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Miguel Urbon ha appena pubblicato un libro intitolato Trumpismos (Verso). Sviluppa un’analisi dei nuovi estremi di destra – da Trump a Milei (Argentina) a Bolsonaro (Brasile) e Vox (stato spagnolo) o Chega (Portogallo) – per mettere in discussione le forme di una possibile risposta a questa ondata reazionaria globale.

 

Ci si chiede spesso se non stiamo vivendo una ristampa degli anni ’30, quando vediamo come le élite politiche ed economiche conservatrici aprono la strada all’estrema destra, nel bel mezzo della crisi dei sistemi liberali. In che misura sperimentiamo una sorta di Repubblica di Weimar?

Troviamo sempre difficile pensare al presente e al futuro e stiamo cercando analogie. Dalla crisi del 2008, c’è stata sia una crisi economica multidimensionale, con alcuni elementi simili, il crollo del 1929, sia l’ascesa dell’estrema destra. E questo solleva la questione se sia possibile una sorta di riemissione del neofascismo.

Queste domande legittime mostrano la nostra incapacità di pensare al futuro, e questo è ciò che ci porta a pensare con le categorie del passato. Ci sono, ovviamente, analogie. L’estrema destra attuale ha alcuni elementi comuni con il fascismo del periodo tra le due guerre, ma quello che sto cercando di difendere in questo libro è che non ci troviamo di fronte a una sorta di riedizione del fascismo del periodo tra le due guerre, ma piuttosto di qualcosa di nuovo.

Questo non significa che sia peggio o meglio, significa semplicemente che è nuovo. E se dobbiamo partire da ciò che il fascismo era per analizzare l’attuale estrema destra, deve essere solo un punto di partenza, non un punto di fine.

C’è stato un elemento fondante dell’estrema brutalità del fascismo, la prima guerra mondiale, che ha generato un’intera base militante di veterani, sia in Italia che in Germania e in altri paesi dove il fascismo era molto forte, come è avvenuto in Francia.

Un altro elemento fondamentale è l’ascesa del movimento operaio. Gli anni ’20 furono un tempo di rivolta, di rivoluzione. In Germania, è la rivoluzione spartachista che sarà sconfitta, e Rosa Luxemburg sarà assassinata; è anche la Repubblica dei Soviet in Ungheria o la rivoluzione russa, naturalmente, che testimoniano che lo stato liberale non può soggiogare la classe operaia semplicemente ricorrendo ai corpi coercitivi dello stato.

Questo è il cosiddetto stato capitalista eccezionale nato: l’apparato repressivo dello Stato non è più sufficiente a porre fine all’ascesa del movimento operaio, e alcuni strati popolari devono essere mobilitati per schiacciare le rialzi rivoluzionarie.

Oggi non abbiamo tali rivolte. È vero che nel 2011, con 15M [15 maggio 2011, l’inizio del movimento di indignazione, Grecia e America Latina, siamo stati in grado di farlo come un assaggio, ma questo non è paragonabile alla profondità dei cambiamenti e alle interruzioni che gli anni ’20 e ’30 hanno rappresentato per il movimento operaio in Europa.

L’altro elemento è lo scoppio della piccola borghesia, la classe media, la classe che dava una soggettività al fascismo del periodo tra le due guerre. Fu questa classe media profonda-federale che fu sovrarappresentata. Troviamo questo parallelo nell’ascesa dell’attuale estrema destra e nell’ascesa del fascismo.

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