Brasile, lo studio: “Cosi’ Volkswagen collaborava con la dittatura”

FONTE CONTROLACRISI.ORG
“La sussidiaria brasiliana della Volkswagen, Volkswagen do Brasil, mostrava lealta’ senza alcuna riserva verso il regime militare”: la denuncia e’ contenuta in uno studio commissionato dalla stessa casa automobilistica tedesca. “Nonostante non abbia avuto alcun ruolo nel colpo di stato che ha rovesciato il governo legittimamente eletto – si legge nel documento – la compagnia riteneva che l’istituzione di un regime dittatoriale sempre piu’ oppressivo fosse uno sviluppo inequivocabilmente positivo”.

“Volkswagen do Brasil condivideva completamente gli obbiettivi economici e di politica interna della giunta militare” ha detto Christopher Kopper, storico dell’universita’ Bielefeld che ha condotto la ricerca. “I vertici tedeschi dell’azienda a Wolfsburg erano al corrente della repressione politica e sociale messa in atto dalla dittatura militare, ma minimizzavano la cosa come una situazione
inevitabile, in pieno stile colonialista” ha continuato Kopper.

Il documento e’ stato presentato allo stabilimento di Volkswagen do Brasil di Sao Bernardo do Campo, vicino San Paolo, alla presenza del vicepresidente della Volkswagen per il sudamerica e il Brasile, Pablo Di Si, che ha dichiarato: “Non abbiamo nulla da nascondere. Abbiamo presentato lo studio al ministro della Giustizia brasiliano nella maniera piu’ trasparente possibile. Accettiamo le scoperte che sono emerse e siamo profondamente rammaricati per quanto avvenuto”.

En Turquie, même Charles Darwin n’est plus le bienvenu

FONTE EQUALTIMES

En Turquie, même Charles Darwin n'est plus le bienvenu

Education reform in Turkey is a way for Recep Tayyip Erdoğan to shape the country in his own image and to influence the young generation, much to the dislike of many parents and teachers who are concerned about the government’s stranglehold on the education system.

( AP/Lefteris Pitarakis)

Meltem, Nehir et Emre sont parents d’élèves, enseignants, étudiants mais surtout membres du groupe citoyen pour une éducation laïque Hepimiz İçin Laik Eğitim.

Lorsqu’ils ont eu vent, un peu avant l’été, de l’ambition gouvernementale de réformer les manuels scolaires, leur surprise fut à la hauteur des changements envisagés.

« Nous savions que le gouvernement prévoyait de modifier les programmes » explique Meltem Figen, mère de famille, « mais d’habitude nous pouvions au moins visionner les versions PDF sur internet avant impression. Cette fois, ça n’a pas été le cas ».

L’une des réformes qui fait le plus grincer des dents les milieux de l’opposition au gouvernement est sans doute la suppression de l’enseignement de la théorie de l’évolution de Darwin au lycée. Elle ne concerne pour l’instant que certains niveaux de l’enseignement primaire et secondaire mais sera étendue dès l’année 2018-2019 à l’ensemble des classes.

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Intercettazioni. Oggi si approva la legge. Non c’è tempo per lo Ius Soli ma c’è per nascondere i panni sporchi in famiglia

La riforma bavaglio alla pubblicazione delle intercettazioni è stata finalmente approvata. Oggi ci sarà il decreto finale del Consiglio dei Ministri.
In questo Paese non si è trovato il tempo per dare la cittadinanza a tutti coloro che sono nati nella nostra terra e che si sentono a tutti gli effetti italiani ma si è trovato il modo di fare una riforma sulle intercettazioni che nemmeno tutti i precedenti governi del centro destra avrebbero potuto sognare.
L’ Associazione Nazionale Magistrati la definisce così: “ LO STRAPOTERE DELLA POLIZIA GIUDIZIARIA NELLA SELEZIONE DELLE INTERCETTAZIONI”. SARÀ LA POLIZIA GIUDIZIARIA INFATTI A DECIDERE PER IL PM QUALI INTERCETTAZIONI SARANNO MERITEVOLI DI ESSERE TRASCRITTE E QUALI NO.

Nessuna riforma può limitare il diritto di cronaca, dicono i vertici Fnsi sulla riforma delle intercettazioni. Ai giornalisti il dovere di diffondere notizie di pubblico interesse, siano o meno coperte da segreto

FONTE PRIMAONLINE CHE RINGRAZIAMO 

“Sbaglia chi crede che la tutela del diritto di cronaca, nella nuova disciplina sulle intercettazioni, possa esaurirsi nel diritto di richiedere copia delle ordinanze del Gip. Questa norma, inserita nel provvedimento approvato dal governo, rappresenta un passo in avanti rispetto al testo iniziale, ma non può limitare il diritto dei giornalisti a pubblicare ogni notizia rilevante per l’opinione pubblica, anche se irrilevante ai fini del processo penale”. Lo affermano, in una nota, Raffaele Lorusso e Giuseppe Giulietti, segretario generale e presidente della Fnsi, commentando il via libera definitivo del Consiglio dei ministri alla riforma delle intercettazioni.

Nella foto, da sinistra: Raffaele Lorusso, segretario generale della Fnsi, e e Giuseppe Giulietti, presidente della Fnsi (foto Assostamparegionali.wordpress.com)

“L’obbligo di non divulgare materiale irrilevante ai fini del processo non può gravare sui giornalisti che, semmai, hanno il dovere opposto: quello di pubblicare ogni notizia di rilevanza pubblica, anche se coperta da segreto”, scrivono i vertici del sindacato, evidenziando come “non tutto ciò che è rilevante per soddisfare il diritto dei cittadini ad essere informati ha necessariamente rilevanza penale”.

“Per questo, concludono, in linea con l’indirizzo consolidato della Corte europea dei diritti dell’uomo, i giornalisti hanno il dovere di pubblicare tutte le notizie di interesse pubblico di cui vengono in possesso, a prescindere dal fatto che siano o meno coperte da segreto”.

Ils cherchent toujours de nouveaux « jeunes jetables »

Il governo algerino sta inasprendo la guerra contro il sindacato indipendente dei lavoratori del settore elettrico e del gas

fonte  Labourstart 

Il governo algerino sta inasprendo la guerra contro il sindacato indipendente dei lavoratori del settore elettrico e del gas, SNATEGS, che organizza i lavoratori nella società statale per l’energia,SONELGAZ.

Centinaia di iscritti al sindacato, di delegati e di funzionari del sindacato sono stati licenziati, vessati e perseguitati con accuse legali fasulle per aver esercitato i loro diritti fondamentali. 

Nel mese di maggio di quest’anno il governo ha revocato lo status giuridico dello SNATEGS e condannato il presidente del sindacato, Raouf Mellal, a sei mesi di prigione per aver denunciato la corruzione e frodi massicce  perpetrate dalla società statale della  SONELGAZ. 

Ora il governo sta tentando di eliminare completamente il sindacato.

Il 3 dicembre, il ministro del Lavoro ha annunciato che lo SNATEGS si era riunito per decidere il suo scioglimento! Non ha avuto luogo nessun incontro. Secondo lo statuto del sindacato, tale decisione può essere presa soltanto dal Congresso. 

Lo SNATEGS  vive e lotta e ha bisogno del vostro aiuto.

Inviate un messaggio alle autorità algerine per dire loro di fermare la guerra contro lo SNATEGS, di rispettare i diritti sindacali e lo status giuridico, di ritirare le accuse nei confronti di Raouf Mellal, degli iscritti al sindacato e dei rappresentanti sindacali che sono perseguitati soltanto come ritorsione per il loro impegno sindacale, e di reintegrare tutte le persone licenziate per aver realizzato attività sindacali nell’esercizio dei loro diritti. 

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Grazie!

Eric Lee

Il regalo di Natale di Gentiloni & Co. – di Salvatore Palidda

FONTE EFFIMERA.ORG

Per questo Natale i signori cattolici ferventi del PD come la stragrande maggioranza del parlamento italiano hanno pensato bene di offrire un regalo multiplo al popolo italiano ovviamente in vista delle prossime elezioni che tutti sperano si giochino su chi è più razzista, militarista, sicuritario-pro-sbirri e in generale neo-liberista nel campo delle politiche economiche e sociali:

1)     Gentiloni ha promesso l’impegno -che sarà votato dal Parlamento- di inviare una nuova missione militare in Niger in nome della guerra ai trafficanti di migranti, cioè in nome del proibizionismo razzista europeo; nel frattempo l’ineffabile Minniti gioca a recitare l’umanitario facendosi fotografare con in braccio un bimbo di neo-rifugiati e promettendo che farà arrivare in aereo un migliaio di profughi;

2)     Lo jus soli non sarà votato né in questa legislatura né molto probabilmente neanche alla prossima vista la concorrenza crescente fra tutti i partiti per mostrare chi è più razzista;

3)     Come promesso già mesi addietro da Gabrielli, da Minniti e da altri, i funzionari e altri operatori delle polizie condannati e/o inquisiti per le violenze al G8 di Genova -e anche dopo in molteplici occasioni- non saranno mai espulsi dai ranghi di tali “integerrime” forze baciate dal diritto all’impunità e quindi dal diritto a commettere reati comprese torture visto che la legge votata dal parlamento permette di coprire queste pratiche (come ha stigmatizzato persino l’ONU).

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Libia: ecco cosa succede nei centri di detenzione per migranti

FONTE ASGI

Ecco le motivazioni della sentenza del 10 ottobre 2017 con cui la Corte d’assise di Milano ha condannato all’ergastolo un cittadino somalo ritenuto responsabile di gravissimi fatti di violenza commessi nei primi mesi del 2016 in un campo di raccolta dei migranti in Libia (cfr. comunicato dell’11 ottobre).

Leggere le testimonianze delle persone offese sentite nel processo lascia senza fiato.

Nel campo in cui le persone offese erano rinchiuse con la forza, e di cui l’imputato è risultato uno dei gestori, centinaia di persone di ogni età venivano quotidianamente sottoposte a torture, violenze sessuali, omicidi a scopo dimostrativo o per semplice crudeltà, in un clima di disperata rassegnazione delle vittime e di assoluta impunità dei carnefici.

Vale davvero la pena trovare il tempo per leggere almeno alcune pagine della sentenza per rendersi dell’orrore assoluto in cui centinaia di essere umani si trovano a vivere in questi anni nei campi di detenzione libici. Tale orrore oggi ha trovato riconoscimento in una sentenza di un giudice italiano.

Il dibattito sulle politiche di riduzione dei flussi migratori non può non tenerne conto: la politica di impedire con ogni mezzo gli arrivi in Italia dalla Libia significa condannare gli stranieri a rimanere in quei medesimi centri che riconosciamo ufficialmente luoghi di tortura e di morte.

Nessuno può più dire di non sapere.


Foto : Freepik (CC0 1.0) 

REGALI DI NATALE DEL GOVERNO E AFFINI

A quanto pare, già oggi, massimo domani, il Presidente Mattarella dovrebbe sciogliere le Camere.
Eccolo qui, uno dei tanti regali che ha portato questo Natale, una sorta di Pennywise che esce dalla scatola regalo come il nostro peggiore incubo.
Altro che Stephen King…
 
PRESSATO DA RENZI che teme la mancata tenuta del suo partito, alla fine, come da copione, si produce nella sua performance migliore e la più collaudata pronunciando il fatidico: “Obbedisco”!
E, come lo dice lui, nessun altro.
 
Però però però, prima di lasciare, il governo – nella persona del Ministro Minniti – non si risparmia in regali a sorpresa, come ad esempio FAR ARRIVARE AI VERTICI DELL’ANTIMAFIA, qualcuno che doveva essere interdetto da OGNI PUBBLICO UFFICIO.
 
Parliamo di Gilberto Caldarozzi che, come riporta Giulio Cavalli, “è stato condannato per i fatti di Genova a tre anni e otto mesi per falso (in via definitiva), ritenuto responsabile della fabbricazione di prove false che sono servite per “coprire” la violenza della Polizia contro ragazzi inermi.
 
MA NON SOLO.
Pare che Mattarella si stia anche preparando al piano B post-elettorale, nel caso in cui dalle urne (e vista pure la legge elettorale che ci ritroviamo) NON esca un risultato praticabile: UN ALTRO GOVERNO TECNICO (denominato orwellianamente governo del Presidente) chi ci ispira proprio NIENTE di buono.
 
NON È SOLO UNA SONORA PRESA PER I FONDELLI, tutto questo, ma è soprattutto la dimostrazione di come il sistema di potere neoliberista e di governo, ABBIANO LA CERTEZZA di poter fare ESATTAMENTE QUELLO CHE GLI PARE E PIACE.
 
Tanto chi c’è a contrastarli?
 
E NON ILLUDIAMOCI di poterli sconfiggere con una lista elettorale o di arginare questa deriva con lo stesso metodo.
 
QUESTO SISTEMA DI POTERE si sconfigge solo tornando a FARE POLITICA tra la gente, tornando alla lotta nelle aziende, tornando a stare a fianco di chi paga ogni giorno la violenza che stiamo vivendo da parte del sistema.

Governo dell’homelessness: dichiarare guerra ai poveri in nome del “decoro” e della “sicurezza urbana” – di Daniela Leonardi

FONTE EFFIMERA 

Autrice : Daniela Leonardi 

Con l’abbassamento delle temperature, l’inverno ormai alle porte, i media riscoprono come di consueto l’esistenza delle persone senza dimora. Questa stagione è iniziata, contrariamente al solito, con articoli diversi dal racconto del pericolo di vita per chi è costretto a dormire all’aperto. Verso fine novembre abbiamo letto la notizia dell’applicazione del Daspo Urbano – previsto dal decreto Minniti-Orlando, convertito nella legge 48 del 2017 – comminato a una decina di persone homeless nella città di Bologna. Con la loro presenza queste persone  avrebbero ostacolato il passaggio dei pedoni; sono state, quindi, forzatamente costrette ad andarsene in nome del decoro e della sicurezza urbana. Cosa si intende per sicurezza urbana? «Per sicurezza urbana si intende il bene pubblico che afferisce alla vivibilità e al decoro delle città, da perseguire anche attraverso interventi di riqualificazione e recupero delle aree, l’eliminazione dei fattori di marginalità e di esclusione sociale, la prevenzione della criminalità, la promozione del rispetto della legalità e l’affermazione di più elevati livelli di coesione sociale e convivenza civile».

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Chi sono loro per decidere quando e chi possiamo considerare italiano?

Si parla di un Senato che non ha raggiunto il numero legale nell’aula di Palazzo Madama per discutere la lunga attesa riforma cittadinanza. Ma non è del tutto corretto. La maggioranza c’era fino a poco prima, quando è stata approvata la Manovra 2018. Chi ha lasciato quell’aula la mattina del 23 dicembre, lo ha fatto consapevolmente. Di proposito. Chi ha lasciato quell’aula ha scelto da che parte stare. Ha votato, pur non votando.

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C’è chi dice no. La rivolta della casa editrice E/O allo strapotere di Amazon. Il testo della lettera dei fondatori


Rivoluzione tecnologica, vecchia economia: quando l’odore del monopolio attizza gli istinti bestiali. E’ il caso del “NO”, pesante come un macigno, della casa editrice E/O ad Amazon, che in pochi anni ha monopolizzato non solo la distribuzione del libro ma le stesse case editrici. La situazione è al limite del collasso. E la lettera di Sandro Ferri e Sandra Ozzola, fondatori di E/O esprime un malessere che non è solo contro Amazon ma anche contro una logica perversa che sta risucchiando la cultura in quanto tale. Le altre grandi case editrici avranno lo stesso coraggio?  Il passaggio fondamentale di questa lettera della casa editrice E/O è: “Ci è stato richiesto uno sconto gravoso e ingiustificato e di fronte al nostro rifiuto #Amazon ha sospeso l’acquisto di tutti i nostri libri e ha reso quelli che aveva in magazzino.”

 

Ecco la lettera intera:

Da anni ormai Amazon è diventato il più grande negozio on-line di libri (e non solo) nel mondo. Ovunque tende al monopolio e in alcuni paesi già controlla la maggior parte del mercato. Ha creato occupazione, ma ha costretto alla chiusura tantissime librerie (con conseguente perdita di posti di lavoro). Numerose testimonianze giornalistiche documentano le cattive condizioni di lavoro nei magazzini del colosso on-line. Attualmente è in corso un’agitazione sindacale nel magazzino di Piacenza a causa delle condizioni di lavoro che i sindacati definiscono “insostenibili” e Amazon non si è neppure presentata all’incontro di mediazione convocato in Prefettura.

La chiusura delle librerie causata dalla concorrenza spietata di Amazon significa anche impoverimento economico e culturale del territorio: vengono a mancare essenziali luoghi di ritrovo e di cultura. Molti consumatori però accettano Amazon per i suoi prezzi (in genere più scontati quando le leggi nazionali lo consentono) e per l’efficienza. Abbiamo visto con quali conseguenze per le condizioni di lavoro dei suoi dipendenti e per l’impoverimento del territorio, Amazon riesce a ottenere questa efficienza.

I suoi prezzi spesso vantaggiosi sono il risultato di una politica che a volte è arrivata ai limiti del dumping (vendere a prezzo minore o pari a quello d’acquisto dai fornitori); di una frequente elusione delle tasse (nell’ottobre 2017 Amazon è stata condannata dalla Commissione Europea a pagare alla UE 250 milioni di tasse non versate; “¾ dei suoi profitti non sono stati tassati”, ha denunciato la Commissione); di condizioni economiche inaccettabili richieste agli editori.

Noi siamo appena stati oggetto di tali richieste. Ci è stato richiesto uno sconto (quello che gli editori pagano ai distributori e alle librerie come loro “quota” del ricavo finale) a loro favore troppo gravoso per noi e neppure giustificato dal volume dei loro affari con la casa editrice. Di fronte al nostro rifiuto, Amazon ha sospeso l’acquisto di tutti i nostri libri e ha reso quelli che aveva in magazzino. (Attualmente sul loro sito i libri E/O cartacei sono in vendita solo attraverso soggetti terzi, quindi a condizioni più sfavorevoli per tempi di consegna e per costi di spedizione addebitati al cliente).

A questo punto i consumatori potrebbero dire che si tratta di negoziazioni tra imprese e che a loro interessa solo avere un buon prezzo e un servizio efficiente. Il nostro punto di vista è che siamo in presenza di un’azienda che tende pericolosamente e con parziale successo ad avere una posizione dominante nel mercato del libro, sicuramente per quanto riguarda il settore dell’e-commerce. Quindi non un’azienda qualsiasi, ma QUELLA che potrebbe in futuro essere l’unica (o quasi) venditrice di libri. È evidente che il pericolo per la libertà di espressione è reale, costante e quotidiano. Inoltre le case editrici hanno bisogno di margini economici sufficienti per investire nella ricerca di nuovi autori e di nuove proposte. Se questi margini vengono troppo erosi, le case editrici rischiano di sparire (assieme alle librerie, agli autori e a tutto il mondo del libro).

Per questo abbiamo detto NO. Per questo chiediamo il vostro sostegno di lettori, di cittadini che non possono ridursi a essere solamente consumatori ma sono consapevoli di essere anche parte di un territorio (che non può essere desertificato), lavoratori e soggetti degni e liberi di una comunità plurale.

Sandro Ferri, Sandra Ozzola
Fondatori delle Edizioni E/O

Milagro Sala di nuovo ai domiciliari ma nella casa sbagliata

16.12.2017 – Redazione Italia

Milagro Sala di nuovo ai domiciliari ma nella casa sbagliata
(Foto di Pagina 12)

Ieri il giudice Pablo Pullen Llermanos ha ordinato che Milagro Sala fosse messa ai domiciliari nella località  di El Carmen, dove già aveva passato un primo periodo agli inizi si settembre, prima di essere di nuovo pretestuosamente messa in carcere. Il giudice ha dettato anche una serie di regole restrittive che poco hanno a che vedere con le regole internazionalmente risonosciute dell’arresto domiciliare, come controlli polizieschi e restrizione nelle visite.

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Legge di stabilità, la sanità esce con le ossa rotte. L’impietosa analisi della Cgil

FONTE CONTROLACRISI.ORG

Nella legge di bilancio vengono ribaditi i tagli decisi l’anno scorso, con un progressivo definanziamento del sistema, che nell’ultimo decennio ha visto la perdita di 65 mila posti letto negli ospedali, la riduzione di 40 mila addetti in organico, dei quali 15 mila medici, oltre all’eliminazione di 35 mila precari, con l’età media del personale salita a 54 anni. A fronte di una situazione simile la Cgil ribadisce il suo giudizio negativo. Rossana Dettori, segretaria confederale Cgil, commentando le dichirazioni della ministra Lorenzin sottolinea che “i fondi attuali sono insufficienti e non sappiamo neanche se l’ipotesi d’aumento del costo delle sigarette per trovare 500 milioni in più passerà o meno”.

Intanto, il superticket resta, e al massimo sarà rimodulato regione per regione, “finendo con l’accrescere le diseguaglianze nel nostro Paese. È una tassa ingiusta, che grava sulle persone malate e rende inesigibile il diritto alla salute dei cittadini, che è garantito dalla Costituzione. Per questo, continueremo imperterriti la mobilitazione e a gennaio decideremo con quali modalità”, aggiunge Dettori. Oltre alla sanità, c’è il tema del sociale, “dove ci battiamo per l’approvazione di una legge sulla non autosufficienza. Alla base, c’è il fatto che non può essere il ministero dell’Economia a decidere le politiche sanitarie del Paese, ma deve farlo il governo”, ha detto la dirigente sindacale”.Inoltre, torna a registrarsil’intasamento di pronto soccorso e ospedali. “Anziché avviare un piano di rimodulazione della rete sanitaria esistente, si è proceduto unicamente a tagliare posti letto e prestazioni – spiega Dettori – chiudendo e accorpando nosocomi sul territorio. Tutto ciò ha prodotto l’attuale caos, con file estenuanti cui vengono sottoposti i cittadini”. Malgrado le carenze annose di personale e i carichi di lavoro sempre più gravosi, gli addetti rimasti riescono a garantire a prezzo di grossi sacrifici l’assistenza ai malati: basti pensare, che di media, l’orario di lavoro è salito da 36 (per contratto) a 44 ore settimanali, con gli straordinari diventati prassi quotidiana e spesso neanche più retribuiti per mancanza di risorse. Stante la situazione.

Aldo Tortorella: Perché crescono i neofascismi

FONTE INCHIESTAONLINE

| 19 dicembre 2017 | Comments (0)

 

 

Diffondiamo da www.patriaindipendente.it del 13 dicembre 2017 .Parla Aldo Tortorella intervistato da Gianfranco  Pagliarulo,  Dal rancore sociale il desiderio dell’”uomo forte” e il brodo di coltura del radicalismo di destra. Una nuova generazione senza avvenire. Il rapporto tra tirannide e arretratezza italiana. La violenza arma essenziale del fascismo vecchio e nuovo. Il pericolo nero oggi nel mondo

Aldo Tortorella Classe 1926, partigiano, giornalista, filosofo, parlamentare, dirigente comunista, prestigioso intellettuale. Una delle personalità più qualificate per interrogarsi sul fenomeno neofascista. Aldo Tortorella era ancora studente quando entrò nella Resistenza a Milano. Responsabile con Gillo Pontecorvo degli studenti antifascisti Tortorella, originario di Napoli, si era trasferito a Genova alla fine del 1944 (dopo una rocambolesca evasione, travestito da donna, dall’Ospedale militare milanese dove era ristretto), per riorganizzarvi, col nome di battaglia di “Alessio”, le fila del Fronte della Gioventù. “Alessio” organizza nel capoluogo ligure la propaganda e la lotta armata. Quando, il 25 aprile, l’Unità non più clandestina annuncia la Liberazione, è un ragazzo di 19 anni il redattore capo dell’edizione ligure del giornale del Partito comunista. Nella redazione di Genova Tortorella resta sino al 1957. Tra una missione nella Jugoslavia di Tito e un’altra nella Polonia di Gomulka, passando da Budapest appena “normalizzata” dalla repressione sovietica, Tortorella non trascura gli studi filosofici e nel 1956 si laurea con Antonio Banfi  con una tesi sul “concetto di libertà in Spinoza”. È del 1957 il trasferimento a Milano, dove subentra a Davide Lajolo nella direzione de l’Unità. In seguito diverrà segretario della Federazione milanese del Pci e poi del Comitato regionale lombardo. Direttore de l’Unità dal 1970 al 1975, nel 1971 Tortorella è eletto per la prima volta deputato. Confermato sino al 1994, è stato responsabile della politica culturale del PCI durante la segreteria di Enrico Berlinguer e anche di quella delle “questioni dello Stato” con Alessandro Natta, col quale si oppose – insieme a Pietro Ingrao – alla “svolta della Bolognina” di Achille Occhetto. Esce dal Pds nel 1999 in dissenso con la scelta del governo di centro-sinistra di partecipare alle azioni militari contra la Serbia durante la crisi del Kosovo. Aldo Tortorella è presidente onorario dell’Associazione per il rinnovamento della sinistra, da lui fondata insieme a Giuseppe Chiarante e altri alla fine degli anni 90, e direttore di Critica marxista.

Sembrerebbe che oggi, diversamente da quanto avveniva – per esempio – agli anni Settanta, alcune formazioni neofasciste godano di un consenso sociale non particolarmente elevato, ma in costante crescita, tant’è che riescono ad eleggere una rappresentanza in vari Comuni, da Bolzano a Todi, da Lucca ad Arezzo a tanti altri. E ad Ostia, com’è noto, CasaPound ha ottenuto un significativo risultato elettorale. C’è il rischio della formazione di una base sociale più o meno estesa a sostegno di queste formazioni politiche?

Certo. Il pericolo è più che evidente. La crisi economica unitamente alla perdita di competitività con la moneta unica (cioè con la fine delle ‘svalutazioni competitive’) ha generato molti danni sociali. È stata persa quasi il 30% della manifattura. Molte piccole e medie aziende sono state spazzate via. Ciò ha determinato direttamente e indirettamente la rovina di molti, l’impoverimento del ceto medio, l’aggravamento della disoccupazione già pesante per le nuove tecnologie sostitutive di lavoro umano. Le forze maggioritarie della sinistra non hanno capito quello che succedeva e hanno riposto tutte le loro speranze nella linea economica neoliberista gestendola dal governo o non combattendola dall’opposizione. L’esempio fu Blair in Inghilterra e Clinton negli stati Uniti con i loro imitatori italiani e di altri paesi. In tutto il mondo sviluppato ciò ha generato zone di comprensibile rancore di quanti erano (e sono) a disagio o alla disperazione. Un rancore che si è rivolto contro l’establishment moderato (cioè contro i gruppi politici dirigenti) entro cui la sinistra maggioritaria si era venuta collocando. Logicamente ci si è rivolti altrove, e soprattutto a chi sembrava esterno al sistema di potere e portatore di una soluzione altra da quella discreditata. Ha pesantemente influito, in Italia, l’antica campagna antipartitica purtroppo alimentata da forme di corruzione endemica. L’imprenditore “che dà lavoro” è divenuto una figura di riferimento, quasi eroica. Il politico che “sa solo chiacchierare” e che in taluni casi viene scoperto a rubare o ad approfittare del suo ruolo diventa il nemico. Lo stesso metodo democratico fatto di diversità e di contrasto di opinioni diventa poco comprensibile, poi fastidioso, poi non più tollerato.
Prendono piede le apparenti soluzioni semplici. “Mandiamoli tutti a casa” si trasforma facilmente in volontà di governo forte e di “uomo forte”. Inoltre prende facile avvio anche la rivalutazione del passato fascista: facevano le bonifiche delle paludi, facevano le case popolari, eccetera. E si ignora che il fascismo ha promosso la più grande strage del secolo passato con la guerra mondiale, la morte di milioni di italiani, la rovina totale del Paese. E ancora adesso siamo un Paese occupato da basi straniere con relative bombe atomiche. Una propaganda costante non contrastata ha diffuso una idea orribile della Resistenza esasperando alcuni episodi tacendo sulla barbarie nazista e fascista. Naturalmente, su questa realtà intervengono settori del capitale che investono in questi gruppi considerati strumenti di riserva da usare in caso di bisogno e comunque tali da spostare a destra l’asse politico.

Un’organizzazione giovanile neofascista, “Azione studentesca”, ha vinto le elezioni della Consulta provinciale degli studenti di Firenze (a Firenze!). Il nuovo presidente della Consulta è un rappresentante di questa organizzazione. Peraltro nel mondo dell’associazionismo in generale le formazioni neofasciste sono sempre più presenti. Costa sta succedendo fra le giovani generazioni?

Non posso rispondere sul caso di Firenze che non conosco altro che per le sommarie cronache dei giornali. Mi pare che si debba distinguere sempre tra votanti e votati e anche tra capi e seguaci. Leggo che l’associazione di destra ha portato avanti rivendicazioni capaci interessare molti. Leggo anche che farebbero propaganda parlando delle foibe triestine ad opera degli jugoslavi di Tito. Queste furono una infamia senza possibili giustificazioni. Ma temo che non ci sia nessuno che ha informato quei giovani delle infamie compiute dai fascisti contro gli sloveni.
Comunque, parlando in generale, le giovani generazioni sono le più penalizzate dalla situazione che ho richiamato prima. Le cifre della disoccupazione giovanile sono note. Ed è noto che il lavoro precario, mal pagato, privo di tutele e garanzie prevale tra il giovani. Non c’è avvenire e non c’è speranza. Tra i giovani può avanzare l’ideologia che dice: il socialismo è fallito, la democrazia è fallita, facciamo piazza pulita, imbocchiamo una strada nuova tutta nostra. Solo i gruppi dirigenti ideologizzati sanno che la strada nuova è quella vecchia. Ciò che viene presentato ai giovani su cui si punta per farne dei quadri delle formazioni neofasciste è un misto di nazionalismo razzista (l’Italia umiliata dalla sinistra succube, le aziende italiane vendute agli stranieri, gli italiani sommersi dagli immigrati ecc) e di rivoluzionarismo di pseudo sinistra (contro l’americanismo, confusione tra governo Netanyahu ed ebrei, misure di socialità ecc). Ezra Pound fu tipico di questa ideologia: pensando di essere un rivoluzionario antiborghese coprì le più atroci infamie naziste e fasciste.

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La répression de la société civile se poursuit en Pologne

 FONTE EQUALTIME.ORG

La répression de la société civile se poursuit en Pologne

NEWS

Graffiti on a wall outside the Palace of Culture in Warsaw says: “I, a common individual, I am calling to you! Wake up!” The quote comes from the manifesto of Piotr Szczęsny, a chemist who set himself on fire nearby on 19 October 2017, in protest against government policies. He died 10 days later from his injuries.

(Marta Kucharska)

Un graffiti peint à la bombe avertit les passagers à l’extérieur de la gare d’Ochota, dans le centre-ville de Varsovie : « Réveillez-vous. Il n’est pas encore trop tard ». Il s’agit d’une citation tirée des tracts éparpillés par Piotr Szczęsny avant de s’arroser de liquide inflammable et de s’immoler par le feu devant l’emblématique Palais de la Culture en octobre.

Szczęsny, qui décéda 10 jours plus tard, accusait le gouvernement nationaliste d’enfreindre les règles démocratiques, de créer des divisions entre les citoyens, de détruire les forêts de la Pologne et de réprimer la société civile. Se décrivant comme « un citoyen banal et ordinaire », il avait également indiqué combattre une dépression, mais que sa vision de la réalité n’était pas déformée, seulement plus lucide que celle des autres personnes qui la partageaient, y compris de nombreuses ONG.

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Les clés d’Internet confisquées par des multinationales

FONTE SOLIDAIRE

Photo Tim CarterPhoto Tim Carter
Thema’s

MÉDIA

Pagate 33 centesimi l’ora per lavorare nel call center

19 dicembre 2017 ore 18.08
È successo a Taranto dove alcune donne hanno ricevuto una busta paga da 92 euro per un mese di lavoro. Si sono rivolte alla Slc Cgil che ha denunciato il caso anche alla procura: “Chiederemo l’applicazione della legge sul caporalato”

 

Un bonifico di 92 euro per un mese di lavoro e tagli alla retribuzione in caso di assenza anche di soli tre minuti dalla postazione per andare alla toilette. Con la conseguenze che i compensi scendevano anche fino a 33 centesimi l’ora. A segnalare questo incredibile caso di sfruttamento sul lavoro è la Slc Cgil di Taranto, che ha scoperto e denunciato, anche alla Procura della Repubblica, un call center della stessa città pugliese.

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Viale del Cazzaro

di Alessandra Daniele

Matteo Renzi è un modello obsoleto. Infatti non riceve più aggiornamenti.
Questa settimana s’è notato particolarmente nel suo logorroico e soporifero comizio a Piazza Pulita, l’ennesima anacronistica ripetizione del solito copione ormai completamente logoro, dalla litania sugli 80 euro panacea di tutti i mali, alla cazzata del milione di posti di lavoro che conta anche chi ha lavorato un’ora in un mese, alla rituale difesa della sua imbarazzante ministra-immagine, e della ripugnante controriforma anticostituzionale che portava il suo nome, alla mitizzazione di Obama, corresponsabile della carneficina siriana e libica.
Come Norma Desmond in “Viale del Tramonto”, Renzi continua a recitare un film che non ci sarà mai, per un pubblico che non c’è più.
Anche quando è in diretta sembra una replica vecchia di anni, persino più vecchia della sua stessa età.
Un fantasma smagnetizzato degli anni ’80, un Claudio Martelli in cromakey.
La cosa più patetica del suo vaniloquio di Piazza Pulita è stata la scusa accampata per il mancato ritiro della politica che aveva solennemente promesso: “M’hanno detto no, tu non hai diritto di decidere per i fatti tuoi di andare a fare i soldi in America, e lasciarci qui”.
Testuale.
Se Matteo Renzi provasse a fare i soldi in America, finirebbe in galera.
Non che gli americani siano più scafati o più legalitari, ma s’incazzano di più quando s’accorgono che qualcuno li vuole fregare.
E Renzi si farebbe scoprire subito anche lì.
Innanzitutto perché non parla inglese.
Lo simula. Come tutte le sue presunte competenze.
È un modello obsoleto. Quello che gli americani chiamano One-Trick Pony.
È evidente che non avesse un piano B in caso di sconfitta referendaria.
Da un anno non fa che girare a vuoto, cercando di rimontare in sella a un cavallo già morto.
Perché non sa fare altro.
È come quei robottini giocattolo che marciano fino alla fine del tavolo, cascano a faccia in giù sul pavimento, e continuano ad agitare a vuoto le gambe.
Non è solo per tigna e arroganza che Matteo Renzi è ancora, e resterà per sempre fermo al primo stadio dell’elaborazione del lutto, il Rifiuto.
Le fasi successive eccedono la sua programmazione.
E non riceve più aggiornamenti.

Iran: Free Ailing Labor Activist

 FONTE  HUMAN RIGHTS WATCH

Medical Issues After Possible Stroke

 
 

Palestine: Facebook must act against death threats

FONTE  IFJ

The IFJ has called on Facebook to take action to remove death threats against Palestinian journalists posted on the social media network. Palestinian journalists covering recent protests against the decision by the US government to recognize Jerusalem as the capital of Israel have been targeted by online trolls.

Writing in Hebrew one post calls says: “The journalists are everywhere, remove them from the field with a bullet in the head before you kill the terrorists.”

Another urges violence against photographers documenting the demonstrations and the violence suffered by protestors stating: “ Hey guys, one comment, get out these photographers, a bullet in the leg will deter them.”

One post calls for photographers to be shot. It reads: “ We need to shoot those photographers, good thing for our forces.”

The IFJ has urged urgent action to stop the threats.

IFJ General Secretary Anthony Bellanger said: “These threats are vile and unacceptable. They amount to incitement to commit murder. Facebook talks a lot about its social responsibility now it needs to act and remove these threats and ban those who post such violent abuse.”

The IFJ also urged the Israeli authorities to act against those making the threats.

Mr Bellanger said: “The Israeli authorities have taken action against Palestinians they accuse of inciting violence not they must show they are prepared to take action against Israeli’s calling for murder. This is not an academic question – Palestinian journalist are being shot at, arrested, threatened and beaten. As long as they take no action the Israeli authorities stand accused of being complicit in such unlawful violence”.

 

Israeli incitment on Palestinian journalists Initiates file downloadhere.  


For more information, please contact IFJ on + 32 2 235 22 16

The IFJ represents more than 600,000 journalists in 146 countries

Vincenzo Comito: Aspettando il Minsky moment

FONTE INCHIESTAONLINE

Il Fondo Monetario Internazionale ha rivisto in positivo le previsioni della crescita del pil a livello mondiale. Restano problemi di fondo, tra cui la vertiginosa crescita delle disparità di reddito e di ricchezza

La crescita dell’economia mondiale e i suoi problemi

di Vincenzo Comito

Come è noto, di recente il Fondo Monetario Internazionale ha rivisto in positivo le previsioni della crescita del pil a livello mondiale; mentre lo sviluppo complessivo del pianeta aveva registrato un più 3,1% nel 2016, esso dovrebbe raggiungere, secondo il Fondo, il 3,6% nel 2017 e il 3,7% nel 2018.

Nell’ambito di questo andamento tutto sommato positivo, non manca chi mette comunque in rilievo la persistenza di alcuni importanti problemi di fondo che, se non bene affrontati, rischiano di mettere in seria difficoltà il quadro dello sviluppo futuro.

Così Martin Wolf (Wolf, 2017) ha in questi giorni sottolineato la persistenza di due questioni di peso. La prima appare in relazione al fatto che il livello degli investimenti è, in particolare nei paesi del G-7, piuttosto insoddisfacente e comunque si colloca a livelli inferiori a quelli di prima della crisi; la seconda fa riferimento alla constatazione della permanenza di una montagna di debiti a livello delle imprese, oltre che, qua e la, delle famiglie e degli Stati.

Noi aggiungeremmo alla lista di Wolf anche, se non soprattutto, la crescita in atto nelle diseguaglianza di reddito e di ricchezza, nonché, parallelamente, i gravi problemi presenti nel mondo del lavoro, generati, tra l’altro, anche dalle conseguenze dei non controllati processi di innovazione tecnologica e di globalizzazione.

Ambedue tali aspetti, del resto tra di loro correlati, potrebbero anche essi portare a delle gravi impasse l’economia.

E’ comunque, al di la dei problemi citati, la presenza di un quadro di sviluppo complessivamente ritenuto come positivo dell’economia mondiale uno dei fattori principali che spiegano l’ottimismo attuale degli investitori, che negli ultimi mesi stanno collocando fiumi di denaro anche su asset molto rischiosi, contribuendo, tra l’altro, a consolidare un processo di inflazione rilevante degli stessi asset.

 

L’allarme della Banca dei Regolamenti Internazionali

Di fronte all’ennesimo allarme lanciato da una istituzione o da un qualche economista di una certa autorevolezza (questa volta l’avvertimento viene dalla Banca dei Regolamenti Internazionali (BRI) di Basilea, che in qualche modo, come è noto, funge da banca delle banche centrali) rispetto alla tenuta delle economie occidentali e ad un possibile ritorno della crisi si è ormai magari tentati da qualche parte di ricordare la favola del pastorello e del lupo, con la bestia che, nonostante le urla di allarme del ragazzo, non arrivava mai, salvo poi farsi viva quando ormai nessuno più credeva agli avvertimenti ripetuti.

Comunque, il segnale che ora arriva da Basilea appare serio e ben documentato.

E’ noto come i fattori finanziari, usciti fuori da ogni controllo, hanno giocato un ruolo molto importante, anche se certo non esclusivo, nello scoppio della crisi del subprime. E’ soprattutto concentrandosi su una situazione oggi apparentemente simile a quella di allora che la Banca dei Regolamenti Internazionali arriva ora a lanciare l’allarme, buon ultima per il momento, dopo che negli ultimi due-tre anni un analogo avvertimento è venuto da diverse altre fonti.

Dobbiamo a questo punto ricordare che da diversi anni le principali banche centrali del mondo occidentale, per far fronte ad una crisi dell’economia rispetto alla quale i vari governi non avevano preso provvedimenti adeguati, hanno avviato delle massicce politiche di quantitative easing e di forte abbassamento dei tassi di interesse, ricoprendo in qualche modo un ruolo di supplenza rispetto alle assenze della politica.

Ma tali strategie, mentre hanno prodotto alla lunga qualche positivo effetto concreto sull’economia reale, come appare chiaro ad esempio da una certa ripresa dell’economia della zona euro da attribuire in larga parte, in effetti, ai provvedimenti della BCE, non hanno mancato anche di sfociare in dei rilevanti inconvenienti, come avevamo anche ricordato in un articolo apparso su questo sito qualche settimana fa.

Tra di questi, va registrata la crescita delle diseguaglianze e il già accennato parallelo gonfiamento di molti asset.

Così la banca sottolinea come la situazione attuale sia per molti versi simile a quella di prima della crisi del 2008 quando gli investitori, alla ricerca di ritorni elevati, usavano prendere a prestito forti somme di denaro per investirlo in attività rischiose.

Come la BRI, peraltro anche alcuni fund manager stanno in questo momento sottolineando il pericolo insito nella situazione (Inman, 2017).

 

I bitcoin e il resto

Si pensi come caso limite a quello che sta succedendo al mercato delle criptocurrency, in particolare a quello del bitcoin, il cui valore unitario tende a raggiungere ormai vette vertiginose, gonfiato tra l’altro come è da una massa di capitali alla ricerca di impieghi remunerativi, anche se rischiosi, nonostante i molti avvertimenti contrari di economisti ed istituzioni varie. Rispetto ad un valore che si aggirava intorno ai 1000 dollari all’inizio dell’anno, il 6 dicembre del 2017 si era raggiunto quello di 14.000, una cifra quindi di quattordici volte superiore.

Ma il caso dei bitcoin è solo quello più vistoso di un fenomeno più generale che va in direzione di una lievitazione anche insensata dei valori.

Si guardi, così, alla borsa statunitense che cresce ininterrottamente da molto tempo, attirando sempre maggiori capitali, o quello che sta succedendo al mercato immobiliare di molte grandi città del mondo, compresa Londra, in quest’ultimo caso nonostante la Brexit e il possibile esodo dalla città di decine di migliaia di persone, se non di più, nei prossimi mesi ed anni.

Più in generale, tutte le attività stanno andando in direzione di un crescente livello di insostenibilità.

La BRI (Inman, 2017) sottolinea come più a lungo continua la presa di rischio maggiore diventa il pericolo. Peraltro le previsioni del fondo monetario internazionale incoraggiano l’ottimismo degli investitori.

Intanto appare vano segnalare magari il rilevante rischio del debito al consumo statunitense o quello del mercato dei prestiti agli studenti sempre nello stesso paese.

La corsa all’investimento rischioso appare anche alimentato, oltre che dalla positiva congiuntura e dall’abbondanza di denaro, per di più a buon mercato, anche dalle previsioni di molti analisti finanziari e società di investimento, che sostengono che il rally continuerà anche nel 2018 e consigliano i loro clienti in questo senso.

Intanto il nuovo piano fiscale di Trump fa ritrovare in un colpo solo nelle tasche della Apple altri 47 miliardi di dollari, somma di cui la stessa azienda non sentiva certo la necessità.

Il livello dei tassi di interesse sta moderatamente aumentando, ma la disponibilità di credito resta abbondante e sarebbero necessarie misure molto più drastiche di quelle attuali per cambiare il quadro, misure che potrebbero però, d’altro canto, danneggiare la crescita dell’economia.

Non resta che aspettare con un certo timore i prossimi sviluppi della situazione e il possibile arrivo dell’ennesimo Minsky moment.

 

Testi citati nell’articolo

-Inman Ph., Financial markets could be over-heating, warns central bank body, www.theguardian.com, 3 dicembre 2017

-Wolf M., Fix the roof while the sun shines on world economy, www.ft.com, 5 dicembre 2017

Salvare internet: un appello dei pionieri della rete

Nota di Editor

L’Amministrazione USA si appropria del “bene comune” internet basato sulla neutralità della rete , neutralità  indifferente , ora, ai contenuti e al censo di chi li propone, per dare invece, nel prossimo futuro, vantaggi ai contenuti commerciali, alle soap opera e ad ogni banale schifezza  di chi potrà pagare noleggi di rete molto salati. In altri termini i siti o i blog di persone o di  associazioni democratiche che propongono idee, che criticano l’establishment  saranno messi in cantuccio, difficilmente raggiungibili. Dobbiamo batterci affinché l’Europa mantenga la posizione a favore della net neutrality e non si adatti ai voleri di Trump . Gino Rubini, onde corte blog 

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FONTE PRESSENZA.COM

14.12.2017 Pressenza London

Quest’articolo è disponibile anche in: Inglese, Spagnolo

Salvare internet: un appello dei pionieri della rete
Questa workstation NeXT (un NeXTcube) è stata utilizzata da Tim Berners-Lee come primo server Web sul World Wide Web. (Foto di Coolcaesar, pagina in inglese su Wikipedia)

Per salvare l’Internet che hanno contribuito a creare, i pionieri del Web chiedono al FCC di annullare il voto sulla neutralità della rete

Più di 20 fondatori di Internet e leader del settore hanno scritto una lettera aperta per avvertire che il piano di Ajit Pai per eliminare la neutralità della rete è “una minaccia imminente” per il web.
di Jake Johnson, sceneggiatore di Common Dreams

Più di venti pionieri di Internet partecipano alla rivolta che ha preso piede nelle strade e on-line contro il Presidente della Commissione della FCC (Federal Communications Commission) Ajit Pai e il suo piano per uccidere la neutralità della rete; questi pionieri, tra cui l’inventore del World Wide Web Tim Berners-Lee, il cofondatore di Apple Steve Wozniak e Vint Cert, uno dei “padri di Internet”, lunedì hanno pubblicato una lettera aperta che giudica le proposte di Pai come “imperfette e di fatto inaccurate” e che chiede alla sua agenzia di cancellare il voto previsto per il giovedì su tali proposte.
“L’ordine, precipitoso e tecnicamente scorretto, della FCC di abolire le protezioni della neutralità della rete senza alcuna loro sostituzione è una minaccia imminente per l’Internet che abbiamo creato e per cui abbiamo lavorato duramente”, si legge nella lettera. “Dovrebbe essere fermato.”
La lettera continua criticando la FCC per aver ignorato entrambe le analisi degli esperti (pdf) e richiamando l’attenzione sulle “incomprensioni” del web controllate dalla GOP e sui milioni di commenti pubblici che dimostrano che il popolo americano è “chiaramente volenteroso di proteggere Internet”.
Data la rapidità con cui Pai sta portando il suo piano al voto, la “FCC non potrebbe aver considerato adeguatamente questi (commenti)”, sostengono i pionieri di Internet. “Infatti, pur modificando le pratiche consolidate, la FCC non ha tenuto neanche un unico incontro pubblico aperto per ascoltare i cittadini e gli esperti sul piano proposto”.
Con la loro lettera feroce, i fondatori di Internet e gli esperti del settore si sono aggiunti alla già massiccia ondata di indignazione scatenata dal piano di Pai di eliminare le protezioni della neutralità della rete, rilasciate il mese scorso.
Oltre alle proteste sul campo della scorsa settimana avutesi in tutti i 50 Stati e alle dimostrazioni “Break the Internet” iniziate martedì, i due commissari democratici della FCC hanno anche parlato contro le proposte dei loro colleghi repubblicani.
Riprendendo le argomentazioni dei creatori di internet nell’editoriale di Wired di sabato, la commissaria FCC Jessica Rosenworcel si è pronunciata contro la “mancanza di integrità” nel processo di commento pubblico della FCC e ha invitato l’agenzia “a fare qualcosa di semplice: uscire da dietro i computer e le scrivanie e tenere udienze pubbliche sui cambiamenti proposti”.
“La mancata esecuzione qui equivale ad accettare la frode in questo processo e ad utilizzarla per giustificare il ritiro delle regole di neutralità della rete”, ha concluso Rosenworcel. “Per il popolo americano un voto affrettato come questo, basato su una documentazione discutibile, sembrerà illegittimo. Dovrebbero richiedere un processo migliore e un risultato migliore”.

A giudicare dalla loro lettera aperta, i fondatori di Internet e gli esperti del settore sono d’accordo. La loro lettera completa segue:

“Senatore Wicker:
Senatore Schatz:
Rappresentante Blackburn:
Rappresentante Doyle:

Siamo i pionieri e gli esperti di tecnologia che hanno creato e che ora gestiscono Internet, siamo alcuni degli innovatori e degli uomini d’affari che, come molti altri, dipendono da questo per il proprio sostentamento. Vi scriviamo rispettosamente sollecitandovi a chiedere al Presidente della FCC, Ajit Pai, di annullare il voto del 14 dicembre sull’Ordine di Ripristino della Libertà di Internet (WC Docket n. 17-108) proposto dalla FCC.
Questo Ordine abolirebbe le principali protezioni di neutralità della rete che impediscono ai provider di accesso a Internet di bloccare contenuti, i siti Web e le applicazioni, rallentando o accelerando servizi o classi di servizio e tassando i servizi per l’accesso o le corsie veloci di accesso a internet ai clienti dei fornitori. L’ordine proposto eliminerebbe inoltre la possibilità di controllo rispetto ad altre discriminazioni e pratiche irragionevoli e anche rispetto all’interconnessione con i fornitori di accesso a Internet dell’ultimo minuto. L’ordine proposto rimuove il controllo a lungo termine della FCC sui fornitori di accesso a Internet senza prevedere una sostituzione adeguata dei controlli per proteggere i consumatori, i mercati liberi e l’innovazione online.
È importante capire che l’Ordine proposto dalla FCC si basa su una comprensione errata e in realtà inaccurata della tecnologia Internet. Questi difetti e imprecisioni sono stati documentati dettagliatamente in un commento congiunto di quarantatré pagine, firmato da oltre 200 tra i più importanti pionieri e ingegneri di Internet e presentato alla FCC il 17 luglio 2017.
Nonostante questo commento, la FCC non ha corretto i suoi equivoci, ma ha invece premesso l’Ordine proprio sui difetti molto tecnici evidenziati nel commento. L’Ordine che è stato proposto smantella quindici anni di supervisione mirata da parte dei presidenti repubblicani e democratici della FCC, che hanno compreso le minacce che i fornitori di accesso a Internet potrebbero rappresentare per il mercato libero di Internet.
Il commento degli esperti non è stato l’unico ad essere ignorato dalla FCC. Oltre 23 milioni di commenti sono stati presentati da un pubblico che è chiaramente intenzionato a proteggere Internet. La FCC potrebbe non averli considerati adeguatamente.
Infatti, pur modificando una pratica consolidata, la FCC non ha tenuto nessun incontro pubblico per ascoltare i cittadini e gli esperti sull’Ordine proposto.
Inoltre, il sistema di commenti online della FCC è stato afflitto da gravi problemi su cui la FCC non ha avuto il tempo di indagare. Tra questi si includono commenti generati dai bot che hanno impersonato americani, compresi i cittadini deceduti, e un’interruzione inspiegabile del sistema di commenti online della FCC che si è verificata proprio nel momento in cui il presentatore televisivo John Oliver incoraggiava gli americani a inviare commenti al sistema.
Aumentando la nostra preoccupazione, la FCC non ha risposto alle domande del Freedom of Information Act riguardanti questi incidenti e non ha fornito informazioni al Procuratore Generale dello Stato di New York riguardanti un’indagine a suo carico.
Vi invitiamo quindi a sollecitare il Presidente della FCC Pai a cancellare il voto della FCC. L’Ordine affrettato e tecnicamente errato della FCC di abolire le protezioni della neutralità della rete senza alcuna sostituzione è una minaccia imminente per l’Internet che cui abbiamo lavorato così duramente. Dovrebbe essere fermato.
Firmato:
Frederick J. Baker, presidente IETF 1996-2001, presidente del consiglio ISOC 2002-2006
Mitchell Baker, presidente esecutivo, Mozilla Foundation
Steven M. Bellovin, pioniere di Internet, Chief Technologist FTC, 2012-2013
Tim Berners-Lee, inventore del World Wide Web e professore, MIT
John Borthwick, CEO, Betaworks
Scott O. Bradner, pioniere di Internet
Vinton G. Cerf, pioniere di Internet
Stephen D. Crocker, pioniere di Internet
Whitfield Diffie, inventore della crittografia a chiave pubblica
David J. Farber, pioniere di Internet, Chief Technologist FCC 1999-2000
Dewayne Hendricks, CEO Tetherless Access
Martin E. Hellman, pioniere della sicurezza di Internet
Brewster Kahle, pioniere di Internet, fondatore, Internet Archive
Susan Landau, esperta di cybersicurezza e professoressa alla Tufts University
Theodor Holm Nelson, pioniere dell’ipertesto
David P. Reed, pioniere di Internet
Jennifer Rexford, Cattedra di Informatica, Università di Princeton
Ronald L. Rivest, co-inventore dell’algoritmo di crittografia a chiave pubblica RSA
Paul Vixie, pioniere di Internet
Stephen Wolff, pioniere di Internet
Steve Wozniak, co-fondatore, Apple Computer
cc:
Membri del sottocomitato del commercio del Senato su comunicazioni, tecnologia, innovazione e Internet
Membri della sottocommissione per l’energia della Camera su comunicazioni e tecnologia
Commissari Federali per le Comunicazioni

Argentina: United Colors of Murder

 FONTE :  PRESSENZA.COM

13.12.2017 Redazione Italia

Quest’articolo è disponibile anche in: Tedesco

Argentina: United Colors of Murder

da Observatorio Argentino

In Argentina, il governo di Mauricio Macri, in combutta con i grandi gruppi petroliferi, minerari e agroindustriali, ha scatenato una violenza feroce e omicida contro le comunità indigene dell’intero paese, con la complicità del sistema giudiziario e l’appoggio dei principali gruppi di informazione. La comunità globale e le istituzioni internazionali devono agire ora prima che il massacro raggiunga proporzioni ancora maggiori.

Uno stato razzista ha bisogno di costruire un nemico violento e bestiale dalla cui eliminazione dipende il bene comune. Ciò che permetterà di vivere alla comunità, alla “gente” è la morte dell’altro — ebreo, mussulmano, indigeno- che viene così stigmatizzato: questa è la logica implacabile dei moderni razzismi. Il 25 novembre, poco prima che il summit del G20 si spostasse nella città patagonica di Bariloche, è stato assassinato con un tiro alle spalle il giovane muratore Rafael Nahuel, 22 anni, durante un’operazione della Prefettura contro la comunità mapuche Lafken Winkul, comunità che reclama i propri diritti ancestrali sui territori. L’operazione era stata decisa dal giudice federale di Bariloche, Gustavo Villanueva; allo stesso Villanueva è stata poi affidata l’inchiesta sul caso, definito di “morte sospetta”, nonostante il calibro del proiettile coincida esattamente con quello delle mitragliatrici usate dalle forze di polizia. Pochi mesi prima, durante un’altra operazione contro la comunità mapuche Lof Cushamen, coordinata dal Capo di Gabinetto del Ministero degli Interni, Pablo Noceti, dall’estanciadi Luciano Benetton -che i mapuche accusano di aver loro rubato le terre — è desaparecido il giovane Santiago Maldonado; il corpo senza vita del giovane è stato ritrovato nel fiume alcuni mesi dopo, in circostanze oscure. Nessuno dal Governo riesce a spiegare perché Maldonado, che non sapeva nuotare, si sia buttato “di propria volontà” nel fiume, proprio quando la Gendarmeria stava reprimendo la protesta.

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Che cos’è che ha ammazzato il Partito Democratico? – William Greider, The Nation

 

fonte workingclass.it

autopsy demparty

Un recente documento offre una bruciante autopsia delle elezioni 2016 – e propone un percorso per la riscossa.

 

Il Partito Democratico ha perso praticamente tutto il perdibile nel 2016, ma finora ha fornito solo espressioni di rammarico evasive e deboli scuse. Invece di prendere atto del pesante fallimento e dei madornali errori, i leaders del partito e i professionisti delle campagne elettorali si sono crogiolati in atteggiamenti di autocommiserazione e di sussiegosa indignazione. I veri colpevoli, hanno insistito, sono stati i vili Russi e l’odioso Donald Trump, che in combutta hanno violato il santuario della democrazia Americana e manomesso i risultati elettorali. Le indagini ufficiali sono tuttora in corso.

Mentre il paese attende il verdetto, una critica diversa e piuttosto provocatoria è stata formulata da un gruppo di attivisti orientati a sinistra, che indicano nello stesso Partito Democratico il responsabile di questa sconfitta epica. Il loro documento di 34 pagine “Un’autopsia: la crisi del partito Democratico” (https://democraticautopsy.org/) va letto più come una lucida messa in stato di accusa che come una diagnosi post-mortem.

E’ una fredda dissezione del perché i Democratici hanno così miserevolmente fallito, a un avvertimento che senza un cambiamento profondo, il partito resterà un perdente.

Leggendo i dettagli della critica, ho avuto l’impressione che probabilmente il partito ha avuto quello che si meritava nel 2016. Non voglio dire che Trump meritasse di vincere. In realtà, “Autopsia” menziona la campagna di Trump solo incidentalmente, e i Russi in un’unica occasione. La loro analisi propone la spiegazione che Trump sia diventato presidente principalmente perché la campagna dei democratici è stata inetta, malaccorta, autocompiaciuta e lontana dalla percezione degli orientamenti presenti nel paese.

Molti dettagli del rapporto erano già noti, almeno in parte. Ma le prove presentate in “Autopsy” hanno una forza e una efficacia molto maggiori. La task force che ha preparato questo documento critico era guidata dal giornalista ed esperto di critica dei media Norman Solomon, delegato alle Conventions democratiche nel 2008 e 2016; Karen Bernal, responsabile del Coordinamento Progressista del Partito Democratico della California; Pia Gallegos, storica avvocato e attivista nella difesa dei diritti civili nel New Mexico; e Sam McCann, uno specialista in comunicazione di New York esperto in giustizia internazionale. Gli estensori non supportano nessun candidato per il 2020, anche se ovviamente sono simpatizzanti di Bernie Sanders e della sua radicale agenda di riforme. Il loro obiettivo è in realtà quello di provocare un’esplicita resa dei conti nel Partito Democratico, fra l’establishment Clinton-Obama e la base, ferita e delusa.

L’establisment ha i soldi e il controllo del governo; i militanti di base la rabbia e le loro convinzioni forti.

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Milagro Sala passerà il Natale a casa

fonte pressenza.com

07.12.2017 Mariano Quiroga

Quest’articolo è disponibile anche in: Inglese, Spagnolo, Tedesco, Greco

Milagro Sala passerà il Natale a casa

 

Un giorno dopo che la Corte Suprema argentina aveva accettato la sentenza della Corte Interamericana dei Diritti Umani, secondo cui la giustizia argentina e il governo nazionale dovevano come minimo concedere gli arresti domiciliari a Milagro Sala per preservare la sua integrità fisica, la Corte Federale No. 2 di Jujuy ha assolto la leader della Tupac Amaru dall’accusa di aver minacciato due agenti di polizia.

“Nonostante le persecuzioni durate anni, è stata dimostrata la mia innocenza” ha dichiarato Sala mentre veniva portata via dall’udienza dalle guardie carceraria della provincia di Jujuy, nel nord dell’Argentina.

Negli ultimi 692 giorni Milagro Sala è stata detenuta arbitrariamente, mentre man mano venivano creati nuovi casi e accuse contro di lei per poter prolungare la sua carcerazione preventiva.

L’avvocato della leader sociale, Elizabeth Gómez Alcorta, ha spiegato che “I giudici hanno assolto Sala in base al principio del ragionevole dubbio. E’ tutto quello che sappiamo. Bisogna vedere se l’accusa presenterà appello.” Il collegio di difesa della leader della Tupac Amaru comprende anche gli avvocati Paula Alvarez Carreras e Luis Paz.

“Ci sono momenti in cui le bugie più evidenti non reggono più, le falsità vengono smascherate e non c’è più spazio per emettere una condanna,” ha aggiunto Gómez Alcorta rispetto all’inconsistenza del caso, presentato oltre tre anni fa dal figlio dell’attuale governatore Gerardo Morales.

“La Corte ha reso noto ai giudici che devono rispettare immediatamente e completamente la sentenza della Corte Interamericana dei Diritti Umani. Questo significa che non esistono più margini e scuse per tenere Milagro in prigione anche solo per un altro minuto,” ha detto l’avvocato Gómez Alcorta. Ha poi spiegato che la CIDI ha ordinato che gli arresti domiciliari debbano avvenire nella sua residenza abituale nel quartiere di Cuyaya e non nella casa di El Carmen, dove è rimasta per alcune settimane nonostante non fosse praticamente abitabile.

“Elimineremo e distruggeremo ogni accusa contro Milagro. Oggi è stato dimostrato che il potere esecutivo ha i suoi limiti” ha detto l’avvocato Luis Paz. Da parte sua Gómez Alcorta ha festeggiato l’idea che “Milagro Sala passerà il Natale a casa, con la sua famiglia”.

 

Nello specchio del nazismo che ritorna

fonte inchiestaonline.info

| 5 dicembre 2017 | Comments (0)

Perché il fascismo ha vinto di nuovo

Riguardiamo questo filmato

Tutti i giornali ne parlano, tutti lo condannano, molti dicono: mettiamo in galera i naziskin. Ma sì, mettiamoli in galera così si moltiplicano. Vietiamo l’apologia di fascismo così l’apologia del fascismo dilagherà dovunque. Oppure diamoci una calmata e ascoltiamo il testo dalla sintassi incerta che è stato letto dal pelato che a Como è entrato con altri dodici pelati vestiti come lui per leggere ai volontari di Como Senza Frontiere un testo molto ma molto interessante. Lo riporto qua sotto parola per parola, perché i benpensanti dell’antifascismo di regime non hanno generalmente il coraggio di riportarlo, neppure Il Manifesto tanto per intenderci ha ritenuto utile riportarlo, sbagliando enormemente. Dice il pelato (le prime parole sono perdute nella registrazione):

“….dovrebbero difendere i diritti dei lavoratori e invece appoggiano una logica schiavista causando, d’amore e d’accordo coi loro padroni  una una spietata gara al ribasso, soloni dell’emigrazionismo a tutti i costi, incapaci di vedere che la loro logica malata sacrifica i popoli di tutto il mondo sull’altare di un turbo capitalismo alienante il tutto amplificato da un megafono propagandistico di pseudo clericali irretiti dalla retorica mondialista.

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Rapporto europeo settimanale sui prodotti pericolosi per la salute e la sicurezza dei consumatori

Rapid Alert System is the EU system for all dangerous consumer products, with the exception of food, pharmaceuticals and medical devices. The report includes detailed information on the products concerned, the risks, the notifying Member State, and the measures adopted in response. The Rapid Alert System enables quick exchange of information between 31 European countries and the European Commission about dangerous non-food products posing a risk to health and safety of consumers. Each week, an update of the latest alerts sent by Member States is published on the website. This message service allows subscribers to be informed on these Alerts on a weekly basis

CSI : l’annonce de Trump concernant Jérusalem est inconsidérée et facteur de division

Fonte : Confédération Syndicale Internationale

L’annonce par le président des États-Unis, Donald Trump, de la décision de reconnaître Jérusalem comme la capitale d’Israël est un acte inconsidéré, représentant un facteur de division qui compromet sérieusement la recherche de la paix entre Israël et la Palestine.

« L’unique base acceptable pour résoudre le conflit et mettre fin à l’occupation israélienne est une solution prévoyant deux États, et il est communément admis au sein de la communauté internationale que le statut de Jérusalem devra être défini dans le cadre du processus de négociation. L’annonce par le président Trump, définissant ce statut préventivement et unilatéralement, n’est pas seulement un affront aux Palestiniens, en particulier à ceux qui vivent à Jérusalem et qui sont confrontés à l’empiètement des colonies de peuplement sur leur territoire, mais porte également un réel préjudice aux perspectives de négociations pacifiques pour instaurer la paix et rechercher une solution prévoyant deux États sur la base des frontières de 1967 et conformément aux Résolutions 242 et 338 du Conseil de sécurité de l’ONU », a déclaré Sharan Burrow, secrétaire générale de la CSI.

Pour de plus amples informations, veuillez contacter le département de la presse de la CSI au +32 2 224 03 52 ou par courriel press@ituc-csi.org

Fondazione Di Vittorio-Cgil. L’occupazione è anche una questione di qualità

Fonte: il manifesto Autore: Roberto Ciccarelli

Jobs Act, più professioni dequalificate nel terziario povero

Venerdì 8 dicembre Matteo Renzi ha inviato ai suoi affezionati una mail esilarante. La enews della settimana contiene un grafico – con tanto di simbolo del Pd – che rappresenta il tasso di occupazione in Italia. Sottotesto: da quando ci sono i governi del piddì l’«occupazione» cresce. Dal 2013 a oggi il tasso di occupazione è cresciuto dal 55,5% al 58,1%. Prima, ovvero dal dicembre 2008 al 2013 – quando al governo c’era Berlusconi – è diminuito dal 58,1% al 55,5%.

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4 dicembre: quel referendum quasi dimenticato

fonte PRESSENZA.COM

05.12.2017 Rocco Artifoni

4 dicembre: quel referendum quasi dimenticato
(Foto di Niccolò Caranti – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=25357447)

Il 4 dicembre di un anno fa la riforma costituzionale voluta da Renzi & Boschi è stata pesantemente sconfitta nelle urne referendarie. È stato un evento importante, anche soltanto perché Matteo Renzi ha rassegnato le dimissioni da Presidente del Consiglio dei Ministri e di conseguenza è nato il governo Gentiloni. In realtà Renzi – in caso di sconfitta al referendum – aveva promesso di ritirarsi dalla politica attiva e invece è ancora il segretario del Partito Democratico. Anche Maria Elena Boschi, che aveva dichiarato di seguire l’iter di Matteo Renzi, dopo il voto ha soltanto cambiato poltrona, ricoprendo il rilevante ruolo di Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio.
Al di là di queste note relative ai percorsi politici dei protagonisti, è evidente che la data del 4 dicembre ha rappresentato una svolta nella politica italiana. Da allora il gradimento di Renzi & Boschi è in continuo declino e lo scenario è radicalmente cambiato. La composita area alla sinistra del Partito Democratico si sta riorganizzando e tutto il centrodestra si sta ricompattando. Consapevole che in questo scenario il treno del Partito Democratico rischia di finire su un binario morto, Matteo Renzi ha lanciato qualche segnale di apertura agli ex compagni e alleati di sinistra. Ma sembra davvero una mossa tardiva.
La recente approvazione della nuova legge elettorale, il cosiddetto Rosatellum, di fatto serve ad evitare che alle prossime elezioni ci sia un chiaro vincitore. Tutte le simulazioni mostrano come, dopo il voto della prossima primavera, nessun partito e/o coalizione disporrà della maggioranza dei seggi nei due rami del Parlamento. In Italia molto probabilmente si creerà una situazione simile a quella in cui oggi si trova la Germania, con gravi difficoltà per realizzare alleanze tra forze politiche concorrenziali.
Tutto ciò si sarebbe potuto evitare, se il clamoroso risultato elettorale del PD (il famoso 40%) alle elezioni europee del 2014 non avesse fatto “montare la testa” al leader del partito e ai suoi fedelissimi. Quando un partito pensa di essere autosufficiente, lì comincia il declino. Questo è oggi il rischio che corre anche il Movimento 5 Stelle.
Oltre a ciò si è visto che chi vuole forzare la mano, volendo cambiare unilateralmente le regole del gioco (la Costituzione), finisce per scottarsela: è accaduto al centrodestra nel 2006 e al Partito Democratico nel 2016. Per tacere sugli interessi di parte e del momento che di solito guidano la riscrittura delle leggi elettorali, ignorando sfacciatamente alcuni caposaldi costituzionali (e dopo la sconfessione della Consulta non c’è mai nessuno che si scusi e si dimetta!).
Per uscire da questa “palude” bisognerebbe riandare alle fonti, recuperando la cultura politica che ha consentito all’Assemblea Costituente di scrivere quel capolavoro giuridico e programmatico che è il nostro Patto di cittadinanza. Per questa ragione la data del 4 dicembre 2016 (come anche quella del 25 e 26 giugno 2006 in cui si è svolto il precedente referendum costituzionale) sarebbe da ricordare. Non per celebrare una vittoria o per sottolineare una sconfitta altrui, ma per richiamare tutti allo spirito costituzionale, di cui l’Italia oggi ha estremamente bisogno. Il fatto che il 4 dicembre sia passato quasi come se nulla fosse accaduto, senza memoria e senza autocritica, non è un buon segno per il prossimo futuro.

Forlì. Fiom-Cgil, urgente risposta democratica agli attacchi squadristi

FONTE FIOM CGIL NAZIONALE
attacco fascista a Forlì

“È sempre più urgente una diffusa e costante risposta democratica al rinascere degli attacchi squadristi che prendono di mira i luoghi dell’informazione, della solidarietà e dell’impegno civile. Ieri Giovanni Cotugno, segretario della Fiom-Cgil di Forlì è stato colpito con un bastone dai picchiatori di Forza Nuova che hanno assalito il presidio antifascista.
Serve un impegno per contrastare e rimuovere le cause sociali e culturali che hanno determinato in Italia e in tutta Europa la riorganizzazione di forza xenofobe, razziste, neofasciste e naziste.
Forza Nuova è un’organizzazione fuori dalla Costituzione, che va subito sciolta. Serve un forte segnale da parte del Ministero dell’Interno e delle autorità competenti per fermare violenza e razzismo. La Fiom invita le lavoratrici e i lavoratori al massimo della vigilanza democratica insieme a tutte le organizzazioni antifasciste presenti sul territorio, e a questo scopo promuoverà una serie di iniziative concrete che verranno discusse nel Comitato Centrale del 14 dicembre”.

Lo dichiara in una nota la segreteria nazionale della Fiom Cgil.

 

Fiom-Cgil nazionale/Ufficio stampa

Roma, 9 dicembre 2017

IL COMUNICATO DI ROMAGNA MIGRANTE SULL’AGGRESSIONE DI MILITANTI FASCISTI DI FORZA NUOVA AL SEGRETARIO DELLA FIOM DI FORLI AVVENUTA IN PIAZZETTA MISURA A FORLI 

Bastoni di Forza Nuova a Forlì, Romagna Migrante: “La maschera è caduta”

 

 

L’aggressione ai danni del segretario Fiom Gianni Cotugno in piazzetta Misura a Forlì da parte di militanti di Forza Nuova rappresenta un fatto gravissimo che riguarda tutti noi. Riguarda anche Cesena, Savignano e Rimini, dove da tempo gli stessi neofascisti intervenuti a Forlì organizzano le cosiddette ronde “per la sicurezza”. E’ evidente che il loro concetto di sicurezza mette in pericolo tutti coloro (migranti, persone omosessuali e antifascisti, ma non solo) che sono al di fuori della visione piccola piccola che questi individui hanno del mondo. 

Quanto successo a Forlì venerdì 8 Dicembre non rappresenta un precedente. Non ci dice niente di nuovo sulle modalità dei militanti neofascisti: dalla sua fondazione (allora come adesso!) il fascismo è prepotenza; è soppressione di tutto ciò che rappresenta una diversità; è violento per sua stessa natura. La cronaca recente ne dà conferma. A Fermo nel Luglio 2016 un giovane nigeriano, Emmanuel Chidi Nnamdi, è stato ucciso da un neofascista. A Rimini, l’inverno scorso, un altro nostalgico del ventennio ha cercato di fare la stessa cosa ai danni di un altro africano residente in città… Non si dica che non ha senso, al giorno d’oggi, confrontarsi politicamente sui temi dell’antifascismo. Questo tipo di istanze è responsabile, da una parte, di un rigurgito di rivendicazioni neofasciste e di violenza ovunque nel nostro Paese;  dall’altra di aver indebolito gli anticorpi di tutti i cittadini nel riconoscere il fascismo per ripudiarlo. 

Piuttosto, bisogna riconoscere che il problema è più grave di quanto pensavano alcuni. Al di là dei neofascisti (la cui presenza è di per sé molto preoccupante), a noi di RomagnaMigrante preoccupa il processo di “fascistizzazione” della società che da tempo osserviamo, anche a Cesena. Non è un caso che i militanti di Forza Nuova abbiano calcato l’onda delle proteste contro l’arrivo dei profughi a Borello, nell’inverno 2016, quando hanno raccolto sodali tra alcuni giovanissimi della zona che, a distanza di un anno, si danno appuntamento il sabato mattina per sventolare le bandiere nere del loro partito nelle vie del centro cittadino. Ancora, non è un caso che i cesenati si stiano abituando a vedere in città banchetti tenuti dai neofascisti di Casa Pound con le loro proposte di legge sempre per gli Italiani e contro chi italiano non è. ‹‹Prima gli Italiani!››, come a intendere (in modo assurdo) che il bene del nostro popolo debba andare a discapito di altri popoli. Il processo di “fascistizzazione” cui assistiamo passa attraverso una nuova narrazione che i neofascisti fanno di loro stessi, con l’avvallo di alcuni mezzi di informazione. Loro si descrivono “civili” e “democratici”. Ebbene, questa maschera è caduta -ancora una volta- venerdì 8 Dicembre in Piazzetta Misura. 

Di cosa abbiamo bisogno ancora per indignarci di fronte all’esistenza delle formazioni neofasciste?! Qualcuno risponderà che la loro presenza a Cesena non è contraria alla legge…vero! Ma lo sono gli strascichi d’intolleranza e discriminazione che i neofascisti sempre si portano dietro. 

Parliamo chiaro: purtroppo non esiste nessun vaccino contro il fascismo. Non saremmo qui a scriverne a distanza di tanti anni da quel 1943 quando Cesena venne liberata (“Nessuna conquista è per sempre!”). RomagnaMigrante nutre dubbi sul fatto che lo si possa bandire definitivamente attraverso una legge. Tanto più perché il governo a marchio PD del DDL Fiano è lo stesso dei patti bilaterali con le tribù che in Libia investono il denaro italiano che arriva a fiumi per rinchiudere in veri e propri lager migliaia di uomini e donne migranti (e tantissimi minori) che viaggiano dai vari paesi africani verso nord, per raggiungere l’Europa. Gli anticorpi al neofascismo di oggi (che è tanto più subdolo quanto cerca di legittimarsi come un fenomeno “democratico”) si sviluppano nelle pratiche quotidiane contro ogni prepotenza, nelle pratiche di solidarietà dal basso, come quelle che noi di RomagnaMigrante cerchiamo di mettere in campo giorno dopo giorno. Si sviluppano, ancora, in una sacrosanta indignazione in primis contro la presenza dei neofascisti sempre più visibili nelle nostre strade e poi anche contro chi vorrebbe “sdoganarli”, includendoli nell’agone politico delle nostre città. In definitiva, gli anticorpi al neofascismo si sviluppano prendendo posizione, anzitutto, come cittadini. E’ tempo che tutte le anime veramente antifasciste della nostra città si facciano sentire!

Romagna Migrante
 

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Le aziende non sono cattive: è l’algoritmo che le disegna così

FONTE ALESSANDROROBECCHI

Fatto061217

 

 

 

 

 

“Il gatto mi ha mangiato i compiti” è una vecchia scusa che fa molto ridere, una barzelletta da scuole elementari diventata un classico. Abbiamo oggi, nell’era modernissima che attraversiamo, il suo corrispettivo padronale: “E’ stato l’algoritmo”.

Il mondo del lavoro gira ormai su questo Moloch indecifrabile, dal suono un po’ fantascientifico e futurista, l’algoritmo che tutto può e tutto decide a vantaggio dell’azienda. Ora che le storie del lavoro degradato italiano si diffondono, spuntano fuori ogni giorno, ci rivelano l’offensiva inconsistenza di quel “fondata sul lavoro” che sta scritto nella prima riga della Costituzione, monsieur l’Algoritmo fa la sua porca figura. Dietro quasi ogni storia spunta l’algoritmo, cioè un sistema di pianificazione e controllo accuratissimo. Fai l’assistente di volo e non vendi a bordo abbastanza gratta e vinci, profumi, cosmetici? (Ryanair), ti cambiamo turno in senso punitivo. Un consiglio dell’algoritmo. La signora con due figli (uno disabile) chiede flessibilità e non riesce a rispettare certi turni? (Ikea). Spiacenti, i turni li fa l’algoritmo.

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Alessandra Mecozzi: Il lungo cammino della Palestina (1917-2017)

FONTE:  INCHIESTAONLINE.INFO

|dicembre 2017
E’ uscito il libro Il lungo cammino della Palestina (1917-2017) a cura di Alessandra Mecozzi  e con prefazione di Wasim Dahmash (Edizioni Q, Roma 2017). Per pubblicizzarlo riproduciamo la Nota introduttiva di Alessandra Mecozzi e la prefazione di Wasim Dahmash.
 
1. Alessandra  Mecozzi: Nota introduttiva

Il dossier che presentiamo è frutto di un lavoro, durato oltre un anno e mezzo, che ha coinvolto diverse persone di buona volontà. L’idea è nata da una pubblicazione, La Palestine dans tous ses états, redatta e stampata a Bruxelles, in francese, dalla Association Belgo-Palestinienne, che ci ha autorizzati a tradurre e pubblicare i testi. Le traduzioni dal francese, iniziate a febbraio 2016, sono state fatte da Sancia Gaetani, Patrizia Horn, Paola Viero e la sotto- scritta. Patrizia Cecconi ha provveduto all’editing e Wasim Dahmash ha scritto la prefazione. Le belle foto di copertina sono di Bruna Orlandi.

Dato che le schede realizzate a Bruxelles si fermavano al 2007, abbiamo proceduto ad aggiornamenti: oltre ai tanti avvenimenti successi in dieci anni, infatti, molti dati erano cambiati. Gli aggiornamenti sono stati inviati in parte dalla Association Belgo- Palestinienne, in parte inseriti da chi scrive. I testi arrivano all’inizio del 2017; nelle tabelle dei dati e nelle mappe, a cui si accede tramite link, vengono riportati gli anni di riferimento.

Le fonti sono citate nelle note. Chi voglia approfondire e/o ampliare le sue conoscenze può trovare bibliografie tematiche, a cura di Wasim Dahmash, in: http://palestinaculturaliberta.wordpress.com. La pubblicazione, in 17 schede, corredata da un’ampia cronologia iniziale, ci è sembrata un buon modo per ricordare che il 2017 segna 100 anni dall’occupazione della Palestina e dalla Dichiarazione di Balfour, 70 anni dalla partizione della Palestina vo – tata dall’ONU, 50 dalla Guerra dei 6 giorni e dalla occupazione dei territori palestinesi che dura ancora oggi.

Un grazie di cuore va a tutte e tutti coloro che hanno collaborato, in primo luogo alla Association Belgo-Palestinienne.

Ci auguriamo che possa essere uno strumento utile, in particolare per giovani che poco o niente conoscono della storia della Palestina – non fa parte dei programmi scolastici – e per tutti coloro che hanno interesse a conoscenze che vadano oltre la stretta attualità e che, in molti casi, servono a spiegarne le cause.

 

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Quando il nemico è la democrazia

fonte  comune-info

Autore   |

di Marco Bersani*

Entro il 31 dicembre di quest’anno gli Stati che nel 2012 avevano sottoscritto il Fiscal Compact (deficit strutturale annuale delle amministrazioni pubbliche inferiore allo 0,5% del Pil, obbligo di ridurre il rapporto debito/Pil di un ventesimo ogni anno fino a portarlo al di sotto del 60%) dovrebbero decidere se incardinare l’accordo all’interno del diritto europeo, determinandone di fatto la prevalenza sulla legislazione nazionale.

Logica avrebbe voluto che tale decisione fosse presa da ogni Parlamento di ogni Stato che aveva a suo tempo approvato il Fiscal Compact. Così non sarà: non si prevede infatti nessuna discussione democratica all’interno delle istituzioni elettive, bensì l’inserimento della questione all’interno di una più ampia riforma dell’Eurozona che verrà inserita in una Direttiva del Consiglio Europeo da approvare entro la metà del 2019.

In un documento di 40 pagine, la Commissione Europea ha presentato in questi giorni le proprie proposte. Tre sono le novità previste.

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Turquie : 140 travailleurs réclament leurs salaires à Zara

 

FONTE  EQUALTIMES.ORG

Depuis l’été 2016, les rendez-vous au siège du syndicat Disk Tekstil à Merter, quartier populaire d’Istanbul, sont devenus fréquents.

Filiz Tutya est assise dans le bureau du président. La cinquantaine, elle travaillait à l’usine Bravo Tekstil depuis sa création il y a six ans. 70 % des articles qu’elle confectionnait étaient destinés à la marque Zara, dont la maison-mère est le groupe Inditex. Tout se passait très bien, jusqu’au 25 juillet 2016.

« La veille, des hommes sont entrés dans l’usine. Notre patron leur devait de l’argent. Nous pensions que la situation allait s’arranger mais lorsque nous sommes venus travailler le lendemain, le bâtiment était vide et notre patron s’était enfui », se souvient l’ouvrière.

En s’enfuyant, le patron laissait alors derrière lui 140 employés à la rue.

« Il y avait des problèmes économiques », admet Azem Atmaca. Ce grand bavard travaillait en tant que machiniste depuis quatre ans. Ouvrier depuis les années 1970, il n’a jamais connu une telle situation : « Les derniers mois nous n’étions pas payés à temps, ou seulement la moitié. Mais nous pensions vraiment que la société trouverait une solution ».

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Dicembre a Ventimiglia. Ovvero, il gelo – di Amelia Chiara Trombetta e Antonio G. Curotto

fonte Effimera

Riprendiamo da Parole sul Confine questo report del 3 dicembre scorso.

Partiamo all’ora di pranzo. Non c’è molto tempo questa volta, ma abbiamo appena ricevuto una donazione di farmaci.

Soprattutto vogliamo andare a verificare se, con l’arrivo delle temperature invernali, ci sono persone abbandonate all’addiaccio e quante sono.

Purtroppo, la realtà supera ampiamente le nostre previsioni. Giunti in prossimità della ferrovia in via Tenda, osserviamo dall’alto un gran numero di persone in piccoli gruppi, alcuni vicini ad un fuoco, altri che entrano negli anfratti del ponte. Accanto a noi passa un ragazzo in maglietta e pantaloni corti. Sono le 16.30, il sole sta per tramontare e la temperatura si sta abbassando rapidamente.

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La sinistra, la comparsa e scomparsa di formazioni: a che limite si è arrivati?

di Sergio Caserta

fonte ilmanifestobologna

Il ritiro dalla scena elettorale di Pisapia di “campo progressista”, tentennante fino dall’insorgere del suo “movimento” con le sembianze dell’anti leader che nel nostro paese non ha molta fortuna da una paio di decenni e più, segue quella altrettanto clamorosa dei due “costituenti” Anna Falcone e Tomaso Montanari, promotori “civici” della bella assemblea del Brancaccio, poi naufragata dopo incerta navigazione nell’arcipelago rosso della frammentata sinistra, irto di scogli e secche che metterebbe in difficoltà ben più esperti navigatori della politica nostrana.

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DONAZIONI FORZATE

fonte NIGRIZIA

Il traffico di organi è legato strettamente al commercio di esseri umani, che forniscono “materia prima” gratuita e senza rischi. Un crimine estremamente lucroso che sembra essere in forte crescita e di cui finalmente si comincia a parlare.

di Bruna Sironi

 

Il traffico di organi, di cui a lungo si è vociferato con scetticismo ed incredulità, è ormai venuto allo scoperto come uno dei più odiosi crimini legati al traffico di essere umani. Un crimine che sembra essere in forte crescita anche grazie alla crisi migratoria degli ultimi anni, che ha esteso, rafforzato e rinsaldato le reti dei trafficanti e ha messo a disposizione molto “materiale” praticamente senza rischi.

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L’Italia: un paese sempre più povero in capitale umano e culturale

fonte Diariodellavoro

 

La ripresa economica, seppure debole e inferiore alla media europea, segna la fine  di un periodo di sofferenza. Restano le cicatrici della lunga depressione: il paese è impoverito dal punto di vista economico, ma è soprattutto immiserito dal punto di vista del capitale umano e culturale.

L’impoverimento in capitale economico a disposizione delle famiglie è ormai un dato ripetutamente certificato. Ultimo arrivato il 51° rapporto del Censis che fissa in oltre 1,6 milioni di famiglie (dato aggiornato al 2016) quelle in condizioni di povertà assoluta, con un boom del +96,7% rispetto al periodo pre-crisi.

Gli individui in povertà assoluta sono 4,7 milioni, con un incremento del 165% rispetto al 2007. Dinamiche incrementali che non risparmiano nessuna area geografica  e che si concentrano, come al solito  al Centro (+126%) e al Sud (+100%). Il boom della povertà assoluta rinvia a una molteplicità di ragioni, ma in primo luogo alle difficoltà occupazionali, visto che tra le persone in cerca di lavoro coloro che sono in povertà assoluta sono pari al 23,2%.

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Argentina, Roma: i diritti umani nel tempo di Macri

FONTE PRESSENZA.COM

06.12.2017 Redazione Italia

Argentina, Roma: i diritti umani nel tempo di Macri

I diritti umani nel tempo di Macri, il governo delle multinazionali: Benetton nelle terre dei Mapuche

Incontro-dibattito giovedì 7 dicembre 2017 alle ore 19:00 presso la Casa del Popolo

Via B. Bordoni, 50 – Torpignattara – Roma

Il 7 dicembre 2017 presso la Casa del Popolo di Torpignattara si terrà un incontro che affronterà il delicato tema dei diritti umani in Argentina sotto il governo di Mauricio Macri.

Al dibattito saranno presenti ospiti d’eccezione come Taty Almeida, scrittrice, attivista dei diritti umani e membro de Madres de Plaza de Mayo Linea Fundadora, Carlos Pisoni militante di HIJOS (Hijos e Hijas por la Identidad y la Justicia contra el Olvido y el Silencio) e Sergio Maldonado, fratello di Santiago, attivista argentino impegnato per la difesa dei diritti del popolo Mapuche dapprima sequestrato e poi ritrovato senza vita a distanza di mesi.

L’Argentina vive nuovamente un periodo storico critico e difficile in materia di diritti umani e ne sono altri esempi la detenzione illegale di Milagro Sala, dirigente dell’organizzazione Tupac Amaru, la criminalizzazione e la repressione della protesta sociale e quelle dei popoli originari. Sono alcune delle tematiche che si affronteranno durante il dibattito oltre alla recente sentenza della mega causa ESMA, il centro di detenzione illegale durante la dittatura civico-militare dal 1976 al 1983.

Nel corso della serata inoltre verrà consegnato ai familiari di Santiago Maldonado una targa in sua memoria insignito all’attivista dal Premio ISUPP (IoSonoUnaPersonaPerbene).

L’incontro è organizzato in collaborazione con HIJOS Capital da Argentinos en Italia por Memoria Verdad y Justicia, da Progetto Sur, dal Comitato per la liberazione di Milagro Sala e dall’agenzia stampa internazionale Pressenza

La contestation sociale réprimée en Amérique latine

Mounted police keeping guard on University students protesting against corruption in the education sector, in front of the National Congress in Asuncion (Paraguay).   (Santi Carneri)

fonte equaltime.org

Le 17 octobre, jour de commémoration annuel en Argentine de Juan Domingo Perón, fut repêché dans le fleuve Chubut le corps sans vie de Santiago Maldonado, un jeune artisan porté disparu 80 jours plus tôt et aperçu pour la dernière fois au cours d’un affrontement entre la communauté Mapuche et les forces de sécurité de l’État.

Ces faits s’inscrivaient dans le contexte d’un conflit territorial de longue durée qui oppose les Mapuche à la multinationale Benetton. La disparition de Maldonado avait tenu en haleine la société argentine tout entière pour laquelle le terme de « disparu » évoque les victimes de la dictature civile-militaire de 1976-1983 et incité des centaines de milliers de personnes à se concentrer dans la Plaza de Mayo de la capitale argentine, au même endroit où, 40 ans plus tôt, les Mères de la Plaza de Mayo avaient commencé à effectuer leurs rondes hebdomadaires pour interpeller les autorités sur le sort des membres de leur famille.

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Il Cavaliere dell’Apocalisse

di Alessandra Daniele

 

 

 

 

Nel 2018 cade il quarantennale dell’era Berlusconi, cominciata nel 1978 con l’acquisizione da parte di Fininvest e l’inaugurazione ufficiale di Tele Milano 58, che diventerà Canale 5 nel 1980, la prima pietra del piccolo impero mediatico-pubblicitario che frutterà al Canaro il titolo di Sua Emittenza.
Fra i personaggi di Tele Milano 58 fin dall’inizio Barbara d’Urso, Diego Abatantuono, Massimo Boldi, Claudio Cecchetto, e Mike Bongiorno.
I veri ministri di Berlusconi.
Nel 1978 Beppe Grillo partecipava come comico alla sua prima edizione di Sanremo su Raiuno.

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Elezioni in Cile: nuovi scenari istituzionali?

FONTE PRESSENZA.COM

04.12.2017 – Michela Giovannini Unimondo

Elezioni in Cile: nuovi scenari istituzionali?
(Foto di Elciudadano)

Domenica 19 novembre si è svolto in Cile il primo turno delle elezioni presidenziali, in concomitanza con le elezioni per il rinnovo del parlamento. Sebastián Piñera, l’ex presidente imprenditore milionario che aveva retto le sorti del paese dal 2010 al 2014, era dato come vincitore secondo i sondaggi. Alla fine è stato sì il candidato più votato, ma è riuscito a racimolare un magro 26,6% dei voti, quando i sondaggi gli davano almeno 18 punti percentuali in più. Il fatto dei sondaggi poco attendibili ha fatto scattare numerose polemiche, dirette principalmente verso il CEP, Centro di Studi Pubblici, think tank fondato in piena dittatura e tradizionalmente legato agli ambienti di destra.

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“Per cambiare l’ordine delle cose”: la società civile si mobilita su diritti e immigrazione

 

FONTE  PRESSENZA.COM

Quelle oltre 500 persone arrivate il 3 dicembre a Roma da 130 città italiane per discutere su come cambiare l’ordine delle cose (della narrazione, ma soprattutto delle politiche in tema d’immigrazione), probabilmente non le vedrete spesso in televisione. Sicuramente meno spesso di quanto non si vedano quattro persone che fanno un blocco stradale.

Doveva essere un evento celebrativo e conclusivo dell’insperato successo di un film – “L’ordine delle cose”, appunto, di Andrea Segre – ancora in sala dal 7 settembre e visto da decine di migliaia di persone.

E invece il forum “Per cambiare l’ordine delle cose” (organizzato da Amnesty International Italia, Banca Etica, Medici per i Diritti Umani, Medici Senza Frontiere, Naga Onlus, Jole Film e ZaLab), iniziato con un commosso ricordo di Alessandro Leogrande che avrebbe dovuto esserne uno degli animatori, potrebbe aver segnato l’inizio di una nuova stagione di impegno sui diritti, sull’accoglienza, sulla dignità dei migranti e dei rifugiati.

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The Hate Destroyer: a Kinodromo la donna che “cancella” i nazisti Lunedì 4 dicembre la proiezione del film di Vincenzo Caruso e l’incontro con regista e protagonista.

 Autore : Sandro Canella
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Irmela Mensah Schramm è un’anziana signora berlinese che da oltre trent’anni rimuove adesivi e manifesti e cancella dai muri simboli nazisti. Per la sua battaglia di civiltà è già stata minacciata di morte più volte. La sua storia viene raccontata da “The Hate Destroyer”, documentario di Vincenzo Caruso già vincitore di un premio al Biografilm Festival, che verrà proiettato lunedì a Loft Kinodromo.

Dal 1985, a Berlino, un’anziana signora cancella quotidianamente i simboli nazisti che appaiono nella città. Adesivi, manifesti e tag sui muri di svariate formazioni dell’estrema destra, vengono sistematicamente rimossi dalla determinata volontà di Irmela Mensah Schramm.
La sua storia viene raccontata dal documentario “The Hate Destroyer” di Vincenzo Caruso, che verrà proiettato lunedì 4 dicembre a Loft Kinodromo. A precedere la proiezione ci sarà un dibattito con la protagonista del documentario e il regista.

L’impegno civico di Irmela contro il nazismo e i suoi simboli le è già valsa numerose minacce di morte da parte di gruppi neonazisti. Le lettere minatorie, insieme a decine di migliaia di fotografie che documentano la sua opera di ripulitura, vengono catalogate in raccoglitori, che rappresentano una sorta di biografia e testamento della donna.
“Irmela non si rende nemmeno conto fino in fondo di quanto rischia – osserva ai nostri microfoni il regista – In Germania il neonazismo non è solo volantini: ci sono casi di violenza vera ed efferata”.

Il gesto all’apparenza semplice e simbolico di Irmela però, secondo Caruso, è importante perché rappresenta la volontà di dire no. “Oggi sappiamo indicare ciò che vogliamo, ma abbiamo smesso di lottare per ciò che non vogliamo – sottolinea il regista – Del documentario mi piacerebbe che passasse che non basta più prendere solo le distanze, ma bisogna trovare il proprio modo per intervenire“.
Un appello attraverso un documentario che, alla luce di quello che sta accadendo anche in Italia, con il moltiplicarsi delle iniziative neofasciste, è di un’attualità sconcertante.

ASCOLTA L’INTERVISTA A VINCENZO CARUSO:

Ira e non rancore rassegnato  nei cortei Cgil del lavoro

  FONTE STRISCIAROSSA.IT

2 DICEMBRE 2017

 

È questo il popolo del “rancore sociale” di cui parla il Censis? Lo abbiamo visto attraverso i collegamenti video di “Radio articolo 1” nelle piazze del 2 dicembre di Roma, Torino, Bari, Palermo, Cagliari. C’è però in quei cortei che hanno risposto all’appello della Cgil non un rancore quasi rassegnato, ma, semmai, una serena, meditata, fredda collera sociale. E’ già un miracolo che siano in tanti presenti. Perché non provengono più da grandi insediamenti industriali. Provengono da un mondo del lavoro frammentato. Dentro una società dove molti che stanno sugli spalti tifano come se fossero a una partita di calcio, per una lotta tra giovani e anziani, tra pensionati e donne e uomini che avranno pensioni da fame, tra esodati e posti fissi, tra tutele niente affatto crescenti e tutele ignorate, tra immigrati e nativi. Spesso vittime del miraggio di un Jobs Act che doveva assicurare un mondo nuovo.

 

 

 

 

 

 

 

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VERTENZA CASTELFRIGO: DOMENICA 3 DICEMBRE SKETCH TRAGICOMICO “MACELLERIA SOCIALE CASTELFRIGO: COME TAGLIARE I LAVORATORI A COSTO ZERO”, DAVANTI AI CANCELLI DELL’AZIENDA

fonte cgilmodena

Cecile Kienge solidarietà lavoratori Castelfrigo, 1.12.17

Domenica 3 dicembre, in contemporanea con l’apertura dell’ultimo giorno della manifestazione castelnovese “Super Zampone 2017. La festa dello Zampone più Grande del Mondo”, i lavoratori degli appalti Castelfrigo inaugureranno la “Macelleria Sociale Castelfrigo 2017-Come tagliare lavoratori a costo zero”. L’evento, adatto a un pubblico adulto, si terrà nel piazzale antistante la Castelfrigo a Castelnuovo Rangone (MO) in via Allende n.6, dalle ore 10.30 e sino alle 11, con uno sketch tragicomico sullo sfruttamento dei lavoratori.

Non vogliamo rovinare la festa a nessuno, tuttavia per i lavoratori degli appalti Castelfrigo domenica non c’è nulla da festeggiare – dichiarano Marco Bottura della Flai/Cgil e Adriano Montorsi della Filt/Cgil. Vogliamo solo dire che il modo in cui si tagliano 127 posti di lavoro, senza ammortizzatori sociali conservativi, senza possibile equa distribuzione dell’orario di lavoro, senza alcun incentivo all’esodo, senza ragionevole possibilità di recuperare in tempi brevi il TFR, è da macelleria sociale.”

Il “Consorzio Job Service” e la Castelfrigo stanno utilizzando spregiudicatamente il meccanismo delle false cooperative “apri e chiudi”. Le attuali 5 società cooperative facenti parte del Consorzio (Ilia D.A., Work Service, Framas, Elios M.G., Planet) hanno accumulato circa 7 milioni di indebitamento costituito da tasse e contributi non versati. Questo meccanismo si sta replicando e consolidando in varie altre realtà produttive, ma chi paga i costi di questo sistema? La collettività stessa.

“Non trovare una soluzione ai licenziamenti che stanno avvenendo nel sito della Castelfrigo significa accettare questo sistema di produzione – dichiarano Marco Bottura della Flai/Cgil e Adriano Montorsi della Fai/Cisl – Stiamo importando illegalità nel nostro territorio. Ci stiamo rassegnando a continuare la corsa al ribasso non solo nei diritti dei lavoratori, ma anche nella legalità e nella qualità dei prodotti. Non è questa la strada per salvaguardare il distretto alimentare e le eccellenze che produce”.

Filt/Cgil e Flai/Cgil Modena

“Ikea disumana”, la rivolta dei clienti

Ikea disumana, la rivolta dei clienti

(Fotogramma)

“Le persone non sono componibili, vergogna”, “non acquisterò mai più né li né in nessun altro punto vendita dell’Ikea fino a che non sarà risolta la questione”, “da oggi vi boicotterò e come me molte altre persone, non siete umani“, “non si licenziano madri in difficoltà, non comprerò più nulla da voi”, “anche qui dipendenti e clienti sono solo numeri. Da oggi sicuramente un numero in meno”, “disumani. Leggete un manuale con cui assemblarvi la dignità piuttosto che dei mobili“. L’articolo segue alla fonte su ADNKRONOS