Il Partito della Sinistra svedese si oppone all’accordo della NATO per tradire i curdi

 

La Turchia ha accettato di consentire alla Svezia di aderire all’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (NATO). Nei negoziati con il presidente Recep Tayyip Erdoğan, il governo svedese ha fatto marcia indietro su punti cruciali. L’accordo con la Turchia riduce la capacità della Svezia di agire come voce per la pace e la giustizia.

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Nel 2019, un parlamento unito ha deciso di fermare le esportazioni di armi verso la Turchia perché la Turchia stava bombardando i curdi e altre minoranze nel nord-est della Siria. Il partito di sinistra è stato la forza trainante della decisione. Nei negoziati di ieri, il governo ha accettato di abolire tutti gli embarghi sulle armi.

L’obiettivo di Erdoğan è anche quello di mettere a tacere la voce della Svezia per i diritti dei curdi in Turchia, Iraq, Siria e Iran. Ieri il governo ha sacrificato i curdi, ma l’adesione alla NATO può anche significare che più diritti e libertà delle persone vengono negoziati.

 

 

Sappiamo che ci sono migliaia di prigionieri politici nelle carceri turche. Sappiamo che avvocati impotenti delle organizzazioni per i diritti umani vivono clandestinamente in Turchia. Sappiamo che le madri manifestano perché i loro figli sono stati rapiti dalla polizia, bambini che non rivedranno mai più. Innocenti, il loro unico crimine e’ che sono curdi. Così viene trattata la minoranza curda in Turchia.

I negoziati hanno anche portato a una più stretta cooperazione tra i servizi di intelligence delle forze armate svedesi e l’Organizzazione nazionale di intelligence turca. Ciò potrebbe significare che la Svezia dovrà estradare in Turchia i curdi che hanno bisogno di protezione.

Il Partito della Sinistra è contrario all’adesione alla NATO. La Svezia ha una lunga tradizione di non allineamento militare. L’appartenenza alla NATO è associata a grande incertezza. Rischiamo di essere costretti a guerre e conflitti a cui non vogliamo partecipare. L’appartenenza alla NATO rende inoltre più difficile condurre una politica estera indipendente con credibilità. Questo è ciò che stiamo vedendo chiaramente accadere. È un enorme tradimento consentire alla Turchia di avere così tanta influenza sulla politica estera svedese.

Traffico di organi tra Marocco e Turchia: banda criminale scovata grazie a annunci sui social network

 

Fonte AfricaExpress che ringraziamo 


7 aprile 2022

La polizia marocchina ha arrestato 4 persone perché sospette di far parte di una rete criminale di traffico di organi e droga, attiva tra Marocco e Turchia.

La direzione generale della Sicurezza nazionale (DGSN) di Rabat ha precisato che l’inchiesta è stata aperta dopo un annuncio pubblicato sui social network. L’inserzione offriva grosse somme di denaro in valuta, in cambio di espianto di reni, effettuate in cliniche private all’estero.

Scoperto traffico di organi tra Marocco e Turchia

Finora gli inquirenti marocchini hanno già identificate due vittime in Turchia e, secondo il quotidiano con base a Casablanca, Al Ahdat Al Maghribiya, le vittime avrebbero percepito 14.000 dollari per la cessione di un rene. Le quattro persone arrestate – 3 donne e un uomo – fungevano da intermediari in questo losco traffico, prestando il loro “aiuto” ai disgraziati, pronti vendere un loro rene per fuggire alla povertà.

La DSGN ha aggiunto che talvolta i criminali sfruttavano le vittime anche per ricezione e trasporto di stupefacenti, sia in Marocco sia in altri Paesi. Tutte queste attività sarebbero da attribuirsi a una rete che non opera direttamente nel regno ed sarebbe composta da cittadini stranieri.

Durante una perquisizione nelle abitazioni dei 4 arrestati, gli inquirenti hanno trovato grosse somme di denaro – sia in dirham marocchini che in valuta estera – ricevute di trasferimento di soldi oltrefrontiera, nonché telefoni cellulari, analisi di gruppi sanguigni di potenziali vittime e cannabis. Ovviamente si sospetta  che il contante trovato sia frutto di atti criminali.

Ora, grazie al coinvolgimento della filiale Interpol di Ankara, le indagini procedono a tutto campo anche in Turchia, per scovare tutti responsabili di questo traffico illecito.

Africa ExPress
@africexp

Circa 130.000 metalmeccanici turchi si preparano allo sciopero in 180 luoghi di lavoro

 

 

FONTE  DAILY  SABAH

Circa 130.000 metalmeccanici turchi si preparano a colpire in 180 luoghi di lavoro, tra cui importanti società multinazionali come Renault, Ford, Bosch, Arçelik e Mercedes, sperando che faccia pressione sui datori di lavoro per aumentare i salari e fornire migliori benefici sociali.

I lavoratori membri della Turkish Metal Union (Türk Metal), la United Metal Workers ‘Union (Birleşik Metal-İş) e l’Unione dei lavoratori di ferro, acciaio, metallo e prodotti metallici (Çelik-İş) hanno annunciato lo sciopero la scorsa settimana e sono pronti a scioperare il 2 febbraio.[………] 

Nelle trattative, Türk Metal e Çelik-İş volevano un aumento del salario del 38% per i primi 6 mesi, mentre Birleşik Metal-İş ha premuto per un aumento di TL 695, tuttavia le loro richieste sono state soddisfatte solo con un’offerta di un aumento del 6,4% nelle retribuzioni per i primi sei mesi. I lavoratori e i sindacati hanno respinto l’offerta il 12 gennaio. […]

 

En Turquie, même Charles Darwin n’est plus le bienvenu

FONTE EQUALTIMES

En Turquie, même Charles Darwin n'est plus le bienvenu

Education reform in Turkey is a way for Recep Tayyip Erdoğan to shape the country in his own image and to influence the young generation, much to the dislike of many parents and teachers who are concerned about the government’s stranglehold on the education system.

( AP/Lefteris Pitarakis)

Meltem, Nehir et Emre sont parents d’élèves, enseignants, étudiants mais surtout membres du groupe citoyen pour une éducation laïque Hepimiz İçin Laik Eğitim.

Lorsqu’ils ont eu vent, un peu avant l’été, de l’ambition gouvernementale de réformer les manuels scolaires, leur surprise fut à la hauteur des changements envisagés.

« Nous savions que le gouvernement prévoyait de modifier les programmes » explique Meltem Figen, mère de famille, « mais d’habitude nous pouvions au moins visionner les versions PDF sur internet avant impression. Cette fois, ça n’a pas été le cas ».

L’une des réformes qui fait le plus grincer des dents les milieux de l’opposition au gouvernement est sans doute la suppression de l’enseignement de la théorie de l’évolution de Darwin au lycée. Elle ne concerne pour l’instant que certains niveaux de l’enseignement primaire et secondaire mais sera étendue dès l’année 2018-2019 à l’ensemble des classes.

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Turquie : 140 travailleurs réclament leurs salaires à Zara

 

FONTE  EQUALTIMES.ORG

Depuis l’été 2016, les rendez-vous au siège du syndicat Disk Tekstil à Merter, quartier populaire d’Istanbul, sont devenus fréquents.

Filiz Tutya est assise dans le bureau du président. La cinquantaine, elle travaillait à l’usine Bravo Tekstil depuis sa création il y a six ans. 70 % des articles qu’elle confectionnait étaient destinés à la marque Zara, dont la maison-mère est le groupe Inditex. Tout se passait très bien, jusqu’au 25 juillet 2016.

« La veille, des hommes sont entrés dans l’usine. Notre patron leur devait de l’argent. Nous pensions que la situation allait s’arranger mais lorsque nous sommes venus travailler le lendemain, le bâtiment était vide et notre patron s’était enfui », se souvient l’ouvrière.

En s’enfuyant, le patron laissait alors derrière lui 140 employés à la rue.

« Il y avait des problèmes économiques », admet Azem Atmaca. Ce grand bavard travaillait en tant que machiniste depuis quatre ans. Ouvrier depuis les années 1970, il n’a jamais connu une telle situation : « Les derniers mois nous n’étions pas payés à temps, ou seulement la moitié. Mais nous pensions vraiment que la société trouverait une solution ».

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Il mondo in marcia per salvare la terra

FONTE COMUNE.INFO

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di Alberto Zoratti*

C’è una conseguenza imprevista dell’Accordo di Parigi che nelle immediate vicinanze della sua approvazione non era percepibile. Al di là della sua contraddizione interna (per tenere tutti a bordo, o quasi, rimane vincolante la struttura dell’Accordo, ma i suoi contenuti non prevedono sanzioni per gli inadempienti), la nascita delle National Determined Contributions (NDCs) che inducono i Governi a proporre una propria strategia climatica da inserire nella cornice globale condivisa dalla Convenzione quadro, apre ampi spazi di azione per i movimenti e per le comunità locali. Il Governo nazionale diventa uno dei principali interlocutori in vista delle COP. Ma c’è di più, Parigi apre le porte a tutto il mondo dei cosiddetti “Non State Actors” creando le condizioni per dei processi che fino a un po’ di anni fa sarebbero stati di nicchia.

Nasce la piattaforma dei popoli indigeni e delle comunità locali, che unirà politiche di adattamento e mitigazione con le conoscenze tradizionali e le alternative che nascono sui territori. Oggi è uno spazio formale ma domani, alla Cop24 di Katowice nel 2018, potrà avere gambe istituzionali per poter incidere in modo sostanziale.

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Turchia: aumentano le pressioni internazionali per il rilascio dei difensori dei diritti umani

 FONTE PRESSENZA.COM

21.07.2017 Amnesty International

Turchia: aumentano le pressioni internazionali per il rilascio dei difensori dei diritti umani
Il flash mob di giovedì 20 luglio a Roma con gli attivisti di Amnesty simbolicamente ammanettati davanti al Colosseo (Foto di Amnesty International italia)
Pochi giorni dopo il rinvio in detenzione preventiva di sei difensori dei diritti umani in Turchia, la Commissione europea si è aggiunta ai governi e ai leader mondiali, tra cui Angela Merkel, per chiedere il loro rilascio immediato e incondizionato.
 
Il 20 luglio un portavoce della Commissione europea ha chiesto il “rilascio immediato” dei sei difensori dei diritti umani, compresa Idil Eser, direttrice di Amnesty International Turchia.
 
Un’analoga richiesta è stata fatta dai governi di Germania, Usa, Francia, Belgio, Irlanda e Austria.

Il governo turco cancella Darwin

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fonte MICROMEGA

di FRANCESCO SUMAN

La Turchia di Erdoğan annuncia di voler eliminare la teoria dell’evoluzione dal programma scolastico. Le forze conservatrici turche non sono nuove a iniziative contro l’evoluzionismo e la decisione del ministero dell’istruzione turco appare come il culmine di un processo di influenza culturale più profondo e preoccupante. Questa decisione oscurantista segna non solo un grave conflitto con le regole del gioco scientifico, ma anche con quelle del gioco democratico, in quanto viene condizionata fortemente la possibilità da parte dei cittadini turchi di godere del diritto fondamentale del libero pensiero.

La teoria dell’evoluzione non piace al governo turco. Il funzionario del ministero dell’istruzione turco Alpaslan Durmuş, a capo del dipartimento che si occupa dei programmi scolastici, ha annunciato, in un video1 pubblicato sul sito del ministero dell’Istruzione lo scorso 21 giugno, che la teoria dell’evoluzione di Darwin sarà esclusa dai programmi delle scuole superiori, a partire dal 2019. Incassato il parere positivo di Erdoğan, l’approvazione è attesa a fine giugno dopo la festa di conclusione del periodo di Ramadan.

“Pensiamo che questi argomenti non possano essere compresi dagli studenti” ha detto Durmuş. Il curriculum verrà “semplificato” perché l’educazione dei giovani deve essere in linea con i valori locali e nazionali.

Già lo scorso gennaio il ministero dell’istruzione turco aveva lanciato l’annuncio di un nuovo programma per le scuole secondarie che prevedeva la riduzione del carico dei compiti per casa, la riduzione di riferimenti a Atatürk, promotore di un processo di secolarizzazione in Turchia negli anni ’20 e ’30 del ‘900, e l’eliminazione di riferimenti alla teoria dell’evoluzione.

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Il governo turco mette in vendita le proprietà e le licenze di trasmissione di 8 gruppi editoriali messi sotto sequestro dopo il fallito golpe del luglio sorso

FONTE PRIMAONLINE CHE RINGRAZIAMO

Il governo turco mette all’asta le proprietà di 8 tra i gruppi editoriali posti sotto sequestro nelle settimane successive al fallito colpo di stato del luglio 2016. Stando a quanto segnala lo Stockholm Center for freedom – che riprende un comunicato del Savings Deposit Insurance Fund (TMSF), fondo di garanzia del sistema bancario del paese – la vendita riguarda i beni di Can Erzincan, Barış e Ört TV stations, comprese le loro licenze di broadcasting, ma anche Nazar, Yerel Bakış, Turgutlu Havadis, Taraf newspapers e Özgür Radio.

segue su fonte PRIMAONLINE

Arrestato il presidente di Amnesty International Turchia

 

 

 

fonte PRESSENZA.COM

Taner Kiliç, presidente di Amnesty International Turchia, è stato arrestato la mattina del 6 giugno, insieme ad altri 22 avvocati, nella città di Smirne. L’accusa, per tutti, è di aver avuto legami col movimento guidato da Fethullah Gülen, sospettato di aver ideato il fallito colpo di stato del luglio 2016.

Il fatto che la purga successiva al tentato colpo di stato abbia raggiunto persino il presidente di Amnesty International dimostra fino a che punto il governo turco sia arrivato. La storia di Taner Kiliç parla chiaro: è quella di un uomo che ha sempre difeso quelle libertà che le autorità di Ankara stanno cercando di annullare“, ha dichiarato Salil Shetty, segretario generale di Amnesty International.

In assenza di ogni credibile e ammissibile prova del loro coinvolgimento in reati riconosciuti dal diritto internazionale, chiediamo alle autorità turche di rilasciare immediatamente Taner Kiliç e gli altri 22 avvocati e di annullare ogni accusa nei loro confronti“, ha aggiunto Shetty.

Ulteriori informazioni

Taner Kiliç ha fatto parte del direttivo di Amnesty International Turchia per vari periodi di tempo a partire dal 2002 ed è stato eletto presidente nel 2014. Nel corso di decenni di attività in favore dei diritti umani nell’ambito delle organizzazioni turche, si è sempre fatto riconoscere per l’incessante impegno in favore dei diritti umani.

L’arresto è avvenuto nella sua abitazione alle 6.30 del mattino, poco prima che si recasse al lavoro. Sia l’abitazione che lo studio sono stati perquisiti. Attualmente si trova in una stazione di polizia del quartiere di Yeşilyurt.

Al momento, l’arresto di Taner Kiliç non pare collegato all’azione di Amnesty International o avere per obiettivo l’associazione. Il mandato d’arresto fa riferimento a un’indagine su presunti membri della cosiddetta “Organizzazione terroristica di Fethullah Gülen”, ma non è neanche chiaro se Taner Kiliç sia sospettato di avere tali legami.

Turchia, l’annientamento professionale nel settore pubblico

fonte BLOG/CORRIERE

23 MAGGIO 2017 | di

Lavoro | Quello che una volta in Turchia era un ambito di lavoro sicuro, il pubblico impiego, si è trasformato nell’ultimo anno in un incubo.

Dopo il tentato colpo di stato dello scorso luglio, sono stati licenziati oltre 100.000 impiegati – tra cui medici, agenti di polizia, insegnanti, docenti universitari e soldati – etichettati come “terroristi”.

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Le tv curde in Europa di nuovo a rischio oscuramento, appello ad Eutelsat da Fnsi e giornalisti francesi

Fonte Newsletter Primaonline.com

11 maggio 2017 | 13:08

Le tv curde in Europa di nuovo a rischio oscuramento, appello ad Eutelsat da Fnsi e giornalisti francesi

La Federazione nazionale della stampa italiana e i sindacati francesi dei giornalisti Snj/SnjCgt hanno inviato una lettera al direttore generale di Eutelsat, Rodolphe Belmer per esprimere la forte preoccupazione sul fatto che vengano oscurate le emittenti curde. In particolare, in Italia l’emittente Med Nuce Italia, che ha sede a Campobasso, continua ad avere problemi malgrado Eutelsat sia stata condannata dai giudici francesi a togliere l’oscuramento disposto lo scorso autunno. Ieri, 9 maggio, si è tenuta a Parigi una conferenza stampa davanti alla sede di Eutelsat.

Di seguito la lettera dei sindacati a Belmer:

Il governo turco censura persino Wikipedia, l’Enciclopedia libera di internet

FONTE PRESSENZA.COM

08.05.2017 – Redazione Italia

Il governo turco censura persino Wikipedia, l’Enciclopedia libera di internet
Logo della protesta di Wikipedia contro la censura operata dal governo turco (Foto di Wikipedia)
Il Governo turco di Erdogan che attualmente detiene illegalmente oltre 180 giornalisti nelle proprie carceri, pochi giorni fa ha bloccato in Turchia tutte le pagine di Wikipedia, l’enciclopedia libera di internet. Fra le motivazioni addotte dal Governo turco per il blocco ai danni di Wikipedia, la principale è quella in cui si sostiene che Wikipedia, con la diffusione delle proprie notizie, di fatto appoggi i terroristi che operano contro la Nazione turca. Una motivazione del tutto ridicola, per non dire esilarante, se non fosse che tutto ciò sta veramente accadendo.

La disposizione di questo blocco va ad aggiungersi alle molte altre messe in atto dal Governo turco, tutte volte a soffocare ogni forma di dissenso e di libertà minima d’informazione. Di fatto il Governo turco, che adesso appare quanto ci sia di più vicino a un vero e proprio regime, va stringendo ancora di più le maglie di una rete di controllo ormai a dir poco diventata asfissiante. Ci sorprendiamo inoltre, che purtroppo quasi nessuno dei principali media abbia dato risalto a questa importante notizia.

Pubblichiamo il testo della protesta di Wikipedia e la sua raccolta firme che appoggiamo in pieno. Rinnoviamo inoltre tutta la nostra solidarietà ai molti giornalisti che da oltre sei mesi di fatto sono prigionieri politici di un Governo che pare sia uscito dalla più buia notte del medioevo.

Sabato 29 aprile 2017 le autorità turche hanno bloccato l’accesso a Wikipedia nel Paese. Ciò ha comportato la perdita di accesso per la popolazione a una imponente quantità di informazioni storiche, culturali e scientifiche.

Noi, i sottoscritti membri del movimento Wikimedia, crediamo che tutte le persone abbiano diritto all’accesso a informazioni libere di alta qualità nella lingua di loro scelta e in un formato utilizzabile. Siamo felici di rispondere a dubbi riguardo ai nostri contenuti, ma non sono i governi o le corporazioni a stabilire i nostri contenuti. L’ultima parola su queste decisioni spetta al consenso della comunità, basato su fonti indipendenti. Sosteniamo la libertà di espressione e di accesso alle informazioni.

Alcuni mezzi di comunicazione hanno affermato, sulla base di affermazioni attribuite alle autorità turche, che i wikipediani sarebbero sostenitori del terrorismo o che abbiano creato contenuti che «supportano il terrorismo». Siamo amareggiati e sorpresi dall’insinuazione secondo cui la nostra comunità sosterrebbe il terrorismo o azioni violente di qualsivoglia genere. Questo è in contrasto con la stessa natura del nostro lavoro, che consiste nel fornire in modo neutrale i fatti e i punti di vista più importanti. Non appoggiamo programmi politici su Wikipedia. Non appoggiamo il terrorismo.

Questa la dichiarazione integrale emessa dalla Wikimedia Foundation.

Turchia: 14 sindacalisti condannati alla prigione

In collaborazione con la Federazione Internazionale dei Lavoratori del Trasporto, , federazione globale di 690 sindacati che rappresentano circa 4.5 milioni di lavoratori del settore del trasporto in 153 Paesi.

 

Quattordici dirigenti sindacali e membri del sindacato turco TÜMTİS di Ankara stanno affrontando la prigione per accuse di natura politica che risalgono al 2007. Chiediamo il loro rilascio incondizionato. I 14 uomini sono tra i 17 uomini travolti da una serie di retate nel 2007, in seguito ad una denuncia presentata da una azienda logistica dove il TÜMTİS aveva da poco portato a termine un’azione di organizzazione sindacale di successo. E’ incredibile come, nonostante le proteste internazionali e le evidenti incongruenze e irregolarità per il loro trattamento e i processi contro di loro, siano stati condannati nel 2012 a pene detentive per l’incredibile reato di “fondare un’organizzazione allo scopo di commettere reati, violando il diritto al lavoro pacifico attraverso la coercizione al fine di ottenere un guadagno pecuniario ingiusto e ostacolando il godimento dei diritti sindacali”. Le condanne e il processo hanno violato il diritto internazionale. Il TÜMTİS e la Federazione Internazionale dei Lavoratori del Trasporto hanno fatto ricorso contro la sentenza, ma nonostante tutte le prove di sviamento di procedura, la corte d’appello ha confermato le sentenze.

 


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#Io sto con Gabriele. Libertà per il giornalista arrestato in Turchia

di Anna Polo

fonte PRESSENZA.COM

Organizzato in due giorni dal gruppo “Io sto con la sposa”, spostato all’ultimo momento da Piazza Scala a Largo Cairoli, il presidio milanese per la liberazione del documentarista Gabriele del Grande, attualmente in isolamento nel centro di identificazione ed espulsione di Mugla, in Turchia, ha attirato centinaia di persone.

Cartelli colorati posati per terra, striscioni e tanti fogli che riproducono le fattezze della gente che Gabriele ha incontrato nei suoi viaggi e di cui ha raccontato la storia, trasformando le vittime in eroi, esaltandone la bellezza, la forza e la determinazione.

Uno degli organizzatori, amico di Gabriele, ripercorre i giorni seguiti all’arresto al confine con la Siria, la raccomandazione di “tenere un profilo basso” e di “aspettare Pasqua e poi il referendum in Turchia”, la scoperta che Gabriele non sapeva niente dell’interessamento del console italiano, che non è ancora riuscito a incontrarlo e gli interrogatori senza avvocato e senza un capo d’accusa preciso. A quel punto, racconta,  abbiamo deciso di smetterla con il profilo basso e lanciato una mobilitazione che si è diffusa in tutta l’Italia. Cita l’appello per la liberazione di Gabriele, da sottoscrivere scrivendo alla mail iostocongabrielelibero@gmail.com e la visita prevista per domani del console italiano e di un avvocato – un primo successo, ottenuto grazie alla pressione.

Parla poi la sorella della compagna di Gabriele, Alexandra, ringraziando tutti, a nome della famiglia, per la presenza e la solidarietà. Segue l’invito a sollevare i fogli con i visi disegnati e l’hashtag #Iostocongabriele e la zona pedonale si trasforma in una moltitudine di braccia alzate.

Intervengono quindi i rappresentanti delle associazioni che hanno aderito al presidio, tra cui Razzismo brutta storia, la rete Milano senza Frontiere, da anni impegnata nella denuncia delle migliaia di morti nel Mediterraneo e Amnesty International, che ricorda le gravissime violazioni della libertà di stampa in Turchia, con centinaia di giornalisti in carcere. Gli amici di Gabriele si alternano al microfono nella lettura dei suoi scritti, lucide e umane denunce delle ingiustizie di cui è stato testimone nel corso del suo instancabile lavoro di documentazione, delle leggi sbagliate che impediscono di viaggiare in aereo, con un visto e che sono responsabili di migliaia di morti ai confini europei. E’ tempo di disobbedire, di ribellarsi, di dichiarare che nessun essere umano è illegale, concludono.

Poesie e testimonianze di siriani e curdi e poi la Banda degli Ottoni, per un finale musicale che piacerebbe molto a Gabriele. In attesa di rivederlo libero, al più presto possibile.

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Turchia, il sultano azzoppato

FONTE MICROMEGA

di Bernardo Valli, da Repubblica, 18 aprile 2017

Il risultato del referendum turco è rimasto in bilico tra un successo ufficiale e un affronto politico. Convinto di avere carisma e popolarità, Recep Tayyip Erdogan si aspettava di più. Contava su un vero plebiscito di consensi ed è invece per una manciata di voti che ha vinto la consultazione sulla super presidenza. Ha ottenuto una maggioranza risicata (51,4%) ed anche contestata. Per lui l’aritmetica elettorale è severa. L’opposizione chiede che si riconsideri la validità di due milioni e mezzo di suffragi espressi su schede senza timbro ufficiale. Il governo sostiene che già prima dell’elezione era stato riconosciuto il valore di quei bollettini.

La controversia rende ancora più fragile quello che doveva essere un trionfo e che invece ha rivelato la spaccatura quasi netta del Paese. Circa venticinque milioni di turchi hanno votato per i diciotto emendamenti alla Costituzione, cioè un milione e mezzo di più di quelli che li hanno respinti. I due milioni e mezzo di schede contestate rovescierebbero il risultato che Erdogan si è affrettato a definire storico.

Invece di esibirne la compattezza come lui sperava, l’esito della consultazione ha offerto l’immagine di un Paese insubordinato, tutt’altro che rassegnato a rinunciare di propria volontà allo Stato di dirittto e a conferire al rais il controllo dell’esecutivo e di larga parte del legislativo e del giudiziario. Erdogan non ha dunque avuto l’incoronazione solenne su cui puntava, promuovendo una Repubblica superpresidenziale fatta su misura per lui.

La nuova Costituzione entrerà in vigore entro due anni e gli dovrebbe garantire il potere fino al 2029. Ma il percorso non sarà tanto agevole dopo l’esito di domenica, che può appunto essere letto anche come un affronto politico, o perlomeno come il ridimensionamento dell’uomo forte, giudicato invincibile. Il carattere di Erdogan è in apparenza più incline alla collera che alla delusione. In questa occasione ha tenuto i due sentimenti per sé e ha esaltato una vittoria zoppa.

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Turchia: referendum, chiusi i seggi, irregolarità e primi risultati

FONTE PRESSENZA.COM   che ringraziamo

16.04.2017 Murat Cinar

Turchia: referendum, chiusi i seggi, irregolarità e primi risultati
(Foto di Bianet)

Oggi in Turchia si vota per un cambiamento costituzionale molto radicale. I cittadini sono chiamati alle urne per approvare, solo con un sì o con un no,  un pacchetto composta da 18 punti. La maggior parte dei punti si concentra sull’aumento del potere del Presidente della Repubblica dal punto di vista legislativo, giuridico ed amministrativo.

La prima parte della votazione si è conclusa l’8 aprile tra i cittadini  residenti all’estero. Secondo i primi dati non ufficiali sono circa tre milioni di persone. Invece a livello nazionale si è votato solo in un giorno, ossia oggi, il 16 aprile. Alle ore 17:00 locali i seggi si sono chiusi ed è partito lo scrutinio. Secondo i dati sempre non ufficiali diffusi dalla Rete dei Giornalisti Indipendenti (BiaNet) l’affluenza è stata abbastanza alta: 84%, quindi sono circa 58 milioni e 400 mila voti.

E’ stata una giornata di voto piena di incidenti, irregolarità e brogli,  iniziata con la notizia dell’uccisione di tre persone nella città di Diyarbakir-Amed. Secondo la prima versione dei fatti sembra che si tratti di uno scontro a fuoco tra partigiani del sì e del no al referendum.

Verso la chiusura dei seggi l’Associazione per la Difesa dei Diritti Umani (IHD) ha comunicato una serie di violazioni registrate e documentate. Secondo questo rapporto dell’IHD, nonostante il divieto elettorale, in quasi tutto il paese erano presenti ancora i materiali di propaganda. L’Associazione specifica che, nonostante la regola dei 15 metri di distanza dai seggi, soprattutto nel sud est del paese la polizia e la gendarmeria erano fortemente presenti. L’IHD elenca diverse città in cui alcune persone hanno votato più di una volta, diverse schede si sono trovate già col timbro sul “Sì” pronte per essere imbucate; in diversi casi non  è stato permesso ai suoi membri di svolgere l’attività ufficiale di osservatorio indipendente.

Secondo diverse fonti si sono registrate alcune irregolarità. Il giornalista del quotidiano nazionale conservatore Yeni Safak, Ali Bayramoglu, famoso per la sua posizione a favore del “No” è stato malmenato dagli osservatori del partito al governo (AKP). Questo fatto è stato documentato con una video-ripresa. Uno dei parlamentari dell’AKP, Samil Tayyar, dopo aver votato ha fotografato la sua scheda e l’ha postata sul suo account Twitter. Secondo l’Agenzia di notizia russa Sputnik in un seggio è stato ripreso il caso di un volontario che ha messo il timbro su numerose schede al posto del “Sì”. Nel mentre Ersal Koç, il vice presidente della distretto di Afsin nella città di Maras, appartenente al Partito del Movimento Nazionalista(MHP), si è fatto fotografare mentre metteva il timbro sull’opzione “Sì” fuori dalla cabina elettorale e poi ha diffuso la foto in rete. Attraverso gli account Twitter e Facebook diversi volontari hanno fotografato e diffuso le lettere di denuncia ufficiali delle irregolarità. Quindi già con le prime notizie e prove sembra che si tratti di un voto pieno di irregolarità e violazioni.

Tuttavia la decisione più scandalosa è stata comunicata dall’Ente Superiore per le Elezioni (YSK). Durante la giornata ci sono stati numerosi casi di denuncia in cui sono state identificate varie schede prive di timbro ufficiale dell’Ente; quindi si tratterebbe di un lavoro di copisteria improvvisato all’ultimo momento. A proposito di queste denunce lo YSK ha deciso di contare comunque il parere del cittadino espresso sulle schede anche non ufficiali.

In questo momento secondo l’agenzia di stampa di Stato, Anadolu Ajansi, gli scrutini si sono conclusi quasi del tutto ed il risultato è del 51% a favore del Sì. Tuttavia nasce un grande dubbio su come si è riusciti a contare quasi tutti i 58 milioni di voti in meno di tre ore. Dunque sia il Partito Democratico dei Popoli (HDP) sia il Partito Repubblicano del Popolo (CHP) invitano gli osservatori a non abbandonare i seggi perché secondo loro si tratta di un risultato falso.

Nel mentre il sito web ufficiale dell’Ente Superiore per le Elezioni (YSK) è down. Secondo Erdal Aksunger, vice segretario generale del CHP, lo YSK ha registrato per ora circa il 15% dei voti. quindi i dati comunicati dall’Anadolu Ajansi non sarebbero veritieri. Alle ore 19:00 italiane nelle città di Istanbul ed Ankara, a differenza dei primi dati, sembra che il “No” stia crescendo notevolmente.

Secondo i primi dati alcuni numeri interessanti vengono dalle città fortezza dell’AKP come Bayburt, Aksaray, Rize, Konya, Cankiri dove ha vinto fortemente il “Sì”. Invece nelle città dove sono forti l’HDP e il CHP – Dersim, Kirklareli, Edirne, Sirnak, Hakkari – vince notevolmente il “No”.

LA SCRITTRICE ASLI ERDOGAN: ‘LA TURCHIA? UN REGIME KAFKIANO’

fonte ANSA.IT

LA SCRITTRICE ASLI ERDOGAN: ‘LA TURCHIA? UN REGIME KAFKIANO’

136 giorni passati nelle prigioni della Turchia per “terrorismo”. Colpi sparati? Zero: del resto, si dichiara anti-militarista e professa l’obiezione di coscienza, vietatissima da queste parti. Azioni clandestine? Nessuna, secondo i suoi stessi accusatori. Parole? Di quelle, a fiumi: come si conviene a una scrittrice. Asli Erdogan, cinquant’anni appena compiuti, autrice pluripremiata e tradotta in 17 lingue (in Italia con Il mandarino meraviglioso, ed. Keller), è diventata il simbolo delle centinaia di intellettuali colpiti dalla repressione nella Turchia post-golpe. “Un paradosso per una scrittrice esistenzialista”, come si definisce in un’intervista all’ANSA. Parla senza quasi mai smettere di gesticolare, agitando spesso la sigaretta spenta, tra pile di libri ammucchiati all’ultimo piano di un’importane casa editrice nel centro di Istanbul: “Non mi considero una figura politica. Ma adesso non mi tiro indietro. Non posso tacere, perché la mia esposizione serve a parlare di tutti gli oppressi”.

Al presidente Erdogan, la lega solo un’omonimia. Non potrebbero essere più diversi. “So di rappresentare tutto quello da cui è ossessionato: provengo dalle cosiddette élites laiche, sono una donna indipendente, e soprattutto una turca che si batte per i diritti di tutti, anche dei curdi, pur non essendo curda. Per questo mi considerano ancora più pericolosa”.

Per i magistrati che l’accusano, e per lei chiedono l’ergastolo, il corpo del reato di Asli Erdogan è il suo nome stampato sulla gerenza e sugli articoli di Ozgur Gundem, quotidiano filo-curdo chiuso dopo il golpe, di cui è stata per anni tra i consulenti. Su questa base, le rimproverano legami con i “terroristi” del Pkk. “Il giornale era sotto pressione, così è stata avviata una campagna di solidarietà per la libertà di stampa. Molti intellettuali hanno fatto simbolicamente il direttore per un giorno. Anche loro ne hanno pagato le conseguenze. In quel caso è stato un abuso della legge, ma nel mio una punizione totalmente illegittima: tutti gli avvocati mi hanno assicurato che un semplice consulente non può essere considerato legalmente responsabile”.

Un mese dopo il putsch andato a vuoto il 15 luglio, Asli Erdogan è finita in manette: “Hanno fatto irruzione in casa mia e mi hanno arrestata con la più grave delle accuse: quella di far parte di un’organizzazione terroristica”. Da lì, è iniziato il suo incubo. “Mi hanno lasciata in una cella di isolamento per 5 giorni. La prigione di Bakirkoy, dove ero detenuta, ospita per lo più prigioniere comuni. Ma io potevo solo decidere se stare nella sezione delle detenute del Pkk o con quella di estrema sinistra”. Ha scelto le prime.

Giorno dopo giorno, è stata costretta a fare i conti con la nuova vita in carcere. La sua casa è diventata la cella numero 16, condivisa con una giovane militante curda. Quella stessa stanza di pochi metri quadrati, prima di lei l’aveva occupata Esra Mungan, nota docente di psicologia cognitiva alla prestigiosa università del Bosforo di Istanbul, arrestata perché promotrice dell’appello degli ‘Accademici per la Pace’, che chiedevano la fine delle operazioni militari contro il Pkk. Il presidente Erdogan li aveva definiti “traditori della patria”, invocando per loro una dura punizione. E la professoressa, puntualmente, è finita in prigione. In quella cella è rimasta per oltre un mese, prima di poter riabbracciare – letteralmente – i suoi studenti, che l’aspettavano emozionati fuori dal carcere. Da lei, Asli ha ereditato uno di quei rituali che sembrano dare un senso alle lunghe giornate in prigione: “Oltre le sbarre della finestra, c’era un piccione a cui dava da mangiare ogni giorno. Era così abituato alla sua presenza che continuava a tornare anche quando non c’era più. Allora me ne sono presa cura io”.

Come si vive oggi in un carcere turco, “neppure tra i più duri”, Asli Erdogan lo racconta nel dettaglio: “Prima dello stato d’emergenza si potevano avere 3 visitatori esterni, ora è permesso solo ai familiari più stretti, e io ho solo mia madre. Ti permettono di fare una telefonata di 10 minuti a una sola persona ogni 2 settimane. Puoi avere al massimo 15 libri. Io ho dovuto abbandonarne molti che la gente mi mandava. La carta per scrivere? Quella potevamo comprarla al negozio della prigione, ma io spendevo quasi tutto in sigarette”, ammette sorridendo.

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