Né generazione Erasmus, né fuga dei cervelli: cosa ci dicono le migrazioni interne in Europa?

fonte dinamopress 

Le favole sulle migrazioni interne all’Ue diffuse dalla stampa, nascondono la realtà di un fenomeno epocale: la costituzione di un mercato del lavoro europeo fatto di sfruttamento e razzializzazione contro cui si scontra il desiderio politico della fuga

Le favole sulle migrazioni interne all’Ue diffuse dalla stampa, nascondono la realtà di un fenomeno epocale: la costituzione di un mercato del lavoro europeo fatto di sfruttamento e razializzazione contro cui si scontra il desiderio politico della fuga. Nei primi anni Duemila, quando ancora i radar statistici faticavano a intercettare i partenti, si parlava dei migranti italiani come Generazione Erasmus; dopo il 2008 con la crisi strutturale del sistema universitario il tema è diventato la Fuga dei Cervelli. Siamo passati nel giro di un decennio da una visione delle migrazioni come dei brevi viaggi a scopo culturale, all’allarme generale per la perdita di un consistente numero di ricercatori e studiosi. Ancora oggi molti giornali come ad esempio “La Repubblica” e “Il Fatto Quotidiano” dedicano intere rubriche alle storie di successo dei nostri connazionali all’estero. Il messaggio, non si sa quanto volontario, è chiaro: l’Italia fa schifo, ma è solo un’eccezione perché altrove la norma è il paradiso. Una bella favoletta da raccontare a tutti i disoccupati e sotto-occupati italiani. La realtà ha tinte molto meno definite, nessuno ci sta aspettando per ricoprirci d’oro ma di sicuro chi decide di vivere nella penisola tra stipendi da fame, welfare decadente e costo della vita in aumento accetta, suo malgrado, di sacrificarsi.

Leggi tutto

Non è lavoro, è sfruttamento

di Alessandro Villari

Marta Fana, Non è lavoro, è sfruttamento, Tempi Nuovi Laterza, 2017, pp. 173, € 14,00.

Ho iniziato a scrivere queste note a margine del libro di Marta Fana a bordo di un volo Ryanair. La vertenza (internazionale) sulle condizioni di lavoro inaccettabili imposte dalla compagnia a piloti e hostess, che in Italia hanno proclamato il loro primo sciopero nazionale per il prossimo 26 ottobre, è scoppiata quando il volume probabilmente era già in stampa. Non è perciò citata direttamente, ma se ne trova ugualmente una descrizione piuttosto accurata nel passaggio in cui l’autrice spiega come “dietro la frenesia del risparmio, della ricerca della spedizione gratuita su cui una commessa si concentra per assolvere alla sua funzione di consumatore si annidano sia l’impoverimento del lavoratore-consumatore sia lo sfruttamento del lavoro nella logistica”. Basta sostituire spedizione gratuita con volo più economico e logistica con trasporto aereo e il gioco è fatto.

Lo spostamento dell’“inquadratura” operato dalla narrazione dominante, dai diritti dei lavoratori ai diritti dei consumatori, è appunto uno dei dispositivi più penetranti ed efficaci per isolare i settori più combattivi del mondo del lavoro, in particolare quelli della logistica e dei trasporti, e depotenziarne le lotte. L’autrice lo spiega con chiarezza, insieme agli altri strumenti fondamentali dell’armamentario ideologico padronale: la “meritocrazia”, brandita come un’accetta per tagliare i diritti fondamentali (all’istruzione, alla salute, alla casa) e imporre all’ingresso una selezione di classe; la “flessibilità”, che da vent’anni a questa parte avrebbe dovuto garantire più opportunità di lavoro per le giovani generazioni ma al contrario ha significato per tutti minori tutele e condizioni di lavoro peggiori e più incerte; strettamente connesso ai primi, l’individualismo, il principio per cui ci si deve “fare da sé” in una competizione al ribasso in cui a essere premiato è chi è disposto a farsi sfruttare di più, fino al lavoro gratuito spacciato come imperdibile opportunità nelle settimane di Expo, oppure imposto agli studenti medi con l’alternanza scuola-lavoro.

Leggi tutto