Rogo di Marghera, i lavoratori avevano segnalato che c’è qualcosa che non andava negli stoccaggi e avevano anche scioperato contro le condizioni di sfruttamento

FONTE CONTROLACRISI.ORG

Rifondazione Comunista denuncia in una nota che l’incendio a Marghera di un’azienda chimica che produce additivi e detersivi, la 3V Sigma Spa, non è un incidente “ma il prodotto di un contesto già ampiamente denunciato da lavoratori”. Dalle prime notizie il bilancio è per ora di due feriti gravissimi.
I lavoratori avevano scioperato proprio per denunciare le condizioni di sfruttamento degli operai, contro l’obbligo di fare straordinari con turni di otto ore che diventavano anche di dodici e più. “Questa situazione derivante dalla volontà dell’azienda di non fare nuove assunzioni non poteva che produrre la massima insicurezza in una fabbrica chimica a due passi da un quartiere di Marghera i cui abitanti ancora una volta sono costretti a chiudersi in casa al suono delle sirene di allarme”, continua il Prc. I sindacati avevano avanzato dei dubbi sulla regolarità degli stoccaggi e chiesto incontri chiarificatori che in realtà non sono mai arrivati. Sono due anni che denunciamo quanto stava avvenendo alla 3V Sigma, che ha 47 dipendenti. Cinque giorni fa abbiamo spedito all’azienda una richiesta urgente di incontro proprio sui temi della sicurezza. Ma due mesi fa siamo andati davanti al prefetto per spiegare che la situazione era insostenibile. Secondo le informazioni in possesso dei sindacati, in passato denunciati dalla ditta per un’intervista rilasciata a una testata giornalistica locale, l’azienda produce solventi e additivi per le plastiche, sostanze tossiche e nocive.

“Ancora una volta viene fuori che il vero problema del nostro paese – conclude il Prc – è l’irresponsabilità sociale di un padronato a cui i governi – destra o PD non fa molta differenza – hanno consentito da anni con “riforme” sciagurate di cancellare il potere contrattuale dei lavoratori. Ancora una volta si manifesta come sia pericolosa la presenza di produzioni chimiche nei pressi dei centri abitati. Da sempre diciamo che questo non è accettabile e che le produzioni vanno riconvertire per la salute delle cittadine/i per tutelare l’ambiente”.

Sicurezza Accessibile. La sicurezza sul lavoro dei ricercatori in zone a rischio geopolitico. Cos’è la normalità tra intelligence e terrorismo?  Tavola rotonda a Roma, mercoledì 25 ottobre 2017

 
 
SicurezzAccessibile  –  La sicurezza sul lavoro dei ricercatori in zone a rischio geopolitico. Cos’è la normalità tra intelligence e terrorismo? È il titolo della tavola rotonda a cura di Giorgio Sclip che si terrà mercoledì 25 ottobre 2017 alle ore 16.00, presso la Sede della Regione Friuli Venezia Giulia, in Piazza Colonna n. 355 a Roma.
 
L’evento, che si inserisce nelle iniziative che l’Università degli Studi di Trieste attua in occasione della Settimana europea per la sicurezza e la salute sul lavoro, prenderà spunto dal libro La sicurezza sul lavoro dei ricercatori in zone a rischio geopolitico.
 
Il volume presenta una questione non ancora adeguatamente analizzata, proponendo una connessione tra conoscenze e strategie già in possesso e abitualmente utilizzate da varie e diverse organizzazioni, ognuna delle quali ha proprie esperienze e punti vista. Questo con la consapevolezza che la condivisione può risultare estremamente utile e importante per contribuire a costruire una cultura, anche in questo particolare ambito.
 
 L’intento del volume è quello di fornire una metodica riflessione che, a partire dalle esperienze, possa fornire un quadro di riferimento costituito da regole e normative, un’utile base di riferimento per chi, per lavoro o studio, debba recarsi per lavoro in zone a rischio geopolitico. 
 
Programma:
 
Introduce e modera
 
Giorgio Sclip, curatore della collana “SicurezzAccessibile”, membro del network nazionale del focal Point Italia dell’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro – Università degli Studi di Trieste
 
ore 16.10 Maria Pia Turinetti Di Priero, Direttore Generale Università degli Studi di Trieste
Università, internazionalizzazione e sicurezza
 
ore 16.30 Stefano Polli, Vice Direttore ANSA
Lavorare in aree a rischio geopolitico: buone prassi per un comportamento sicuro
 
ore 16.50 Maria Chiara Carrozza, On.le Camera dei Deputati
Il rapporto fra scienza e politica e il suo impatto sulla ricerca
 
 
L’ingresso è libero fino al raggiungimento della capienza massima dell’aula. A richiesta verrà rilasciato un attestato di partecipazione.
 
Per approfondimenti, il volume è disponibile online all’indirizzo
 
Contatti:
Giorgio Sclip, tel. 0405587794
giorgio.sclip@amm.units.it

Chi aiuta chi? L’ Alternanza-Scuola-Lavoro e la grande farsa delle politiche sull’occupazione in Italia – di Francesca Coin

Autrice Francesca Coin che ringraziamo

Fonte Effimera

“Piccoli snob radical-chic”, è questa la formula usata dal segretario generale della Fim-Cisl Marco Bentivogli per definire gli studenti scesi in piazza contro l’Alternanza Scuola-Lavoro. Ne avessimo sentito l’esigenza, potremmo affiancare a questa definizione un’altra perla, quella di Giancarlo Loquenzi, giornalista di Radio 1, che ci ha tenuto a precisare che gli studenti impiegati nell’alternanza non sono “schiavi delle aziende”, ma più semplicemente persone da aiutare in quanto “non in grado” anche semplicemente di “arrivare puntuali, […] comprendere la struttura gerarchica dell’ufficio, fare un caffè come si deve, ricordarsi il giorno dopo delle cose che gli erano state dette il giorno prima”.

Eccoci rivelata la ratio di tutti i recenti provvedimenti in tema di lavoro e giovani, dalla Legge di Bilancio approvata il 16 ottobre all’Alternanza Scuola Lavoro, il programma disciplinato dagli articoli 33 – 44 della legge 107/2015 (La Buona Scuola), che prevede sulla carta di incrementare le opportunità di lavoro e le capacità di orientamento degli studenti, mentre nei fatti rischia di rivelarsi la più grande creazione di lavoro gratuito obbligatorio mai esistita in Italia. La logica dichiarata è “aggredire quello che è il nemico più temibile dell’Europa di oggi, e della nostra società, cioè la disoccupazione giovanile”, ma il problema della disoccupazione in queste narrazioni non viene ricondotta alle caratteristiche macroeconomiche della realtà, come sarebbe corretto fare, ma al carattere delle nuove generazioni: alla profonda inettitudine dei giovani odierni e alla loro resiliente inedia, quella maledetta anda radical-chic di chi non si sa nemmeno allacciarsi le scarpe.

In un contesto siffatto, la strategia principale del governo per creare occupazione è coerente con la motivazione sopra riportata. Per creare occupazione non servono investimenti, sembrano aver pensato al governo, basta pagare le aziende affinché si facciano carico del reale problema della nostra società: i giovani.

Vediamo dunque chi aiuta chi, nelle attuali politiche del lavoro in Italia, e prendiamo il caso specifico dell’Alternanza Scuola lavoro. Nel contesto attuale, essa:

  • regala alle aziende lavoro gratuito. Da quest’anno saranno 1,5 milioni gli studenti coinvolti nell’alternanza, ma se ci rifacciamo agli ultimi dati utili, quelli relativi agli studenti in alternanza nell’anno scolastico 2015/2016, vediamo che in quell’anno secondo il Focus “Alternanza scuola-lavoro” pubblicato dal Miur nell’ottobre 2016c’erano circa 652.641 studenti in alternanza tra licei e istituti tecnico-professionali, per un totale di circa 90 milioni di ore di lavoro gratuito erogate dagli studenti del liceo (200 ore per 455 mila studenti) e 80 milioni di ore di lavoro gratuito erogate dagli studenti degli istituti tecnici e professionali (400 ore per 200 mila studenti). È difficile in Italia calcolare l’entità del risparmio che questo elevato numero ore di lavoro gratuito consente alle aziende, a causa dell’estrema segmentazione degli inquadramenti contrattuali e dell’enorme pressione al ribasso seguita al Jobs Act. Supponendo, tuttavia, di poter retribuire il lavoro erogato con il compenso medio riconosciuto dal salario minimo nell’Eurozona (in Italia notoriamente inesistente), che è sì fortemente differenziato per paese ma consente almeno un orientamento minimo circa quale sia la retribuzione in grado di garantire dignità del lavoro; supponendo quindi che queste 170 milioni di ore di lavoro gratuito erogato dagli studenti vengano retribuite 7 euro all’ora l’alternanza scuola lavoro avrebbe consentito alle aziende un risparmio di circa 1 miliardo e 190 milioni di euro nel solo anno scolastico 2015-2016 – cifra che dobbiamo quasi triplicare a partire da quest’anno dato l’aumento del numero complessivo di studenti coinvolti nell’alternanza.
  • Oltre a questo risparmio, dobbiamo considerare che l’alternanza scuola lavoro legittima non solo l’esistenza di lavoro non pagato, ma anche la sostituzione di forza lavoro retribuita con forza lavoro non pagata, creando, si potrebbe dire, un esercito industriale di riserva interno ai luoghi della produzione e pertanto ancor più controllabile. Non è un caso che buona parte delle ore di alternanza per gli studenti delle classi terze e quarte della scuola secondaria vengano svolte nella pausa estiva all’interno di lavori stagionali. Come denunciato da Flc-Cgil, l’alternanza dovrebbe essere “una opportunità formativa e gli studenti non devono sostituire posizioni professionali”, come invece accade.

Grenfell tower: una tragedia rivelatrice del neoliberismo criminale – di Salvatore Palidda

FONTE EFFIMERA

Grenfell tower: una tragedia rivelatrice del neoliberismo criminale – di Salvatore Palidda

Anche sul numero dei morti non hanno smesso di falsare l’informazione:  per giorni hanno detto che erano 15 o 17 poi 30. Tecnici e vigili del fuoco sono stati messi a tacere: sapevano da subito che i morti in quell’inferno sono stati oltre 100 e forse molti di più. Il governo e la sua capa, sig.ra May, hanno cercato di minimizzare la tragedia giustificando così la loro totale mancanza di pronto intervento e cercando così di nasconderne le cause. Tutti gli aspetti e le diverse immagini di tale tragedia, sin dall’inizio, meritano una particolare lettura perché sono assai rivelatori di cosa sono diventati Londra, il Regno Unito, più o meno al pari di altre città e paesi. In tutta questa terribile vicenda Victor Hugo potrebbe ritrovarci materia per riscrivere una versione “postmoderna” dell’L’uomo che ride. La becera indifferenza di una classe dominante ignobilmente avida, sempre più stupida e criminale che però è salvata dalla furba regina.

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Cacciari: la sinistra in Europa è morta per ragioni strutturali

FONTE NUOVATLANTIDE.ORG

Intervista a Massimo Cacciari di FRANCESCA PACI – 10 maggio 2017

La crisi della sinistra è venuta a noia a Massimo Cacciari, che pure l’ha indagata a fondo come pochi. Ma, nella difficoltà di afferrare il nuovo ordine (o disordine) globale, il Novecento si prende la rivincita sulla Storia e ci riporta sempre al punto di partenza, tornando a proporre le logiche politiche di ieri.

Cosa possiamo dedurre dal trionfo di Hamon, la sinistra della sinistra francese?

«Ma di quale trionfo parliamo? Di quale vittoria parliamo? Il problema, in Francia e nel resto d’Europa, non è quale sinistra o cosiddetta sinistra vinca le elezioni interne ma se la sinistra ce la fa poi alle elezioni che contano. E la risposta è no. È già capitato che alle primarie del centro-sinistra, anche alle primarie locali, prevalesse la sinistra sinistra. Come Hamon a Parigi, a Venezia a suo tempo passò Casson. Ma poi si perde regolarmente. Nessuna sinistra, socialdemocratica o meno, può vincere oggi in Europa».

Allora rovesciamo la domanda: perché la sinistra non vince più?

«Ecco la domanda giusta. E la risposta è che ci sono ragioni storiche e strutturali, ragioni obiettive. Da una parte è venuta meno la classe operaia, il suo blocco sociale di riferimento, dall’altra la sinistra non ha capito la crisi fiscale dello Stato. Non c’è più spazio per la sinistra tradizionale, che si ricicli o meno. Certamente non c’è più spazio per i D’Alema e i Bersani. Ma in realtà non ce ne sarebbe neppure per i grandi leader socialdemocratici del passato come Willy Brandt, e non solo perché sono morti ma perché il mondo è cambiato e la sinistra tradizionale appartiene al mondo di ieri. Esattamente come la destra».

La destra, no. Altrimenti come spieghiamo l’elezione di Trump? 

«Trump non viene dalla destra tradizionale, tanto che i repubblicani non lo volevano. La destra tradizionale non c’è più, non vengono da quella esperienza né i Grillo, né i Salvini e neppure i pro Brexit del Regno Unito, dove i Tory erano piuttosto europeisti come Churchill. L’unica forza politica un po’ riconducibile al passato è Fratelli d’Italia, che però, non a caso, conta il 2%. Allo stesso modo Renzi non viene dalla sinistra tradizionale. Tutto questo è il mondo di ieri. Basta pensare che la prima clamorosa mossa di Trump è stata riavvicinarsi a Putin e che nel frattempo Putin si è ancor più clamorosamente avvicinato alla Turchia per intuire la portata del cambiamento rispetto al quale i concetti di destra e sinistra non spiegano più niente. O capiamo che i parametri del passato sono finiti, e non per incultura ma per motivi strutturali, o andremo incontro alla catastrofe».

I nuovi populismi intercettano il cambiamento in corso: saranno anche in grado di governarlo?

«La parola populismi dice poco o nulla. Sono forze a volte più di destra, a volte più di sinistra e di sicuro non si oppongono al cambiamento in corso e non sono in grado di interpretarlo. Ma almeno rappresentano la testimonianza della fine delle politiche tradizionali e dei mutamenti radicali di questi anni. Oggi diciamo “populismi” come le antiche carte geografiche dicevano “hic sunt leones” per indicare le zone inesplorate: ci sembra che il problema siano loro ma il problema è capire dove andiamo smettendola di ragionare con gli schemi del passato».

Gli schemi del passato comprendono le probabilmente obsolete categorie destra e sinistra ma comprendo anche il rapporto tra capitale e lavoro, che invece sembra ancora piuttosto attuale. O no?

«Anche il capitale e il lavoro non sono più gli stessi. Il capitalismo si è deterritorializzato, lo Stato nazionale non ha più la sovranità politica sui flussi di capitale, il lavoro dipendente è ormai polverizzato e non si organizza più come faceva nell’800 e nel ’900 nei grandi opifici. In realtà sarebbe bastato leggere Marx con attenzione per capire come sarebbe andata a finire, ma ormai ci siamo. Le diseguaglianze globali crescono a dismisura e in modo intollerabile. Questo è un colossale problema che prima o poi potrebbe far scoppiare tutto anche perché le grandi potenze politiche non sono per loro natura capaci di affrontarlo».

Cosa potrebbe fare la politica se, come suggerisce, decidesse di togliersi gli occhiali del passato? 

«Dovrebbe provare a capire e soprattutto dire la verità. Oggi il massimo che un politico può fare è essere onesto. Bisogna smetterla con le chiacchiere e invece elencare le poche cose che si possono fare illustrando come potrebbero funzionare meglio coordinandosi con altri. È assurdo continuare a sbandierare la sovranità illimitata che i politici non hanno più. Sono personalmente molto felice di questo intermezzo di Gentiloni in Italia, perché non dice un gran ché ma almeno non promette nulla».

Per quanto sia ancora una volta il mondo di ieri: ha ragione il filosofo sloveno Slavoj Žižek, quando sostiene che la destra cresce cavalcando i temi che un tempo appartenevano alla sinistra?

«In qualche modo sì. Bisogna guardare ai problemi con modestia. Il lavoro non è più “massa” come quello del passato e i politici non l’hanno capito. I sindacati, per esempio, dovrebbero iniziare a occuparsi del lavoro dipendente disperso, della galassia del lavoro giovanile, del precariato a 500 euro al mese, dei cosiddetti voucher».

A onor del vero qualcuno in Europa ci prova. Il francese Hamon ne parla e anche Martin Schulz si è candidato contro la Cancelliera Merkel per recuperare terreno con le classi operaie migrate dalla socialdemocrazia alla nuova destra. Non è così?

«Sinceramente mi auguro che in Germania vinca la Merkel, speriamo che prevalga alle elezioni e diventi leader: all’orizzonte la Cancelliera tedesca è l’unica che possa farlo. Lo ripeto: nessun partito socialdemocratico può oggi vincere in Europa. È passato il tempo. Vent’anni fa Tony e Blair e Clinton interpretarono la svolta epocale accodandosi al flusso egemonico della globalizzazione vincente senza alcuna critica. Da allora è andata sempre peggio, le sinistre hanno fatto tutti gli errori possibili, dal seguire l’America nelle sue scellerate guerre alla risposta, quella risposta, alle primavere arabe. E poi ancora, la Grecia, la Brexit, una sequenza di scelte sbagliate. Accodarsi come fecero Blair e Clinton non è una scelta politica ma sub-politica».

C’è ancora spazio per l’ambizione dei giovani ad avere un sogno?

«Poco. Ma è pessimo che i politici facciano finta di niente promettendo loro la sovranità illimitata che non hanno, come avvenuto in Italia negli ultimi tempi. Bisogna spiegare ai giovani come stanno le cose invece di elargire elemosina, come nel caso degli 80 o i 500 euro».

Il reddito di cittadinanza è un buon punto di partenza?

«Quella è la strada giusta. Se ci illudiamo che ci sarà di nuovo uno sviluppo capace di produrre più lavoro sbagliamo. È ancora il mondo di ieri, quello in cui si credeva che la rivoluzione tecnologica avrebbe aperto nuovi settori. È un fatto: sebbene in occidente la ricchezza continui a crescere si riducono le chance per il lavoro. Ma non per questo bisogna lasciare la gente senza le risorse minime. È una delle poche cose serie e vere dette dal Movimento 5 Stelle: bisogna sganciare le aspettative di vita dal fatto che si lavori, non è impossibile da fare né disastroso. Il reddito di cittadinanza o come altro viene chiamato passa per un’utopia mentre è un approccio pragmatico, solidale e può ricostruire una comunità».

Solidale, comunità: non sono parole del mondo di ieri?

«Da Aristotele a oggi non esiste comunità che possa esistere funzionando solo come un condominio. È razionale, logico. In un condominio, ammesso che sia vero, puoi startene chiuso in casa ma in un Paese, a livello nazionale, è difficile. L’America non funziona come un condominio e neppure la Russia e la Cina: o l’Europa lo capisce e smette di comportarsi come fosse un condominio dove si fanno solo i conti comuni o ci faranno il mazzo. Dobbiamo ragionare per provare a evitare il disastro oppure siamo finiti. Parlo dell’Europa ma anche dell’Italia. Ci sono già delle avvisaglie per noi, abbiamo votato no per salvare la Costituzione e adesso sarà tutto più difficile, ci chiederanno una manovrina, vedremo. Dovremmo ricordarci della Grecia, ho letto che in tre anni di Troika la ricchezza è diminuita del 35%. E voi credete che qui potremmo reggere misure di austerità del genere imposte ad Atene? Pensate che in Italia passerebbero senza sparare? I greci hanno retto ma le condizioni sono diverse, e non parlo solo di dimensione: se cadi dal primo piano puoi sperare di salvarti ma se cadi dal terzo piano crepi».

Legittima difesa: Silp, errore imperdonabile

Primo via libera della Camera al ddl. Poliziotti e magistrati contrari alla modifica dell’articolo 52 del codice penale che dà licenza di sparare ai ladri in caso di rapine notturne. Ora il testo andrà al Senato per l’approvazione definitiva

FONTE RASSEGNA.IT

“La modifica dell’art. 52 del codice penale sulla legittima difesa, nel tentativo di inseguire il populismo ‘sfascista’ delle destre, è un errore imperdonabile, soprattutto da parte di parlamentari che si ispirano a valori democratici, progressisti e riformisti. Lo diciamo come poliziotti e lo dicono anche i magistrati, come ha fatto recentemente il presidente dell’Anm Piercamillo Davigo”. Così Daniele Tissone, segretario generale del sindacato di polizia Silp Cgil, dopo il prima via libera della Camera al ddl che riconosce come legittima difesa la reazione alle rapine notturne anche con l’uso delle armi. Ora il testo andrà al Senato per l’approvazione definitiva.

“L’attuale impianto normativo – dice Tissone –, già modificato nel 2006, rappresenta un compromesso più che accettabile se non vogliamo passare dal concetto di ‘legittima difesa’ alla licenza di uccidere. Già oggi, parafrasando un noto slogan, la difesa è sempre legittima purché l’arma utilizzata sia posseduta legalmente, non vi sia desistenza e vi sia pericolo di aggressione”.

“In un paese dove tutti sono armati e dove ammazzare un ladro che entra in casa o in negozio diventa legittimo – conclude il sindacalista –, anche i criminali si attrezzerebbero in modo adeguato e aumenterebbero la propria potenza di fuoco, sapendo di poter finire male. L’illusione di diminuire i reati predatori autorizzando le ‘prede’ a uccidere chi ruba è ingenua e sconcertante. Gli unici a gioirne, come avviene negli Usa, sarebbero le lobby delle armi”.