RAPPORTO IOM SUI MIGRANTI MORTI “VIAGGI FATALI” SULLE ROTTE DELLA SPERANZA

 

FONTE NIGRIZIA CHE RINGRAZIAMO

Oltre 22.500 persone sono scomparse o decedute negli ultimi tre anni e mezzo, secondo gli analisti dell’Organizzazione per le migrazioni, ma nessuno conoscerà mai il numero reale, che è molto più alto. Un esercito di uomini, donne e bambini, destinati a restare senza nome e, spesso, senza nemmeno una degna sepoltura.

di Marco Cochi

 

L’Organizzazione internazionale per le migrazioni (IOM) ha pubblicato un nuovo rapporto sulle morti e le sparizioni di migranti in tutto il mondo. Nella relazione di 136 pagine intitolata “Viaggi Fatali” emerge che «dall’inizio del 2014 ai primi sei mesi del 2017, oltre 22.500 migranti sono deceduti o scomparsi nel tentativo di fuggire dalla guerra o dalla miseria».

Un tragico resoconto che potrebbe diventare molto più alto, perché «il reale numero del totale di morti e dispersi non può essere calcolato con certezza», come sottolineano gli analisti del Global Migration Data Center (Gmdac) dello Iom, che hanno realizzato lo studio insieme ai ricercatori dell’Università di Bristol.

Il report rileva pure che dal 2000 al 2016 sono morti almeno 60mila migranti e che 15mila di essi sono scomparsi sulla rotta del Mediterraneo, balzata alle cronache internazionali per il tragico naufragio di Lampedusa del 3 ottobre 2013.

Ma quella mediterranea, che comprende ben 11 itinerari, è solo una delle 14 principali rotte migratorie, identificate nello studio, dove si registrano numerose perdite ogni anno. Tra queste, oltre al Mediterraneo, è risultata particolarmente pericolosa quella che dall’Africa occidentale e dal Corno d’Africa conduce verso Egitto e Libia. Mentre, dal 2014, migliaia di persone sono morte nel tentativo di attraversare il deserto del Sahara.

Il rapporto di Iom si focalizza anche su come migliorare la fruizione dei dati sui migranti scomparsi, per prevenire ulteriori decessi e consentire alle famiglie di conoscere il destino dei loro parenti. Molte famiglie, infatti, trascorrono anni in un limbo di incertezza senza sapere se i loro cari siano vivi o morti, poiché i corpi che riescono ad essere identificati sono una ristretta minoranza.

Nonostante il documento evidenzi che negli ultimi tre anni la raccolta dei dati sia tangibilmente migliorata, ci sono ancora molte lacune nell’accertare l’identità dei migranti morti. Spesso mancano informazioni fondamentali come il sesso o l’età del migrante di cui viene rilevato il decesso, mentre resta molto ridotto anche il numero di corpi recuperati e successivamente identificati.

Gli autori del report spiegano che ci sono varie ragioni che implicano questa incertezza nella raccolta dei dati. A volte è difficile registrare il numero esatto dei decessi perché si verificano in regioni remote del mondo, mentre in altri casi l’approssimazione può essere semplicemente dovuta alla negligenza che i governi manifestano nel fornire le statistiche relative ai migranti morti entro i loro confini, o alla mancanza di risorse per raccogliere i dati e inviarli agli analisti del Gmdac, che da Berlino curano l’unico database esistente che registra le morti dei migranti a livello globale.

Alla ricerca di nuovi metodi

Tutto ciò determina, che in alcuni casi non esistono fonti affidabili e regolarmente aggiornate. Per questo i ricercatori, per realizzare lo studio, hanno dovuto incrociare le banche dati disponibili con le testimonianze dei protagonisti dei viaggi della speranza.

La possibilità di avere accesso a nuove fonti potrebbe migliorare la fruizione dei dati sui migranti scomparsi. Il secondo capitolo della relazione mostra ad esempio che l’analisi dei “grandi dati” può fornire una migliore comprensione del contesto delle operazioni di ricerca e salvataggio nel Mediterraneo. 

Altri tipi di approccio, come lo sviluppo di meccanismi di condivisione intra-regionali, potrebbero rendere più efficace la raccolta dei dati in aree in cui si è registrato un numero ridotto di decessi.

L’inclusione della migrazione nell’Agenda Globale per lo Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite 2030 e l’impegno degli stati a promuovere una migrazione sicura, ordinata e regolare, richiedono di migliorare le informazioni e segnalare chi sono e da dove provengono i migranti scomparsi, ma soprattutto quando sono più a rischio. Conoscenze fondamentali, queste, per costruire una risposta globale e per ridurre il numero delle morti dei migranti.