sanitaria e fornito tutto il vitto necessario”. Ma a che serve questa nuova, paradossale versione di “buonismo” che dichiara di voler preservare il benessere di quegli uomini, donne e bambini seppure usati come ostaggi e lasciati per giorni sul ponte della nave della Guardia Costiera?

Le parole hanno sempre un senso. I messaggi che le parole rimandano contengono la sintesi di una progettualità politica, la stessa che il ministro della paura poco tempo fa chiamava “la retorica della tortura” e in un filmato, autoprodotto senza alcuna mediazione giornalistica, mostrava il modello “innocuo” di un centro di detenzione in Libia. La stessa logica che ha spinto il ministro della paura a chiamare “illegali” quei naufraghi a bordo del pattugliatore Diciotti, che, ad onor del vero, se gli fosse stato consentito chiedere asilo, avremmo scoperto che ne avevano formalmente diritto. Non esiste un migrante “illegale”, neanche se entra in modo irregolare in Italia può essere definito “illegale”. E in questo specifico caso, ovvero eritrei e somali, sono rifugiati, in fuga da una dittatura sanguinaria, dalla guerra, rifugiati altro che “illegali”.

“Stanno tutti bene”, ma quale tortura, ma quale sequestro, quale ricatto. Si ripete come un mantra quel messaggio rassicurante per negare l’evidenza, ed è maledettamente simile nel significato a quelle rassicuranti fotografie di altri sequestri quelle con il quotidiano del giorno che mostrava l’esistenza in vita del sequestrato e ribadiva la necessità di pagare il riscatto, ottenere il risultato. Un ricatto, certo, un ricatto all’Europa. È stato scritto con grande evidenza in questi giorni, un ricatto perpetrato dalle istituzioni che hanno dimenticato di aver giurato sulla costituzione.

Le parole hanno sempre un senso. Il vicepremier Di Maio dice che quelle del ministro della paura sono scelte politiche condivise da tutto il governo e non sono in contraddizione con il “contratto di governo”. La politica viene prima del diritto, dunque, prima della costituzione? Dice in tv Giulia Bongiorno, ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione: “se c’è una limitazione della libertà che in astratto può sembrare un sequestro, se viene posta in essere per adempiere un dovere, è come si scriminasse il reato. Il ministro Salvini in questo momento sta adempiendo al suo dovere di Ministro, e lo sta esercitando con delle scelte politiche, che possono non essere condivise, ma sono scelte di un ministro”.

Il professore ordinario di diritto costituzionale Roberto Bin le risponde che questo pensiero è fascismo: “Lo avrebbe potuto esprimere qualche tirapiedi di Mussolini, non già un ministro della Repubblica italiana, che ha giurato fedeltà alla Costituzione nelle mani del Presidente della Repubblica. Perché la Costituzione è stata scritta proprio per questo, per mettere un argine al potere politico, imbrigliarlo in regole, procedure e limiti che servono a proteggere i nostri diritti e le nostre libertà. Il ministro che compie le sue scelte lo può e lo deve fare nell’ambito della Costituzione e delle leggi dello Stato. “In astratto può sembrare un sequestro di persona”: è un’affermazione gravissima, tanto più in bocca a un ministro e tanto più se il ministro è una donna di legge che, si deve ritenere, non parla a vanvera.”

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Trenord, lettera aperta della madre di Raffaele Ariano al presidente della Repubblica. La solidarietà di Articolo 21

Fonte Articolo 21

Trenord, lettera aperta della madre di Raffaele Ariano al presidente della Repubblica. La solidarietà di Articolo 21
(Foto di Wikipedia)

Riceviamo e pubblichiamo la lettera aperta al presidente della Repubblica Sergio Mattarella di Annamaria Abbate, mamma di Raffaele Ariano, il viaggiatore di Trenord che ha segnalato un atto di razzismo da parte di un membro dell’equipaggio che aveva diffuso un messaggio contro coloro che definiva ‘zingari’, attraverso gli altoparlanti al del treno.
Alla signora Abbate e a suo figlio Raffaele rivolgiamo tutta la nostra solidarietà e garantismo tutto il nostro supporto,

Caro Presidente,
sono la madre di Raffaele Ariano, 32enne, assegnista di ricerca in una Facoltà di Filosofia. È un privato cittadino: non un politico, non un opinionista, non una figura pubblica. Come comune cittadino ha segnalato un’azione scorretta di un capotreno, un pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni. Per farlo ha scritto con toni pacati e rispettosi un post sul suo profilo Facebook e una lettera a un giornale locale.
Nei giorni successivi, sulla pagina Facebook Ufficiale “Lega – Salvini Premier”, è comparso un post che indicava in Raffaele il responsabile del possibile licenziamento della capotreno (licenziamento mai auspicato da mio figlio e di cui non è comparsa mai menzione nei comunicati di Trenord), con tanto di fotografia, nome e cognome e un link diretto alla sua pagina Facebook con la seguente frase: “State con la capotreno o con il denunciatore, Raffaele Ariano?”.
A partire dal post di “Lega – Salvini Premier” è seguito un vero e proprio linciaggio mediatico da parte di sostenitori della Lega e di gruppi neo-fascisti come CasaPound e Forza nuova, contenenti ingiurie e minacce all’incolumità fisica di mio figlio e della nostra famiglia. Per pudore e rispetto mi astengo dal riportar queste frasi, ma come si può evincere dal materiale documentale consegnato alla polizia, vi sono stati scandagliati i più bui recessi della barbarie umana e civile: epiteti razzisti, omofobi e misogini, diffamazioni sulla sua professionalità, centinaia di minacce di violenza fisica, con tanto di pubblicazione del nostro indirizzo di casa e promesse di incursioni punitive.

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Bruno Giorgini: Scomunichiamo Salvini

FONTE INCHIESTAONLINE

L’anatema di Famiglia Cristiana è senza appello: Vade retro Salvini. Nel nome del Vangelo. E un religioso del peso di Matteo Maria Zuppi, cappellano del Papa nonchè arcivescovo di Bologna, scrive sull’Avvenire “Amate dunque il forestiero, perchè anche voi foste forestieri nella terra d’Egitto (..)Da una parte silenzi sulle cause lontane e vicine (delle migrazioni, ndr) e dall’altra parole di fatto violente nelle espressioni di sostanziale disprezzo. L’Italia ha un patrimonio di umanesimo che non deve mai essere messo in discussione”.

Dunque la Chiesa scende in campo per “accogliere, promuovere, proteggere e integrare”, individuando in Salvini l’artefice e il propagatore di pratiche – come la chiusura dei porti esplicitamente citata – che violano la pietas cristiana nonchè i diritti umani, per di più usando termini di “una volgarità inaudita”, quando dice per esempio che “la pacchia è finita”. I vescovi avvertono il Ministro dell’Interno che “Non si può brandire il Vangelo o il rosario per giustificare i nostri atti politici”. Non risparmiando i numeri della strage. Se Salvini twitta “Meno persone partono, meno morti ci saranno. Io lavoro per questo”, Famiglia Cristiana scrive: “dall’inizio dell’anno allo scorso 18 Luglio l’Organizzazione mondiale per le migrazioni ha contato 1490 decessi su un totale di 51782 persone giunte in Europa via mare. Quasi un punto percentuale in più dei morti rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.” Mentre le critiche dell’Avvenire, giornale dei vescovi, contro Salvini non si contano, spesso smascherando le sue menzogne.

Per esempio quando in visita alla baraccopoli ghetto di San Ferdinando commenta: “questo è il risultato di anni di immigrazione incontrollata, alla Renzi, alla Mare Nostrum che hanno portato a questa giungla” e uno s’immagina folle di immigrati senza permesso di soggiorno, “i clandestini” parola tesa a indicare secondo la legge Bossi Fini una delinquenza. Ma non si tratta di “clandestini” e/o irregolari, bensì di lavoratori immigrati col permesso di soggiorno tenuti in condizioni di sfruttamento estremo e di vita indegna dal sistema dei caporali e dei padroni, tutti bravi italiani, ci mancherebbe. Di fronte a queste persone il nostro senza pudore alcuno ha aggiunto: “siccome ci sono 5 milioni di italiani in povertà, vengono prima loro per casa e lavoro”. Peccato che i negher una casa neppure sappiano cosa sia abitando in baracche alla bell’e meglio tenute in piedi, e che il loro lavoro sia pagato una miseria, ben al di sotto dei salari minimi per i braccianti italici. Salvo invece che muoiano per incidenti stradali ammassati nei furgoni fracassati dai TIR, quattro più dodici in un paio di giorni. Per sopramercato Salvini sta operando per depotenziare la legge contro il caporalato, approvata sull’onda dell’emozione per la morte dovuta a eccesso di fatica della bracciante pugliese Paola Clemente, perchè pare metta troppi lacci e lacciuoli a padroni e padroncini.

Insomma Salvini, seppure ostenta il rosario, par sulla soglia di una scomunica. Non ancora definita per editto papale, ma già assai avanzata nella società ecclesiale.

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Non è il tempo dell’indifferenza

FONTE ARTICOLO21 CHE RINGRAZIAMO

di Barbara Scaramucci

Saviano ha ragione. Non ci sono troppi ragionamenti da fare: o si è dalla parte dei deboli, degli ultimi, dei perseguitati o si è dalla parte dei razzisti, degli intolleranti, degli xenofobi. Dunque è giusto chiedere a chiunque abbia voce di alzarla e di contrastare l’operato di tutti quelli che, giorno dopo giorno, stano trasformando l’Italia da paese della solidarietà e dell’accoglienza in un paese intollerante e schierato con la peggiore destra europea, quella di Orban.

Ciascuno di noi ha le sue piccole o grandi possibilità di comunicare, di parlare, di farsi sentire. Ma sono ormai davvero troppi, in tutte le categorie e in tutti gli ambienti della nostra società, quelli che non plaudono a questa politica spietata ed estremista, ma ostentano indifferenza, non intervengono, non si sbilanciano, in una sorta di vigile attesa per capire verso dove andrà il vento. Forse mi condizionano i 35 anni passati alla Rai, dove l’apparente indifferenza dell’attesa è un’arte diffusa e sofisticata.
Noi di Articolo 21 non apparteniamo alla categoria degli indifferenti, siano nati e cresciuti per opporci all’indifferenza. Non è un caso se pochi giorni fa abbiamo premiato Roberto Saviano e altri, come Aboubakar Soumahoro, che si sente rispondere dalle agenzie che non si affittano case a stranieri, come negli anni ’50 facevano in Svizzera con gli immigrati italiani.

Noi siamo spaventati da proiettili ad aria compressa che colpiscono bambine rom, da una polizia che scrive “denunciate gli zingarelli”, da un ex candidato leghista che punta una pistola contro uno straniero, noi non siamo stati, non stiamo e non staremo in silenzio. E come noi una grande galassia di associazioni, di organizzazioni, di donne e uomini di buona volontà.
Per questo l’appuntamento di Assisi è una tappa fondamentale, un punto di raccolta di tante, diverse, multicolori voci contro il silenzio e la menzogna, contro la calunnia e la propaganda, contro le minacce e gli insulti. E contro la colpevole indifferenza.

Emergenza migranti. Quella falsa e quella vera

 

FONTE : SALUTEINTERNAZIONALE.INFO CHE RINGRAZIAMO

Inserito da on 25 giugno 2018 – 10:20

Autore : Gavino Maciocco

La vera emergenza sta nel fatto che ai migranti “forzati” è impedito di esercitare il loro sacrosanto diritto a muoversi attraverso canali legali e sicuri, e a causa di ciò dover subire ogni genere di vessazione, fino alla morte, nel tentativo di fuggire da condizioni insostenibili. La vera emergenza è che milioni di persone debbano abbandonare le loro case, e spesso anche il loro paese, per un insieme ben note di cause: guerre, regimi dittatoriali, neo-colonialismo, sfruttamento delle risorse naturali, cambiamenti climatici.


La natura razzista e xenofoba della Lega (già Lega Nord) si è manifestata in innumerevoli occasioni nelle parole e negli atti (talora criminali) dei suoi rappresentanti, anche nel campo della salute, con l’alimentare, ad esempio, la psicosi dell’accoppiata “malattie-immigrazione” (vedi Malattie infettive e immigrazione: facciamo chiarezza).

La natura razzista e xenofoba della Lega Nord si manifestò in tutta la sua evidenza quando nel 2009, dalla posizione di governo in cui si trovava – primo ministro Berlusconi – propose e riuscì a far approvare al Senato una modifica della legge sull’immigrazione: nel mirino della Lega Nord il divieto per i medici di segnalare all’autorità un paziente straniero irregolare. Divieto che andava abrogato per facilitare l’identificazione degli stranieri irregolare e/o per impedire che questi si rivolgessero al Servizio sanitario nazionale (vedi  Il diritto alla salute non ha bisogno di documenti).

La mobilitazione contro questa proposta fu immediata. Si mosse la Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici che si appellò al Parlamento per le “superiori esigenze di tutela sella salute e imprescindibili principi di solidarietà” definiti come “patrimonio storico della nostra nazione”. La Federazione dei Medici affermò una preventiva vicinanza ai colleghi che fossero incorsi in sanzioni per non avere rispettato una legge in aperta opposizione con il codice deontologico della professione medica basato sull’assenza di discriminazione nel trattamento. In ultimo la Federazione dei medici lanciò un appello affinché la Camera dei Deputati non approvasse l’emendamento e chiedeva “un’audizione urgente” nelle sedi istituzionali. (Vedi Noi non segnaliamo: la posizione ufficiale dei medici).

Il 17 marzo 2009 fu lanciata la campagna “Noi non segnaliamo”, i cui contenuti sono rappresentati nel volantino qui sotto

 

La campagna ebbe un grande impatto sull’opinione pubblica, tutti i media ne parlarono e alla fine l’emendamento leghista fu ritirato.

Ma la cosa non finì lì. Infatti la nuova legge sulla sicurezza, approvata pochi mesi dopo introdusse il reato di clandestinità e ciò comportava di nuovo per i medici, e gli altri operatori sanitari, l’obbligo di segnalazione alle autorità di un paziente irregolare, in quanto a fronte di un reato perseguibile d’ufficio come è quello introdotto, l’operatore (medico, infermiere, amministrativo,…) in qualità di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio, è tenuto alla denuncia (vedi Immigrati la nuova legge sulla sicurezza è dannosa, ingiusta e pericolosa).

Si venne a creare così una situazione paradossale di due norme in palese conflitto tra di loro: da una parte il Comma 5, art. 35 del Dgl 286 del 1998, divieto di segnalazione, e dall’altra gli articoli 361 e 362 codice penale, obbligo di segnalazione.  Sulla questione si sviluppò un acceso dibattito giuridico che si concluse con una soluzione di buon senso da parte dell’allora Ministro degli interni, il leghista Roberto Maroni, che emise una circolare in cui si affermava che la nuova legge sulla sicurezza non ha abrogato l’art. 35 e di conseguenza continua a trovare applicazione, per i medici e per il personale che opera presso le strutture sanitarie, il divieto di segnalare alle autorità lo straniero irregolare che richieda prestazioni sanitarie (vedi Noi non segnaliamo. La vittoria degli anticorpi (della ragione e della democrazia).

Si era nel 2009 e nella società italiana circolavano gli anticorpi sufficienti non solo per bloccare un’iniziativa razzista e xenofoba, ma convincere anche un ministro degli interni leghista ad adottare una soluzione di buon senso a favore dei diritti degli immigrati irregolari. Ma oggi?

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COME CI SI PUO’ FIDARE DI QUESTA PERSONA DIVENUTA MINISTRO DELL’INTERNO ?

 

Abbiamo un Ministro che ha sacrificato alla propaganda, con amabile crudeltà, centinaia di persone , lasciandole in mare in balia delle onde per giorni, fino a quando la nave Aquarius non è stata accolta nel porto di Valencia.
Con la stessa indifferenza alle sofferenze di uomini, donne e minori ora il Ministro lascia in mezzo al mare, sulla nave Lifeline, oltre 200 migranti e altri ancora su di una nave portacontainer. L’immagine di una Italia crudele e disumana si va diffondendo a livello internazionale e questo lo pagheremo con l’isolamento diplomatico, con danni che si ripercuoteranno in campi diversi, nel tempo.
Le picconate ai sistemi di relazioni con diversi paesi europei porteranno Germania Francia e Spagna a giocare nuove alleanze versus l’Italia che al massimo potrà “allearsi” con l’Ungheria di Orban o i paesi del Gruppo di Visegràd.
Come ci si può fidare, come persona, di un Ministro che gioca sulla pelle di umani con totale cinismo, come se queste centinaia di persone fossero le biglie da sacrificare in questa escalation di violenza e di disumanizzazione ? Nei suoi comportamenti il Ministro appare come una persona disturbata che fa tanta più paura in ragione dell’incarico di responsabilità che si trova ricoprire .
Se leggiamo le dichiarazioni in merito ai salvataggi di oggi:
“…Sono stati soccorsi dalla Guardia costiera libica i circa mille migranti che erano oggi alla deriva su sette gommoni al largo della Libia. Lo rende noto il ministro dell’Interno, Matteo Salvini. “Ringrazio di cuore, da ministro e da papà, le autorità e la Guardia Costiera Libica che oggi hanno salvato e riportato in Libia 820 immigrati, rendendo vano il ‘lavoro’ degli scafisti ed evitando interventi scorretti delle navi delle Ong” (Ansa.it) , ha detto il vicepremier.
Una dichiarazione agghiacciante e meschina: nessuno ignora che questi naufraghi verranno riportati nei lager dove sono stati imprigionati e poi fatti partire. Quali autorità libiche ringrazia Salvini, quelle di Tripoli ? O gli scafisti convertiti in carcerieri ? Il gioco terribile di spingere in mare con la violenza i migranti su gommoni di carta velina che naufragano dopo poche miglia e il relativo “salvataggio”, quando viene fatto, da parte della Guardia Costiera libica, pare essere il set di una tragica sceneggiatura che verrà poi fatturata all’Italia con richieste di enormi risorse… Turchia Docet . Nel frattempo il personaggio in questione propone censimenti etnici per i rom e interviene a sproposito sui vaccini …
Questo personaggio è stato eletto con il 17,7% dei voti e ora ha un peso spropositato nel governo anche per la dabbennaggine dei 5 stelle che lo lasciano fare…
Questo propagandista di destra, pronto a giocare sulla pelle di uomini donne e bambini inermi per mostrare il pugno forte di uno sgangherato nazionalismo isolazionista è ora l’inquietante inquilino del Viminale: non c’è da essere tranquilli.

Gino Rubini, editor di Onde Corte

Idiocracy

di Alessandra Daniele che ringraziamo

“Questo è un governo Salvini, che farà di Di Maio il suo Alfano” – Vittorio Sgarbi

There can be only one. Ci può essere soltanto un Re Sòla, e Salvini lo sa bene. Sfruttando come sempre il fascismo endemico degli italiani, la paranoia, l’odio razziale, la patetica predilezione per l’Uomo Sòla al Comando, dopotutto sta avendo davvero gioco facile ad arrogarsi il trono, riducendo Di Maio al ruolo di velino, e i suoi toninelli penduli ad utili idioti della Lega. Conte ovviamente non è neanche in gara. Conte è un calzino.
In realtà Minniti aveva già ridotto gli sbarchi di profughi dell’80% finanziando i lager libici, e ha sulla coscienza finora molti, ma molti più migranti di quanti non ne abbia il suo petulante successore padano, ma come ha detto lo stesso Di Maio, i dati non contano, conta la percezione. Salvini è più bravo ad atteggiarsi a Difensore della Razza Bianca, quindi il popolo acclama lui.
Il M5S ha già perduto qualsiasi identità e dignità, il governo è di fatto un monocolore leghista. Una Mat-teocrazia.
Déjà vu, niente di nuovo sotto il Sòla. Periodicamente gli italiani s’invaghiscono d’un Cazzaro. La reincarnazione farsesca di Mussolini, già tragicamente farsesco di suo.
Saivini è l’erede diretto di Craxi, Berlusconi e Renzi, e il fatto che sia arrivato al potere anche grazie a Beppe Grillo è una nemesi beffarda.
Il vaffanculo è stato un boomerang.
Come ho già detto, non ho voglia di ricordare agli elettori grillini di sinistra la loro idiozia, anche perché in questi giorni tutto gliela ricorda continuamente. E non ho molta voglia neanche d’insultare Salvini, benché se lo meriti. Salvini non è più stronzo di Minniti o Macron, ci tiene a sembrarlo perché gli frutta voti. Non gli manifesterò contro accanto ai renziani, che ora sventolano la carta costituzionale che volevano rottamare. In mano a loro la Costruzione dovrebbe prendere fuoco come una Bibbia in mano a un vampiro.
Salvini non è la causa, è l’effetto.
E anche Salvini cadrà, come tutti i suoi predecessori. Travolto dalla sua stessa vanagloria, dalla sete di potere, dall’invidia vendicativa dei suoi vassalli, dalle manovre occulte dei suoi sponsor, dallo spread, forse dagli scandali, e sicuramente dalle promesse impossibili da mantenere.
E dopo quasi certamente arriverà un altro tetro curatore fallimentare. Un altro repossessore.
Memento Monti.
Stavolta cosa resterà di questo paese tragicamente farsesco?
Impareranno mai gli italiani a non affidarsi ogni volta a un arrogante cazzaro, il cui inevitabile fallimento dia la scusa ai nostri veri padroni di stringere ulteriormente il guinzaglio attorno al nostro collo?
Non ci resta che sperare che lo scioglimento dei ghiacciai alzi il livello del mare abbastanza da trasformare l’Italia in un arcipelago di isolotti indipendenti.
Dobbiamo augurarci la dissoluzione dello Stato italiano, non solo marxiana, ma proprio fisica.
Siamo un popolo di inutili idioti.
L’effetto serra è la nostra unica speranza.

Ventimiglia: pensieri su testimonianza e sovraesposizione – di Marta Menghi, Amelia Chiara Trombetta e Antonio Curotto

 FONTE EFFIMERA.ORG

Ti offro questi dati perché niente muoia, né i morti di ieri, né i resuscitati di oggi. Voglio brutale la mia voce, non la voglio bella, non pura, non voglio si diverta, perché parlo infine dell’uomo e del suo rifiuto, del suo marcio quotidiano, della sua spaventosa rinuncia. Voglio che tu racconti. Fanon, Lettera a un francese

 

Dall’inizio del 2016, siamo stati a Ventimiglia regolarmente e tutte le volte abbiamo voluto scrivere e condividere ciò che abbiamo visto e vissuto.

Ci muoveva la convinzione dell’importanza di descrivere gli eventi di cui eravamo testimoni.

Un forte movimento politico e umano tentava di rovesciare la visione dominante e di condividere spazi politici con chi viaggiava, nonostante la repressione delle istituzioni.

Da allora abbiamo osservato e cercato di delineare ciò che accadeva sul nostro territorio: gli effetti della privazione della libertà di movimento, basata sulla provenienza geografica e sul colore della pelle, costringevano un grande numero di persone a vivere in uno spazio artefatto, in condizioni di difficoltà estrema.

Negare l’esistenza di esseri umani, arbitrariamente, in un determinato tempo e luogo, costituisce il presupposto per politiche con cui le istituzioni non solo rifiutano qualsiasi supporto, ma addirittura appaiono tendere all’annientamento della vita stessa.

Riteniamo che, per non cadere nella complessa macchinazione fondata sulla disumanizzazione dei (s)oggetti delle politiche e di noi spettatori, il primo passo sia la conoscenza di ciò che concretamente e quotidianamente accade intorno alla recentemente rinforzata frontiera – delle donne, degli uomini, delle bambine e dei bambini che tentano di attraversarla e che forzosamente si trovano a vivere nelle sue vicinanze.

Come medici, siamo da sempre politicamente impegnati nella direzione dell’accesso alla salute per tutte e tutti.

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Cosa abbiamo da perdere?

Fonte LavoroeSalute

Pubblicato da

 Cosa abbiamo da perdere?

Hanno salvato 218 vite esposte a due alternative: la morte in mare su gommoni alla deriva o finire catturati dalla sedicente Guardia costiera libica, finanziata dall’UE, per essere riportati nelle mani di aguzzini usi a chiedere un riscatto, a torturare, a stuprare a rinchiudere in centri di detenzione.

In un mondo normale sarebbero stati chiamati “eroi”, oggi invece come ormai noto perché anche la stampa mainstream ha sussultato, sono accusati di “associazione a delinquere” e la loro imbarcazione è stata sequestrata con un atto di vera e propria pirateria giuridica.

In una affollata conferenza stampa ieri pomeriggio Oscar Camps, fondatore dell’Ong spagnola Proactiva Open Arms, che dal 2016 con 3 imbarcazioni ha tratto in salvo circa 25 mila persone, Riccardo Gatti, (Coordinatore in Italia dell’Ong), l’ormai ex senatore Luigi Manconi e l’avvocato Alessandro Gamberini, hanno raccontato di una vicenda assurda che potrebbe divenire normalità fino a quando verranno tollerati i comportamenti di governi e procure simili.

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“La scelta è nostra”. L’Europa, le sue radici e i suoi confini: dalle persecuzioni nazi-fasciste alle stragi in mare

FONTE MELTINGPOT.ORG

di Ilaria Papa, MigrAzioni – 21 marzo 2018

Racconta Liliana Segre, nel suo libro “Sopravvissuta ad Auschwitz” (2005), un fatto che cambiò il corso della sua vita: quando, bambina, il 7 dicembre del 1943, tenendo per mano suo padre, passò il confine italo-svizzero attraverso un buco della rete di recinzione. La gioia di trovarsi sul suolo svizzero – una terra neutrale che avrebbe potuto offrire salvezza a quel piccolo gruppo che, come altri gruppi di ebrei, antifascisti, renitenti alla leva, cercava scampo in quel periodo tra i sentieri di montagna – fu presto interrotta dalle guardie di confine svizzere. Scrive Liliana:

Infatti, al comando di polizia, dopo una lunga attesa – senza dirci una parola, senza darci un bicchiere d’acqua né un pezzo di pane – l’ufficiale di turno ci condannò a morte. Ci trattò con disprezzo estremo, disse che eravamo degli imbroglioni, che la Svizzera era piccola e non c’era posto per noi. Ci rimandava indietro.

Delle quattro persone che costituivano quel gruppetto – Liliana, di tredici anni, suo padre e due cugini, finiti in campo di concentramento nazista per essere stati “rimandati indietro” da quel comandante rimasto senza nome e poi arrestati dai finanzieri italiani – solo Liliana sopravvisse. Io non morii, solo per caso, scrive .

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Il gelato di Salvini

FONTE COMUNE.INFO

“Di crema, di limone o di vainiglia, il gelato, che meraviglia!…”: da una poesia di Gianni Rodari

 

di Matteo Saudino*

Gentile Nadia Mohammedi, ti scrivo queste poche righe per ringraziarti per quanto hai fatto. Grazie, grazie perché quel semplice gesto, bello e rivoluzionario come solo l’ingenuo coraggio sa esserlo, di non voler servire un cono gelato a Salvini, ci dice che a vent’anni è ancora possibile ribellarsi e indignarsi.

Il conformismo dilagante dei tempi in cui ci è dato vivere, ti sta condannando senza appello, etichettandoti come maleducata, indegna o stupida. Il gotha decadente degli intellettuali di questo Paese, in gran parte figli di un sessantotto rovesciato e rinnegato, si sta prodigando nel farti una morale stucchevole e paternalistica, ricorrendo addirittura a parole e concetti quali etica, educazione e rispetto.

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I neonazisti tedeschi alla conquista dei lavoratori

fonte fiom.cgil.it

Guido Reil è un minatore come suo padre e suo nonno prima di lui. E’ entrato nel sindacato a 18 anni e nel partito socialdemocratico a 20. Parlatore rapido, è stato rappresentante sindacale da più di 10 anni. Ma due anni fa, dopo l’arrivo in Germania di centinaia di migliaia di rifugiati, Reil ha scelto il partito di strema destra Alternativa per la Germania. Partecipando per la prima volta come candidato alle elezioni del suo distretto nel maggio scorso, il partito ha ottenuto il 20% dei voti e socialdemocratici sono scivolati di 16 punti percentuali rispetto alle elezioni precedenti. “Quelli sono i miei ex compagni” ha detto Reil. Sono venuti con me”.
Come fa un partito di estrema destra ad attirare elettori dal mondo del lavoro, un bastione tradizionale della sinistra? La domanda non è accademica. Va direttamente al cuore della emergente minaccia che AfD rappresenta per l’establishment politico tedesco, compresa la cancelliera Angela Merkel.

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La Difesa della Razza

di Alessandra Daniele

“La percezione del problema immigrazione è dieci volte superiore ai dati reali”.
Alessandra Ghisleri, sondaggista
“Chi controlla la percezione della realtà, controlla la realtà”. Philip K. Dick

Si stava parlando un po’ troppo di tasse, argomento sul quale gli italiani sembrano giustamente non credere più a nessuna delle iperboliche promesse dei cazzari.
La strage razzista tentata dal suprematista marchigiano ha riportato la campagna elettorale sul terreno più congeniale alle tre destre in corsa: la caccia al capro espiatorio, i migranti.
Il PD ha rivendicato i successi della Dottrina Minniti, cioè dell’efficienza dei campi di concentramento libici, mentre lo stesso Minniti minacciava di vietare le manifestazioni antifasciste.
In tema di disprezzo dei diritti umani Erdogan non ha molto da insegnargli.
Berlusconi ha promesso l’espulsione di 600.000 clandestini che in Italia non ci sono, anche a costo di espellere qualcuno sei volte di seguito.
Di Maio ha cercato di scavalcarlo a destra chiamandolo “Traditore della Patria”.
Nessuna delle accuse adoperate l’anno scorso anche dal M5S per cacciare dal Mediterraneo le ONG che salvavano vite umane è stata provata.
Di Maio negava d’aver usato la definizione “Taxi del Mediterraneo”, nonostante ci fossero le prove audio. Adesso probabilmente tornerà a rivendicarla.
Ci tiene a dimostrare che è pronto a rappresentare l’Italia.

Sappiamo benissimo che se Pamela Mastropietro fosse stata vittima d’un italiano, a nessuno sciacallo sarebbe fregato niente di lei.

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Raid di Macerata, “atto da non sottovalutare, segno di disagio sociale”

 

Le reazioni al raid xenofobo che ha portato all’arresto del 28enne Luca Traini. Il card. Bassetti (Cei): “Episodio segno di un disagio sociale che nasce dall’insicurezza e dalla paura”. Gazzi (Assistenti sociali): “Nessuna giustificazione è possibile. Si abbassino i toni”. Ics: “Dopo Macerata, Trieste?”

ROMA – I fatti di Macerata, che hanno portato al ferimento di diversi cittadini stranieri e all’arresto del ventottenne Luca Traini, hanno provocato numerose reazioni da parte dei partiti e degli esponenti politici, con toni che sono rimasti altissimi e con una polemica che divampa, nonostante l’invito da più parti ad abbassare i toni. Generalmente più misurata la reazione delle associazioni e della società civile, seppur – in alcuni casi – con riferimenti espliciti e con un costante richiamo all’assunzione di responsabilità.

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Dicembre a Ventimiglia. Ovvero, il gelo – di Amelia Chiara Trombetta e Antonio G. Curotto

fonte Effimera

Riprendiamo da Parole sul Confine questo report del 3 dicembre scorso.

Partiamo all’ora di pranzo. Non c’è molto tempo questa volta, ma abbiamo appena ricevuto una donazione di farmaci.

Soprattutto vogliamo andare a verificare se, con l’arrivo delle temperature invernali, ci sono persone abbandonate all’addiaccio e quante sono.

Purtroppo, la realtà supera ampiamente le nostre previsioni. Giunti in prossimità della ferrovia in via Tenda, osserviamo dall’alto un gran numero di persone in piccoli gruppi, alcuni vicini ad un fuoco, altri che entrano negli anfratti del ponte. Accanto a noi passa un ragazzo in maglietta e pantaloni corti. Sono le 16.30, il sole sta per tramontare e la temperatura si sta abbassando rapidamente.

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Violazione del diritto alla salute, al confine con la Francia – di Amelia Chiara Trombetta, Antonio G. Curotto, Gianni Giovannelli

FONTE  EFFIMERA

Da due anni alla frontiera con la Francia si concentrano centinaia di persone, bloccate per le ripetute decisioni dei governi degli Stati della UE che di fatto, in quest’ambito, negano il riconoscimento dei diritti e doveri fondanti l’Unione Europea.

Dal punto di vista normativo, per quanto riguarda lo stato italiano, l’art. 32 della Costituzione è certamente di natura precettiva e non soltanto programmatica; dunque le istituzioni della Repubblica sono vincolate da un obbligo di tutela della salute, elevata al rango giuridico di fondamentale diritto dell’individuo. Nel nostro ordinamento vengono espressamente garantite cure gratuite agli indigenti, senza preclusioni o limiti.

La salute delle persone in sosta e transito a Ventimiglia è stata invece gravemente condizionata, oltre che dalla privazione di libertà di movimento (e qualche volta anche personale) o dalla mancanza di autodeterminazione, anche e soprattutto dalle carenze igienico sanitarie nei luoghi di transito o di stazionamento in cui queste donne, questi bambini e questi uomini sono ristretti o costretti.

A partire dal 2015 diversi sono gli insediamenti informali in cui più o meno temporaneamente le persone stazionano prima di tentare di proseguire il proprio viaggio, dove, come medici volontari e solidali, abbiamo tentato, con scarsi mezzi, di visitare e di curare. Sarebbe stato un dovere delle istituzioni, ma noi ed altri solidali abbiamo tentato di supplire alle colpevoli omissioni dell’apparato pubblico, degli organi comunali e regionali, utilizzando spesso l’ascolto e l’attenzione, magari fornendo indicazioni semplici di igiene, come quella di non bere l’acqua del fiume.

Da un campo informale all’altro, durante questi due anni (2015-2017) si è passati attraverso sgomberi successivi. Stravolgendo il significato reale dell’art. 32 della Costituzione le autorità hanno concepito la tutela della salute non soccorrendo i bisognosi di aiuto (gli indigenti senza mezzi), ma rimuovendoli e cancellandoli per evitare il contatto fisico con i residenti. La deportazione risulta essere stata l’unico provvedimento di carattere igienico sanitario; in mancanza di qualsiasi pianificazione rivolta a risolvere il problema permanente e legato a oggettive circostanze storico-politiche queste misure repressive hanno comportato, invece, un’ulteriore precarizzazione delle condizioni di vita dei soggetti presenti nel territorio.

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Molestie ai danni di Milagro Sala

FONTE PRESSENZA.COM

05.11.2017 Redacción Argentina

Quest’articolo è disponibile anche in: Spagnolo

Molestie ai danni di Milagro Sala

Comunicato del Comitato per la Liberazione di Milagro Sala

Lo scorso mercoledì 1 novembre, alle ore 22:25, Milagro Sala è stata tradotta nel carcere di Alto Comedero, su ordine del giudice Pullern Llermanos,  dal sanatorio Los Lapachos, luogo in cui era stata sottoposta a colonscopia ed endoscopia, con anestesia, oltre ad altri esami clinici.

Il fatto ha avuto inizio martedì 31 ottobre quando, dopo varie settimane di reclami, a Milagro Sala era stato finalmente concesso il ricovero presso questa clinica privata per effettuare diversi esami. Lo aveva richiesto durante la detenzione in località El Carmen e dopo in un habeas corpus- rifiutato dal giudice Isidoro Cruz e dalla Corte d’Appello – violando quanto stabilito dalla legge in materia di Esecuzione Penale, che autorizza i soggetti detenuti ad effettuare esami clinici in forma privata.

Ricordiamo inoltre che lo stesso giudice aveva disposto, in modo insperato, il ritorno di Milagro presso la casa del Carmen, all’unità 3 di Alto Comedero, senza notificarlo alle parti, adducendo erroneamente che la dirigente sociale aveva rifiutato di effettuare esami clinici e avvalendosi del diritto alla difesa.

Riguardo gli esami, Raul Noro, consorte della dirigente sociale, ha detto: “Siamo in attesa dei risultati, ma i medici ci hanno già anticipato che sta soffrendo di una forma acuta di gastrite, colon irritabile, scoliosi cervicale, importante contrattura della schiena e un’impurità al cristallino di entrambi gli occhi, oltre ad altre problematiche che si sono acutizzate a causa dello stress e della depressione che sta soffrendo”. Ha anche spiegato gli altri esami clinici in sospeso e che stanno attendendo, tra gli altri, gli esiti della biopsia del colon e il pap test.

In questa situazione, mercoledì notte, mentre Milagro stava riprendendosi dalla suddetta anestesia ed era appena uscita dalla sala operatoria, il giudice Pablo Pullen Llermanos chiamava la clinica affinché fosse immediatamente tradotta in carcere.

La misura del giudice ha sorpreso tutti i nostri compagni in quanto la paziente, semi addormentata e dopo 21 ore, sperava di rimettersi prima di tornare in carcere.

Milagro Sala ha sempre osservato la legge e rispettato la forma e i procedimenti giuridici. Un esempio: quando il giudice aveva cercato d’internarla nuovamente in un ospedale pubblico, la dirigente, che allora si trovava presso la casa del Carmen, aveva chiesto precedentemente il proprio ricovero in una clinica privata- cosa che poi ha ottenuto- di comune accordo coi professionisti del Dipartimento Medico del Potere Giuridico, lo psichiatra Pablo Groveix e la dottoressa Laura Molina.

Risulta pertanto strano l’atteggiamento nei confronti di Milagro Sala, a cui non viene data la possibilità di riprendersi da un’anestesia per essere tradotta in auto all’unità 3 ad Alto Comedero. Tutto ciò denota una grandissima disumanità nei procedimenti ordinati “dall’altissima magistratura” esercitata dal Dott. Llermanos, secondo le sue parole.

Riteniamo che ciò costituisce soltanto l’ennesimo capitolo nell’aggravamento della situazione di disagio che la Commissione Internamericana dei Diritti Umani ha osservato contro Milagro Sala al momento di concederle la misura cautelare dopo aver constatato che la sua vita e la sua integrità erano a rischio, situazione aggravata dallo stato di salute mentale della beneficiaria.

Ieri pomeriggio, la CIDH ha ritenuto incompleta la misura cautelare disposta in favore di Milagro Sala da parte dello Stato Argentino ed ha inviato alla Corte Internamericana dei Diritti Umani una richiesta affinché siano adottate misure preventive in favore della deputata del Palasur.

 

Traduzione dallo spagnolo di Cristina Quattrone

Se il sentimento umanitario finisce in minoranza

fonte saluteinternazionale

Autore: Gavino Maciocco

“Avverto i miei lettori: tutti coloro che non si inseriscono nella canea anti immigrazione e contro le Ong saranno soli. In questo momento l’odio verso le Ong e verso gli immigrati non ha pari, magari le mafie avessero avuto contro tutto questo impegno e questa solerzia” (Roberto Saviano, Repubblica, 5 agosto 2017). “Di questa estate italiana resterà una svolta nel senso comune dominante, dove per la prima volta il sentimento umanitario è finito in minoranza. E ciò peserà sul futuro (Ezio Mauro, Repubblica, 9 agosto 2017).


 

Nessuno poteva immaginare che nel 2017, nel cuore della Toscana, a Pistoia, potesse accadere una cosa del genere: un gruppo di squadristi, appartenenti al movimento neo-fascista Forza Nuova, ha minacciato un parroco, don Massimo Biancalani, reo di aver dato ospitalità – e aver accompagnato in piscina – alcuni giovani migranti africani. Questa l’incredibile intimidazione: “Saremo presenti alla messa domenicale per vigilare sull’effettiva dottrina di don Biancalani”. Domenica scorsa, 27 agosto, la messa c’è stata, gli squadristi pure, con immancabili saluti romani, e c’era naturalmente don Biancalani, circondato dai ragazzi africani (tutti musulmani), da una grande folla e da tanta solidarietà. (Leggi qui)

Ma ripetiamo: com’è potuta accadere una cosa del genere? Passando oltretutto quasi inosservata, non suscitando lo sdegno e le reazioni che avrebbe meritato, complici s’intende il caldo torrido e l’atmosfera vacanziera. Ma non solo. C’è un problema di clima, non meteo ma politico, che consente questi rigurgiti di stampo fascista.

Il clima politico è quello ben descritto da Ezio Mauro nell’editoriale di Repubblica dello scorso 26 agosto, dal titolo “Se la povertà è una colpa.

“La questione di fondo, scrive E. Mauro, è che la povertà sta diventando una colpa, introiettata nella coscienza collettiva e nel codice politico dominante, così come il migrante si porta addosso il marchio dell’ultima mutazione del peccato originale: il peccato di origine” (…) “Il fatto è che questi esseri umani ridotti a massa contabile, senza mai riuscire a essere persone degne di una risposta umanitaria e ancor meno cittadini portatori di diritti, sono improvvisamente diventati merce politica oltremodo appetibile, in un mercato dei partiti e dei leader stremato, asfittico, afasico. Impossibilitati a essere soggetto politico in proprio, si trovano di colpo trasformati in oggetto della politica altrui, che vede qui, sui loro corpi reali e simbolici, le sue scorciatoie alla ricerca del consenso perduto. Contro di loro si può agire con qualsiasi mezzo, meglio se esemplare. Senza terra, senza diritti sono ormai senza diritto, i nuovi fuorilegge”.

E se i migranti e i poveri sono fuorilegge, fuorilegge – e quindi da combattere e denunciare – devono essere considerati anche coloro che li aiutano e gli prestano soccorso. Infatti puntualmente è arrivato l’attacco alle Organizzazioni non governative (Ong), come Medici Senza Frontiere (MSF), che da anni con le loro imbarcazioni (nell’ambito di interventi concordati col governo italiano, vedi operazione Triton) soccorrono nel Mediterraneo migliaia di esseri umani alla deriva. Gli attacchi sono partiti dalla Lega (Salvini: Affondare navi Ong) e dal Movimento 5 Stelle (Di Maio: Ong, taxi del Mediterraneo), a cui si è ben presto accodato (fiutata l’aria) il Partito Democratico (Renzi: Pugno di ferro contro le Ong).

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Luigi Manconi: Reato d’altruismo

Luigi Manconi: Reato d’altruismo

Luigi Manconi | 4 agosto 2017 | Comments (0)

 

 

 

 

Diffondiamo da Il Manifesto del 4 agosto 2017

 

Reato umanitario: come capita non di rado, è stato il quotidiano «dei vescovi» a trovare la definizione più efficace, e moralmente e giuridicamente più intensa, per qualificare la colpevolizzazione delle Ong: e, nel caso specifico, della Jugend Rettet. Il che potrà indurre molti laici, anche solo per questa ragione, a schierarsi dalla parte della magistratura e dello Stato, quasi che gli orientamenti delle chiese e delle organizzazioni umanitarie fossero l’espressione di un profetismo antistatuale e anarcoide.

Altri, e io tra questi, vedono invece in quegli stessi orientamenti un’ispirazione, rigorosamente democratica e liberale, che si rifiuta di ricondurre l’agire umano e l’azione sociale nell’ambito esclusivo degli apparati istituzionali, delle loro norme e del loro ordine superiore.

È un’idea statolatrica, e tendenzialmente autoritaria, che i democratici e i garantisti non possono condividere.

Se gli appartenenti a Jugend Rettet o l’equipaggio della sua nave – ma il pm di Trapani ha parlato solo di «alcuni membri» – hanno commesso reati, vengano processati e, qualora riconosciuti colpevoli, condannati.

Ma finora, dai dati conosciuti e dalle stesse dichiarazioni della procura – avrebbero agito «non per denaro» ma per «motivi umanitari» – si tratterebbe solo ed esclusivamente della realizzazione di un «corridoio umanitario». Così ha suggerito Massimo Bordin nella sua rassegna stampa su Radio radicale.

E a me sembra proprio che di questo si tratti. Uno di quei rarissimi «corridoi umanitari» che possono consentire ingressi sicuri in un’Italia e in un’Europa, dove tutti gli accessi legali risultano ermeticamente serrati.

E, dunque, si può dire che – fatte salve l’indiscussa buona fede della magistratura e la necessità di attenderne le conclusioni – siamo in presenza, sul piano della pubblica opinione e del senso comune, di uno degli effetti della campagna di degradazione del ruolo e delle finalità delle organizzazioni non governative, in corso da mesi. E delle conseguenze di un processo – se possibile ancora più nocivo – di svilimento di alcune categorie fondamentali come quelle di salvataggio, soccorso, aiuto umanitario. Questo è il punto vero, il cuore della controversia in atto e la vera posta in gioco morale e giuridica. E, per ciò stesso, politica.

Dunque, e torniamo al punto di partenza, la falsa rappresentazione da cui guardarsi oggi è quella che vedrebbe uno schieramento, definito «estremismo umanitario», utopistico e velleitario (e tanto tanto naif), e, all’opposto, un fronte ispirato dal realismo politico e dalla geo-strategia, tutto concentrato sul calcolo del rapporto costi-benefici. Ma, a ben vedere, quest’ultimo mostra tutta la sua fragilità. Davvero qualcuno può credere che sia realistica e realizzabile l’ipotesi di chiudere i porti? E di attuare un «blocco navale» nel mare Mediterraneo?

Cosa c’è di più cupamente distopico dell’immaginare che la missione militare, appena approvata dal Parlamento italiano, possa essere efficace in un quadro segnato da un’instabilità oggi irreparabile, come quella del territorio libico e del suo mare?

Se considerato alla luce di questi interrogativi, il reato umanitario di cui si macchierebbero le Ong rappresenta davvero la riproposizione, dopo un secolo e mezzo, di quelle fattispecie penali che precedettero la formazione dello stato di diritto. Reati senza vittime e privi di quella offensività e materialità che sono i requisiti richiesti dal diritto contemporaneo: il vagabondaggio, l’anticlericalismo, il sovversivismo, la propaganda antimonarchica.

Di questi comportamenti, il reato di altruismo rappresenta una sorta di forma disinteressata («non per denaro») e ispirata dalla obbligazione sociale e da quel senso di reciprocità che fonda l’idea contemporanea di comunità e di cittadinanza.

Tutto il dibattito sulle Ong è completamente surreale

FONTE  THESUBMARINE.IT 

Dopo l’inchiesta di Trapani contro Jugend Rettet, il discorso pubblico su questo tema è definitivamente deragliato.

“Ormai le Ong rischiano di cambiare significato. Non per colpa loro, ma di chi intende ri-definirle. Con intenti (anti)politici strumentali.” Così scriveva ieri su Repubblica Ilvo Diamanti, presentando un sondaggio Demos-Coop da cui risulta che soltanto il 26% della popolazione esprime una valutazione positiva sulle Ong che operano nel Mar Mediterraneo (la percentuale corrisponde a voti uguali o superiori al 7 su una scala da 1 a 10). Il sondaggio risale a giugno, ben prima dell’inchiesta di Trapani contro Jugend Rettet e dell’escalation di questi giorni — il che è tutto dire.

Se dal canto suo Ilvo Diamanti propone una soluzione quantomeno fantasiosa per riportare le Ong nelle grazie dell’opinione pubblica — ribattezzarle ABC, Associazioni per il Bene Comune, perché ONG suonerebbe troppo “minaccioso” — bisogna riconoscere che il dibattito pubblico attorno a questo tema è ormai irrimediabilmente deragliato. E la colpa è soprattutto di una copertura mediatica acritica, nel migliore dei casi, o intrecciata con la più bieca strumentalizzazione politica, nel peggiore.

Che da settimane non si parli d’altro è già paradossale di per sé.

Il tema dell’immigrazione in Europa può essere affrontato sotto un’infinità di prospettive, e sono tanti i problemi che meritano di essere discussi: i tempi lunghi per l’esame delle domande d’asilo, la procedura stessa che porta all’approvazione o al respingimento delle richieste, i malfunzionamenti del sistema dell’accoglienza — solo per citarne qualcuno. Invece, la politica e l’opinione pubblica sono impegnate a dibattere sull’unico punto su cui non dovrebbero esserci disaccordi: l’operato di organizzazioni di volontari che, nel rispetto delle leggi internazionali (a differenza del Codice del Viminale, che non ha nessun valore legale), cercano di limitare i costi umani di una strage che va avanti da anni soltanto per colpa dell’inazione politica europea. Non si dovrebbe neanche parlare, delle Ong.

Per chi ha seguito questa vicenda dall’inizio, appare chiarissimo invece il meccanismo “a valanga” con cui la campagna mediatica contro le Ong, da insinuazione messa in campo da un think tank olandese e dall’agenzia Frontex, si è ingigantita fino a diventare verità ufficiale, oltre che primo punto dell’agenda politica italiana.

 

Dal video dello youtuber Luca Donadel che svelava la “verità” sulle operazioni di search and rescue nel Mediterraneo al lento sdoganamento dell’espressione “taxi del mare” per riferirsi alle Ong; dalle illazioni del procuratore di Catania Zuccaro al Codice di comportamento voluto dal ministro Minniti, fino all’inchiesta di Trapani contro Jugend Rettet: tutto ha contribuito a trasformare un luogo comune borderline dell’estrema destra — che l’immigrazione sia un fenomeno architettato e favorito per la “sostituzione etnica” del popolo italiano, per la destabilizzazione economica del nostro paese, o anche soltanto per ingrassare le tasche di qualcuno — in narrazione mainstream. Così, anche quotidiani “rispettabili” e progressisti hanno titolato a gran voce, sotto la foglia di fico di un virgolettato, della collusione tra alcune Ong e gli scafisti — la stessa verità che veniva spacciata mesi fa senza uno straccio di prove o inchieste in corso, per cui a buon diritto oggi tutto l’asse xenofobo può esultare e dire di aver avuto sempre ragione.

Del reato di cui sono accusati i ragazzi di Jugend Rettet — favoreggiamento dell’immigrazione clandestina — colpisce soprattutto l’ipocrisia. Sarebbe più consolante se tutti gli agitatori di questa caccia alle streghe gettassero la maschera e si lasciassero andare a una dichiarazione liberatoria: non vogliamo che arrivino, punto e basta. Invece, l’approdo sulle nostre coste viene trasformato in una specie di macabro gioco di ruolo: il migrante attraversa il deserto, affida la propria vita a un viaggio della speranza per raggiungere l’Europa, ma solo se si trova abbastanza in pericolo può essere soccorso e scortato in Italia, altrimenti deve ritornare in Libia, e chi lo aiuta commette un reato (perché non ha bisogno di aiuto, giusto). Una politica molto simile a quella, altrettanto ipocrita, del “piede asciutto, piede bagnato,” applicata per molti anni dagli Stati Uniti nei confronti dei rifugiati cubani.

In questo quadro, ciò che manca disperatamente è un’affermazione di principio: crediamo o non crediamo nella libertà di spostamento delle persone? Nel fatto che una persona nata a Lagos abbia lo stesso diritto di trasferirsi in Inghilterra di una persona nata a Milano? Prima di ogni altra discussione capziosa su cosa sia legittimo fare a 12 o 24 miglia dalle coste libiche, occorrerebbe rispondere francamente a questa domanda.

La risposta “ufficiale,” in teoria, distingue tra migranti economici e rifugiati, e accorda soltanto a questi ultimi la libertà di spostarsi dal proprio paese per cercare maggiore sicurezza. Bene: anche in questo caso — nonostante le fragili basi della distinzione — bisognerebbe riconoscere a tutti la possibilità di presentare formalmente almeno una richiesta d’asilo. In entrambi i casi, tutto il dibattito di queste settimane non esisterebbe: non esisterebbero gli scafisti, e le Ong sarebbero a occuparsi d’altro, perché per i migranti africani non sarebbe più necessario attraversare il mare illegalmente nella speranza di ottenere una protezione legale.

A proposito degli scafisti, una precisazione quasi sempre assente dal discorso è che la riprovazione del loro comportamento criminale non deriva dal fatto che permettano il viaggio dei migranti, ma dal fatto che lo facciano in totale spregio della loro incolumità fisica, sottoponendoli a vessazioni di ogni genere, e costringendoli a pagare somme altissime, con cui vengono finanziati altri traffici illeciti. Cédric Herrou, l’agricoltore nizzardo che aiutava i migranti a passare la frontiera italo-francese, non è assimilabile a uno scafista; e così non lo sono gli attivisti di Jugend Rettet, che, secondo lo stesso procuratore di Trapani, hanno agito unicamente per finalità umanitarie — quelle “ideologiche” che “non ci possiamo permettere,” secondo qualche esponente del Pd.

Ma la rimozione costante nella copertura mediatica riguarda in primis i protagonisti stessi di questi spostamenti: i migranti, sempre e colpevolmente trattati come una massa inerte, senza volontà e distinzioni, trasbordati da una sponda all’altra del Mediterraneo e da una nave all’altra dei soccorritori. Anche quando si vorrebbe dare un messaggio positivo, si finisce a parlare di “disperati grezzi da trasformare.”

Molto raramente si parla dei paesi di provenienza, e ancor meno delle rotte seguite prima di raggiungere la Libia — come quella che passa attraverso il Niger, presidiato dai militari francesi che proteggono gelosamente i giacimenti di uranio che alimentano le centrali nucleari d’Oltralpe. Molto raramente si parla dei paesi di destinazione, di cosa vorrebbero fare queste persone e del perché hanno lasciato le proprie case.

Disorientata, una certa opinione pubblica di sinistra si è trovata costretta a rivolgersi alla stampa cattolica, l’unica che, insieme a mosche bianche come il manifesto, ha provato ad alzare un dito contro la nuova vulgata anti-Ong.

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Milagro Sala

fonte ATLANTIDE

di Ancora Fischia il Vento-Francesco Cecchini, 4 agosto 2017

POR MILAGRO SALA

Te ocultan                                                                         

En la cueva más oscura                                                   

Del manto que cubre Jujuy.                                                  

Tus alas resaltan                                                        

Blancas en tanta oscuridad                                              

Libres                                                                               

Te buscan.                                                                   

Pablo Campos

Il Comitato per la libertà di Milagro Sala ha consegnato lo scorso primo agosto al presidente argentino, Mauricio Macri, una petizione firmata da 45,970 persone per chiedere la liberazione immediata della dirigente sociale detenuta a Jujuy (nord dell’Argentina). “I sottoscritti chiedono l’immediato rilascio della leader sociale e deputata di Parlasur Milagro Sala e degli altri prigionieri politici dell’organizzazione Tupac Amaru. ll governo argentino deve porre fine alle violazioni dei diritti umani e impegnarsi a non usare mai più arbitrarie reclusioni come una forma di persecuzione e repressione  del dissenso politico.” Nella petizione, pubblicata sul sito www.liberenamilagro.org, vi sono firme importanti tra le quali quelle di Dilma Roussef di Noam Chomsky, di Julian Assange, di Baltasar Garzón e di Oliver Stone. Hanno inoltre aderito organizzazioni quali le Abuelas de Plaza de Mayo y Madres de Plaza de Mayo – Línea Fundadora, il Centro de Estudios Legales y sociales (CELS), la Liga Argentina por los Derechos del Hombre (APDH) e Human Rights Watch

La consegna della petizione a Macrì è avvenuta quattro giorni dopo che la Commissione Inter-Americana sui Diritti Umani (CIDH) si sia espressa a favore di Milagro Sala. La CIDH ha invitato il governo argentino a prendere misure alternative alla detenzione come gli arresti domiciliari o che Milagro Sala possa affrontare i processi futuri in libertà, se pur controllata. Inoltre la CIDH ha affermato che il governo argentino ha l’obbligo di conformarsi alla decisione della Commissione sulle detenzioni arbitrarie dell’ONU che ha affermato che la detenzione di Milagro Sala è arbitraria e deve essere rilasciata. La presa di posizione sia della CIDH che della Commissione sulle detenzioni arbitrarie dell’ONU sono storiche.

Per capire l’ambiente e la fase nelle quali in Jujui e in Argentina sono maturate la repressione e la detenzione arbitraria di Milagro Sala indico il saggio dello scrittore Daniel Cecchini pubblicato lo scorso aprile dalla rivista Zoom.

http://revistazoom.com.ar/jujuy-un-globo-de-ensayo

Il link con un recentissimo documentario su Milagro Sala è il seguente:

https://www.youtube.com/watch?v=m-_vlBJlOYE

INCHIESTA IUVENTA, CI SAREBBE UN LEGAME TRA I CONTRACTORS CHE HANNO DENUNCIATO LA ONG TEDESCA E I RAZZISTI IDENTITARI. IL RICATTO DI MINNITI A CHI NON FIRMA IL CODICE

FONTE POPOFF

di Ercole Olmi

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«Tutte le Ong scelgano da che parte stare», tuona Minniti dalle colonne del Fatto di Travaglio, organo ufficiale del partito no Ong. Minniti, ex pezzo grosso dalemiano del Pci calabrese è ministro di polizia per conto del Pd, lo stesso partito di Esposito (quello che non ci possiamo permettere di salvare tutti ma dobbiamo permetterci il Tav), della sindaca di Codigoro, nel ferrarese, che alza le tasse a chi ospita profughi e, soprattutto di Renzi e Gentiloni. «Chi non ha firmato non potrà far parte del sistema di salvataggio che risponde all’Italia, fermo restando il rispetto della legge del mare e dei trattati internazionali. Ma per firmare c’è ancora tempo». «Auspico una piena assunzione di responsabilità da parte di tutti, compresa Msf. Nessuno può far finta di non vedere quanto è emerso dalle indagini della Procura di Trapani», prosegue Minniti, che sulla Jugend Rettet commenta: «Dagli elementi che ho non posso sostenere che le motivazioni siano altre, ma non possono decidere loro di aprire corridori umanitari venendo a patti con i carnefici». Sulla missione in Libia, «non è un’operazione combact, ma solo supporto tecnico-logistico alla Guardia costiera tripolina concesso, su sua richiesta, al governo Sarraj, l’esecutivo libico riconosciuto dalla comunità internazionale», rileva Minniti.

Anche Msf nel mirino della polizia

Mentre la Procura di Trapani indaga sulla ong tedsca Jungend Rettet che operava attraverso nave Iuventa, altre organizzazioni non governative sono oggetto delle verifiche degli investigatori sull’ipotesi di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina per veri e propri ‘viaggi organizzati’ con i trafficanti di profughi dalle coste dell’Africa all’Italia. Nel mirino dello Sco, Servizio centrale operativo della Polizia, anche Medici senza Frontiere. Interrogato il 27 febbraio scorso, Cristian Ricci, titolare della Imi Security Service che si occupava dei servizi di sicurezza sulla Vos Hestia di Save the Children ha detto che «la nave Iuventa fungeva da piattaforma e quindi si limitava a soccorrere i migranti per poi trasbordarli. Era sempre necessario l’intervento di una nave più grande su cui trasferire i migranti soccorsi dal piccolo natante. E in alcuni casi, secondo le testimonianze raccolte, imbarcazioni di Msf sarebbero intervenute per soccorrere e trasbordare i migranti senza essere state allertate dalla Guardia Costiera. Tra le navi i cui movimenti sono ora sotto osservazione ci sono la ‘Dignity One’, la ‘Bourbon Argos’ e la ‘Vos Prudence’. Nei mesi scorsi, sarebbero stati accertati ‘sconfinamenti ripetuti’ verso la costa libica ad almeno 8 miglia rispetto alle 12 consentite.

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L’ipocrisia al potere: punire le vittime, non i carnefici

fonte pressenza.com

(Foto di habeshia.blogspot.it)

Il Governo italiano ha varato, con l’approvazione del Parlamento, una missione navale nel Mediterraneo a supporto della Guardia Costiera libica nelle operazioni di intercettazione e respingimento dei migranti che dalla Libia cercano di raggiungere le nostre coste. Quelle persone partono dalla Libia ma non sono libiche, provengono per lo più da altri paesi (Gambia, Mali, Niger, Nigeria, Senegal, Costa d’Avorio), da cui sono fuggite perché le condizioni di vita sono intollerabili: cercano un paese che rispetti il loro diritto ad una vita sicura e dignitosa.

Ai primi di luglio Oxfam, Borderline Sicilia, MEDU e Amnesty International hanno reso pubblica la situazione che i migranti subiscono in Libia, testimoniata da interviste di donne e uomini che sono riusciti a sbarcare in Italia dopo viaggi che sono calvari: carcere, torture, schiavitù, “sistematiche violazioni dei diritti umani…commesse da trafficanti di esseri umani, bande criminali e milizie locali che operano con la connivenza della polizia e della Guardia Costiera libica…”

Dati e testimonianze sono stati pubblicati su vari organi di stampa e se ne è parlato (magari di sfuggita) sui media; del resto non è la prima volta che dalla Libia ci arrivano questi racconti, prima ancora degli accordi criminali fra Berlusconi e Gheddafi, accordi portati avanti dai governi che si sono succeduti in seguito. Nessuno li ha mai messi in discussione, come nessuno si domanda che vita fanno i rifugiati segregati in Turchia a caro prezzo.

La missione navale viene varata accanto al nuovo Codice di Condotta imposto da Minniti e il cui obiettivo è quello di impedire alle ONG che operano nel Mediterraneo di intervenire nel salvataggio dei migranti. Dalla fine dell’operazione Mare Nostrum, solo la presenza delle ONG ha impedito che le stragi in mare diventassero quotidiane.

Nel provvedimento si parla di centri di raccolta in Libia sotto il controllo dell’UNHCR o dell’OIM, ma questi centri non esistono, al momento, e queste organizzazioni non sono neanche presenti sul territorio libico: dal momento in cui le forze armate italiane riconsegneranno i barconi nelle mani della Guardia Costiera libica, dobbiamo sapere che quelle persone finiranno certamente nelle carceri libiche o nelle mani di altri trafficanti o di bande criminali.

Spenderemo nove milioni al mese per consegnare alla tortura, alla schiavitù, alla morte centinaia di migliaia di persone: questa è la nostra missione.

In un clima politico estremamente confuso e incerto, l’invio di navi militari italiane nel Mediterraneo rappresenta oltre tutto un rischio concreto di conflitto; l’”accordo” sarebbe col governo Sarraj, ma le forze in campo in Libia sono molto più numerose, e si contendono il controllo del territorio: come si comporterebbe il contingente italiano nel caso che qualcuna delle parti in campo non gradisse la sua presenza nelle acque territoriali libiche?

Nonostante i rapporti e le testimonianze, il governo italiano, come l’Europa, fa finta di non conoscere la reale situazione dei migranti in Libia, fa finta di non sapere che è una situazione (quella sì) di vera emergenza, una questione di vita e di morte, di fronte alla quale la priorità assoluta non può essere che aiutare le persone ad uscirne.

La verità è che le persone che gremiscono i barconi per l’Europa sono solo scarti, e scarti fastidiosi delle politiche colonialiste e neo-colonialiste, politiche che tuttora muovono le potenze europee, e su cui l’Italia cerca di rincorrere la Francia, dopo il brillante progetto francese di creare degli hotspots in territorio libico. Strutture che si sono già ampiamente dimostrate inefficaci anche sul nostro territorio e nelle quali i diritti umani e il diritto internazionale non vengono rispettati.

Tutte le organizzazioni per la difesa dei diritti umani indicano una sola strada per lottare efficacemente contro i trafficanti e per salvare la vita e la dignità delle persone: corridoi umanitari che permettano ai migranti di arrivare in sicurezza in una terra più sicura di quella da cui fuggono.

Contro il comportamento vergognoso del governo italiano e dell’Unione Europea che calpestano fondamentali diritti umani invitiamo alla mobilitazione e alla solidarietà concreta con i richiedenti asilo e con chi li salva e li aiuta.

Rete Antirazzista Fiorentina

Comitato Fiorentino Fermiamo la Guerra

Coordinamento Basta Morti nel Mediterraneo

Il numero dei migranti (che non sono numeri) da Unimondo.org

FONTE UNIMONDO

Foto: UNHCR

Perché usare dati e statistiche quando si scrive di migranti e rifugiati? Perché i numeri aiutano 1) a “pulire” l’informazione dalle scorie di pregiudizi e luoghi comuni; 2) a certificare e a fondare meglio le argomentazioni; 3) a verificare affermazioni discutibili (fact cheking). È questa la sollecitazione dell’Associazione Carta di Roma, fondata nel dicembre 2011 per dare attuazione all’omonimo protocollo per un’informazione corretta sui temi dell’immigrazione siglato dall’Ordine dei Giornalisti e dalla Federazione della Stampa Italiana nel giugno 2008.

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