“La scelta è nostra”. L’Europa, le sue radici e i suoi confini: dalle persecuzioni nazi-fasciste alle stragi in mare

FONTE MELTINGPOT.ORG

di Ilaria Papa, MigrAzioni – 21 marzo 2018

Racconta Liliana Segre, nel suo libro “Sopravvissuta ad Auschwitz” (2005), un fatto che cambiò il corso della sua vita: quando, bambina, il 7 dicembre del 1943, tenendo per mano suo padre, passò il confine italo-svizzero attraverso un buco della rete di recinzione. La gioia di trovarsi sul suolo svizzero – una terra neutrale che avrebbe potuto offrire salvezza a quel piccolo gruppo che, come altri gruppi di ebrei, antifascisti, renitenti alla leva, cercava scampo in quel periodo tra i sentieri di montagna – fu presto interrotta dalle guardie di confine svizzere. Scrive Liliana:

Infatti, al comando di polizia, dopo una lunga attesa – senza dirci una parola, senza darci un bicchiere d’acqua né un pezzo di pane – l’ufficiale di turno ci condannò a morte. Ci trattò con disprezzo estremo, disse che eravamo degli imbroglioni, che la Svizzera era piccola e non c’era posto per noi. Ci rimandava indietro.

Delle quattro persone che costituivano quel gruppetto – Liliana, di tredici anni, suo padre e due cugini, finiti in campo di concentramento nazista per essere stati “rimandati indietro” da quel comandante rimasto senza nome e poi arrestati dai finanzieri italiani – solo Liliana sopravvisse. Io non morii, solo per caso, scrive .

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L’agente non va sul sicuro

FONTE AREA7.CH

Giovane, formazione scolastica conclusa, gli amici, un lavoro. Una vita soddisfacente? No, la sua vita non è neppure normale perché Giacomo ha le pezze al culo. Lavora, sì lavora, ma niente pizza al sabato sera, le vacanze scordate da tempo e ora, al verde, si è pure indebitato. No, non fa un uso improprio dei suoi soldi: semplicemente guadagna poco, troppo poco. «Ho un impiego e prendo meno di chi è in assistenza: la situazione mi sta creando scompensi di vario tipo». Come è possibile? Giacomo* fa l’agente di sicurezza da anni: «Sì, è vero c’è un Ccl, ma la direzione ha trovato il modo di aggirarlo, mettendo  in ginocchio molti di noi». 

Giacomo è un uomo formato, che non trovando un posto corrispondente al suo profilo, si è candidato come agente di sicurezza privata. Il lavoro è lavoro! E non gli si sputa in faccia mai: «Certo, sono formato per altre posizioni, ma mi sono adattato pur di guadagnarmi con le mie mani la pagnotta e non dover dipendere né da famiglia, né da Stato. Pensavo a un impiego temporaneo, che avrei trovato poi un posto nel mio ramo: non è andata in questo modo e nel frattempo si è consolidata l’occupazione alla Securitas. Paradossalmente, più io diventavo parte dell’azienda, e più le mie condizioni professionali si precarizzavano. Insomma, se all’inizio del mio impiego presso la società di sorveglianza riuscivo non certo ad accantonare risparmi, ma almeno a saldare a fine mese le fatture, ora non è più così e posso sostenere di trovarmi oggettivamente in uno stato di indigenza: passano gli anni e io guadagno sempre meno. In un’azienda sana e corretta con i dipendenti dovrebbe avvenire il contrario. Se all’inizio della mia assunzione potevo mantenermi dignitosamente, la situazione è andata gradualmente precipitando: in questo 2017 sto sopravvivendo con buste paga che girano in una media fra i 2.700 e i 2.800 franchi mensili. Ecco, mi dica se con un salario simile in Ticino una persona può non solo vivere, ma avere una vita? Con l’acqua alla gola, con i soldi contati e sempre a disposizione del datore di lavoro che, mi scusi l’espressione, lo tiene per le palle».

Ci spieghi che cosa succede concretamente al momento della pianificazione e della distribuzione del monte ore, che è poi la quantità di tempo determinante lo stipendio. 
Ci sono tre tipi di contratti. Chi detiene un contratto “A” è un collaboratore con salario mensile e orario di lavoro fisso pattuito contrattualmente, compreso tra 1.801 e 2.300 ore per anno. I “B” sono dipendenti anch’essi con salario mensile e orario di lavoro fisso, compreso tra 901 e 1.800 ore per anno. Infine, ci sono i “C”, i lavoratori ausiliari con salario orario fino a 900 ore per anno, comprese le vacanze e l’abbuono di tempo del 10%. Io sono finito, dopo anni che già ero impiegato presso Securitas, sotto il contratto B con garantite 100 ore mensili. Con la  modifica del Contratto collettivo di lavoro del 2014, la Securitas ha cambiato strategia e pagare meno contributi e scatti di anzianità. Io per esempio non faccio mai un’ora in più di quelle garantite, non perché manchi lavoro, ma perché io costo di più per gli anni di servizio maturati e per i contributi. E così si attinge sempre più a personale esterno, agli ausiliari che tieni in stand by quanto vuoi perché sono ancora più precarizzati dei tuoi dipendenti. È evidentemente più economico, anche se meno etico, prendere una frotta di persone e utilizzarle su chiamata. Così le ronde, i servizi di sorveglianza li suddividi in più turni pescando da un grande bacino di lavoratori. Il risultato? L’ausiliario porta a casa quel poco che riesce a racimolare e uno come me, che ha un contratto di 100 ore mensili, può essere certo di non riuscire a sfondare il tetto del monte ore e di restare sotto un bel po’ ai 3.000 franchi. Intanto, l’azienda continua a guadagnarci: con questo esercito di personale, di cui sono sempre alla costante ricerca, partecipano e vincono appalti anche pubblici.

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