Bruno Giorgini: S’avanza la meglio gioventù

 

FONTE INCHIESTAONLINE

 

Guardo in diretta il comizio di Salvini con gli altri nazionalisti, nazional fascisti, sovranisti fino a quelli nazisti tout court, d’Europa, in Piazza Duomo a Milano. Da un palazzo si distende in tutta la sua altezza uno striscione: restiamo umani, e la figura di Zorro che svetta. Quindi la camera inquadra il fronte della contestazione.

Uomini delle forze di polizia schierati con caschi, manganelli e tutto l’ambaradan di rito contro le sommosse. Davanti molte persone, quasi tutte giovani e giovanissime che alzano cartelli casalinghi, a occhio le ragazze la fanno da padrone. Sono a contatto fisico con i marziani corazzati, ma non traspare alcuna paura e arroganza o atteggiamento di sfida, neppure di provocazione o beffardo. No stanno lì e sembrano inamovibili, per convinzione direi gioiosa di essere nel giusto: che Salvini non lo vogliono. Semplice semplice, e il Truce deve masticare amaro.

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Facebook oscura Cambridge Analytica, ha usato dati per campagna Trump

Fonte Primaonline

Riccardo Luna sta indagando su chi in Italia ha usato i servizi dì Cambridge Analytica e dice di essere “vicino alla soluzione”. Intanto ha fatto interessanti ricostruzioni su vecchi e nuovi protagonisti degli studi delle
Dinamiche Comportamentali che hanno l’obiettivo di studiare il funzionamento dei comportamenti di massa e come manipolarli.
Pubblichiamo qui di seguito il pezzo di Riccardo Luna uscito sull’Agi, di cui è direttore.

Il 17 marzo  Facebook ha deciso di oscurare sulla sua piattaforma Cambridge Analytica , la società dati britannica che ha aiutato il presidente Donald Trump durante le elezioni del 2016. La decisione e’ stata presa dopo gli articoli pubblicati sul New York Times e sul Guardian che raccontano della piu grande fuga di dati nella storia di Facebook che ha permesso a  Cambridge Analytica di sviluppare tecniche che hanno costituito la base del suo lavoro sulla campagna presidenziale di Donald Trump nel 2016.

L’ARTICOLO PROSEGUE ALLA FONTE PRIMAONLINE

Paura e povertà: l’Italia del dopo-voto

ARTICOLO TRATTO DA EDDIBURG

di Mario Pianta

La mappa dell’Italia che ha votato ritrae soprattutto due fenomeni: paura e povertà. Il centro-nord (Lazio compreso) si è affidato a un nuovo Centrodestra a egemonia leghista: nel nord della Lombardia e del Veneto è oltre il 50%, con la Lega che arriva a punte tra il 33 e il 38% nelle sue zone di insediamento tradizionale; nel Piemonte lontano da Torino il Centrodestra è vicino al 50%, con la Lega meno forte; nel resto del Nord è quasi ovunque oltre il 40%; in Emilia, Toscana e Umbria la percentuale è oltre il 35%; nel Lazio che esclude Roma è al 40%.

Il centro-sud (Marche comprese) vede dilagare i Cinque stelle: sfiorano il 50% in Sicilia e nel nord della Campania, sono oltre il 40% in Calabria, Basilicata, Puglia, Molise e Sardegna. Più articolata è solo la fotografia dei collegi uninominali delle grandi città. Il Centrodestra ha vittorie in collegi a Torino, Milano, Venezia, Palermo. I Cinque stelle conquistano alcuni collegi a Torino, Genova, Palermo, Roma e hanno Napoli. Torino, Milano, Bologna, Firenze, Roma lasciano qualche circoscrizione al Pd.

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Sergio Caserta: Sinistra anno zero. Dalla disfatta identitaria all’inizio di un dialogo per il futuro

FONTE INCHIESTAONLINE.IT

 

Diffondiamo da il manifesto bologna in rete del 9 maarzo 2018

La Waterloo elettorale del 4 marzo che ha travolto la sinistra italiana nel suo insieme apre la strada a scenari politici inediti e inquietanti. Per la prima volta dal dopoguerra non esiste in parlamento e nemmeno nel Paese una forza politica dichiaratamente di sinistra, in grado di esprimere alcuna rilevante influenza sulle scelte fondamentali. Gramsci coniò il termine “egemonia” per indicare quel processo fatto di lotta e di cultura che doveva portare “l’intellettuale collettivo” ovvero il Partito alla presa del potere.

Oggi assistiamo al suo opposto, alla disfatta identitaria: quel che ha smarrito la sinistra in capacità d’interpretazione e rappresentazione della realtà è perfino peggio dei milioni di voti persi. La sconfitta viene da lontano e non riguarda solo l’Italia, ma l’intera Europa e il mondo occidentale, nel nostro Paese però ha assunto i caratteri di una ritirata generale: la sinistra è prima scomparsa dai luoghi di lavoro, poi da quelli di cultura, dai suoi insediamenti tradizionali, dalle vecchie e nuove periferie, si è trincerata nei talk show e nei salotti della borghesia e della finanza fintanto che la finzione ha retto, ora il re è nudo e non c’è alibi che tenga.

I risultati elettorali suonano come una campana a morto, senza differenze nemmeno tra cosiddetti moderati e radicali. Il PD che non si definiva nemmeno più di sinistra, si riduce a giocare come terzo in parlamento tra M5S e Coalizione di destra, dovendo obtorto collo ingoiare, Renzi o non Renzi, il boccone amaro di reggere con i suoi voti per responsabilità verso il Paese il raggruppamento cui verrà conferito l’incarico di governo, pena elezioni anticipate.

Come paiono lontani i giorni dell’avvento del ragazzo di Firenze che doveva rottamare tutto il vecchio della politica a sinistra: come l’apprendista stregone, fagocitato dalla sua bramosia di potere, ha distrutto l’intera impalcatura su cui era poggiato e sopra di lui ora sono solo rovine.

Le altre compagini di sinistra animate dell’intento di costruire un’alternativa sono state bocciate dalle urne perché risultanti poco credibili, di fronte alla vera fame di cambiamento dell’elettorato, cosicché delle falangi in lotta non resta che un cumulo di macerie fumanti. Ora si tratta di compiere se possibile, chi ne avrà la capacità(?), un’approfondita analisi dei fatti, vestirsi dei panni autentici dell’umiltà e ricominciare se ci sarà la dignità, a lavorare veramente dal basso per ricostruire una tram.

Sembra impossibile perché un vuoto abnorme s’è aperto davanti alla sinistra, il vuoto della mancanza assoluta di riferimenti sociali, prima ancora che politici. Occorrerebbero dei Francesco, inteso come il papa, che riescano a riaprire un dialogo autentico, che vadano a vivere vicino dove la gente soffre e a occuparsi di loro, e poi studiare, cercare di capire cosa sta accadendo nel mondo per impossessarsi di un linguaggio autentico che non può essere più quello semplicisticamente mutuato dai social network con cui ha pensato di abbindolare il Paese l’autocrate fiorentino.

Insomma è sinistra anno zero, come il titolo dell’incontro promosso dal manifesto in rete a Bologna, lunedì 12 marzo al centro sociale Giorgio Costa, alle 20.45, con la partecipazione di Nadia Urbinati, eminente politologa e altri compagni per un primo confronto a più voci sul presente e sui difficili scenari del futuro.

C’è puzza di “Renzusconi” di Loris Campetti

FONTE AREA7.CH

L’aveva giurato: se perdo il referendum torno a casa. Ha perso ma a casa è tornato solo per qualche ora, poi è nuovamente uscito e ha ripreso a dettare leggi e agende politiche. Matteo Renzi aveva due obiettivi: vincere le primarie del Pd e liberarsi di tutti i suoi oppositori e subito dopo buttare a mare il governo portaborse con l’ormai classico “Gentiloni stai sereno”, tornare alle urne e riprendere il comando della nave accendendo le luci a poppa e a prua. Sempre che le troppe luci non mandino a picco la nave come capitò al Titanic.

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Ha vinto la personalizzazione della politica di Giuseppe De Rita

Autore : Giuseppe De Rita

fonte :  NUOVILAVORI.IT

Sulle elezioni presidenziali francesi si è detto di tutto in queste ultime settimane; e mi risulta difficile aggiungere altre intelligenti notazioni. Mi costringo quindi ad una riflessione per me abituale, forse troppo, sulla carenza di rappresentanza sociale che quelle elezioni hanno messo in evidenza.

Abbiamo superato la paura, la grande paura della vittoria di Marine Le Pen e dell’eventuale successiva uscita della Francia dall’Euro e dall’Europa. Tutto bene, ma con quali opzioni politiche abbiamo operato tale superamento? Purtroppo, dico io, con una accentrata personalizzazione e verticalizzazione della politica e della vicenda elettorale.

Noi italiani siamo degli antesignani della personalizzazione della politica, avendo supportato e sopportato in passato la sequenza Craxi – Berlusconi – Renzi, tre campioni in proposito; ed avendo ancora in pista Grillo, Salvini, un potenziale Renzi bis e un improbabile Berlusconi bis. Non possiamo quindi sorprenderci e lamentarci dello scontro feroce in Francia fra quattro leaders squisitamente personalistici (in fondo anche Fillon correva in proprio e non per conto del partito). Ha vinto Macron, che ha di molto accentuato la caratura personalistica, proponendosi come leaders di un movimento/partito che non c’era, non c’era ancora e che solo le prossime elezioni legislative potrebbero sperare di coagulare.

Ha giuocato tutto sulla sua personalità, sulla sua figura, sul suo appeal pubblico, sul senso di novità radicale che prometteva, sulla stessa ironia condiscendente che ispiravano i suoi rapporti coniugali. Non c’era molto di più, se non la sua scelta di cavalcare la tematica europea; e al di là di questo c’era poco (di programmatico, di ideologico, di sociopolitico) da raccontare agli elettori. Ne avevano paradossalmente più gli altri candidati (specie sule ali dello schieramento) ma contavano poco di fronte al fascino del personaggio Marcon. In fondo ha vinto “la rappresentazione” della politica non “la rappresentanza” di interessi, problemi, identità collettive; non è stata colpa di Marcon, visto che in Francia sono in crisi (come in Italia del resto) tutti i canali ed i soggetti intermedi della rappresentanza, dai partiti ai sindacati all’associazionismo; ma ciò non può far da alibi ad una strategia di personalizzazione che Marcon ha con lucidità quasi esasperato.

Ma in una tale vicenda la politica personalizzata rischia di restare prigioniera di un parallelo processo di verticalizzazione: con quali sponde di conoscenza dell’economia potrà far giuocare Macron? E con quali sponde di conoscenza delle tensioni sociali, anche quelle di classe? E con quale strategia di articolazione territoriale dei processi e degli interventi? Con quali apparati di azione pubblica, centrale e periferica? Le società moderne, e fra esse quella francese, sono di fatto policentriche, quando non arrivano ad essere molecolari o liquide (a seconda della scelta degli aggettivi). Per governarle non basta un potere verticalizzato (e addirittura personalizzato) e se non si capisce questa banale verità il potere che ha vinto nelle elezioni rischia o di sbattere contro il famoso “muro della realtà” oppure di entrare in un labirinto di variabili dove può ogni giorno inciampare in qualche inattesi motivi. Io confesso che sull’argomento mi spaventa molto la vicenda Trump. Ha personalizzato, ha vinto, ha verticalizzato; ma temo che non governerà. C’è da sperare che Marcon capisca il pericolo.

 

 (*) Presidente del Censis