IL SONNO DELLA RAGIONE di Raniero La Valle

di Raniero La Valle

Fonte : Emigrazione Notizie

 

 

Si è tenuto a Vilnius il vertice della NATO, che ha accolto la Finlandia e dato il benvenuto alla Svezia nell’Alleanza. Alla Russia sono state dettate condizioni di resa, fin sulla soglia, che si è stati però ben attenti a non oltrepassare, di una dichiarazione di guerra. All’Ucraina, cui si assegna il compito di  sconfiggere la Russia, sono stati promessi ponti d’oro per la completa integrazione nella NATO, giunta peraltro già alla  conclamata “interoperabillità” tra le relative Forze Armate, inclusa una perenne fornitura di armi, beffardamente definite “non letali”. Tutto ciò con la spensierata idea che non si rischi in tal modo la guerra mondiale.

Come interpretazione autentica di queste decisioni vale ciò  che, andando a Vilnius, il presidente Biden ha detto In un’intervista alla CNN , in cui ha fornito un quadro di come concepisca la NATO, così contraddittorio da renderla assurda.

Biden ha detto che, finché c’è la guerra, l’Ucraina non può entrare nella NATO, perché ciò significherebbe entrare tutti in guerra con la Russia, e anzi, con l’Ucraina nella NATO “se la guerra è in corso, allora siamo tutti in guerra con la Russia”.

Questa è una cosa che tutti sapevano, ma che nessuno aveva osato dire in modo così perentorio, e ora dopo un anno e mezzo di guerra dà clamorosamente ragione a Putin che proprio per questo l’ha fatta, per non trovarsi in guerra con gli Stati Uniti e tutto “l’Occidente allargato” una volta che  la NATO fosse giunta ad inglobare l’Ucraina. È chiaro infatti che una guerra di tale natura avrebbe segnato la fine della Russia, e messo a rischio l’America. Dunque Putin ha fatto un favore anche a Biden, che ricambia, come fosse anche lui un “putiniano”,  dicendo che l’Ucraina “non è pronta” a questo ingresso, “perché ci sono altri requisiti che devono essere soddisfatti inclusa la democratizzazione” (Putin più brutalmente l’ha chiamata “denazificazione”), che è l’altra ragione dell’invasione. Da qui l’ira di Zelensky, lasciato da solo ad officiare il sacrificio.

Nello stesso tempo Biden , ribadendo che, finita la guerra, le porte della NATO saranno “aperte” all’Ucraina, ha istituito la condizione per la quale questa guerra non deve finire mai, perché se la guerra venisse meno la Russia di nuovo rischierebbe la fine, e dunque finché la NATO è NATO, e l’Ucraina confina con la Russia, mai più potrà esserci pace in Europa. Se questa è la pena inflitta all’Ucraina, il fine pena non arriverà mai.

Il fatto è che Biden, mentre vuole la guerra in Ucraina senza fine, tant’è che ora le manda perfino le bombe a grappolo ed intende continuare a fornirle “armi e sicurezza come gli USA insieme agli alleati fanno per Israele” non vuole affatto entrare in guerra con la Russia perché sa benissimo che questa sarebbe la fine anche per gli Stati Uniti; e se c’è una costante della politica dell’America attraverso tutti i suoi presidenti e nel passaggio da un’epoca all’altra, dalle guerre mondiali del Novecento alla guerra fredda alla guerra “a pezzi” di oggi, è che la guerra contro la Russia in nessun  modo si deve fare, Cuba docet. E tuttavia l’attuale programmazione americana, espressa nei documenti scritti della Casa Bianca e del Pentagono dell’ottobre scorso, contempla che entro il decennio la Russia deve essere messa fuori gioco per poi passare alla sfida finale con la Cina.

Mettendo insieme tutti i postulati di questo teorema, ne viene fuori il seguente risultato: la Russia deve essere debellata ma non con la guerra a campo largo, l’Ucraina deve continuare a combattere a questo scopo in nome e per conto altrui, perché non fa problema la sua fine: sempre del resto il sacrificio della vittima è stato considerato salvifico (per gli altri); la NATO, è fatta per la guerra e a tal fine armata fino ai denti e fonte di spese militari e profitti infiniti distolti da altri necessari e nobili scopi, ma l’unica cosa che non può fare è la guerra; e se con la Russia gli Stati Uniti non possono né vogliono fare la guerra, tanto meno la faranno entro il decennio contro la Cina, nonostante la “sfida culminante” annunciata oggi a tutte lettere contro di lei . E il mondo, e noi? Noi e il mondo dovremmo stare a guardare tranne che questo meccano fatto di contraddizioni, perversità e algoritmi non imploda, per imprevedibili e perciò incontrollabili eventi, e tutto finisca nell’Armageddon.

Per questa ragione glielo dobbiamo dire all’America, che la sua politica è completamente sbagliata. Glielo dobbiamo dire se le siamo alleati, se siamo la civiltà e perfino la religione che l’abbiamo data alla luce. Possiamo anche ammettere che il suo movente non sia quello di voler dominare il mondo come un unico Impero, ma sia  l’ossessione della sua sicurezza in un mondo giudicato come pericoloso e cattivo, da dover tenere perciò sotto scacco, nella memoria storica manichea dei Padri pellegrini e del West. Ma dobbiamo dire all’America che ci sono più cose in cielo e in terra che non nell’”American heritage”, che ci sono altri modi di stare al mondo che armarsi fino ai denti e schierarsi nella lotta tra il Bene e il Male. Dobbiamo dire all’America: “no, non così”, se le siamo amici, o se siamo addirittura disposti ad accettarne la leadership, ma per fare migliore il mondo, non per distruggerlo.

Nel sito pubblichiamo un discorso di Robert Kennedy Jr., in cui ha ammonito il suo Paese che ogni Impero si dissolve se sparge il suo esercito in mezzo mondo, un’analisi sul “sonno della ragione” dell’ex ambasciatore Carnelos, e una poesia di Erri De Luca sul pasto dei pesci nel Mediterraneo.

Costituente Terra (Raniero La Valle)

AFL.CIO – Sostenere i diritti dei lavoratori è fondamentale per il futuro dell’Ucraina

Fonte AFL.CIO che ringraziamo 

Mentre la guerra della Russia contro l’Ucraina continua, i lavoratori ucraini ei loro sindacati sono diventati una forza innegabile per la solidarietà e il sostegno della comunità in tutto il paese. Dall’inizio del conflitto, i membri dei sindacati della Confederazione dei sindacati liberi dell’Ucraina (KVPU) e della Federazione dei sindacati dell’Ucraina (FPU) si sono mobilitati in gran numero, rimangono uniti dietro gli sforzi del loro governo eletto per gestire la guerra e continuare a compiere valorosi sacrifici per difendere la nazione. Tuttavia, in cambio, il governo ucraino si sta ora muovendo per  spezzare il potere dei sindacati e privare i lavoratori di diritti cruciali che sono fondamentali per sostenere la sua democrazia.

A marzo, il presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelenskyy  si è rivolto al Congresso e ha tracciato un forte collegamento tra il suo paese e il nostro, affermando che la guerra è stata una lotta per proteggere i nostri valori condivisi di “democrazia, indipendenza, libertà e cura per tutti, per ogni persona, per tutti che lavora diligentemente…” Un forte movimento sindacale è fondamentale per la lotta dell’Ucraina per rimanere una democrazia indipendente perché i diritti dei lavoratori e la democrazia sono indissolubilmente legati. Questo è stato vero per tutto il conflitto e rimarrà vero quando questa guerra finirà.

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Il Partito della Sinistra svedese si oppone all’accordo della NATO per tradire i curdi

 

La Turchia ha accettato di consentire alla Svezia di aderire all’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (NATO). Nei negoziati con il presidente Recep Tayyip Erdoğan, il governo svedese ha fatto marcia indietro su punti cruciali. L’accordo con la Turchia riduce la capacità della Svezia di agire come voce per la pace e la giustizia.

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Nel 2019, un parlamento unito ha deciso di fermare le esportazioni di armi verso la Turchia perché la Turchia stava bombardando i curdi e altre minoranze nel nord-est della Siria. Il partito di sinistra è stato la forza trainante della decisione. Nei negoziati di ieri, il governo ha accettato di abolire tutti gli embarghi sulle armi.

L’obiettivo di Erdoğan è anche quello di mettere a tacere la voce della Svezia per i diritti dei curdi in Turchia, Iraq, Siria e Iran. Ieri il governo ha sacrificato i curdi, ma l’adesione alla NATO può anche significare che più diritti e libertà delle persone vengono negoziati.

 

 

Sappiamo che ci sono migliaia di prigionieri politici nelle carceri turche. Sappiamo che avvocati impotenti delle organizzazioni per i diritti umani vivono clandestinamente in Turchia. Sappiamo che le madri manifestano perché i loro figli sono stati rapiti dalla polizia, bambini che non rivedranno mai più. Innocenti, il loro unico crimine e’ che sono curdi. Così viene trattata la minoranza curda in Turchia.

I negoziati hanno anche portato a una più stretta cooperazione tra i servizi di intelligence delle forze armate svedesi e l’Organizzazione nazionale di intelligence turca. Ciò potrebbe significare che la Svezia dovrà estradare in Turchia i curdi che hanno bisogno di protezione.

Il Partito della Sinistra è contrario all’adesione alla NATO. La Svezia ha una lunga tradizione di non allineamento militare. L’appartenenza alla NATO è associata a grande incertezza. Rischiamo di essere costretti a guerre e conflitti a cui non vogliamo partecipare. L’appartenenza alla NATO rende inoltre più difficile condurre una politica estera indipendente con credibilità. Questo è ciò che stiamo vedendo chiaramente accadere. È un enorme tradimento consentire alla Turchia di avere così tanta influenza sulla politica estera svedese.

Saggio del venerdì: perché i soldati commettono crimini di guerra e cosa possiamo fare al riguardo

Friday essay: why soldiers commit war crimes – and what we can do about it

Mia Martin Hobbs, Deakin University

The following essay contains disturbing images and language.


In 2020, the Inspector-General of the Australian Defence Force released the Afghanistan Inquiry into Australian Defence Force Special Forces atrocities in Afghanistan. The report – commonly known as the Brereton Report – resulted in a flurry of analysis debating how and why Australian soldiers could have committed war crimes.

Some commentators focused on “high operational tempos” that increased soldiers’ dependence on their teams. Others emphasised how operational independence among “elite” forces allowed “charismatic leaders” to influence teams with a “warrior hero” culture. A common thread was that counterinsurgency warfare made it difficult to differentiate allies, civilians and enemies among the local population.

While these factors are important, analyses focusing on unit problems tend to treat culture as a static and internal problem, rather than an ongoing practice influenced by broader society. Similarly, the stress on counterinsurgency warfare negates the fact that similar crimes are also well documented in trench warfare and in occupations in conventional wars.

For policymakers, military leaders and the general public, a deeper understanding of the nature of war crimes is crucial if we want to prevent them from happening again.

War crimes reflect social prejudices. They are shaped around wartime laws and policies, and are facilitated by cultural veneration of the military. Historical comparisons between general infantry forces in Vietnam and special forces in Afghanistan show that atrocities have at least as much to do with broader social, political and cultural fabrics as they do with tempo, leadership and internal culture.

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“La guerra Usa è fino all’ultimo ucraino”, dialogo tra Noam Chomsky e Bill Fletcher

Una sintesi del dialogo “Una risposta di sinistra all’invasione russa dell’Ucraina” fra l’intellettuale e attivista politico Noam Chomsky e l’attivista e scienziato politico Bill Fletcher jr. trasmessa su Real News Network.

Fletcher. Partiamo da tre assunti. Il primo: la Nato non è un’alleanza difensiva. Il secondo: alla dissoluzione del Patto di Varsavia sarebbe dovuta seguire la dissoluzione della Nato. Infine: l’espansione della Nato, in particolare durante le presidenze di Clinton e Bush jr, è stata un errore e una provocazione.

Chomsky. Penso siano punti di partenza corretti, e vorrei aggiungerne un altro. Qualunque sia la spiegazione dell’invasione russa – che è una questione cruciale – l’invasione in sé è un atto criminale di aggressione, un crimine internazionale di suprema gravità, paragonabile ad altre violazioni della legge internazionale e dei diritti umani come l’invasione statunitense in Iraq o a quella della Polonia da parte di Hitler. Ma c’è un background che risale ai primi anni Novanta, quando l’Urss collassa e il presidente Usa George Bush senior raggiunge un accordo con il presidente dell’Urss Michail Gorbaciov, un accordo ben definito. Gorbaciov acconsente all’unificazione delle due Germanie e all’ingresso del nuovo Stato nella Nato, che considerato il contesto è una concessione notevolissima, a una condizione che viene ufficializzata: che la Nato non si espanda a est nemmeno di un centimetro, Not one inch. Gli americani rispettano il patto fino al 1994, quando Bill Clinton, per ragioni di consenso interno, incoraggia Paesi come Polonia, Ungheria e Slovenia a entrare nell’Alleanza atlantica. Poi, con il pretesto di fermare le atrocità serbe in Kosovo, Clinton bombarda la Serbia senza nemmeno informare i russi che ne escono umiliati. George Bush jr. invita a entrare nella Nato praticamente tutti gli Stati satellite russi, nel 2008 anche l’Ucraina e qui interviene il veto di Francia e Germania, ma la proposta resta sul tavolo a Washington. Un approccio pericoloso e cinico, perché viola le red lines russe. Anche la rivoluzione arancione di Maidan del 2014 è istigata dagli Usa e porta quella che chiamiamo Nato, ovvero gli Stati Uniti, a integrare l’Ucraina sempre di più con l’invio di armi e addestramento. C’è un documento ufficiale firmato da Biden nel settembre 2021, ignorato dai media ma non dall’intelligence russa, in cui si finalizza lo Strategic Defence Framework con l’Ucraina, si parla di forniture militari e dell’Ucraina come Enhanced Opportunities Partner della Nato, cioè apre le porte all’ingresso di Kiev nell’Alleanza.

Fletcher. Ma invece di accusare la Nato, Putin giustifica l’invasione con toni nazionalistici ed espansionistici. Come funziona il suo regime?

Chomsky. Putin ha sempre dichiarato che la decisione di dissolvere l’Urss è stata tragica. Ma anche che chiunque pensi di ricostituire quell’impero è un pazzo. È ovvio che la Russia non ha la minima capacità di farlo: anche se ha un grosso esercito ed è una potenza nucleare, è una cleptocrazia in declino con una economia debole e della grandezza più o meno di quella italiana. Non può conquistare nessuno. L’Ucraina è sempre stato un caso a parte e su questo le richieste russe ufficiali del ministro degli Esteri Lavrov sono sempre state, oltre all’indipendenza del Donbass, la neutralità e la demilitarizzazione, cioè la rimozione delle armi che minacciano la sicurezza russa. Uno status simile a quello del Messico rispetto agli Stati Uniti, che di fatto non può aderire ad accordi militari con la Cina. La proposta Lavrov poteva funzionare? Non lo sapremo mai, perché non è stata presa in considerazione.

Fletcher. Eppure nel 1994 con il memorandum di Budapest, l’Ucraina rinuncia al suo arsenale nucleare in cambio della promessa russa di non aggressione, e non cerca di entrare nella Nato fino al 2014 quando la Russia annette la Crimea e supporta la secessione in Donbass. Sembra che Mosca non voglia garantire la propria sicurezza, ma rendere l’Ucraina uno Stato satellite.

Chomsky. Il Messico è uno Stato satellite degli Usa? Lo erano l’Austria o la Finlandia? No, erano neutrali, con l’obbligo di non aderire a una organizzazione militare ostile guidata dagli Usa che facesse esercitazioni sul loro territorio [come la Nato in Ucraina, ndr]. Una limitazione di sovranità? Sì, ma non limitava la vita di quei Paesi. Uno status che si sarebbe potuto ottenere per l’Ucraina se gli Usa lo avessero voluto.

Fletcher. Ha senso per Austria e Finlandia. Perché Kiev dovrebbe fidarsi di un accordo con la Russia dopo l’annessione della Crimea nel 2014?

Chomsky. L’Ucraina può non credere al fatto che la Russia rispetterebbe un accordo, così come non li rispettano gli Stati Uniti in tanti luoghi del mondo. In Ucraina, la Russia sta commettendo crimini da tribunale di Norimberga, ma gli Stati Uniti violano trattati internazionali con l’abuso della forza. La domanda è: se gli Usa avessero rispettato le red lines russe, come consigliato da esperti, alti consiglieri, diplomatici, anche Francia e Germania, e avessero lavorato per la neutralità dell’Ucraina, la Russia avrebbe invaso? Non lo sappiamo. Per citare uno di quegli esperti, l’ex ambasciatore Usa, Chas Freeman, gli Stati Uniti “hanno scelto di combattere fino all’ultimo ucraino”, ovvero di abbandonare ogni speranza di un accordo. Tutto questo si poteva provare a evitare e si potrebbe ancora. Quando Biden dice che Putin è un criminale di guerra e verrà processato, lo mette al muro: l’unica strada è il suicidio o l’escalation, anche nucleare.

Fletcher. Addossi tutta la responsabilità agli Usa, ma nella Nato ci sono anche Paesi come la Germania e la Francia contrari all’ingresso dell’Ucraina. E i proclami di Putin sulla necessità di denazificare l’Ucraina sono ridicoli. C’è qualcosa che mi sfugge…

Chomsky. Ti sfugge la realtà dei rapporti di potere internazionali, dove gli Stati Uniti hanno un potere spropositato. Lo sappiamo tutti, la Russia lo sa benissimo. Chi capisce qualcosa di politica internazionale sa che gli Stati Uniti sono un violento stato canaglia che fa quello che vuole. Se al Cremlino ci fosse un uomo di stato abile e lungimirante, avrebbe cercato un compromesso con Germania e Francia, avrebbe provato ad aderire a qualche forma di casa comune europea come la immaginava Gorbaciov. Ma Putin e il suo entourage non hanno questa visione e capacità di leadership e hanno preso le armi, come fanno sempre le grandi potenze, inclusi gli Stati Uniti. Ed è una decisione criminale, che danneggia la Russia. Putin ha porto agli Stati Uniti sul piatto d’oro il più grande regalo immaginabile: potenze come Germania e Francia ora sono del tutto assoggettate agli Stati Uniti.

Il neonazismo dell’oligarca ebreo

Fonte: areaonline.ch

In Ucraina le milizie armate di estrema destra, come Azov, sono state create più per scopi economici che ideologici: l’analisi dell’esperto

di
Veronica Galster
La questione dell’ultranazionalismo ucraino è stata strumentalizzata ad arte da Putin per giustificare l’invasione dell’Ucraina, ma un problema legato alla presenza di gruppi armati di estrema destra esiste, anche se non ai livelli dichiarati dal presidente russoPer capirne l’effettiva natura, l’influenza che hanno avuto e hanno nel Paese e l’ampiezza del fenomeno, area ha intervistato Matteo Zola, giornalista, direttore responsabile di East Journal ed esperto di Europa centro-orientale e area post-sovietica.

 

Matteo Zola, come leggere la presenza di gruppi ultranazionalisti di estrema destra in Ucraina senza rischiare di essere tacciati di filorussismo?

La denazificazione dell’Ucraina proclamata da Putin è chiaramente strumentale ed è puramente retorica a fini di propaganda interna. Una cosa che è difficile da capire per chi conosce meno questi Paesi, è che il richiamo alla lotta contro il nazismo è un richiamo molto forte. L’identità russa si è forgiata sulla grande guerra patriottica, cioè sullo sforzo militare della Seconda Guerra mondiale che non era solo per salvare la Russia, ma anche per salvare il mondo dal nazifascismo. Il sentimento nazionale russo è alimentato ed è saldato a questa memoria della lotta al nazifascismo. Quindi, quando Putin parla di “denazificazione” lo fa sapendo che tocca certe leve nel suo popolo, risvegliando antichi ricordi, perché il loro immaginario va immediatamente a quei racconti dei nonni e allo sforzo della liberazione dall’invasione tedesca.

In secondo luogo, è chiaro che c’è una presenza di movimenti di estrema destra in Ucraina. Ci sono movimenti che esistono da quando l’Ucraina è indipendente, quindi ben prima del 2014. Si tratta di un’estrema destra che definirei “tradizionale” e che si rifà all’ultranazionalismo come lo conosciamo anche in altri Paesi d’Europa. Queste destre estreme fanno sempre riferimento a un passato, nel caso ucraino il riferimento è legato a un’identità ucraina di tipo etnico: un’Ucraina fatta di ucraini e dalla quale quindi tutta la componente russofona è esclusa. Questa visione si concentra principalmente nelle regioni occidentali, soprattutto in Galizia, attorno a Leopoli, dove c’è lo zoccolo duro.

 

Cos’è cambiato dal 2014, dopo la rivoluzione di Maidan?

A partire dal 2014, invece, si sviluppano altri movimenti, il più conosciuto è Pravyi sektor (Settore destro), guidato da Dmytro Jaroš. Inizialmente Pravyi sektor rappresentava solo l’indicazione di dove si trovava questo gruppo all’interno della piazza durante la rivoluzione, non c’era un’ideologia ben definita tra i suoi componenti. Sì, i suoi leader ce l’avevano, ma in quel momento non era importante la politica. Dopo poche settimane invece ha preso una connotazione ideologica molto forte di estrema destra.

Pravy sektor però non è un movimento che ha una grossa influenza politica e alle elezioni parlamentari del 2014 riesce a raccogliere solo l’1,8% dei consensi e il suo leader Dmytro Jaroš, candidato alle presidenziali lo stesso anno, raccoglie solo lo 0,7%.

 

Non ricevono consenso elettorale, questo significa che il popolo in maggioranza non li sostiene, eppure non sono stati proprio marginali…

Grazie al ruolo importante che questo movimento ha avuto nelle proteste in Piazza Maidan, è comunque riuscito a sfruttare le molte crepe di un sistema democratico vacillante, condizionato dal conflitto e plagiato dalla presenza degli oligarchi. La marginalità istituzionale dell’estrema destra non è sinonimo di debolezza, Pravyi sektor è, ad esempio, all’origine del famigerato battaglione Azov. Questa estrema destra militante e militare ha rappresentato una seria minaccia per la vita politica del paese: cercando di imporre la propria agenda estremista, si è infatti resa protagonista di intimidazioni e violenze verso oppositori di sinistra, gruppi femministi, attivisti Lgbt e minoranze etniche, minando il processo di democratizzazione.

 

E allora perché questi gruppi sono stati tollerati, se non promossi, dalle autorità politiche dell’Ucraina?

Non dobbiamo dimenticare la presenza di potenti oligarchi che controllano il Paese e promuovono i politici a seconda delle loro necessità. Uno di questi, molto potente e poco conosciuto, è Ihor Kolomojskyj, il cui nome ritorna spesso: è lui che ha favorito l’ascesa di Julija Tymošenko e di Petro Porošenko, con il quale però è poi entrato in conflitto, mettendogli così di fronte un degno avversario come l’attuale presidente Zelenskyj, favorendone l’elezione. Ed è sempre Kolomojskyj che ha finanziato la creazione dei battaglioni ultranazionalisti Azov, Dnipro e Aidar.

Ora, questo potente signore, vale la pena ricordarlo, è un ebreo con cittadinanza ucraina e israeliana, quindi tutto fuorché un neonazista.

 

Perché allora ha finanziato e armato dei gruppi di stampo neonazista?

Non lo ha certamente fatto per affinità ideologiche, lo scopo era invece quello di creare delle milizie private che, nella grande confusione del 2014-2015, gli servissero per difendere i propri interessi economici e politici nelle regioni orientali, nel momento in cui altre milizie private, orientate più verso gli interessi di Mosca, venivano finanziate da Achmetov e altri oligarchi del Donbass, come il battaglione Vostok. Si capisce quindi l’importanza del ruolo degli oligarchi, più che delle ideologie ultranazionaliste in contrapposizione a quelle filo-russe, nell’apparizione di questi gruppi paramilitari. Inoltre, la presenza di stranieri simpatizzanti dell’estrema destra tra le file di uno e dell’altro schieramento dimostra una volta di più che la chiave di lettura ideologica non regge per spiegare il fenomeno.

L’estrema destra ha sì un’influenza sul paese, ma questa influenza deriva dal fatto che sia collegata al potere oligarchico e risponda quindi anche a interessi che non sono di tipo ideologico-politico, ma piuttosto economico.

 

La guerra cambierà questi equilibri?

È chiaro che la guerra cambia un po’ tutto: il battaglione Azov è diventato necessario ora per lo Stato ucraino, lo stesso Stato che prima aveva cercato di integrare questa estrema destra per sottrarla al controllo degli oligarchi. L’ex-presidente ucraino Porošenko aveva interesse a far entrare questi battaglioni nell’esercito regolare perché questo significava toglierne il controllo agli oligarchi. Si potevano sciogliere questi battaglioni? No, non si poteva perché lo Stato era ancora debole, le istituzioni democratiche erano ancora deboli e il rischio era enorme, quindi si è cercata una via di compromesso integrandoli, anche se questo significava armare Azov come tutti gli altri battaglioni dell’esercito.

Dire che lo Stato ucraino ha protetto e tollerato l’estremismo di destra è sbagliato, ma lo Stato ucraino è tante cose e ci sono rappresentanti dello Stato che sono oligarchi e che quindi fanno i propri interessi. Si tratta di un discorso complesso e che non va “tagliato con l’accetta”, soprattutto se si parla dell’estrema destra del dopo 2014.

Se quando la guerra finirà l’Ucraina esisterà ancora, io credo che si riaccenderà il sentimento nazionalista, anche radicale, è inevitabile, ma non sarà necessariamente un nazionalismo di tipo etnico.

 

QUANDO L’INTELLETTUALE RINUNCIA ALLA RAGIONE. A PROPOSITO DI FLORES E DI “MICROMEGA”.

FONTE IL BLOG DI ANGELO D’ORSI  CHE RINGRAZIAMO

Il 4 aprile 2022 l’ANPI (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia) ha diffuso il seguente comunicato:
“L’ANPI condanna fermamente il massacro di Bucha, in attesa di una commissione d’inchiesta internazionale guidata dall’ONU e formata da rappresentanti di Paesi neutrali, per appurare cosa davvero è avvenuto, perché è avvenuto, chi sono i responsabili. Questa terribile vicenda conferma l’urgenza di porre fine all’orrore della guerra e al furore bellicistico che cresce ogni giorno di più”.

“Questo comunicato è osceno, e infanga i valori della Resistenza”, è l’incipit del commento di Paolo Flores d’Arcais, direttore di “MicroMega”, mentre a me è parso un comunicato di buon senso, e di civile rigore. In un editoriale sul sito della rivista, invece di sostenere la linea della ricerca della verità, Flores la dà per assodata, e chiede, dopo una profluvie di insulti ai dirigenti ANPI e di volgarità contro i russi, reclama una Norimberga per processarli (e poi? pena di morte?): un editoriale di una rozzezza e di una violenza che può fare invidia ai fogli più osceni del bellicismo italiota.

E meno male che Flores si è sempre presentato come il campione del razionalismo neoilluministico! Ma che cosa chiedeva Romain Rolland nel 1914 quando si scatenò nel mondo della cultura, in tutta Europa, la canea bellicistica? Chiedeva agli intellettualie di stare “al di sopra della mischia”, non al di fuori, ma al di sopra, cercando di non cedere alle passioni nazionali, e di non perdere il lume della ragione critica. E che cosa invocava Antonio Gramsci, negli anni di quella stessa guerra? La necessità della verità: ad ogni costo.

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Ucraina: socialisti democratici sfidano l’attacco di Zelensky ai lavoratori, ai partiti politici

 

FONTE GREENLEFT

Autore Federico Fuentes 

Usando il pretesto dell’invasione della Russia, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha bandito diversi partiti politici e minato i diritti sindacali e sindacali.

Il gruppo socialista ucraino Sotsyalnyi Rukh (Movimento sociale) ha criticato le azioni come antidemocratiche e ha avvertito che rischiano di minare la resistenza popolare all’invasione.

Zelensky “ha sospeso temporaneamente le attività” di 11 partiti con presunti legami con la Russia il 19 marzo. Sebbene la maggior parte dei partiti sia molto piccola, l’elenco include il secondo partito più grande in parlamento, la Piattaforma di opposizione per la vita, insieme a diverse organizzazioni che hanno le parole “sinistra” o “socialista” nel loro nome.

Giorni prima, il parlamento ha approvato un disegno di legge per deregolamentare i diritti del lavoro, la legge dell’Ucraina “Sull’organizzazione dei rapporti di lavoro nella legge marziale” (7160) , che è stata firmata da Zelensky il 23 marzo.

 

 

Nuovo diritto del lavoro

Socialisti e sindacati affermano che la legge – che limita in modo significativo i diritti dei dipendenti e aumenta il potere dei capi – è incostituzionale e potrebbe rimanere in vigore anche dopo la fine della guerra.

Il leader del movimento sociale Vitaliy Dudin ha spiegato in una  che il nuovo diritto del lavoro, che arriva “in un momento in cui i sindacati ucraini e i lavoratori in generale sono mobilitati nella resistenza popolare e nell’organizzazione del mutuo soccorso” rappresenta “uno schiaffo”. di fronte al loro coraggio e sacrificio”.

“Tali misure trasferiranno il peso della guerra dai più ricchi alla maggioranza operaia”, scrisse Dudin. “Devono essere respinte”.

George Sandul, un avvocato della Ong per i diritti dei lavoratori Labor Initiatives, ha detto a Serhiy Guz di   che i cambiamenti hanno “scioccato i sindacati e gli esperti del settore”.

“Naturalmente, il modo in cui le persone lavorano ha subito enormi cambiamenti durante la guerra provocata dall’invasione russa”, ha affermato Sandul. “Ma quei dipendenti che non hanno perso il lavoro stanno lavorando giorno e notte affinché l’esercito e il popolo ucraino ottengano la vittoria.

“È logico che qualsiasi regolamento legislativo dovrebbe servire a un obiettivo principale: rafforzare la capacità di difesa dell’Ucraina. Questo disegno di legge … chiaramente non serve a questo scopo, invece mette i bastoni tra le ruote”.

Allo stesso modo, Dudin ha scritto: “Le restrizioni imposte a tutela dell’interesse pubblico devono essere proporzionate al raggiungimento dell’obiettivo perseguito. La [legge] è concepita per rafforzare le capacità di difesa, ma stabilisce la possibilità di sfruttamento dei lavoratori nelle imprese di qualsiasi settore in tutta l’Ucraina. In altre parole, le norme emergenziali da esso previste possono essere utilizzate non per svolgere lavori nell’interesse della difesa, ma per aumentare i profitti dei proprietari».

La legge consente: ai datori di lavoro di annullare i contratti collettivi di lavoro e di aumentare la settimana lavorativa da 40 a 60 ore; il licenziamento dei lavoratori in congedo per malattia o ferie, nonché il licenziamento degli iscritti al sindacato senza il consenso del comitato sindacale; le donne da assegnare a lavori fisicamente faticosi e clandestini, attualmente proibiti dalle leggi sul lavoro ucraine; e la sospensione del contratto di lavoro “in connessione con l’aggressione militare contro l’Ucraina”, con responsabilità per il pagamento del salario dei lavoratori a carico dello “Stato che ha commesso l’aggressione militare” (Russia), non del datore di lavoro.

Guz osserva che la legge segue le orme di “proposte altrettanto radicali di modificare il diritto del lavoro a favore dei datori di lavoro e di limitare in modo significativo i diritti dei sindacati” che erano state proposte dalla commissione parlamentare per le politiche sociali e dal ministero dell’Economia mesi prima L’invasione della Russia.

Dudin ritiene che queste restrizioni ai diritti dei lavoratori non siano necessarie e che esistano “modi più equi” per garantire la difesa dell’Ucraina: “È necessario confiscare le proprietà degli oligarchi ucraini per motivi di necessità pubblica. La capitale degli oligarchi ucraini deve lavorare per l’economia.

“L’obiettivo principale della politica in questa fase è unire la società nel contrastare l’aggressione russa e preservare il più possibile i diritti delle persone colpite. L’economia ucraina sarà sicuramente rilanciata [attraverso] il sostegno statale, un’adeguata organizzazione del lavoro e salari dignitosi”.

Divieto di feste

In un  , il Movimento Sociale ha espresso la propria contrarietà al divieto di alcuni partiti: “Abbiamo già visto come il governo abbia cercato di abusare della situazione di guerra per aggredire i diritti del lavoro dei lavoratori ucraini, ora le sue azioni sono volte a limitando le libertà politiche e civili. Non possiamo supportarlo”.

Dudin ha detto a  che il decreto di Zelensky che sospende le attività di questi partiti è “preoccupante”. “Stiamo vivendo tempi molto difficili, ma le restrizioni alla libertà di parola e di associazione sono difendibili solo se rese necessarie da motivi legali impellenti”, ha affermato.

“Anche durante lo stato di emergenza, le misure devono essere proporzionate alle loro finalità. Questo decreto presidenziale, tuttavia, non soddisfa il suo principale obiettivo dichiarato: garantire la sicurezza dell’Ucraina. Perché l’Ucraina vinca questa guerra, saranno necessarie due cose: l’unità popolare e il sostegno internazionale. Questo decreto mal concepito rischia di mettere a repentaglio entrambi”.

Dudin ha aggiunto: “La motivazione alla base di questo decreto è politica, basata su accuse non specificate di anti-Ucraina da parte di questi partiti. È una restrizione irragionevole su uno dei nostri diritti più fondamentali. Questa non è la Russia, questa è l’Ucraina, e la nostra costituzione proclama un sistema pluralista e multipartitico. Non possiamo semplicemente rinunciare a questa componente essenziale della nostra democrazia con il pretesto che siamo in guerra.

“Come persone di sinistra, ovviamente, siamo particolarmente preoccupati per le restrizioni a sinistra e che il decreto creerà la percezione che tutto ciò che è connesso con la sinistra e con il socialismo fa parte di una qualche strategia russa contro l’Ucraina.

“Allo stesso tempo, mentre molti compagni stranieri in questo momento ci chiedono se il pensiero di sinistra è ormai bandito in Ucraina e se questo è l’inizio di una più ampia repressione della sinistra, non credo che sia così categorico. Piuttosto che un attacco alla sinistra in sé , il governo sembra essere stato guidato da idee abbastanza vaghe su ciò che è “filorusso” e “filo-ucraino”.

“Si potrebbe dire: nessun vero esponente di sinistra è stato danneggiato nell’elaborazione di questo decreto. Nessuno dei soggetti presi di mira si batte per la giustizia sociale o per il socialismo democratico…

“In breve, nonostante le restrizioni ora imposte a queste parti, coloro che si battono per la giustizia sociale in Ucraina continueranno a farlo. In questo senso, le cose non sono cambiate in modo così significativo”.

Chernobyl and Zaporizhzhia power cuts: nervous wait as Ukraine nuclear power plants could start leaking radiation

New Safe Confinement structure at Chernobyl.
OLEG PETRASYUK/EPA-EFE

Lewis Blackburn, University of Sheffield

The catastrophic disaster at the Chernobyl Nuclear Power Plant in 1986 was caused by an explosion at the Reactor 4 Unit. This expelled a sizeable quantity of radioactive material into the surroundings, alongside a partial meltdown of the reactor core. The last few decades have seen substantial international efforts to safely contain and decontaminate the site, including the recent installation of the New Safe Confinement structure.

But Russian forces have now seized the site, along with the Zaporizhzhia nuclear power plant, as part of the ongoing conflict in Ukraine. Moreover, on March 9, Ukrainian authorities reported a power loss at Chernobyl, followed by a partial one at Zaporizhzhia.

Despite reassurances by the International Atomic Energy Agency (IAEA) that there is no imminent safety threat posed by the power isolation, it is important to understand the potential impact going forward.

When nuclear fuel is removed from the core of a reactor, it is redesignated as “spent” nuclear fuel and often treated as a waste product for disposal.

But fuel will continue to dissipate heat due to radioactive decay, even after being removed from the reactor core. It is therefore of foremost importance that the spent fuel material contained at the Chernobyl site is adequately and continuously cooled to prevent a release of radioactivity.

At Chernobyl, as well as other sites, standard procedures to safely handle such material involves placing the fuel into water-filled ponds, which shield the near-field environment from radiation. They also provide a medium for heat transfer from the fuel to the water via continuous circulation of fresh, cool water.

If circulation is compromised, such as the recent power shutdowns, the fuel will continue to emit heat. This can make the surrounding coolant water evaporate – leaving nothing to soak up the radiation from the fuel. It would therefore leak out to the surroundings.

In the case of Chernobyl, the spent fuel material has been out of the reactor for an adequate period of time and does not, therefore, require intensive cooling. However, the surrounding water could nevertheless be evaporated eventually if the power is not reinstated. This could, in turn, heighten the risk for an increased radiation dose uptake by the remaining site workers and beyond.

The remaining risks are mainly posed by the severely damaged Reactor 4 Unit, which contains sizeable quantities of a lava-like material, commonly referred to as “corium” (because it comes form the core). This is highly radioactive and its eventual disposal continues to present a substantial scientific and engineering challenge. It is therefore necessary that the continued operation of radiation monitoring and ventilation systems within the New Safe Confinement structure remain online.

At Zaporizhzhia, two out of six reactors are actually operating. The damaged power connection luckily affects a reactor that is currently shut down. This is undergoing repair – but it is difficult to get spare parts in the middle of the war.

Nervous wait

Despite assurances that there exist on-site reserves of diesel fuel that could feasibly provide back-up power for approximately 48 hours at Chernobyl, we don’t know how long the site will be without power. It should be reiterated, however, that IAEA have said there is no cause for immediate alarm. That’s because there is enough water in the spent fuel pools to avoid an accident. It may be months before the water is completely gone.

This is reassuring, but then the fighting in the region is reportedly already making it difficult to fix the power connection problem.

At Zaporizhzhia, the damaged power connection is undergoing repair – but it is difficult to get spare parts in the middle of a war. The fact that the reactor is shut down means it is not an immediate safety risk. But if power is cut to one of the operating reactors, paired with substantial damage to backup generators, this could result in meltdown in the worst case.

The safe dismantling, decontamination and decommissioning of the Chernobyl site is the collective aim of the global engineering community, yet estimates of completion range into the late 2060s. Clearly, the latest events events pose a serious threat to the ongoing decommissioning efforts in Ukraine.The Conversation

Lewis Blackburn, EPSRC Doctoral Prize Fellow in Materials Science, University of Sheffield

This article is republished from The Conversation under a Creative Commons license. Read the original article.

 


Interruzioni elettriche di Chernobyl e Zaporizhzhia: attesa nervosa perché le centrali nucleari ucraine potrebbero iniziare a perdere radiazioni

traduzione robotizzata dall’inglese con google translator

Il catastrofico disastro alla centrale nucleare di Chernobyl nel 1986 è stato causato da un’esplosione presso l’unità Reactor 4. Ciò ha espulso una notevole quantità di materiale radioattivo nell’ambiente circostante, insieme a una fusione parziale del nocciolo del reattore. Gli ultimi decenni hanno visto sostanziali sforzi internazionali per contenere e decontaminare in sicurezza il sito, inclusa la recente installazione della struttura New Safe Confinement .

Ma le forze russe hanno ora sequestrato il sito, insieme alla centrale nucleare di Zaporizhzhia , come parte del conflitto in corso in Ucraina. Inoltre, il 9 marzo, le autorità ucraine hanno segnalato una perdita di potenza a Chernobyl, seguita da una parziale a Zaporizhzhia .

Nonostante le rassicurazioni dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA) secondo cui non vi è alcuna minaccia imminente per la sicurezza rappresentata dall’isolamento dell’alimentazione, è importante comprendere il potenziale impatto in futuro.

Quando il combustibile nucleare viene rimosso dal nocciolo di un reattore, viene rinominato come combustibile nucleare “esaurito” e spesso trattato come un prodotto di scarto per lo smaltimento.

La nostra missione è condividere le conoscenze e prendere decisioni informate.

Ma il carburante continuerà a dissipare calore a causa del decadimento radioattivo, anche dopo essere stato rimosso dal nocciolo del reattore. È quindi della massima importanza che il materiale combustibile esaurito contenuto nel sito di Chernobyl sia adeguatamente e continuamente raffreddato per prevenire il rilascio di radioattività.

A Chernobyl, così come in altri siti, le procedure standard per manipolare in sicurezza tale materiale comportano il posizionamento del carburante in stagni pieni d’acqua, che proteggono l’ambiente del campo vicino dalle radiazioni. Forniscono anche un mezzo per il trasferimento di calore dal carburante all’acqua attraverso la circolazione continua di acqua fresca e fresca.

Se la circolazione è compromessa, come le recenti interruzioni di corrente, il combustibile continuerà a emettere calore. Ciò può far evaporare l’acqua di raffreddamento circostante, senza lasciare nulla per assorbire le radiazioni del carburante. Si diffonderebbe quindi nell’ambiente circostante.

Nel caso di Chernobyl, il materiale combustibile esaurito è rimasto fuori dal reattore per un periodo di tempo adeguato e, pertanto, non necessita di un raffreddamento intensivo. Tuttavia, l’acqua circostante potrebbe comunque evaporare alla fine se l’alimentazione non viene ripristinata. Ciò, a sua volta, potrebbe aumentare il rischio di un aumento dell’assorbimento della dose di radiazioni da parte dei restanti lavoratori del sito e oltre.

I restanti rischi sono principalmente posti dall’Unità Reactor 4, gravemente danneggiata, che contiene notevoli quantità di un materiale lavico , comunemente chiamato “corium” (perché proviene dal nucleo). Questo è altamente radioattivo e il suo eventuale smaltimento continua a rappresentare una sfida scientifica e ingegneristica sostanziale. È quindi necessario che il funzionamento continuato dei sistemi di monitoraggio delle radiazioni e ventilazione all’interno della struttura del Nuovo Confinamento Sicuro rimanga online.

A Zaporizhzhia, due reattori su sei sono effettivamente in funzione. Il collegamento di alimentazione danneggiato fortunatamente colpisce un reattore che è attualmente spento . Questo è in fase di riparazione, ma è difficile ottenere pezzi di ricambio nel mezzo della guerra.

Attesa nervosa

Nonostante le assicurazioni che esistono riserve in loco di carburante diesel che potrebbero fornire in modo fattibile alimentazione di riserva per circa 48 ore a Chernobyl, non sappiamo per quanto tempo il sito rimarrà senza alimentazione. Va ribadito, tuttavia, che l’AIEA ha affermato che non vi è motivo di allarme immediato. Questo perché c’è abbastanza acqua nelle piscine del combustibile esaurito per evitare un incidente. Potrebbero volerci mesi prima che l’acqua sia completamente sparita.

Questo è rassicurante, ma poi, secondo quanto riferito, i combattimenti nella regione stanno già rendendo difficile risolvere il problema della connessione elettrica.

A Zaporizhzhia, il collegamento elettrico danneggiato è in riparazione, ma è difficile ottenere pezzi di ricambio nel mezzo di una guerra. Il fatto che il reattore sia spento significa che non rappresenta un rischio immediato per la sicurezza. Ma se l’alimentazione viene interrotta a uno dei reattori in funzione, insieme a danni sostanziali ai generatori di riserva, ciò potrebbe causare una fusione nel peggiore dei casi.

Lo smantellamento, la decontaminazione e lo smantellamento in sicurezza del sito di Chernobyl è l’obiettivo collettivo della comunità ingegneristica globale, ma si stima che il completamento arrivi alla fine degli anni ’60. Chiaramente, gli eventi più recenti rappresentano una seria minaccia per gli sforzi di smantellamento in corso in Ucraina.